Anteprima
Vedrai una selezione di 13 pagine su 56
Teoria Meccanica applicata alle macchine  Pag. 1 Teoria Meccanica applicata alle macchine  Pag. 2
Anteprima di 13 pagg. su 56.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Teoria Meccanica applicata alle macchine  Pag. 6
Anteprima di 13 pagg. su 56.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Teoria Meccanica applicata alle macchine  Pag. 11
Anteprima di 13 pagg. su 56.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Teoria Meccanica applicata alle macchine  Pag. 16
Anteprima di 13 pagg. su 56.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Teoria Meccanica applicata alle macchine  Pag. 21
Anteprima di 13 pagg. su 56.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Teoria Meccanica applicata alle macchine  Pag. 26
Anteprima di 13 pagg. su 56.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Teoria Meccanica applicata alle macchine  Pag. 31
Anteprima di 13 pagg. su 56.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Teoria Meccanica applicata alle macchine  Pag. 36
Anteprima di 13 pagg. su 56.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Teoria Meccanica applicata alle macchine  Pag. 41
Anteprima di 13 pagg. su 56.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Teoria Meccanica applicata alle macchine  Pag. 46
Anteprima di 13 pagg. su 56.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Teoria Meccanica applicata alle macchine  Pag. 51
Anteprima di 13 pagg. su 56.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Teoria Meccanica applicata alle macchine  Pag. 56
1 su 56
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

PUO’ APPLICARE E’ LA TRAZIONE.

OSSERVAZIONE: ogni corpo reale è dotato di rigidezza flessionale,

devo però distinguere la rigidezza elastica dalla rigidezza

anelastica.

Vediamo cosa accade ad un flessibile con rigidezza elastica

soggetto ad una forza motrice ed una resistente

La doppia linea in blu indica l’ andamento nel caso

ideale (retta d’ azione) in cui il flessibile non ha

completamente rigidezza; notiamo quindi che su

entrambi i lati il flessibile è discostato di e’ dalla

retta d’ azione .

Da entrambi i lati le forze si allontanano dalla retta

d’ azione verso l’ esterno, quindi per convenzione

Se invece il flessibile avesse rigidezza anelastica, quando

applichiamo la forza motrice e quella resistente l’ andamento del

flessibile diventerebbe di questo tipo:

In questo caso, laddove applico la forza motrice la fune si

deforma a causa dell’ attrito con la puleggia.

(Capisco che la deformazione avviene dal lato della forza

motrice perché quando tiro un corpo il lato della forza

resistente, essendo dovuta solo alla forza peso del corpo,

tende a cedere; mentre dove applico la forza si mette in

sollecitazione)

In questo caso e’>0 per la forza resistente mentre e’<0 per la forza

motrice (perché lo spostamento avviene verso l’ interno)

Vediamo un’ applicazione dei flessibili come moltiplicatori di

sforzo: Nel caso ideale in cui il flessibile è privo di rigidezza ed

P

in assenza di attrito allora T= quindi il flessibile ha

2

dimezzato lo sforzo necessario per il sollevamento.

Notiamo che qui non compare più nessun e’ perché

essendo nel caso ideale la retta d’ azione coincide

esattamente con quella che prima ho chiamato “retta d’

azione ideale”

Le pulegge con il flessibile sono utilizzate ad esempio per la

realizzazione dei paranchi utili per il SOLLEVAMENTO DEI CORPI:

BOZZELLO

FISSO (contiene pulegge fisse )

BOZZELLO

MOBILE (contiene pulegge mobili)

I due bozzelli sono poi collegati per mezzo di un flessibile, che nel

caso specifico possiamo immaginare essere una fune, il quale è

fissato in prossimità del bozzello fisso e libero dal lato del bozzello

mobile.

