CGT
e costruendo un culto della personalità che avvolse la coppia presidenziale. La
(Confederación General del Trabajo), principale sindacato del paese, divenne l’asse
portante del consenso peronista. L’espansione della pubblica amministrazione e dei
servizi sociali, che portò la spesa statale dal 36% al 47% del PIL, servì da base materiale
per l’alleanza tra Perón e i lavoratori. Tuttavia, ogni forma di dissenso fu soffocata: la stampa
indipendente venne censurata e gli oppositori incarcerati o ridotti al silenzio.
Durante il primo mandato (1946–1951) l’economia argentina beneficiò del favorevole
contesto internazionale della ricostruzione europea: le esportazioni agricole alimentarono
una forte crescita industriale e il PIL aumentò in media dell’8% annuo, mentre i consumi
interni crebbero del 14%. Tuttavia, nel secondo mandato (1951–1955) il modello entrò in
Perón a
crisi: la diminuzione delle riserve valutarie e la caduta dei prezzi agricoli costrinsero
ridurre la spesa pubblica e ad aprirsi parzialmente agli investimenti stranieri,
abbandonando il nazionalismo economico più rigido.
Nel 1952, mentre l’economia declinava, l’Argentina fu sconvolta dalla malattia e poi dalla
Eva Perón, avvenuta il 26 luglio 1952. La sua scomparsa privò il regime della
morte di
principale figura carismatica capace di tenere unite le masse popolari. Tre anni più tardi, nel
1955, un colpo di stato militare rovesciò Perón, costringendolo all’esilio.
Egli sarebbe tornato al potere solo nel 1973, ormai anziano e in un contesto profondamente
mutato, ma la sua seconda esperienza di governo durò poco: Perón morì nel luglio 1974,
Isabelita, mentre il paese si avviava verso una nuova
lasciando la presidenza alla moglie
fase di crisi politica e repressione militare.
Dalla crisi del peronismo alla dittatura militare (1955–1983)
A partire dall’inizio degli anni Cinquanta, il regime peronista cominciò a perdere consenso.
Perón e al crescente
Le cause furono molteplici: i militari, insofferenti al controllo politico di
potere sindacale; la Chiesa cattolica, in rotta di collisione con il presidente dopo
l’approvazione del divorzio e la limitazione delle feste religiose; i ceti medio-alti e le classi
imprenditoriali, colpite dalle politiche economiche stataliste; e perfino una parte dei
1952. Le
lavoratori, delusi dal peggioramento delle condizioni economiche dopo la crisi del
opposizioni politiche, benché ridotte al silenzio per anni, trovarono infine spazi di manovra
grazie al malcontento diffuso.
Nel settembre 1955, un colpo di stato militare noto come Revolución Libertadora, guidato
Eduardo Lonardi e poi da Pedro Eugenio Aramburu, rovesciò Perón,
dal generale
ponendo fine a quasi un decennio di dominio peronista. Lonardi tentò inizialmente una linea
Aramburu, più
conciliante — «ni vencedores ni vencidos» — ma fu presto sostituito da
deciso nel voler estirpare il peronismo in ogni sua forma. Il movimento peronista venne
messo al bando, i suoi simboli e persino il nome di Perón proibiti, e numerosi militanti
perseguitati o incarcerati.
Perón trovò rifugio in Spagna, dove il dittatore Francisco Franco lo accolse come ospite.
Da lì, tuttavia, egli continuò a influenzare la politica argentina, mantenendo rapporti con
sindacati e simpatizzanti, e facendo sentire la propria voce attraverso lettere e messaggi
clandestini.
Durante il governo di Aramburu (1955–1958) venne abrogata la Costituzione del 1949,
tranne la parte relativa ai diritti sociali e del lavoro, e si avviò un processo di restaurazione
istituzionale. Tuttavia, la società rimase profondamente divisa tra anticomunisti e
antiperonisti, e popolari fedeli a Perón.
Nel 1958, le elezioni portarono alla presidenza Arturo Frondizi dell’Unión Cívica Radical
grazie anche a un accordo segreto con i peronisti con il quale era
Intransigente (UCRI),
aperto al dialogo, ai quali promise la fine della proscrizione (esclusione forzata dalla vita
politica di persone o movimenti, di solito per motivi ideologici o di potere). Il suo governo
(1958–1962) cercò di modernizzare l’economia e attrarre investimenti stranieri, ma fu
rovesciato dai militari per il sospetto di eccessiva vicinanza ai lavoratori peronisti. Gli anni
seguenti furono segnati da instabilità politica: si susseguirono governi deboli o provvisori
come quelli di Guido e Illia, fino al colpo di stato del 1966 che portò al potere il generale
Juan Carlos Onganía.
Il periodo 1966–1973 fu dominato da regimi militari che proclamarono la fine dei partiti
politici e la necessità di un ordine tecnico e corporativo. Onganía inaugurò il cosiddetto
processo di Revolución Argentina, un progetto autoritario che cercò di modernizzare
l’economia e reprimere il conflitto sociale. Tuttavia, la repressione, la censura e la mancanza
di libertà politica alimentarono la nascita di movimenti guerriglieri di sinistra e la
progressiva disgregazione del regime militare, sostituito prima da Levingston e poi da
Lanusse.
