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PUO’ APPLICARE E’ LA TRAZIONE.
OSSERVAZIONE: ogni corpo reale è dotato di rigidezza flessionale,
devo però distinguere la rigidezza elastica dalla rigidezza
anelastica.
Vediamo cosa accade ad un flessibile con rigidezza elastica
soggetto ad una forza motrice ed una resistente
La doppia linea in blu indica l’ andamento nel caso
ideale (retta d’ azione) in cui il flessibile non ha
completamente rigidezza; notiamo quindi che su
entrambi i lati il flessibile è discostato di e’ dalla
retta d’ azione .
Da entrambi i lati le forze si allontanano dalla retta
d’ azione verso l’ esterno, quindi per convenzione
Se invece il flessibile avesse rigidezza anelastica, quando
applichiamo la forza motrice e quella resistente l’ andamento del
flessibile diventerebbe di questo tipo:
In questo caso, laddove applico la forza motrice la fune si
deforma a causa dell’ attrito con la puleggia.
(Capisco che la deformazione avviene dal lato della forza
motrice perché quando tiro un corpo il lato della forza
resistente, essendo dovuta solo alla forza peso del corpo,
tende a cedere; mentre dove applico la forza si mette in
sollecitazione)
In questo caso e’>0 per la forza resistente mentre e’<0 per la forza
motrice (perché lo spostamento avviene verso l’ interno)
Vediamo un’ applicazione dei flessibili come moltiplicatori di
sforzo: Nel caso ideale in cui il flessibile è privo di rigidezza ed
P
in assenza di attrito allora T= quindi il flessibile ha
2
dimezzato lo sforzo necessario per il sollevamento.
Notiamo che qui non compare più nessun e’ perché
essendo nel caso ideale la retta d’ azione coincide
esattamente con quella che prima ho chiamato “retta d’
azione ideale”
Le pulegge con il flessibile sono utilizzate ad esempio per la
realizzazione dei paranchi utili per il SOLLEVAMENTO DEI CORPI:
BOZZELLO
FISSO (contiene pulegge fisse )
BOZZELLO
MOBILE (contiene pulegge mobili)
I due bozzelli sono poi collegati per mezzo di un flessibile, che nel
caso specifico possiamo immaginare essere una fune, il quale è
fissato in prossimità del bozzello fisso e libero dal lato del bozzello
mobile.
Calcolo la forza motrice del paranco per valutare quanto questo
strumento sia efficiente:
TENSIONI AD OGNI LATO DELLA FUNE:
Tutte queste
tensioni
generano una
forza motrice
risultante che
posso scrivere
P
=
T 0 7
di conseguenza ; io voglio ricavare sapendo che
T
∑ n 8
( )
1+k
=0
n
8 per le osservazioni precedenti, quindi mi basta
=( )
T 1+k T
8 0 8
( )
P 1+k
=
T 8
sostituire ed ottengo 7
∑ n
( )
1+k
=0
n
Un altro elemento meccanico importante sono le cinghie, esse
sono usate soprattutto per trasmettere il moto tra assi paralleli
lontani tra loro; affinché il moto venga trasferito le cinghie devono
essere attaccate a delle pulegge, questo però determina la non
costanza del rapporto di trasmissione a causa dello scorrimento tra
cinghia e puleggia, ed una variazione del rapporto di trasmissione
stesso, questo vuol dire che posso usare una cinghia come riduttore
o moltiplicatore di velocità.
Esistono vari tipi di cinghie:
-cinghie piane: molto flessibili, dunque si usano quando la cinghia
deve effettuare percorsi a zig zag. Le più comuni sono in cuoio
(trasmette fino a 400 kW, in gomma (trasmette fino a 250kW), in
materia plastica (ovvero costituite da sottili strati di poliestere e
trasmettono max 10 kW)
-cinghie rotonde: vengono usate soprattutto in applicazioni
leggere tipo trapani
-cinghie a V: sono realizzate con una serie di cavi immersi nel
materiale plastico; a sua volta il materiale plastico è compreso tra 2
strati di gomma. Il vantaggio di queste cinghie è la lunga durata, la
facilità di installazione e il grande tasso di assorbimento urti.
Quando la potenza trasmessa è elevata vengono usate anche
connesse in parallelo, se tutte queste cinghie a V vengono
raggruppate in un’ unica cinghia allora si crea la cinghia a
costola
-cinghie a denti: hanno una superficie scanalata per accogliere i
profili delle ruote dentate
Le cinghie si possono usare ad esempio per trasmettere il moto tra
assi paralleli: Affinché il moto venga
trasmetto nei due rami
delle cinghie si devono
generare due forze di
trazione diverse (T1 e T2)
dovute al fatto che metto
la cinghia in tensione.
Affinché si creino queste
forze di trazione nella
zona di contatto tra
puleggia e cinghia si
devono sviluppare azioni
trasversali di attrito.
A questo punto voglio scrivere l’ equazione caratteristica della
cinghia quindi considero la cinghia in un punto e faccio la
scomposizione delle forze:
Considerando che la tensione T ha componente
lungo x ed y, inoltre la cinghia è soggetta, come
illustrato prima a forze di trazione su due lati.
