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Vita e opere di Alessandro Manzoni e Giacomo Leopardi Pag. 1
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LE OPERE

IL CONTE DI CARMAGNOLA E L'ADELCHI (1816-1822)

La prima tragedia è collegata alla vicenda di un capitano di ventura italiano del 1400,

Francesco di Bussone, detto appunto il Carmagnola, il quale, dopo una vittoria sul suo

signore, il duca di Milano Filippo Visconti, viene accusato di tradimento e condannato

a morte. La seconda tragedia si ispira invece agli avvenimenti che precedono la

caduta dell'ultimo sovrano della dinastia longobarda in Italia, Adelchi, ad opera di

Carlo Magno. Tema centrale dei due drammi è il conflitto tra ideale e reale: in

entrambi la sconfitta dell’ideale si accompagna all'amara constatazione che la morte

rimane la sola possibilità di riscatto in un mondo soggiogato dal male e dalla ferocia

dei potenti. Un altro tema comune è il riscatto politico del popolo italiano.

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I PROMESSI SPOSI

Manzoni si rapporta ad una struttura letteraria aperta e fruibile, attraverso la quale

realizzare un'opera di vasto respiro collettivo. Da qui l'avvertito problema

dell'adozione di una lingua scevra dai condizionamenti retorici della tradizione aulica,

intesa come strumento di comunicazione estensibile a una cerchia illimitata di lettori.

Dal Fermo e Lucia alla Quarantana. Nel 1821, nella quiete del Brusuglio, Manzoni

intraprende la stesura di un romanzo in prosa ambientato nella Milano del Seicento.

L'opera viene portata a termine nel 1823 nella forma di un testo diviso in 4 tomi,

anepigrafo (senza titolo) ma designato attraverso i nomi dei protagonisti, Fermo e

Lucia. Ad esso è acclusa un'Appendice su la Colonna infame contenente il resoconto

dei processi ai danni degli spargitori della peste del 1630. La trama ruota attorno alla

contrastata unione di due giovani della zona di Lecco, ostacolata dal capriccio e dalle

prepotenze di un signorotto del luogo, che rappresenta la corruzione del sistema

politico e civile. Sul piano tematico c'è l'estremizzazione del contrasto fra bene e

male. È presente l'adozione di un linguaggio composito, in cui il lombardo si mescola

a voci toscane, francesizzanti e latineggianti. Lo scrittore intraprende poi una

revisione del romanzo, mutandone i connotati a partire dalla titolatura provvisoria,

Gli Sposi Promessi, poi variata in Promessi sposi, apparso sul frontespizio della prima

edizione pubblicata a Milano tra il 1825 e il 1827. Si tratta della Ventisettana.

Manzoni vuole successivamente introdurre una toscanizzazione del codice

sperimentale del Fermo e Lucia, gettando le basi del progetto di una correzione

linguistica a partire dal 1827 con il viaggio a Firenze. L'edizione definitiva dei Promessi

sposi, la Quarantana, esce tra il 1840 e il 1842 a Milano. La revisione della lingua in

senso fiorentino, l'inserimento delle illustrazioni e l'aggiunta della storia dei processi

degli untori sono le novità rispetto alla Ventisettana

Temi e protagonisti. L'innovazione sta nella messa in rilievo delle classi subalterne e

nell’esigenza di adeguare lo stile e il linguaggio della narrazione ad essi, nonché ai

destinatari non eruditi. Il Promessi sposi aprono la via all'arte nazionale, popolare e

realistica. Per la prima volta in Italia lo sguardo di un narratore onnisciente si

introduce con rispetto negli "interni" delle povere case per registrare i ritmi

quotidiani e gli eventi della vita di un paese. II racconto si snoda tra il novembre del

1628 e il novembre del 1630. Il realismo dei Promessi sposi si concentra nella

raffigurazione psicologica, economica e sociale dei vari personaggi, sia storici sia di

invenzione, sia minori sia maggiori. I malvagi appaiono tormentati da un latente

senso di colpa, che si lega all’avvertita presenza di Dio e nella speranza della sua

misericordia. L'intervento della Provvidenza non cancella comunque il dolore e il

male del mondo

Tra storia e invenzione. Manzoni afferma che solo la storia può farsi garante del vero.