Nel 1973, il generale Lanusse dovette infine riaprire la vita politica e convocare elezioni
libere, consentendo indirettamente il ritorno del peronismo. Il FREJULI (Frente
coalizione peronista guidata da Héctor Cámpora, vinse le
Justicialista de Liberación), Cámpora divenne presidente. Il suo governo durò
elezioni e, nel maggio di quell’anno,
poche settimane: l’obiettivo era chiaro — favorire il ritorno di Perón dall’esilio. Dopo le
Cámpora, nuove elezioni portarono nel settembre 1973 alla rielezione di
dimissioni di
Perón, con11l un plebiscitario 62% dei voti.
Il vecchio leader tornò a Buenos Aires accolto da milioni di sostenitori, ma trovò un paese
profondamente lacerato. Il movimento peronista era ormai diviso tra ala sindacale
Perón
conservatrice e sinistra peronista, spesso violenta. Il suo terzo mandato fu breve:
morì il 1º luglio 1974, lasciando la presidenza alla moglie Isabelita Perón, priva di
esperienza politica e incapace di gestire il caos crescente.
Durante il governo di Isabelita (1974–1976) il paese precipitò nella violenza politica e nella
Triple A (Alianza
crisi economica. Le formazioni paramilitari di estrema destra, come la
iniziarono una brutale caccia ai militanti di sinistra.
Anticomunista Argentina),
Il mito del peronismo (1955–1976)
Dopo la caduta di Perón nel 1955, il suo movimento, pur messo fuori legge, sopravvisse
come mito politico e identitario. Nella memoria collettiva delle masse popolari e dei
lavoratori, il peronismo continuò a rappresentare l’epoca d’oro della giustizia sociale, della
partecipazione politica dei ceti subalterni e dell’orgoglio nazionale argentino. Anche in esilio,
Perón mantenne il ruolo di guida carismatica, diffondendo messaggi e istruzioni ai suoi
seguaci, che nel tempo si organizzarono in diverse forme, spesso tra loro contrapposte.
Nel breve periodo successivo alla sua deposizione, nacquero gruppi e correnti che
cercarono di preservare o reinterpretare l’eredità peronista. Nel 1957 sorse la Juventud
movimento giovanile che riuniva studenti, operai e militanti di sinistra legati al
Peronista,
mito del General, e che si propose di restituire al popolo argentino la voce politica negata
dalla proscrizione.
Nel 1964 venne fondato il Partido Justicialista, con l’intento di dare una struttura politica
autonoma a un peronismo ormai privo del suo leader in patria: un “peronismo senza Perón”,
più istituzionale e moderato, che cercò di mantenere viva la dottrina giustizialista e di
ottenere una lenta reintegrazione nella vita politica nazionale.
Tuttavia, la lunga esclusione del movimento e la repressione dei governi militari
1968 nacquero i
alimentarono la radicalizzazione di una parte della gioventù peronista. Nel
Montoneros, un’organizzazione armata guidata da Mario Firmenich, che si presentò come
braccio armato del peronismo rivoluzionario. Il gruppo combinò elementi del
cattolicesimo sociale con il marxismo e il nazionalismo popolare, rivendicando la lotta
contro la dittatura e contro le élite economiche. Il loro atto più eclatante fu il sequestro e
l’esecuzione dell’ex presidente Pedro Eugenio Aramburu nel 1970, ritenuto responsabile
della deposizione di Perón e della repressione del 1955. L’azione voleva vendicare
simbolicamente l’umiliazione del peronismo e il trafugamento del corpo di Eva Perón, la cui
salma, dopo il colpo di stato, era stata segretamente portata in Italia e sepolta sotto falso
nome nel Cimitero Maggiore di Milano (Musocco) come “María Maggi de Magistris”.
Parallelamente, si sviluppò un’altra organizzazione armata, l’ERP (Ejército Revolucionario
guidata da Roberto Santucho e collegata al Partido Revolucionario de los
del Pueblo),
Trabajadores (PRT) di ispirazione marxista-leninista. L’ERP, più nettamente comunista
rispetto ai Montoneros, condusse una guerra rivoluzionaria contro lo Stato argentino,
organizzando rapimenti e attentati, tra cui nel 1972 il sequestro di Oberdan Sallustro,
dirigente della Fiat, poi assassinato.
Questi movimenti, sebbene formalmente distinti, alimentarono una crescente
polarizzazione della società argentina: da un lato i settori popolari e giovanili che si
Perón, dall’altro le forze conservatrici, militari e
richiamavano al mito rivoluzionario di
cattoliche che vedevano in quel mito una minaccia all’ordine e ai valori tradizionali.
In questo clima di conflitto e radicalizzazione, il nome di Perón tornò a essere invocato
come soluzione nazionale. Il vecchio leader, dall’esilio spagnolo, seppe sfruttare l’immagine
del “padre della patria tradito” e richiamò a sé le diverse anime del movimento, promettendo
unità e pacificazione. Tuttavia, quando rientrò in patria nel 1973, il peronismo era
eterogeneo: le sue correnti si scontrarono violentemente, e la speranza di una sintesi tra
giustizia sociale e ordine nazionale si trasformò in una svolta autoritaria, che aprì la strada
alla repressione e infine alla dittatura militare del 1976.
Il periodo di dittatura militare
Il 24 marzo 1976 le Forze Armate presero il potere con un nuovo colpo di stato,
inaugurando la Junta Militar composta da Jorge Rafael Videla (Esercito), Emilio Massera
(Marina) e Orlando Agosti (Aeronautica). Ebbe così inizio il processo della
Reorganización Nacional (1976–1983), u