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Eredità di una tradizione di esegesi biblica, termine lectura come esegi letterale (parola per parola), la
glossa è una traccia scritta della lectura, si distinguono tra glossa riportata e glossa redacta. Si
utilizzavano sigle identificative.
● Dentro la glossa
È una interpretazione partendo dalle singole parole, ai tempi di Irnerio brevi e sintetiche, con il
passare del tempo dentro la glossa, vengono veicolati contenuti sempre più complessi. Dobbiamo
considerare il modo in cui i giuristi veicolano i loro contenuti, la cultura europea occidentale ha un
certo modo di affrontare l’interpretazione, possiamo leggere una certa continuità nel medioevo, il
modo di interpretare i testi degli occidentali non è l’unico modo. Le formule si traghettano poi nel
ragionamento giuridiche. Il ragionamento ha delle formule che lo studioso individua subito. Il casus è
l’illustrazione della fattispecie della normativa, è una sorta di via di mezzo tra quello che dice la
norma letteralmente e il caso pratico, è spiegare a quali ipotesi questa norma è finalizzata. Di solito la
glossa che contiene il casus sta all’inizio della norma, dentro la norma si può trovare la solutio
contrariorum, la soluzione dei contrari, il contenuto della norma è in contrasto con un altra norma e
propone una soluzione, nella glossa si può trovare una distinctio, uso notevole e importante, è un
modo di ragionare che per il giurista diventa topico, è quello che abbiamo ereditato. La distinzione è
caratterizzata da due parole aut…aut, il modo di ragionare occidentale si basa su questo, se una cosa
non è chiara la posso chiarire con un ragionamento che distingue. Anche nella prima ipotesi può
essere oggetto di distinctio, si potrebbe giungere ad un ragionamento a radice. Lo si distingue in
qualcosa di più semplice. Per ogni ipotesi distinta dare una spiegazione o una sotto distinzione. È
usatissimo anche nei testi di filosofia medievale e teologa. Ci sono dentro le glosse delle formule di
ragionamento che chiamano notabilia, plurale neutro, notabile singolare, “degno di nota”, in italiano
corrisponde a notevole, nella glossa possiamo trovare un notabile, lo studioso vuole segnalare
qualcosa di particolare interesse. Ogni tanto il notabilia è segnalato con un dito dal copista; generalia,
plurale di generale, come il broccardo, è il principio di carattere generale, che dice il maestro; regola
iuris, regola di diritto, un principio generale, indica qualcosa che nel testo romano si trova già,
l’ultimo titolo dell’ultimo libro del digesto; brocardo, parola tipicamente medievale, dei proverbi
giuridici, “la legge anteriore deroga la legge posteriore”, erano in latino.
● Azzone
È uno degli ultimi due giuristi che rappresentano la parabola di chiusura dei glossatori. È la quarta
generazione dei glossatori, allievo di Giovanni Bassiano. È l’autore di una summa codicis, summa del
codex di Giustiniano. È un genere molto diffuso che vuol dire sintesi, sono o piccole summe,
summole, oppure di una parte di codex; lui propone la summa di tutta una parte di codex importante,
che si insegnava di mattina. Solo due colonne e non glosse attorno, siccome sono tante le glosse, dato
che i maestri dicono tante cose, non si sa più dove metterle, decide di ricopiare lui stesso le proprie
glosse in un manoscritto a sé, senza copiare il testo romano. I capi lettera indica l’inizio della legge,
non tutta la legge. Ormai l’insegnamento è talmente importante che rappresenta una cosa a parte,
rappresenta un primo segnale del limite che ha la glossa, funziona bene quando sono poche, quando
cominciano ad essere di peso non ci stanno più. Questa summa sarà un successo enorme sia ai suoi
tempi che dopo. È di tale importanza che anche in epoca forense lo si pensava.