Il compito del poeta resta quello di creare azioni e situazioni conformi a quelle che

accadono nella vita reale. Da un lato si pretende la coincidenza del vero morale con lo

svolgimento degli avvenimenti effettivamente accaduti, dall’altro di attribuisce alla

letteratura una conoscenza universale che trascende l'opera dello storico. L'autore

sembra risolvere questa antinomia attraverso componenti misti di storia e

invenzione. 2

GIACOMO LEOPARDI

LA VITA

Giacomo Leopardi nasce a Recanati nel 1798, figlio primogenito del conte Monaldo e

della marchesa Adelaide Antici, rappresentanti della piccola aristocrazia

conservatrice. Cresce, insieme ai fratelli Carlo e Paolina, in un ambiente rigido. A 10

anni, Giacomo si distingue per una precoce conoscenza della cultura classica, favorita

anche dal rapporto con la biblioteca di casa. In 7 anni di "studio matto e

disperatissimo" acquisisce la padronanza della filologia, soprattutto greca e ebraica, e

sviluppa interessi filosofici. Percepisce la chiusura e l’oppressione a cui lo costringe la

famiglia, e l'insoddisfazione e il bisogno di nuove esperienze lo spingono ad applicarsi

all'esercizio della poesia. Tra il 1815 e il 1816 realizza la "conversione dell'erudizione

del bello", testimoniata dalle prime liriche quali Inno a Nettuno, Rimembranze e

Appressamento alla morte, che gli valgono l'opportunità di farsi conoscere anche al di

fuori di Recanati. La corrispondenza con Pietro Giordani è decisiva per la sua

evoluzione estetico-ideologica e psicologica, favorendo la rottura con le posizioni

cattoliche e rafforzando i legami con la cultura classica Leopardi vive in questi anni un

forte stato di tensione aggravato dalla malattia agli occhi e dalle pressioni dei genitori

che vorrebbero avviarlo ad una carriera ecclesiastica. Avviene in questo momento la

"conversione filosofica" al materialismo di cui restano tracce nello Zibaldone. Nel

1825 gli giunge l'invito dell'editore Stella per l'incarico di sovrintendere all'edizione

delle opere di Cicerone a cui si accompagna un commento al Canzoniere di Petrarca e

due antologie della letteratura italiana. L'accordo lavorativo gli garantisce

l'indipendenza economica e può finalmente allontanarsi dalla famiglia. Si trasferisce

così prima a Milano e poi a Bologna. Nel 1826 ritorna a Recanati per passarvi

l’inverno. Nel 1827 si reca a Firenze dove conosce Manzoni. Nel 1828 scrive A Silvia,

dando avvio al "ciclo pisano-recanatese" dei canti. Essendogli venuta meno la

provvigione, è costretto a tornare a casa, dove vengono alla luce le Ricordanze, La

quiete dopo la tempesta, II sabato del villaggio e Il canto notturno. Il soggiorno a

Recanati dura 10 mesi fino a quando alcuni amici ne sollecitano il ritorno a Firenze. La

prima edizione dei Canti è infatti dedicata agli "amici toscani". Dopo un breve

soggiorno a Roma, scrive un gruppo di liriche legate alla passione non corrisposta per

Fanny Targioni-Tozzetti, il "ciclo di Aspasia", e completò lo Zibaldone. Nel 1833 si

trasferisce a Napoli con l’amico Ranieri e in questa città avverte un’aria ottimistica in

aperto contrasto con la sua ideologia. Questo contrasto suscita nel poeta il desiderio

di affermare il valore e la dignità del proprio pessimismo radicale e quindi di opporsi

agli ideali progressisti della civiltà borghese contemporanea. Trascorre lunghi

soggiorni nella villa dell'amico per sfuggire al colera che imperversa nella città. Sono

questi gli anni della composizione degli ultimi due "canti napoletani": Il tramonto

della luna e la Ginestra o il fiore del deserto. Muore a Napoli nel 1837.

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Dettagli
Publisher
A.A. 2022-2023
5 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher martina3179 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università telematica "e-Campus" di Novedrate (CO) o del prof Di Veroli Anna.