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2. L’EUROPA DOPO LA SECONDA GUERRA MONDIALE
8/9 maggio 1945 fine Seconda Guerra Mondiale, resa senza condizioni della Germania. 40 milioni di morti in UE.
1. Spostamenti di popolazione e profughi
• Milioni di polacchi, ucraini, bielorussi, russi, uccisi o cacciati dalle lora terre dai nazisti
• Milioni di lavoratori forzati stranieri in Germania
• 5 milioni di profughi interni tedeschi
• 7 milioni di tedeschi espulsi dopo la fine del conflitto
• 2 milioni di polacchi espulsi dalle regioni annesse all’URSS
• 700.000 ucraini espulsi dalla Polonia sud-orientale
• In totale 14 milioni di profughi nei mesi successivi alla fine del conflitto
Sostanziale pulizia etnica nell’EU orientale
2. Distruzione delle città
• In Gran Bretagna più di 200.000 case erano state distrutte dai bombardamenti e altre 4,5 milioni danneggiate
• In Francia i centri della Normandia erano stati annientati durante i combattimenti dell’estate 1944; Marsiglia
perse 14.000 edifici in seguito allo sbarco alleato dell’agosto 1944.
• 18-20 milioni di tedeschi erano senza casa nel 1945
• A Budapest l’84% degli edifici era gravemente danneggiato
• Varsavia aveva perduto più del 90% degli edifici
• In Urss distrutti 70,000 villaggi, 1,700 città, 32,000 fabbriche, 65,000 km di ferrovie
3. Caos nel sistema dei trasporti
• Nel 1945 meno del 10% delle linee ferroviarie tedesche era ancora funzionante: ponti ferroviari, locomotive e
carri merci erano stati distrutti.
• In Francia più di settemila ponti erano in rovina e solo metà delle linee ferroviarie era operativa.
• In Italia un terzo della rete stradale risultava inutilizzabile, 13.000 ponti erano crollati.
Ma la concentrazione delle risorse nella riattivazione dei collegamenti portò il traffico ferroviario ai livelli di
anteguerra già dall’inizio del 1946. Persino in Germania il 90% delle linee risultava operativo già dopo un anno
dalla fine della guerra.
4. Danni limitati all’ apparato produttivo
Il numero di braccia disponibili non era diminuito rispetto a prima della guerra e i danni agli apparati industriali erano
stati relativamente contenuti:
• In Germania meno del 10% della capacità produttiva siderurgica andò perduta.
• In Italia, la Banca d’Italia calcolava un danno complessivo pari all’8% dell’apparato industriale prebellico.
• In Francia l’industria aveva perso il 10% della sua dotazione di capitale, il 15% nella meccanica.
• Nel Regno Unito i danni al sistema industriale erano stati relativamente trascurabili. Tra l’agosto 1940 e il
dicembre 1941, i mesi in cui i bombardamenti tedeschi furono più intensi, solo l’1,7% del macchinario
installato venne danneggiato o distrutto.
La crisi dello Stato nazione in Europa
Secondo Milward: dei 26 stati-nazione europei nel 1938, alla fine del 1940 3 erano stati annessi, 10 occupati da
potenze ostili, 1 occupato contro la sua volontà da potenze amiche, e 4 parzialmente occupati e divisi da potenze
ostili. Altri 2 erano stati ridotti allo status di satellite, cosa che alla fine avrebbe portato alla loro occupazione.
L’integrazione europea ha facilitato la crescita economica e il suo obiettivo chiave era quindi la riaffermazione dello
stato-nazione, che dopo la seconda guerra mondiale era gravemente in crisi, l’integrazione europea è stata parte di
un ampio sforzo di «salvataggio del capitalismo». 4
Il clima politico del dopoguerra fu fortemente influenzato dal fatto che la guerra non era stata l’unica battuta
d’arresto in quegli anni (Grande Depressione), infatti era stata preceduta da lunghi anni di crisi delle economie
capitaliste cominciata negli Usa e passata poi nel ‘31 anche in Europa.
Nel 1945 la popolazione viveva in condizioni misere e di instabilità, con una diffuso analfabetismo e povertà.
In particolare furono gli anni tra le due guerre i peggiori (acute inflazioni, fluttuazioni selvagge delle monete,
disoccupazione, violenza politica e la Grande Depressione), che portarono al collasso dello Stato nazionale europeo.
Nel 1940 l’ordine europeo sembrava in procinto di crollare, invece tra il 1945 e il 1973 si assistette ad un’incredibile
ripresa, con la crescita significativa dei redditi e l’abbondanza dei beni di consumo.
Ma la fase di crescita durò solo fino al 1973, i governi non controllarono più l’aumento dei redditi, la stabilità
economica scese ai livelli antecedenti alla Grande Guerra, ricomparve la disoccupazione e il lavoro precario e si
inasprì la disparità nella distribuzione dei redditi.
Ricostruire l’Europa significò farla riemergere dal crollo della democrazia e dello stato nazionale quale base
dell’organizzazione politica.
Secondo M. il collasso della democrazia e dello stato nazionale che avvenne tra le due guerre fu dovuto in
particolare all’incapacità di soddisfare le numerose richieste dei cittadini, aumentate nel frattempo per la concessione
del suffraggio universale e il conferimento di maggiori poteri alle assemblee parlamentari.
La conseguenza più diretta fu una generale disaffezione verso i partiti di governo, che si registrò soprattutto nel
settore rurale. Le prime elezioni nel dopoguerra videro conquistare una grande quota dai socialisti e dai comunisti in
tanti paesi dell’UE.
