⊆R
Sia f: A ->R con A aperto, x Є A e V un versore.
0
Si dice DERIVATA DIREZIONALE di f rispetto a V, nel punto x , il seguente limite
0
(che deve esistere ed essere finito):
( + ) − ( )
0 0 )
lim = (
0
→0
TEOREMA 3.9 (p.132) Formula del GRADIENTE
n
⊆R
Sia f: A ->R con A aperto e f differenziabile in (x , y ) Є A.
0 0
Allora per ogni versore V=(V , V ) esiste la derivata direzione ed è uguale a :
x y
) ) ( ) ( )
( , = ( , · = , + ,
0 0 0 0 0 0 0 0
COROLLARIO 3.10 (p.133) Direzioni di massima e minima crescita
n
⊆R
Sia f: A ->R con A aperto e f differenziabile in x Є A.
0
)
(
Allora il vettore indica la direzione (e il verso) di massimo accrescimento di f,
0
ossia la direzione corrispondente alla massima derivata direzionale;
)
−( indica la direzione corrispondente alla minima derivata direzionale (che in generale è negativa);
0
infine, nella direzione ortogonale al gradiente le derivate direzionali sono NULLE.
Dimostrazione )
( ·
Basta applicare la formula del gradiente e chiedersi per quale versore V il prodotto scalare è
0
rispettivamente massimo, minimo e nullo.
TEOREMA 3.11 (p.134) Formule di calcolo per le derivate
n
Per ogni coppia di funzioni f, g: R ->R e per ogni coppia di costanti α, β Є R, valgono le seguenti proprietà
del gradiente:
→ (
( + ) = + + ) = +
→ (
( ⋅ ) = + · ) = +
+
−
→
( ) = ( ) =
2 2
TEOREMA 3.12 (p.135) Derivazione delle funzioni composte
n
⊆R ⊆R
1. Siano f: A ->R, g: I ->R e supponiamo che la funzione composta h(x)=g[f(x)] sia definita
almeno in un intorno U di x , allora la funzione composta è differenziabile in x e
0 0
′
)
ℎ( = [( )]( )
0 0 0
n n
⊆R ⊆
2. Siano r: I -> R e f: A R ->R e supponiamo che la funzione composta g(t)=f[r(t)] sia definita
almeno in un intorno J di t Є I.
0
Se r è derivabile in t e f è differenziabile in r(t ), allora la funzione composta è derivabile in t e
0 0 0
′ ( ) )]
= [( · ′( )
0 0 0
Ortogonalità del gradiente con le curve di livello (p.137)
n
⊆
Sia f: A R ->R differenziabile e f(x, y)= c l’equazione di una sua linea di livello.
Supponiamo che questa linea ammetta una rappresentazione parametrica regolare r=r(t).
Allora posto g(t) = f[r(t)], è per definizione g(t)=c e dunque g’(t)=0.
′ ()
= [()] · ′()
D’altro canto: ′ ()
[()] · = 0
Per cui
Cioè il gradiente è ortogonale in ogni punto alle linee di livello della funzione
(infatti r’(t) è tangente alla linea di livello).
DERIVATE DI ORDINE SUPERIORE
TEOREMA 3.14 (p.144) DI SCHWARZ Intercambiabilità dell’ordine di derivazione
n
⊆
Sia f: A R ->R con A aperto.
2 2
(, ) (, )
Se e esistono in un intorno del punto (x , y ) e sono continue in (x , y ),
0 0 0 0
2 2
) )
( , ( ,
allora in tale punto le derivate sono uguali: = .
0 0 0 0
quindi sotto queste ipotesi non è importante l’ordine di derivazione.
k
DEFINIZIONE 3.16 (p.146) Funzione di classe C
n k
⊆
Diremo che una funzione f: A R ->R con A aperto, è di classe C (A) se tutte le derivate parziali fino all’ordine
k esistono e sono continue in A:
continue in A per ogni i , i , … i 1 ≤ r ≤ k
1 2 r
1 2….
DEFINIZIONE 3.18 (p.148) Differenziale secondo
2 2 n
Se f Є C (A) e x Є A, si dice differenziale secondo di f in x la funzione : d f(x ): R ->R
0 0 0
2
=1 =1
2 ∑ ∑ ( )ℎ ℎ
Definita da: d (fx ) =
0 0
2
( )
I coefficienti che compaiono nel differenziale secondo possono essere ordinati in una matrice nxn
0
detta MATRICE HESSIANA di f in x :
0
f (x ) f (x ) … f (x )
x1x1 0 x1x2 0 x1xn 0
f (x ) f (x ) … f (x )
x2x1 0 x2x2 0 x2xn 0
Hf(x ) = c
0 f (x ) f (x ) … f (x )
xnx1 0 xnx2 0 xnxn 0
In particolare se f è una funzione di due variabili:
f (x , y ) f (x , y )
c
xx 0 0 xy 0 0
Hf(x , y )=
0 0 f (x , y ) f (x , y )
yx 0 0 yy 0 0
TEOREMA 3.16 (p.150) Formula di TAYLOR, resto secondo Peano
2
Sia f Є C (A). Per ogni x Є A vale la formula:
0 2
1 2
) ( )ℎ ( )ℎ |)
( + ℎ) = ( + ∑ + ∑ ℎ + (|ℎ ℎ → 0
0 0 0 0
2
=1 ,=1
DEFINIZIONE 3.19 (p.154) Punti di MASSIMO e MINIMO
n
⊆
Sia f: A R ->R e X Є A. Diciamo che:
0
a) X è un punto di MASSIMO ASSOLUTO per f in A e che f(X ) è il massimo assoluto o globale di f in A
0 0
se: per ogni X Є A si ha f(x) ≤ f(X )
0
X è un punto di MINIMO ASSOLUTO per f in A e che f(X ) è il minimo assoluto o globale di f in A se:
0 0
per ogni X Є A si ha f(x) ≥ f(X )
0
b) X è un punto di MASSIMO RELATIVO o locale per f e che f(X ) è un massimo relativo o locale di f se
0 0
esiste un intorno U di X tale che: per ogni X Є U si ha f(x) ≤ f(X )
0 0
X è un punto di MINIMO RELATIVO o locale per f e che f(X ) è il minimo relativo o locale di f se
0 0
esiste un intorno U di X tale che: per ogni X Є U si ha f(x) ≥ f(X )
0 0
TEOREMA 3.17 (p.156) DI FERMAT Punti critici
n
⊆
Sia f: A R ->R con A aperto e X Є A un punto di massimo o minimo locale per f.
