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MAX SODDISFAZIONE = MAX UTILITA’
L’utilità è un’entità:
mutabile è cioè direttamente proporzionale all’intensità del bisogno da soddisfare ed è inversamente
proporzionale alla quantità di bene posseduto o consumato (Ad es. il pane è tanto più utile all’uomo
quanto più questo è affamato; d’altra parte l’importanza che l’uomo attribuisce ad una fetta di pane
tende a diminuire quando maggiore è la quantità di bene disponibile);
indipendente da valutazioni etiche o morali (Ad es. la droga è utile al drogato pur essendo condannata
dalle istituzioni e dalla morale pubblica);
soggettiva perché è relativa all’individuo che avverte la necessità di estinguere il bisogno;
non misurabile
non confrontabile
La scuola neoclassica, approcciandosi alla teoria dell’utilità, si divise in due filoni:
quantitativo costituito da Gossen, Jevons, Menger, Fisher
ordinale costituito da Marshall, Pareto, Pantaleoni, Edgeworth
APPROCCIO QUANTITATIVO
Nell’ipotesi che un bene economico possa essere suddiviso in dosi, l’utilità può essere:
iniziale quando è relativa alla prima dose posseduta o consumata;
finale se è relativa all’ultima dose;
totale se è la somma delle utilità di tutte le dosi del bene economico possedute o consumate fino a
quel momento;
marginale se è relativa alla dose che il consumatore sta per consumare; ma può essere definita anche
in funzione dell’utilità totale come la variazione di utilità totale che deriva al consumatore quando
questi consuma/possiede una dose in più.
La legge dell’utilità marginale decrescente o Prima legge di Gossen
Nell’ipotesi in cui il bene sia consumabile in dosi è possibile riportare su un grafico cartesiano la legge di
variazione dell’utilità marginale all’aumentare delle dosi consumate, dove sull’asse delle ordinate è indicata
l’utilità marginale delle singole dose e sulle ascisse sono rappresentate le dosi consumate.
Ad esempio per soddisfare il bisogno della sete, al primo bicchiere e quindi alla prima dose, si attribuisce
grande importanza. Al secondo bicchiere d’acqua il bisogno è stato già parzialmente soddisfatto e avrà quindi
un’utilità minore rispetto al primo bicchiere e così via. Con il sesto bicchiere d’acqua il bisogno è appagato.
Continuando, infine, con il settimo bicchiere d’acqua l’utilità sarà negativa.
Questo andamento esprime graficamente il principio di decrescenza dell’utilità marginale o prima legge di
Gossen. Secondo questo principio procedendo al consumo o all’acquisto di quantità successive di un bene,
l’intensità del bisogno diminuisce progressivamente fin quando non sopraggiunge la sazietà. La quantità di
un bene che determina la soddisfazione completa del bisogno è detta fabbisogno. Continuando il consumo
del bene per quantità superiori al fabbisogno, ogni dose aggiuntiva non fornisce al consumatore un’utilità,
ma piuttosto una disutilità.
Essendo l’utilità totale somma delle utilità di tutte le dosi di bene consumate è possibile costruirne
l’andamento grafico. L’utilità totale della prima dose di bene è pari all’utilità marginale della prima dose. Per
la seconda dose di bene, l’utilità totale è la somma delle utilità marginali della prima e della seconda dose di
bene. Continuando, l’utilità totale in corrispondenza della sesta dose di bene è la somma delle utilità
marginali della prima, della seconda, della terza, della quarta, della quinta e della sesta dose. Quest’ultima
dose ha utilità marginale nulla trattandosi della dose in corrispondenza della quale si è raggiunto il
fabbisogno. L’utilità totale della settima dose è la somma delle utilità marginali della prima, della seconda,
della terza, della quarta, della quinta, della sesta e della settima dose. La settima dose ha, però, utilità
marginale negativa, poiché è una dose che eccede il fabbisogno e quindi, anziché contribuire al
soddisfacimento del bisogno, ormai estinto, dà al consumatore una sensazione di fastidio. Ecco che l’utilità
totale della settima dose è minore di quella della sesta, visto il contributo negativo dell’utilità marginale della
settima dose che va sottratto al totale precedente.
L’utilità marginale può essere definita anche come la variazione ΔU di utilità totale che si ottiene quando si
T
consuma una dose di bene in più (Δq):
=
Dal grafico si evince che l’incremento di utilità totale che si ottiene dalla n-esima dose di bene risulta inferiore
all’analogo incremento relativo alla dose (n-1)-esima. Quindi l’utilità marginale attribuita a ciascuna dose di
bene è progressivamente decrescente e si annulla in corrispondenza del fabbisogno, quantità per la quale il
bisogno è completamente soddisfatto.
Se il bene può essere consumato in quantità infinitamente piccole anziché in dosi, l’andamento
dell’utilità marginale all’aumentare della quantità consumata si ottiene il seguente grafico.