Le condizioni degli agricoltori, che erano peggiorate negli anni ’20, si aggravarono a tal punto durante la Grande
Depressione, che scoppiarono rivolte contadine un po’ ovunque, soprattutto in Italia e Francia.
M. si chiede: cosa permise la crescita dei redditi e della stabilità, che portò poi alla rinascita dello Stato nazionale?
Come crebbe di nuovo il consenso verso i governi?
Sicuramente per le enormi concessioni ai gruppi sociali più estesi e influenti, che ampliarono il ruolo dello Stato; in
effetti dopo la guerra quasi tutti i governi incoraggiarono ampi investimenti di capitale.
La crescita economica come risposta alle attese del dopoguerra, la nascita del Welfare State
Secondo M. la ricostruzione post-bellica fu possibile anche per l’alta quota di investimenti privati, che a differenza
del primo dopo-guerra, questa volta continuarono anche dopo il conflitto.
Si era creata uniformità tra finalità pubbliche e private, anche perché lo Stato esercitava controlli sulle grandi
aziende, per gestire i cambiamenti rapidi in atto, riducendo il tasso di imprevedibilità.
Ma le concessioni portarono all’aumento della spesa pubblica, che fu aggravata dall’incremento del numero di
dipendenti statali e parastatali.
Le concessioni servivano ad aumentare il consenso politico, i salari quindi aumentarono un po’ ovunque e si
diffusero le politiche assistenziali.
Nei confronti dei lavoratori i governi agirono in due modi per ottenere il loro appoggio:
a) ammettendo i lavoratori (organizzati in sindacati) nell’apparato decisionale di governo; anche se questa strategia
si scontrò con la scarsa organizzazione dei sindacati, che all’epoca coinvolgevano ancora troppi pochi lavoratori.
b) attuando una rigorosa politica di piena occupazione, secondo M., fu sicuramente una scelta influenzata dalle
idee keynesiane che giustificavano un aumento della spesa pubblica.
Secondo Keynes l’aumento della spesa pubblica avrebbe portato all’incremento massimo di occupazione, senza
provocare inflazioni, perché l’aumento del prodotto avrebbe assorbito la spesa pubblica aggiuntiva, quindi la politica
di piena occupazione non comportava grandi costi, purchè il tasso di disoccupazione si aggirasse al 6%.
Le idee di Keynes furono usate anche allo scopo di ripristinare l’idea di Stato nazionale.
Il sostegno agli agricoltori fu immediato; anche perché il settore agricolo era organizzato come un’industria
nazionalizzata protetta dalla concorrenza, dove tutto era regolamentato.
Secondo M. lo Stato contribuiva per un terzo del reddito annuo di queste aziende, ovviamente a spese dei
contribuenti, nonostante questo però, ci fu un esodo dal settore agricolo, perché in realtà a beneficiare degli aiuti
statali erano soprattutto i grandi proprietari terrieri.
Se prima si chiedeva il diritto al voto, nel dopoguerra le conquiste erano i diritti all’assistenza: tra il 1945 e il 1973 ci
fu un progressivo allargamento di questi nuovi diritti; legati alla sanità, all’istruzione, alle politiche abitative
ciò determinò un aumento della spesa pubblica per fini assistenziali, che passò dal 25% del 1950 al 40% del
1973.
Esempio fu il Welfare State in Gran Bretagna
• Legge sull'istruzione del 1944 apre le università alle classi popolari; prolunga l'età di abbandono scolastico per la
scuola secondaria superiore.
• Legge sugli assegni familiari del 1945.
• 1946 National Insurance Bill: l'intera popolazione è coperta per malattia, disoccupazione, pensionamento,
pensioni di vedove, indennità di maternità. 5
• Legge sull'assistenza nazionale del 1948
• Rinnovato impegno per la costruzione di alloggi pubblici per la classe operaia
• La nazionalizzazione di diverse industrie, tra cui il gas, il carbone, l'acciaio, le ferrovie e la banca.
• 1948: Servizio Sanitario Nazionale: assistenza medica gratuita per tutti.
"In Gran Bretagna, nel 1949, circa il 17 % della spesa pubblica era dedicata ai servizi sociali, un aumento del 50 per
% rispetto al 1938, quando la Gran Bretagna era già leader mondiale nella spesa sociale insieme alla
Germania".
Nel 1938 la Francia destinò il 5% del suo PIL alla spesa sociale; nel 1949, l'8,2 %.
Anche l'Italia, relativamente povera, nel 1949 destinò il 5,2 % del PIL alla spesa sociale, rispetto al 3,3 % del 1938.
3. PROGETTI DELL’USA PER L’EUROPA DEL DOPOGUERRA
Negli anni ’30 negli USA si confrontano due interpretazioni delle cause della crisi (Grande Depressione dopo crollo
Borsa di Wall Street nel 1929):
Nazionalisti secondo cui la crisi è dovuta al fatto che i banchieri, gli industriali e gli agricoltori americani erano
diventati straordinariamente e pericolosamente dipendenti dai mercati esteri
la soluzione è la costruzione e il rafforzamento di un’egemonia regionale
Internazionalisti secondo cui gli Usa non si sono abbastanza internazionalizzati, perciò il mondo si è
frammentato in aree economiche autarchiche.
la soluzione è la ripresa del progetto wilsoniano di ordine globale interdipendente, all’insegna della «porta
aperta»: basse tariffe, convertibilità delle monete, libero movimento dei capitali.
Nel corso dei 1930s, con la crisi, il nazismo al potere in Germania e la ripresa dell’espansione giapponese in Asia, si
raff