0 )
( = 0
Se f è derivabile in X , allora:
0 0
Dimostrazione
Supponiamo che X sia punto di minimo locale. Occorre dimostrare che ogni derivata parziale di f si annulla
0 n
in X . Infatti, sia e ,…, e la base canonica in R . Muoviamoci da X lungo l’asse X considerando la funzione
0 1 n 0 j
della variabile reale t data da: g(t)= f(X + te )
0 j
La funzione g è ben definita in un intorno di t=0 e, poiché X è un punto di minimo locale per f, deduciamo
0
che t=0 è un punto di minimo locale per g. ( ) = ′(0)
D’altra parte, g è derivabile in t=0 e infatti, per definizione di derivata parziale, si ha: 0
Per il teorema di Fermat in una variabile, deve essere allora g’(0)=0. In conclusione:
( ) = 0 = 1, … ,
0
I punti in cui il gradiente di una funzione f si annulla si dicono PUNTI CRITICI o stazionari DI F.
Il teorema precedente afferma quindi che, per cercare i punti di massimo o minimo locale nei quali una
funzione è derivabile, occorre prima di tutto determinare tutti i suoi punti critici, ossia i punti X= (x , x x )
1 2, … n
che risolvono il sistema di n equazioni in n incognite:
f (x , x x )=0
x1 1 2, … n
f (x , x x )=0
x2 1 2, … n
…
f (x , x x )=0
xn 1 2, … n
Non è detto che ogni punto critico sia un punto di massimo o minimo, quindi il secondo passo sarà, una
volta determinati i punti stazionari, stabilire per ciascuno di essi se è un punto di minimo, di massimo o
nessuna delle due cose. Se il punto non è né di massimo né di minimo si dice PUNTO DI SELLA.
DEFINIZIONE 3.20 (p.159) Forma quadratica
n
Una forma quadratica q(h) con h Є R (o la matrice simmetrica corrispondente) si dice:
- DEFINITA positiva (negativa) se per ogni h ≠ 0 q(h) > 0 (<0)
- SEMIDEFINITA positiva (negativa) se per ogni h ≠ 0 q(h) ≥ 0 (≤0) ed esiste h ≠ 0 tale che q(h)=0
- INDEFINITA se esistono h , h tali che q(h ) > 0 e q(h ) < 0
1 2 1 2
Con il caso bidimensionale si avrebbe:
12 22
q(h , h )= ah + 2bh h + ch con a, b, c non tutti nulli.
1 2 1 2
La matrice associata è:
a b
M = c d
TEOREMA 3.18 (p.160) Segno delle forme quadratiche in due variabili
Se a ≠ 0, la forma quadratica è:
- DEFINITA positiva (negativa) se e solo se detM >0 e a >0 (a<0)
- SEMIDEFINITA positiva (negativa) se e solo se detM =0 e a>0 (a<0)
- INDEFINITA se e solo se detM <0
PROPOSIZIONE 3.3 (p.166) PUNTI CRITICI
2 2
Siano f Є C (A), A aperto in R , (x , y ) Є A un punto critico per f e la matrice hessiana nel punto critico è:
0 0
f (x , y ) f (x , y )
xx 0 0 xy 0 0
H (x , y )=
f 0 0 f (x , y ) f (x , y )
yx 0 0 yy 0 0
a) Se det H (x , y ) > 0 e
f 0 0
• f (x , y ) > 0 allora (x , y ) è un punto di MINIMO relativo
xx 0 0 0 0
• f (x , y ) < 0 allora (x , y ) è un punto di MASSIMO relativo
xx 0 0 0 0
b) Se det H (x , y ) < 0 allora (x , y ) è un punto di SELLA
f 0 0 0 0
c) Se det H (x , y ) = 0 occorre un’analisi ulteriore
f 0 0
TEOREMA 3.26 (p.184) DI DINI Funzione implicita
1
f: A ->R una funzione C (A), con A aperto. Supponiamo che in un punto (x , y ) Є A sia:
0 0
f(x , y ) = 0, f (x , y ) ≠ 0
0 0 y 0 0
allora esistono un intorno I di x , un intorno J di y e un’unica funzione g: I ->J tale che
0 0
y = g(x ) e f(x , g(x)) = 0 per ogni x Є I.
0 0 (,())
′
()
= −
1
Inoltre g Є C (I) e per ogni x Є I.
(,())
Il teorema è applicabile anche scambiando i ruoli di x e y.
In sostanza i punti in cui il teorema del Dini NON è applicabile sono quelli in cui il gradient
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