( ) ( )
2
V dϑ dϑ
( ) ,
+ − + =0
y : d F q ds−Tsen T dt sen
N r 2 2
( ) ( )
dϑ dϑ dVdt
+( )
+ −d +q
x :−Tcos T dt sen F ds=0
T
2 2
( ) ( )
2
V dϑ dϑ
( )
Dalla prima ricavo e faccio la
=−q +Tsen + +dt
d F ds T sen
N r 2 2
sostituzione quindi ottengo ;
2
( ) =dϑ
ds=r dϑ e poi sen dϑ =(T −q )dϑ
d F V
N
nota la forza normale infinitesima posso calcolare la forza d’ attrito
infinitesima che si scrive come .
2
=f =f (T −q )dϑ
d F d F V
T N
Non lo dimostro ma l’ equazione fondamentale di una cinghia in cui
è presente
attrito con una puleggia è
Se trascuro le componenti legate all’ inerzia e alla forza centrifuga
ottengo
A questo puntoscrivo le leggi delle due coppie che sono
fϑ∗¿
se considero il fatto che allora ottengo
¿
=T
T e
1 2
Anche per le cinghie devo calcolare il rapporto di trasmissione
w 2
che come al solito si scrive come dove w sono le velocità
=
τ w 1
angolari delle pulegge; se considero la relazione V1=w1 r1 e V2=w2
r2 allora w1=V1/r1 , w2=V2/r2 e quindi il rapporto di
trasmissione diventa ; nell’ ipotesi T1>T2 ->
V 2
V2<V1 quindi e
<1
V 1 r 1
di conseguenza lo posso trascurare quindi ; anche in questo
≅
τ r 2
caso, come per le ruote dentate affinché la trasmissione del moto
sia equilibrata il rapporto di trasmissione deve essere compreso tra
1/6 e 6
Per quanto riguarda il rendimento vale sempre la formula
W C ω
2 2 2 dal punto di vista teorico il
=
η= W C ω
1 1 1
rendimento di una cinghia è circa 0.95, tuttavia nella realtà a causa
di dissipazione di potenza delle pulegge, effetto ventilazione e
mancanza di flessibilità per le cinghie questo valore si abbassa.
In generale per rendere possibile la trasmissione del moto anche in
condizioni statiche la tensione tra i rami liberi della cinghia deve
mantenere un certo valore di tensione, per fare ciò esistono due
sistemi:
-sistemi a base motore mobile: si dividono in
-a gravità:
Q=(T1+T2)cos(a)
-a molla:
Fm=(T1+T2)cos(a)
- a base scorrevole:
-sistemi a rullo tenditore:
Se le pulegge sono abbastanza lontane, allora la forza peso della
cinghia è sufficiente e tenerla in tensione.
Per le cinghie esiste un valore di massima potenza trasferibile
ϑ=β
che si ottiene quando, in riferimento al disegno di sopra 1
quindi scrivendo le equazioni di prima
Particolari tipi di cinghie sono le catene usate sia tra assi vicini che
lontani ed hanno il vantaggio di funzionare anche ad alte
temperature senza fenomeni di scorrimento; esistono vari tipi di
catene ad esempio a rulli o a perni.
Le stesse relazioni ricavate fino ad ora valgono anche per i freni a
nastro i quali sono delle cinghie che trasmettono alle pulegge forze
tangenziali di attrito che producono un momento frenante; nel
dettaglio valgono le formule e
nel caso in cui la rotazione del tamburo avvenga in verso orario ed
inverto T1 con T2 nella prima equazione se la rotazione è in verso
antiorario e per sostituzione variano
L’immagine di seguito mostra il funzionamento dei freni a nastro:
Una differenza sostanziale tra cinghia di
Il nastro è trasmissione e freno a nastro è che nel
incernierato secondo caso IL NASTRO RESTA FERMO, i
alla leva casi che si verificano sono quindi 2:
- La puleggia si muove quindi il nastro
entra in contatto con tutta la
superficie della puleggia creando
forze tangenziali d’ attrito su tutta la
superficie
- La puleggia è ferma e non si instaura
un moto relativo
Oltre altre equazioni prima scritte devo
considerare pure l’ equilibrio della leva e
a
=F
T
quindi vale la formula e quindi
2 x
Il freno di cui ho parlato fin ora si chiama freno a nastro
ordinario, esiste poi la versione di freno a nastro differenziale
per i quali valgono le seguenti formule
Iniziamo adesso un argomento completamente diverso ovvero le
vibrazioni: tali vibrazioni determinano il moto vibratorio tipico
dei sistemi meccanici. La vibrazione è resa possibile dalla capacità
dei materiali di immagazzinare energia potenziale a causa delle sue
proprietà elastiche.
Il metodo più semplice per studiare i sistemi vibranti è l’ uso della
schematizzazione con elementi finiti il quale descrive il
comportamento dinamico do un sistema tramite equazioni
differenziali; il numero di equazioni differenziali dipende dai gradi di
libertà del sistema. Vedremo che per semplificare ulteriormente lo
studio faremo uso del principio di Lagrange.
Poiché le vibrazioni determinano una perdita di energia potenziale,
sottoforma di calore diremo che i sistemi vibranti sono sistemi
dissipativi , nel dettaglio un sistema dissipativo è conservativo nei
riguardi delle forze dipendenti dallo spostamento come le forze
elastiche, e dissipativo nei confronti delle forze dipendenti dalla
velocità come le forse viscose.
Inoltre i sistemi vibranti sono lineari quando le vibrazioni hanno
una piccola ampiezza e le equazioni differenziali compaiono solo
alla prima potenza, mentre chiamo sistemi non lineari quelli in
cui l’ ampiezza della vibrazione è elevata.
Inoltre chiamo forze vibranti libere quelle che non dipendono da
forzanti esterne, in ques