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T: io ero pieno di questa idea

A: infelice però alla fine

T: all’inizio ero talmente triste che non vedevo altra via d’uscita, mai avrei pensato che potessero

esserci altre discussioni, e io pensavo con le mie idee di rappresentare tutti le idee degli uomini e se

a me sembrava che prima tutto fosse malinconico forse dovrei

Intorno al 1828 a Pisa inizia la stesura di alcuni nuovi componimenti poetici conclusi nel 1830

tornato a Recanati, vengono chiamati ciclo pisano- recanatese. Vengono chiamati anche grandi

idilli, perché c’è un’affinità tra questi e i piccoli idilli soprattutto dal punto di vista

Ne fanno parte: a silvia, le ricordanze, il passero solitario, la quiete dopo la tempesta, il sabato del

villaggio e canto notturno di un pastore errante dell’Asia. I temi sono quelli approfonditi nelle

riflessioni degli ultimi anni come il pessimismo cosmico, la caduta delle illusioni, l’impossibilità

dell’uomo di raggiungere la felicità, la natura maligna e un’infelicità universale che colpisce anche

gli elementi naturali. Il tono è dolce e suggestivo, rappresenta la condizione umana attraverso

figure, ricordi di Recanati, il presenta colti in momenti inconsapevoli persi in attesa e speranza.

Celebra il motivo della giovinezza, il ritorno del sereno dopo la tempesta, la vigilia del giorno di

festa, occasioni banali su cui però incombe la scoperta del vero, l’inevitabile insoddisfazione a cui

gli uomini sono destinati, solo nel canto notturno non presenta Recanati, protagonista è il pastore,

un personaggio semplice che vive in un contatto intimo con la natura ma comprende

l’incomprensibile vita umana. I componimenti sono caratterizzati dalla poetica dell’indefinito,

sviluppata sul filo della memoria, l’evocazione delle speranze giovanili. Considera la poesia come

una voce interiore che si fa portatrice dei suoi pensieri dell’animo. Usa la canzone libera, stravolge

la struttura della canzone petrarchesca e la fa diventare una libera interpretazione di endecasillabi di

diversa lunghezza, vuole creare i ritmi modellati sui contenuti. Dopo il 1830 leopardi può lasciare

Recanati grazie agli amici toscani per trasferirsi a Firenze. Si ritrova isolato culturalmente,

stabilisce amicizie ma non trova comunanza di idee, politiche e letterarie. Si discosta dai classicisti

e dai romantici. E produce scandalo tra tutti gli intellettuali. Non ha alcuna fiducia nel progresso

scientifico e nessun miglioramento politico può migliorare la condizione esistenziale dell’uomo.

Rifiuta ogni consolazione e si oppone al cattolicesimo, soprattutto quello liberale. È un intellettuale

che combatte per le idee e che cerca di stabilire un dialogo chiaro esplicito con i contemporanei,

matura l’idea di solidarietà, gli uomini devono aiutarsi reciprocamente perché sono accomunati e

devono sentirsi affratellati, devono superare le in amicizie e in nome della verità si devono

affrontare l’avversità del destino insieme. Essere fedeli alla verità è un segno di coraggio, ma è

anche un impegno morale e leopardi sente che la sua poesia deve essere una testimonianza. Tra il

1832 e 1835 compone “il ciclo di Astasia”, sono 5 poesie che parlano dell’amore non corrisposto

con Fannì

Le opere sono: “Astastia”, “Consalvo”, “Il pensiero dominante”, “Amore e morte” e”A se stesso”. Il

tema amoroso diventa per il poeta un modo per esprimere questa combattività che la caratterizza,

negli ultimi tre componimenti esalta l’amore come riempimento dell’animo umano e anche quando

l’amore finisce non c’è rimpianto ma si prende atto della vanità delle cose, e c’è l’approvare tutto

questo abbandono, la struttura metrica è come quella dei grandi idilli, i concetti prevalgono sulle

immagini, le frasi sono spezzate, vengono privilegiate sonorità aspre perché vuole esprimere il

deserto della vita anche dal punto si vista poetico. Realizza anche opere satiriche: la “Paninodia”

dedicata a Gino Capponi in cui leopardi finge di pentirsi del suo pessimismo e si perde in una

ammirazione del suo secolo, e scrisse anche nuovi credenti in cui critica gli intellettuali napoletani

che tra un abbuffata e l’altra inneggiano la patria, dio e la felicità degli uomini. Scrisse anche il

poema in ottave il “Paralipomeni della batracomiomachia”, continuazione della battaglia tra rane e

topi, si riallaccia ad un poemetto ellenistico che leopardi tradusse da giovane. Ridicolizza le

rivoluzioni del 1821 e 1831 animalizzando i protagonisti: austriaci =granchi e i liberali =topi.

Realizza anche canzoni sepolcrali: “Sopra un bassorilievo antico sepolcrale” e “Sopra il ritratto di

una bella donna” in cui rappresenta crudelmente la morte. Nel 1836 andato a napoli realizza

l’ultima opera, la ginestra, in cui riprende i grandi temi della sua poesia, il senso della piccolezza

dell’uomo rispetto all’universo, denuncia la minaccia e la forza distruttiva della natura, condanna

l’ottimismo progressista ed esaltando il pensiero nazionale, sostiene che solo se l’uomo trova il

coraggio di testimoniare il vero e non abbasserà il capo davanti al destino, e se tutti gli uomini si

riconosceranno fratelli porteranno smettere di litigare e trovare una risposta laica alla loro

sofferenza che li aiuterà ad opporsi alla natura, sviluppa un discorso ampio, momenti di narrazione,

spazi lirici alternati ad invettive, meditazioni filosofiche, esortazioni. Le scelte lessicale alterna

scelte classiciste ad espressioni crude e realistiche farà ricorso all’ enjamblement. La ginestra è un

riepilogo delle varie idee di Leopardi, una sintesi.

