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C.
Teoria del Valore
Le principali differenziazioni o caratterizzazioni interne all’indirizzo marginalista possono essere,
semplificando e schematizzando molto, ricondotte al grande tema del valore di scambio. Il valore per i
marginalisti dipende (anche) dall’utilità marginale dei beni. Utilità e costo sono dunque i due fattori che
entrano in gioco nella determinazione del valore. Il tentativo di Menger e della Scuola Austriaca fu quello
di espungere dall’analisi economica il fattore costo riconducendo l’intera spiegazione dei fenomeni
economici al fattore utilità. Il costo non è altro che utilità sacrificata.
Per descrivere le scelte degli individui basta rilevare e ordinare le loro preferenze senza ricorrere
all’ambigua categoria dell’utilità. Basta assumere non che l’individuo sceglie ciò che è utile ma che è
utile ciò che l’individuo sceglie. Questo approccio segna il passaggio dal cardinalismo all’ordinalismo.
L’Economia Neoclassica: Menger e Marshall
Carl Menger
Carl Menger nasce nel 1840 nella Galizia polacca, che allora faceva parte dell’Impero Asburgico. Studia
legge nelle Università di Vienna e Praga. Dopo la laurea, lavora come giornalista a Leopoli e poi si
trasferisce a Vienna dove viene assunto presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Tutto comincia svolgendo un’indagine sull’andamento dei prezzi nel mercato di Vienna. Menger si
accorge che la teoria classica del valore-lavoro è inservibile per spiegare il reale andamento di prezzi e
mercati.
→ Per Menger l’economia è la scienza che studia l’azione umana volta ad impiegare nel modo più
razionale beni scarsi e utili a soddisfare bisogni molteplici. Tutto ruota intorno alla relazione tra beni e
bisogni.
Esistono bisogni primari e voluttuari, individuali e collettivi, presenti e futuri, che ogni individuo può
ordinare in una scala per importanza e intensità.
I Beni Economici
L’economia si occupa solo dei beni economici e cioè utili e scarsi. Ma la scarsità è un concetto relativo.
Deriva da una comparazione tra beni e bisogni soggettivi. Un bene diventa economico quando è scarso
e torna ad essere un semplice bene quando la scarsità scompare.
Menger distingue poi tra beni di consumo e beni strumentali. Il pane è un bene di consumo, che
soddisfa direttamente il bisogno di sfamarsi. La farina, il grano, l’appezzamento di terreno e tutto ciò che
concorre alla produzione di pane appartiene alla filiera dei beni strumentali o di ordine superiore. Il
valore dei beni finali che, risalendo dal basso verso l’altro (bottom-up), determina il valore dei beni
strumentali: le cose che valgono costano.
Tavola di Menger
I numeri romani rappresentano beni che soddisfano bisogni (ordinati secondo la loro decrescente
importanza). I numeri arabi rappresentano le utilità marginali decrescenti dei singoli beni.
Per massimizzare l’utilità totale, il consumatore
dovrebbe livellare le utilità marginali dei beni.
Nell’esempio, dovrebbe acquistare 2 unità del
primo bene e 1 unità del secondo bene. In
questo modo l’utilità totale salirebbe a 28 (10 +
9 + 9) e le utilità marginali dei due beni sono
livellate nel senso che entrambe presentano
uno stesso valore (9). L’utilità marginale è ciò
che determina il valore di scambio di un bene.
Il Valore dei Beni Strumentali
Il valore dei beni strumentali, afferma Menger, si risolve nel “prevedibile valore” dei beni di consumo. Se
i consumatori attribuiscono un grande valore al tabacco, tutti gli input impiegati nella produzione di
tabacco riceveranno, complessivamente, un’elevata remunerazione.
→ Principio della Perdita: Il valore di ciascun input può essere determinato calcolando la perdita di
valore che la produzione del bene finale subirebbe nel caso in cui, dalla combinazione produttiva, fosse
sottratta una unità dell’input considerato.
La conclusione significativa è che il valore dei beni di consumo dipende dall’utilità marginale che i
consumatori assegnano ai beni e quella stessa utilità determina la distribuzione del reddito tra i fattori
produttivi. Tutto dipende cioè dalle soggettive e mutevoli preferenze dei consumatori.
Teoria dell’Interesse
Tra gli eredi di Menger, un posto di primo piano lo occupa Eugen von Böhm-Bawerk (1851-1914) autore
di una originale teoria dell’interesse. L’interesse per Böhm è il premio per la rinuncia alla preferenza
verso i beni presenti. Esistono beni presenti (una provvista di generi alimentari) e beni futuri (una barca
da costruire). Gli individui preferiscono i beni presenti ai beni futuri, tendono a sopravalutare la
disponibilità dei beni futuri e a sottovalutare l’intensità dei bisogni futuri. I beni presenti possono essere
utilizzati per finanziare/sostenere lavoratori impegnati nella costruzione di macchine che accrescono la
produttività del lavoro umano.
