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Entra anche nell’editoria di Casabella di Rogers, anche se abbandonerà a seguito della pubblicazione di una serie di

opere interpretate come neo-liberty, che ritornano sull’architettura moderna canonizzata dai CIAM e da LC ; lui

prende le distanze, non vuole essere collegato ad una rivista che presenta una cedevolezza rispetto ad opere che

ritiene qualitativamente ed eticamente non giuste. Dunque, figura vigorosa, che rinuncia a ciò che ha abbandonando

il “potere”. Parteciperà anche all’ultimo CIAM, era appunto parte del Team 10, gruppo che cerca di rifondare

l’architettura moderna su principi più “umani”; qui trova una sua posizione anche a livello internazionale; fonderà

anche una scuola “estiva”, che diviene crocevia internazionale di contatti.

Tra i suoi progetti, vi è l’intervento a Urbino, parte centrale della sua azione:

3. L’architetto come “rifornitore” e “produttore” (III) 1

’50-’60 tentativo di piano regolatore

interventi nell’edificio dell’università

collegi di fronte a collina di Urbino

Urbino diventa luogo dove De Carlo si radica su tutti i livelli possibili: architettonico, progettuale, e anche storico

(poiché è necessario leggerla e capirla in maniera profonda).

In tutto questo, De Carlo darà dei contributi importanti alla cultura architettonica sia in ambito progettuale che

teorico, in particolare molti suoi scritti sono stati raccolti negli ultimi anni in l’Architettura della Partecipazione

(titolo che si riferisce ad uno scritto del ‘73).

In questo scritto viene evidenziato come De Carlo declini il futuro e la sua idea come qualcosa di caratterizzato da

una partecipazione dell’utente sempre maggiore, alla sua organizzazione e formale. Inoltre, gli architetti dovrebbero

fare di tutto perché l’architettura dei prossimi anni sia sempre meno la rappresentazione di chi la progetta e sempre

più la rappresentazione di chi la usa.

E’ un vero e proprio cambio di prospettiva quello che propone.

Il giudizio sull’opera è sempre del tutto indipendente dall’uso che se ne fa.

De Carlo sposta quindi continuamente e produttivamente anche solo dei punti di vista, offrendone di

nuovi e diversi. Anche questa è un’azione! Anche questa è trasformazione…

Sottrarre l’architettura agli architetti per restituirla alla gente che la usa

Vi è una sorta di anarchia in questa affermazione, non tanto di caos indistinto, ma di dismissione del potere da parte

di chi se lo arroga per una sua restituzione ad altra gente e anche ad altre competenze.

Dunque come si ha partecipazione? Quando non esiste più il potere perché tutti sono ugualmente coinvolti nel

processo decisionale.

Progettazione architettonica non è più un atto, ma un processo, qualcosa che ha un suo tempo

elaborazione e fasi, dove in mezzo ci sta un dialogo, una sequenza di ipotesi che continuano ad affinarsi

passando dalle critiche degli utenti!

Vediamo concretizzazione di come pensa e agisce De Carlo in uno dei suoi progetti, Acciaierie di Terni, intervento

per il villaggio Matteotti: acciaierie fondate durante il fascismo, e durante quel periodo viene fondato anche un

primo villaggio operaio, che <<esprimeva tutto il paternalismo fascista nei confronti della posizione sociale>>

(concessione ma anche controllo); nel villaggio vi sono pochi collegamenti, volutamente, come una sorta di

restrizione della mobilità e di controllo sociale.

In quel momento il villaggio era in condizioni di grandissimo degrado, e il problema è dubbio se conservarlo o

distruggerlo, motivo per cui nel 1969 si rivolgono a De Carlo. Dopo aver studiato il problema, le soluzioni che

propone sono cinque:

1. risanamento integrale del villaggio, senza variare la sua configurazione originale ma dotandolo dei servizi

necessari e ristrutturando radicalmente gli edifici residenziali

2. sostituzione del tessuto edilizio originale con sistema edilizio a torre

3. L’architetto come “rifornitore” e “produttore” (III) 2

3. sostituzione ma con sistema di edifici in lineari

4. sistema più complesso costituito da tre piastre sovrapposte nelle quali venivano scavate sequenze edificate

lineare che includevano la residenza, servizi e i canali del movimento pedonale

5. idem

Ciascuna proposta era corredata la illustrazione dei vantaggi e degli svantaggi che comportava, in relazione ai diversi

punti di vista che era possibile considerare. La cosa interessante è come lui si ponga come eventuale architetto

solamente della 4a e 5a scelta, rinunciando all’incarico nel caso la scelta cada invece sulle prime tre opzioni!

L’architetto pone delle condizioni, per questo è architetto produttore di trasformazioni, produttore non solo dal punto

di vista dei suoi interventi, ma dal posizionamento rispetto al progetto, che deve essere anche etico, non basta il

punto di vista estetico.

Nell’intervento (di cui ne viene realizzato solo 1/4), non viene realizzata la stecca dei servizi, che era un punto focale,

oltre che a tutta una parte di residenze. Nell’elaborazione del progetto è stata assolutamente importante la

partecipazione dell’utenza, che era stata posta come una delle condizioni fondamentali.