A silvia

Primo esempio di canzone libera, composta a Pisa nel 1828, dedica il componimento a silvia, Teresa

Fattorini figlia del cocchiere di famiglia, morta di tisi. Lo cambia con il nome della ninfa

protagonista della Aminta di tasso. Oltre ad ogni riferimento realistico è importante come egli

rievochi le dolce speranze dell’infanzia e diventati adulti le speranze resteranno insoddisfatte. È una

canzone libera in sei strofe, i settenari prevalcono sugli endecasillabi, 27 versi su 63 sono privi di

rima, gli altri sono liberamente rimati, l’ultimo verso di ogni strofa è un settenario che rima con un

dei versi che precedono.

O silvia ricordi ancora il tempo della tua vita mortale quando la tua splendezza risplendeva nei tuoi

occhi e arrivavi al limite della tua gioventù?

Al tuo canto continuo risuonavano le mie stanze silenziose e le vie tutt’intorno, quando sedevi

occupata nella attività femminili, di quel tempo vago ed indefinito e quando ciò succedeva era

maggio e cosi eri solita trascorrere le giornate.

Io lasciando gli studi piacevoli e le carte faticose in cui si consumava la mia giovinezza e la mia

salute fisica, dai balconi di casa porgevo le mie orecchie al tuo canto, e dalla tenda vedevo il cielo

sereno, gli orti e il mare in lontananza e le montagne, parole umane non posso esprimere quello che

provavo.

Che pensieri dolci provavamo, ch speranze, che cuori avevamo o silvia mia, come ci apparivano la

vita umana e il destino, e quando mi ricordo di quella speranza mi viene un pensiero triste e mi

riprendo la mia tristezza. O natura natura perché inganni i tuoi uomini.

Tu prima che l’inverno inaridisse l’erba, combattuta e vinta da una malattia morivi o tenera

fanciulla e non conoscevi il meglio dei tuoi anni, la dolce lode ora dei capelli neri, ora dello sguardo

che innamora, non ti allietava il cuore, ne le compagne discorrevano dei giorni di festa.

Poco dopo morì anche la mia dolce speranza, alla mia vita il destino ha negato la giovinezza, ai

come sei passata veloce mia speranza ora rimpianta cara mia compagna della mia età giovanile, ma

dunque questo è il mondo, i fatti di cui tanto abbiamo discusso(con la speranza), questo è il genere

umano, tu mia povera speranza sei crollata e da lontano con la mano mi indicavi la morte fredda e la

tomba spoglia.

Fin dall’inizio ci sono 2 piani temporali, uno lontano e indefinito e l’altro vicino. Quello lontano è

quello delle illusioni, speranza quando silvia era viva e con il poeta condivideva il desiderio del

futuro, la previsione di un appagamento successivo ma il futuro, l’età adulta, la morte diventa il

piano vicino, in cui la nuda verità uccide le illusioni che appaiono diverse da quelle sognate.

Il sabato del villaggio è un componimento fatto dopo la quiete, la struttura si articola in 2 parti, una

lirico descrittiva e una gnomica. La prima è la più lunga, comprende tre strofe. Rappresenta le varie

attività con caratterizzano la vita cittadina de sabato. Il poeta si concentra sul lavoro, una ragazza

che torna dalla campagna, una vecchietta che chiacchiera, i bambini che giocano, un contadino che

torna a casa fischiando, nella seconda strofa allarga alle ore notturne, l’attività del falegname che

vuole finire il lavoro prima della festa e poi c’è una terza strofa in cui dichiara la superiorità del

sabato sulla domenica, l’attesa è più importante della verifica.

L’ultima strofa vede il poeta riferirsi ad un fanciullo invitato a godersi quell’età, che l’attesa non

potrà eguagliare la stessa felicità. Canzone libera.

La fanciulla viene dalla campagna al tramonto con il suo fascio d’erba e con un mazzo di viole con

le quali si prepara ad adornare il petto e i capelli domani.

Intanto una vecchietta sta seduta con le vicine sulle scale di casa a filare, li nel tempo dove tramonta

il giorno raccontando quando anche lei si ornava e danzava con gli amici che aveva allora.

Ormai tutta l’aria si scurisce, il cielo sereno torna azzurro e al biancheggiare della luna appena sorta

tornano le ombre dai colli e dalle case.

Ora la campana con i suoi rintocchi annuncia la festa e a sentire quel suono il cuore si rilassa.

I fanciulli gridando in gruppo giocano sulla piazzola, saltando di qua e di la facendo un allegro

rumore, e intanto il contadino torna fischiando nella sua povera mensa e pensa al giorno di riposo.

Quando ogni altra luce è spenta e tutto tace puoi udire il battere del martello che lavora chiuso nella

bottega che lavora e si da da fare per concludere prima della luce del giorno.

Il sabato è il più gradito, è pieno di felicità, domani sarà pieno di tristezza e noia e ogniuno nei suoi

pensieri tornerà al lavoro consueto.

Godi ragazzo allegro, di cotesta età fiorita, è come un giorno pieno di allegria, come un giorno

chiaro e sereno che viene prima di una festa, godi o mio fanciullo di quest’età beata, una stagione

lieta, altro non voglio dirti ma non dispiacerti

Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
9 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ALICEUNI di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di letteratura italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Foggia o del prof Sebastiano Valerio.