Se una collettività dispone di molti beni presenti, che soddisfano ampiamente i bisogni avvertiti nel
presente, i possessori di quei beni saranno disposti a cederne una parte ai richiedenti in cambio di un
basso compenso. Se, al contrario, i beni presenti scarseggiano, ovvero scarseggia il risparmio,
esigeranno un più elevato compenso. Il tasso di interesse è un indicatore della relativa abbondanza o
scarsità dei beni presenti ovvero del risparmio esistente. Un alto tasso di interesse segnala una marcata
preferenza degli individui per i beni presenti verso i beni futuri ovvero una scarsità di risparmio
Per la Scuola Austriaca, come si vede, esiste un unico principio direttivo dell’economia: la soggettiva
utilità dei consumatori che orienta la produzione presente e futura delle imprese.
Alfred Marshall
Alfred Marshall nasce a Londra nel 1842. Negli anni della maturità pubblica le opere maggiori, frutto di
un intenso lavoro iniziato, e reso noto, fin dagli anni Settanta. Le opere maggiori sono i Principi di
economia (1890), Industria e commercio (1919), Moneta, credito e commercio (1923). Muore a
Cambridge nel 1924.
→ Per Marshall l’economia è la scienza che studia il comportamento umano come un calcolo tra
soddisfazione e sforzi. La sintesi consiste nell’unire, in modo armonico, il fattore costo della tradizione
classica col fattore utilità della rivoluzione marginalista.
La sintesi neoclassica di Marshall consiste nel porre l’utilità marginale (dei marginalisti) a fondamento
della curva di domanda del mercato e il costo di produzione (dei classici) a fondamento della curva di
offerta del mercato. Dopo aver costruito le curve del mercato, Marshall studia il funzionamento del
mercato stesso col metodo cosiddetto degli equilibri parziali e periodali. Parziali significa che adotta la
clausola del coeteris paribus analizzando il funzionamento di un mercato nell’ipotesi che ciò che accade
negli altri mercati resti invariato.
→ L’utilità è l’attitudine di un bene a soddisfare un bisogno. Esiste un’utilità iniziale (quella procurata
dalla prima dose di un bene), finale o marginale (quella procurata dall’ultima unità di un bene) e una
utilità totale derivante dal consumo dell’intera provvista di un bene.
L’utilità marginale decresce fino ad annullarsi e a diventare negativa (disutilità). L’utilità totale è
crescente finchè l’utilità marginale è positiva e raggiunge il valore massimo in corrispondenza del punto
in cui quest’ultima assume un valore nullo. L’idea sottostante è che un individuo, considerando la
decrescente utilità marginale di un bene, sarà disposto ad acquistarne quantità crescenti solo a prezzi
decrescenti. Tuttavia, l’utilità è puramente soggettiva e dunque difficilmente misurabile. Marshall ricorre
allora al concetto di “willing to pay” (disponibilità a pagare): l’utilità marginale può essere misurata in
termini di quantità di moneta che un soggetto è disposto a sacrificare per ottenere una unità in più di
bene.
La Curva della Domanda
La domanda è una relazione inversa tra prezzo e quantità e dipende da una serie di altre variabili
esogene. Marshall disegna una tipica curva di domanda, con pendenza negativa, coincidente con la
curva dell’utilità marginale decrescente. L’utilità marginale può essere misurata in termini di quantità di
moneta che un soggetto è disposto a sacrificare per ottenere una unità in più di bene.
Ogni punto lungo la curva di domanda, abbiamo detto, indica il prezzo massimo di acquisto di uno o più
consumatori. Il surplus del consumatore è la differenza tra il prezzo massimo che il consumatore
sarebbe disposto a pagare (willing to pay) e l’inferiore prezzo che effettivamente paga.
La Curva di Offerta
Marshall costruisce poi una simmetrica curva di offerta con pendenza positiva. Nella versione più
semplice assumiamo che, per produrre un bene, occorrano due input – lavoro e capitale – e ipotizziamo
che nel breve periodo un input, di solito il capitale, sia fisso o invariabile. Da qui deriviamo la distinzione
tra costi fissi, che non variano al variare della produzione, e costi variabili, che sono invece proporzionali
all’andamento della produzione. Il costo totale è semplicemente la somma dei due e il costo marginale è
la variazione del costo totale derivante dall’incremento di una unità della produzione.
L’andamento crescente del costo marginale riflette il crescente costo sia del lavoro che del capitale.
L’imprenditore deve compensare i crescenti sforzi dei lavoratori e la crescente attesa (waiting) dei
capitalisti che, risparmiando, pospongono ogni decisione di consumo.
Marshall, analogamente a quanto fatto per la curva di domanda, formula i concetti di surplus del
produttore e di elasticità dell’offerta rispetto al prezzo. Inoltre, completa l’analisi dell’offerta con
l’innovativa categoria, ancora oggi utilizzata, di “economie di scala”.
Il Valore di Scambio
Il valore non dipende né dal solo costo, come sostenuto dai classici, né dalla sola utilità, come affermato
dai marginalisti, ma semplicemente da entrambi. Il valore di scambio è infatti determinato nel punto di
intersezione tra domanda e offerta di mercato e, in quel punto, l’utilità marginale sottostante alla curva di
domanda coincide col costo marginale sottostante alla curva di offerta. Il valore è come un foglio di carta
tagliato dalle due lame di una forbice.
L&rs