L’intervento prevedeva:

stecca di 5 piani poi stecche più basse

sistema che si intreccia e si incrocia, tutto in cemento armato

verde e costruito si incrociano in un intreccio molto fitto; l’obiettivo era quello di diminuire distanza tra strada e

casa, dove la strada diviene un luogo di integrazione, del vivere

percorsi pedonali con passerelle per circolazione interne al sistema

molte terrazze, case sì in cemento armato ma che si aprono per mettere in relazione la comunità

è una bellezza qualitativa non assoluta, estetica, ma comprensibile, tiene la comunità (stessa cosa nel progetto

dei collegi di Urbino)

Le Corbusier vs. Charles Correa

3. L’architetto come “rifornitore” e “produttore” (III) 3

Ci troviamo nel contesto indiano post-indipendenza (ca

1947); entrambi gli architetti hanno lavorato in questo

contesto intorno allo stesso periodo, ma tra essi si

trovano differenze fondamentali. In questo periodo e in

questo luogo il tema dell’identità è fortemente

controverso, anche per questioni religione, e per tale

ragione affrontato in maniera diversa a seconda

dell’architetto. Questo momento di transizione è una

data cruciale, anche per la divisione del territorio.

Dopo la partizione nasce necessità di costruire delle capitali regionali ex-novo, avendo ripensato i confini: le nuove

capitali sono Bubaneshwa (Oristan, 1949), Chandigar (Panjab, 1956), Ghandinagar (?, 1960). Ognuna di queste

capitali viene affidata ad architetti, di cui la prima ad un architetto tedesco, la terza ad un architetto indiano, e la

seconda inizialmente a Meyer e Novinsky, e successivamente a Le Corbusier.

La capitale era richiesta per 50.000 persone, e per Nehru (primo ministro) doveva essere il simbolo dell’India

indipendente, quindi carica di significato simbolico; inoltre, voleva essere in stile moderno per rompere con la storia

coloniale precedente.

Tema molto controverso, poiché come simbolo di indipendenza si chiama a progettare comunque un

architetto straniero…c’è una permanenza di una soggezione psicologica da parte dell’India per

l’Occidente.

Per LC Chandigar diventa la realizzazione dello studio che aveva fatto con il Plan Voisin, San Paolo, ecc, l’idea di

una città moderna ex-novo.

Progetta masterplan, applicando al contesto una

griglia, tabula rasa in cui le uniche preesistenze sono dei villaggi che è obbligato a mantenere (protetti da protezione

chiamata laangdora, sotto totale indipendenza amministrativa); dunque all’interno di questa tabula rasa lo spazio è

organizzato da sistema a griglia, in cui sono presenti questi satelliti caratterizzati da progettazione pre-industriale.

3. L’architetto come “rifornitore” e “produttore” (III) 4

Riprende quindi i concetti chiave del Plan Voisin (griglia, tabula rasa), anche se gli unici edifici a torre saranno nella

parte residenziale, dal momento che la parte residenziale è fatta come collaborazione con altri architetti.

Progetto paragonabile ad un corpo umano, con edifici direzionali in testa, quartiere centrale degli affari come cuore,

aree residenziali ad oriente e di istruzione ad occidente, il tutto molto proporzionale con il modulor che viene

applicato sia ad una scala urbana che alla scala degli edifici.

Tuttavia, questo non ha niente a che fare con il tessuto delle città storiche indiane! Progetto pensato per essere

moderno, spazi verdi e ariosi che ammorbidiscano la parte costruita.

Parte amministrativa, chiamato Capitol Complex, comprende una spianata in cemento armato nella quale si

trovano una serie di edifici, anch’essi in cemento armato: il palazzo di giustizia, il palazzo dell’assemblea, la casa del

governo, il segretariato e la mano aperta. Quest’ultima è il simbolo della città, la cui realizzazione è stata però a

lungo discussa (molto costosa), simbolo di non violenza e di pace.

E’ stato da molti additato come progetto dall’alto verso il basso, poco incline al dialogo con il contesto:

edifici in cemento armato, che in realtà non è adatto al clima tropicale della zona, velocemente degradabile

costruzioni tutte molto costose, poiché non vi erano maestranze in grado di lavorare il cemento armato; stesso

discorso vale per forme scelte

brutalismo, mitigato da certi accorgimenti come acqua, o aperture

assenza di vegetazione, problema di temperatura e insolazione

reinterpretazione naif, molto orientalista, delle tipicità dell’India (es. murales colorati con animali)

Idea di LC ha avuto predominanza rispetto a ragionamento su clima e luogo! In generale, ha usato questa come

occasione per applicare la sua idea di architettura, ma in un contesto molto diverso da quello dov’era stata

concepita…

Per la progettazione delle residenze si avvale invece di altri architetti (Maxwell Fry e Jane Drew):

edifici relativamente bassi, a misura d’uomo, che creano un’atmosfera molto bella

abitazioni in mattoni o pietra locale a vista hanno resistito abbastanza bene al tempo, a differenza dei progetti di

LC in cemento armato

forme più curve che rompono con forme moderne di LC

ripresa elementi tradizionali indiani (come schermature)

giardini, elemento del verde

grandi corte interne tipiche

Modernismo più umanizzato!

E’ interessante notare la presenza attuale di numerose slam, quindi l’incapacità del progetto di assolvere alla funzione

che inizialmente si era posto, un suo fallimento…

LC lavorer&agr

Dettagli
A.A. 2021-2022
63 pagine
SSD Ingegneria civile e Architettura ICAR/18 Storia dell'architettura

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher martina.mattioli21 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia e teorie dell'architettura contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Politecnico di Milano o del prof Biraghi Marco.