Calcolo la forza motrice del paranco per valutare quanto questo

strumento sia efficiente:

TENSIONI AD OGNI LATO DELLA FUNE:

Tutte queste

tensioni

generano una

forza motrice

risultante che

posso scrivere

P

=

T 0 7

di conseguenza ; io voglio ricavare sapendo che

T

∑ n 8

( )

1+k

=0

n

8 per le osservazioni precedenti, quindi mi basta

=( )

T 1+k T

8 0 8

( )

P 1+k

=

T 8

sostituire ed ottengo 7

∑ n

( )

1+k

=0

n

Un altro elemento meccanico importante sono le cinghie, esse

sono usate soprattutto per trasmettere il moto tra assi paralleli

lontani tra loro; affinché il moto venga trasferito le cinghie devono

essere attaccate a delle pulegge, questo però determina la non

costanza del rapporto di trasmissione a causa dello scorrimento tra

cinghia e puleggia, ed una variazione del rapporto di trasmissione

stesso, questo vuol dire che posso usare una cinghia come riduttore

o moltiplicatore di velocità.

Esistono vari tipi di cinghie:

-cinghie piane: molto flessibili, dunque si usano quando la cinghia

deve effettuare percorsi a zig zag. Le più comuni sono in cuoio

(trasmette fino a 400 kW, in gomma (trasmette fino a 250kW), in

materia plastica (ovvero costituite da sottili strati di poliestere e

trasmettono max 10 kW)

-cinghie rotonde: vengono usate soprattutto in applicazioni

leggere tipo trapani

-cinghie a V: sono realizzate con una serie di cavi immersi nel

materiale plastico; a sua volta il materiale plastico è compreso tra 2

strati di gomma. Il vantaggio di queste cinghie è la lunga durata, la

facilità di installazione e il grande tasso di assorbimento urti.

Quando la potenza trasmessa è elevata vengono usate anche

connesse in parallelo, se tutte queste cinghie a V vengono

raggruppate in un’ unica cinghia allora si crea la cinghia a

costola

-cinghie a denti: hanno una superficie scanalata per accogliere i

profili delle ruote dentate

Le cinghie si possono usare ad esempio per trasmettere il moto tra

assi paralleli: Affinché il moto venga

trasmetto nei due rami

delle cinghie si devono

generare due forze di

trazione diverse (T1 e T2)

dovute al fatto che metto

la cinghia in tensione.

Affinché si creino queste

forze di trazione nella

zona di contatto tra

puleggia e cinghia si

devono sviluppare azioni

trasversali di attrito.

A questo punto voglio scrivere l’ equazione caratteristica della

cinghia quindi considero la cinghia in un punto e faccio la

scomposizione delle forze:

Considerando che la tensione T ha componente

lungo x ed y, inoltre la cinghia è soggetta, come

illustrato prima a forze di trazione su due lati.

( ) ( )

2

V dϑ dϑ

( ) ,

+ − + =0

y : d F q ds−Tsen T dt sen

N r 2 2

( ) ( )

dϑ dϑ dVdt

+( )

+ −d +q

x :−Tcos T dt sen F ds=0

T

2 2

( ) ( )

2

V dϑ dϑ

( )

Dalla prima ricavo e faccio la

=−q +Tsen + +dt

d F ds T sen

N r 2 2

sostituzione quindi ottengo ;

2

( ) =dϑ

ds=r dϑ e poi sen dϑ =(T −q )dϑ

d F V

N

nota la forza normale infinitesima posso calcolare la forza d’ attrito

infinitesima che si scrive come .

2

=f =f (T −q )dϑ

d F d F V

T N

Non lo dimostro ma l’ equazione fondamentale di una cinghia in cui

è presente

attrito con una puleggia è

Se trascuro le componenti legate all’ inerzia e alla forza centrifuga

ottengo

A questo puntoscrivo le leggi delle due coppie che sono

fϑ∗¿

se considero il fatto che allora ottengo

¿

=T

T e

1 2

Anche per le cinghie devo calcolare il rapporto di trasmissione

w 2

che come al solito si scrive come dove w sono le velocità

=

τ w 1

angolari delle pulegge; se considero la relazione V1=w1 r1 e V2=w2

r2 allora w1=V1/r1 , w2=V2/r2 e quindi il rapporto di

trasmissione diventa ; nell’ ipotesi T1>T2 ->

V 2

V2<V1 quindi e

<1

V 1 r 1

di conseguenza lo posso trascurare quindi ; anche in questo

τ r 2

caso, come per le ruote dentate affinché la trasmissione del moto

sia equilibrata il rapporto di trasmissione deve essere compreso tra

1/6 e 6

Per quanto riguarda il rendimento vale sempre la formula

W C ω

2 2 2 dal punto di vista teorico il

=

η= W C ω

1 1 1

rendimento di una cinghia è circa 0.95, tuttavia nella realtà a causa

di dissipazione di potenza delle pulegge, effetto ventilazione e

mancanza di flessibilità per le cinghie questo valore si abbassa.

