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Estratto del documento

A cavallo tra le guerre diverse avanguardie si affacciarono sul panorama artistico. Una di

queste fu l’olandese De Stijl, un movimento di artisti accomunati dalla volontà di fondare

un’arte nuova, somma delle sue varie forme, tra cui spicca Gerrit Thomas Rietveld

architetto e designer olandese, autore della famosa sedia “rosso-blu”, De Stijl nello stile

per la scomposizione degli elementi in piani geometrici colorati, e di architetture

improntate sulla modulazione dello spazio ottenuta tramite piani identificati da colori

diversi: come Casa Scrhoder. L’opera, inserita in una stecca di case a schiera con cui non

dialoga, nasce dall’assemblaggio di elementi: la struttura spaziale della casa e il lucernario

bianchi; gli elementi che definiscono il rapporto tra interno ed esterno grigi; architravi,

pilastri e pluviali rispettivamente giallo, rosso e blu; finestre, porte, ringhiere e scaletta

esterna di accesso al tetto, neri. All’interno il piano terra è tradizionale, con pareti

divisorie che compongono stanze disposte radialmente intorno al fulcro connettivo ed

impiantistico centrale, preservando la loro autonomia. Il piano superiore è più

innovativo, si tratta infatti di un open space dinamico, dove una pluralità di pannelli

scorrevoli può aprirsi e chiudersi configurando gli spazi. Le facciate si configurano come

un agglomerato di piani e linee volutamente separati a comporre un perfetto equilibrio

tra planarità, sporgenza e colore dei vari elementi; e sono la realizzazione pratica del

manifesto De Stijl di Van Doesburg essendo elementari, economiche, funzionali, non

monumentali, dinamiche, anti cubiche nella forma e anti decorative nel colore.

Intanto in Russia prendeva corpo il Costruttivismo. Come le altre avanguardie, il

movimento cercò di rinnovare l’arte collegandola a tecnologia e industria, sostenendo la

necessità di ricercare forme nuove, non imitative. In parte per questo il suo contributo

maggiore si ebbe in architettura, con edifici fatti da strutture metalliche e superfici in

vetro, spesso rimasti su carta, come il Monumento alla Terza Internazionale di Leningrado,

che Tatlin propone per celebrare le glorie del regime. La sua torre costruttivista doveva

essere realizzata con materiali industriali, vetro e acciaio, per essere simbolo di

modernità; modellati in una struttura composta da due eliche a spirale, attorniate dai

distributivi, che avrebbe dovuto contenere tre grandi volumi sospesi: il blocco cubico,

per le assemblee legislative, con un periodo di rotazione di un anno; quello piramidale, al

cui interno si dovevano svolgere i lavori dell’esecutivo, con rotazione di un mese; e infine

il cilindro, che doveva compiere giri giornalieri e ospitare i mezzi di informazione del

proletariato. La torre di base non è un vero e proprio monumento, come la Torre Eiffel,

ma uno scheletro strutturale che contiene al suo interno le funzioni, anche se mantiene

profondi significati simbolici intrecciati con le scelte materiche, contrapponendo la forza

del ferro con la trasparenza del vetro.

Avanguardistiche sono anche le sperimentazioni sull’atteggiamento strutturale di ferro e

cemento di Erich Mendelshon, nella Torre Einstein a Postdam: un laboratorio e

osservatorio astronomico voluto da Freundlich per confermare sperimentalmente la

teoria della relatività, concluso al termine di una vicenda lunga in cui l’architetto finanziò

buona parte dell’opera e si scontrò con le difficoltà tecniche date dalla forma della torre.

La torre ha una forma sinuosa e scultorea, grazie all’uso del cemento, che esula dalle

predominanti tendenze scatolari e si riflette sull’impianto, segno di una visione non solo

ornamentale della curva. All’interno la luce catturata dalla cupola, occhio per il

telescopio, veniva deviata da un sistema di specchi: verticalmente lungo sino al

laboratorio interrato, e orizzontalmente verso gli strumenti di rilevazione.

Herman Muthesius fu invece uno dei maggiori costruttori di ville e quartieri giardino,

fondendo l’esperienza costruttiva tedesca con lo stile ed il carattere delle case di

campagna inglesi, riconoscendovi i capisaldi del funzionalismo (aria e luce).

Stilisticamente le sue ville avevano un preciso sistema di percorsi e locali dimensionati

rispetto alla funzione; mentre nell’edilizia popolare, raggiunse un alto standard in termini

di rapporto tra esigenze economiche e spazi minimi. L’artista si batté per l’importanza

della lavorazione industriale, unica capace di risolvere il problema socio-economico delle

arti applicate, in netto contrasto con il pensiero morrisiano; e attaccò duramente

l’eclettismo storicistico e l’Art Nouveau, considerate parimenti uno spreco di materiali e

forza lavoro. Su queste idee fonda nel 1907 il Werkbund (lega degli artigiani tedeschi)

insieme all’imprenditore Karl Schmidt e al politico Friedrich Naumann, con lo scopo di

saldare la spaccatura tra industria e arti applicate e portare la manifattura tedesca a livello

di quella francese e inglese. L’associazione rappresentò una tappa importante nello

sviluppo dell’architettura moderna e del disegno industriale, fino alla soppressione

nazista, basti pensare alle esposizioni di Colonia nel 1914 e Stoccarda nel 1927.