L’andamento dell’utilità totale in funzione della quantità consumata è il seguente.
L’utilità totale ha il massimo in corrispondenza del fabbisogno. L’utilità marginale, infatti, è la derivata prima
dell’utilità totale. Ne consegue che l’utilità marginale è nulla laddove l’utilità totale presenta un massimo.
La soluzione al problema del consumatore può essere trovata facilmente nel caso in cui questo soggetto
economico decide di acquistare un solo bene di prezzo noto. Nell’ipotesi in cui il reddito sia costante e che il
consumatore abbia un comportamento razionale, secondo il principio edonistico, infine indichiamo con p il
prezzo unitario del bene. Nell’ipotesi che il bene sia consumabile in quantità infinitamente piccole la
soluzione può essere trovata riportando in un grafico l’utilità marginale di quantità successive “q” di bene e
la retta del prezzo “p” unitario del bene.
Le decisioni del soggetto economico avvengono con un meccanismo secondo il quale in corrispondenza di
ciascuna quantità infinitesima (dq) da acquistare, il consumatore mette a confronto l’utilità marginale che gli
deriverebbe dal possesso di quella quantità di bene con il prezzo del bene stesso, prezzo che rappresenta il
sacrificio che egli deve compiere per l’acquisto di dq. Fin quando l’utilità marginale di dq è maggiore del
prezzo del bene, cioè del sacrificio che deve compiere, il consumatore acquisterà la dose marginale.
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Vantaggio = area sottesa alla curva in corrispondenza della quantità infinitesima dq.
Svantaggio = quadratino sotteso alla retta del prezzo.
Si fermerà in corrispondenza della quantità q* per la quale l’utilità marginale è esattamente uguale al
prezzo.
Vale, quindi, il teorema della domanda del consumatore, secondo il quale un consumatore scambierà della
moneta con quantità di un qualsiasi bene finché la quantità che compra ha per lui una utilità marginale
maggiore o uguale al prezzo del bene; si fermerà quando l’utilità marginale coincide col prezzo del bene.
La porzione di semipiano compresa tra la retta del prezzo e la parte superiore della curva dell’utilità marginale
del bene prende il nome di surplus o rendita del consumatore. Individuato dall’economista Alfred Marshall
(1842-1924), il surplus del consumatore è la differenza positiva fra il prezzo che un individuo è disposto a
pagare per acquisire un determinato bene e il prezzo di mercato dello stesso bene. In altre parole, la rendita
del consumatore rappresenta la frazione di utilità della quale il consumatore gode senza pagare alcun prezzo.
APPROCCIO ORDINALE
L’approccio ordinale, a differenza dell’approccio quantitativo, non passa per una valutazione cardinale e
quantitativa dell’utilità. L’utilità viene interpretata soltanto come una maniera per esplicitare le preferenze.
Le ipotesi della teoria ordinale richiedono la sola capacità del consumatore di saper dare priorità alle sue
preferenze. Diventa quindi essenziale la preferenza che il consumatore esplicita nella scelta -ad esempio- tra
due panieri di merci e non la misura di quanto l’uno dei due sia più utile dell’altro. Inoltre, la capacità del
consumatore di esprimere preferenze su scelte alternative si traduce anche nella capacità del medesimo
soggetto di poter dare giudizi di indifferenza -e cioè di equivalenza- a scelte diverse. Le preferenze del
consumatore possono essere analizzate con l’ausilio delle schede di indifferenza che servono per costruire
un diagramma cartesiano con le curve di indifferenza o di isoutilità.
Ad esempio supponiamo che Pasquale possiede un sacco con delle noci, mentre Luigi ha un sacco con delle
mele e il consumatore debba scegliere tra una serie di “panieri” contenenti combinazioni diverse dei due
beni (noci e mele).
La scheda di indifferenza può essere tradotta graficamente in un diagramma cartesiano in una curva di
indifferenza. Sul diagramma cartesiano vengono riportate sulle ascisse la quantità del primo bene (mele) e
sulle ordinate la quantità del secondo bene (noci). La curva di indifferenza connette punti che individuano
differenti quantità dei due beni, punti rispetto ai quali un consumatore è INDIFFERENTE, dove ogni punto
della curva rappresenta lo stesso livello di Utilità Totale (soddisfazione) per il consumatore (U = costante).
T
Una CURVA DI INDIFFERENZA è il luogo dei punti che individuano COMBINAZIONI DIFFERENTI DEI DUE BENI
(q1 e q2) CHE FORNISCONO AL CONSUMATORE LA STESSA UTILITA’ TOTALE (U ).
T
Una curva di indifferenza può essere considerata l’equivalente psicometrico di una curva ipsometrica -o curva
di livello- di una carta topografica, linea che unisce tutti i punti che si trovano ad una stessa quota sul livello
del mare.
Su di un piano sono presenti
infinite curve di indifferenza, a
ognuna delle quali corrisponde