In generale per rendere possibile la trasmissione del moto anche in

condizioni statiche la tensione tra i rami liberi della cinghia deve

mantenere un certo valore di tensione, per fare ciò esistono due

sistemi:

-sistemi a base motore mobile: si dividono in

-a gravità:

Q=(T1+T2)cos(a)

-a molla:

Fm=(T1+T2)cos(a)

- a base scorrevole:

-sistemi a rullo tenditore:

Se le pulegge sono abbastanza lontane, allora la forza peso della

cinghia è sufficiente e tenerla in tensione.

Per le cinghie esiste un valore di massima potenza trasferibile

ϑ=β

che si ottiene quando, in riferimento al disegno di sopra 1

quindi scrivendo le equazioni di prima

Particolari tipi di cinghie sono le catene usate sia tra assi vicini che

lontani ed hanno il vantaggio di funzionare anche ad alte

temperature senza fenomeni di scorrimento; esistono vari tipi di

catene ad esempio a rulli o a perni.

Le stesse relazioni ricavate fino ad ora valgono anche per i freni a

nastro i quali sono delle cinghie che trasmettono alle pulegge forze

tangenziali di attrito che producono un momento frenante; nel

dettaglio valgono le formule e

nel caso in cui la rotazione del tamburo avvenga in verso orario ed

inverto T1 con T2 nella prima equazione se la rotazione è in verso

antiorario e per sostituzione variano

L’immagine di seguito mostra il funzionamento dei freni a nastro:

Una differenza sostanziale tra cinghia di

Il nastro è trasmissione e freno a nastro è che nel

incernierato secondo caso IL NASTRO RESTA FERMO, i

alla leva casi che si verificano sono quindi 2:

- La puleggia si muove quindi il nastro

entra in contatto con tutta la

superficie della puleggia creando

forze tangenziali d’ attrito su tutta la

superficie

- La puleggia è ferma e non si instaura

un moto relativo

Oltre altre equazioni prima scritte devo

considerare pure l’ equilibrio della leva e

a

=F

T

quindi vale la formula e quindi

2 x

Il freno di cui ho parlato fin ora si chiama freno a nastro

ordinario, esiste poi la versione di freno a nastro differenziale

per i quali valgono le seguenti formule

Iniziamo adesso un argomento completamente diverso ovvero le

vibrazioni: tali vibrazioni determinano il moto vibratorio tipico

dei sistemi meccanici. La vibrazione è resa possibile dalla capacità

dei materiali di immagazzinare energia potenziale a causa delle sue

proprietà elastiche.

Il metodo più semplice per studiare i sistemi vibranti è l’ uso della

schematizzazione con elementi finiti il quale descrive il

comportamento dinamico do un sistema tramite equazioni

differenziali; il numero di equazioni differenziali dipende dai gradi di

libertà del sistema. Vedremo che per semplificare ulteriormente lo

studio faremo uso del principio di Lagrange.

Poiché le vibrazioni determinano una perdita di energia potenziale,

sottoforma di calore diremo che i sistemi vibranti sono sistemi

dissipativi , nel dettaglio un sistema dissipativo è conservativo nei

riguardi delle forze dipendenti dallo spostamento come le forze

elastiche, e dissipativo nei confronti delle forze dipendenti dalla

velocità come le forse viscose.

Inoltre i sistemi vibranti sono lineari quando le vibrazioni hanno

una piccola ampiezza e le equazioni differenziali compaiono solo

alla prima potenza, mentre chiamo sistemi non lineari quelli in

cui l’ ampiezza della vibrazione è elevata.

Inoltre chiamo forze vibranti libere quelle che non dipendono da

forzanti esterne, in ques

Dettagli
Publisher
A.A. 2022-2023
56 pagine
SSD Ingegneria industriale e dell'informazione ING-IND/13 Meccanica applicata alle macchine

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher sciradry2001 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Meccanica applicata alle macchine e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Catania o del prof Lacagnina Michele.