Nella prima, finalizzata a nobilitare il lavoro industriale, venne eretto da Bruno Taut il

Glaspavillon, smontato con l’avvento della guerra, una struttura dominata dal vetro, che

egli considerava il materiale costruttivo del futuro, costruita in una zona marginale della

mostra a spese dell’architetto. Tramite due scale di ferro e vetro inserite tra due pareti di

vetrocemento si entrava nella sala superiore, dominata dalla cupola ellissoidale, cifra

stilistica dell’intero edificio, costituita da piccole piastrelle di vetro saldate a un reticolo di

rame a maglie finissime e inserite in un fitto intreccio a raggiera di quattordici nervature

di cemento armato. Questa chiusura, sorretta da possenti fusti di cemento, intendeva

testimoniare tutte le possibilità del vetro: captare, filtrare e riverberare la luce. Nella sala

centrale tramite un foro circolare si poteva gettare lo sguardo sull’ambiente sottostante

dove una cascata, accessibile mediante due scale, abbagliava i visitatori con il suo

splendore cromatico: il digradante letto idrico, infatti, era rivestito di piastrelle

multicolore, blu in basso poi verde muschio e giallo, a formare un caleidoscopico

mosaico illuminato dalla cupola e da un grande lampadario a grappolo.

A Stoccarda venne invece realizzato il Weissenhof, un quartiere abitativo finalizzato a

mostrare come vive l’uomo moderno. Diversi architetti lavorarono ai 21 edifici

dovendosi adeguare ad alcune linee guida: il colore bianco, l’integrazione degli impianti di

riscaldamento e igenici, la pianta libera, la prefabbricazione e una generale attenzione alla

funzionalità più che all’estetica. Tra le abitazioni si ricordano quelle di Mies, che

partecipò da direttore assegnandosi il lotto più grande, in cui una struttura a telaio in

acciaio caratterizza il fronte e permette una disposizione interna libera; quelle di Oud,

cinque case a schiera duplex con l’ingresso mediato da una piccola corte da cui si transita

negli ambienti dimensionati tramite standard; la casa unifamiliare di Bruno Taut, con

ampi spazi e terrazze, e due logge, di entrata e servizio, che tagliano il parallelepipedo

della costruzione; quelle di Gropius, esempi di prefabbricazione, grazie ai telai metallici

con montaggio a secco, poggiati su un basamento di cemento; e infine le due case di Le

Corbusier, strutture intelaiate con pilotis nel primo caso in acciaio e nel secondo in

cemento, casa Citrohan. Beherens invece optò nella sua residenza plurifamiliare per uno

stile un po’ romantico e non rispondente ai temi della residenza di massa.

Al pari degli altri paesi anche in Italia si trovano degli sperimentalismi avanguardistici, in

questo caso riferibili al futurismo di Marinetti e Boccioni, trasposti in architettura da un

giovane architetto, Antonio Sant’Elia. Questi redige il Manifesto Futurista nel 1914, da

cui traspira una critica forte agli accademismi linguistici, “Dopo il ‘700 non è più esistita

nessuna architettura”, e gli apparati decorativi, “carnevalesche incrostazioni”, accusati di

nascondere e profanare la bellezza dei nuovi materiali che compongono lo scheletro

degli edifici moderni. Così come vi si legge la volontà di creare architetture rinnovate che

sappiano interpretare il dinamismo della moderna società meccanizzata, iniziando il

rinnovamento dell’architettura italiana, al pari di quanto fatto altrove dai maestri europei.

Nei suoi disegni si stacca dagli apparati decorativi del modernismo viennese, da lui

apprezzati inizialmente, e elimina i monumenti neoclassici sostituiti da grandi alberghi,

stazioni ferroviarie, strade immense, porti colossali, gallerie luminose e rettifili infiniti

che accennano sempre ad un tessuto connettivo più ampio inscritto nella Città Futura.

Fa “piazza pulita” della civiltà architettonica del passato, ma non ne cancella la memoria,

riutilizza, senza decori, gli archetipi fondativi di ogni architettura: la casa, il castello, la

torre, il ponte, distinguendosi quindi dal nascente razionalismo per i riferimenti figurativi

alla città medioevale italiana: muri scoscesi, speroni architettonici e archi. Temi questi

tutti presenti nell’Edificio a gradoni le cui masse e superfici lisce e non decorate sono

plasticamente collegate da archi che connettono torri e guglie.

Volti del razionalismo

Nel dopoguerra le avanguardie artistiche, che fino a quel momento si erano dedicate alla

soluzione di problemi astratti e estetici, cominciarono ad occuparsi di questioni più

pragmatiche, come la riproducibilità in serie e l’uso di nuovi materiali, in modo da fornire

un prodotto accessibile. Unificare l’arte con le masse fu quindi l’obiettivo degli architetti

novecenteschi, che costruirono in cemento opere piene di significati simbolici.

\Adolf Loos\

Loos si inserisce nel filone tracciato da Wagner anni prima, al pari dell’altro architetto

austriaco si orienta stilisticamente verso un rifiuto per le decorazioni di stampo Art

Nouveau per una semplificazione stilistica riscontrabile anche in altri lavori austriaci

come il Sanatorio di Purkersdorf, coevo a una delle prime realizzazione loosiane, Villa

Karma. Principio esplicitato in “Ornamento e delitto”, che si somma ad altri stilemi: il

contrasto tra interno e esterno, ovvero l’idea che verso l’esterno l’edificio dovrebbe

restare muto e rilevare tutta la sua ricchezza all’interno, contrapponendo la silenziosa

freddezza dell’involucro alla calda accoglienza dello spazio racchiuso, per distinguere

nettamente la sfera pubblica da que

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Publisher
A.A. 2021-2022
53 pagine
SSD Ingegneria civile e Architettura ICAR/18 Storia dell'architettura

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher gugaz di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia dell'architettura III e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Brodini Alessandro.