● Accursio
Ultima generazione di glossatori, allievo di Azzone, la sua glossa si costituisce tra gli anni 20 e 30 del
200. Con la sua glossa si chiude la stagione della glossa, è talmente imponente e importante, che verrà
chiamata la grande glossa, o glossa ordinaria. Si presenta in questa forma (slide) due colonne, con
attorno una fitta rete di glosse, così ben sistemato che il copista sa che lo deve copiare in questa
formula. Accursio, dice che le glosse sono troppe, bisogna sfoltire, decide di procurarsi il più ampio
numero di manoscritti che può procurarsi, li legge, li taglia e li cuce. Propone al pubblico universitario
una selezione ragionata delle glosse. La selezione avviene anche sul taglio dei riferimenti di tipo
quotidiano, per lui doveva essere finalizzata solo all’interpretazione del corpus. Comporta un doppio
effetto: a Bologna avrà un successo travolgente, nel giro di qualche anno, durante la lettura non
leggeranno solo il testo ma anche la glossa Accursiana, diventa un testo da analizzare quasi al livello
del testo giustinianeo. I manoscritti non bolognesi notiamo che rimangono con ampie chiazze bianche,
nei centri non bolognesi non accettano l’idea di leggere accursio come se fosse un testo principale,
viene recepito più lentamente, era considerato troppo teorico. Nel giro di qualche decennio sappiamo
che anche fuori da Bologna, si afferma, diventa testo di riferimento, considerato indispensabile per
una prima lettura.
● Dopo le glosse
I giuristi del tempo dopo Accursio non parleranno più di glosse, nelle aule universitarie si continua a
fare la lettura, il maestro quando legge il testo romano, leggerà anche il testo di Accursio, ma
continuerà a dire qualcosa di suo, aggiungerà qualche interpretazione aggiuntiva. Le tracce scritte di
queste interpretazioni dei maestri verranno chiamate aggiunte, additiones, gli storici del diritto usano
parlare di lettura per viam additionum, fatta attraverso le aggiunte. Tra i glossatori e commentatori.
● Odofredo Denari
Contemporaneo di Accursio, secondo la storia era un competitore di Odofredo, volevano entrambi un
posto in università, ma Accursio scompare per scrivere la magna glossa e supera il nemico. Odofredo
negli stessi anni però segue una strada diversa, che al momento sarà perdente a Bologna. Odofredo
che sarà morto, si prenderà una rivincita con i commentatori, prenderanno spunto da lui; fa una cosa
simile a quella che fa Azzone. Due colonne, non c’è testo giustinianeo, la scelta è di riportare solo
quello che dice il maestro, con la differenza che Azzone ha fatto una sintesi, Odofredo spiega tante
non fa summe, non sintetizza. C’è una forte valorizzazione dell’insegnamento del maestro.
● La quaestio
La didattica passa attraverso tre vie, la lectura, la quaestio, la repetitio. Sono forme didattiche.
Abelardo, filosofo francese, insegnava alla Sorbona, ha lasciato un'opera intitolata sic et non. Si
decide di spostare i testi nei giorni in cui si fanno meno letture. La questio non può riguardare un
norma romana, perché non si può mettere in discussione, si fa un ragionamento con una ragione e un
torto, nel testo romano non ci può essere. Non può essere confusa su un casus, né sui dogmi di fede o
fatti che possono portare a discordia politica. È un genere in cui si applica un dibattito ed è un luogo
perfetto in cui il diritto romano può aprirsi nella cultura medievale. Originariamente, il maestro
qualche giorno prima, mette a conoscenza gli allievi di un quid iuris, il tema giuridico su cui si apre
un dibattito. Pro, contra e solutio. È una norma da cui si può evincere un risultato, alla fine avremo 20
leggi che dicono a e altre 20 di diritto romano che dicono b. Alla fine il maestro dà la solutio, che dice
ha ragione il si, e dirà le norme, oppure dirà no e elencherà le norme che lo spiegano. È un tema
questionable si può discutere, sul diritto romano non si può. Ha talmente tanto successo che i maestri
ne cominciano a scrivere su temi a cuore a pratici del diritto.
● La repetitio
Meno frequente, la devono fare tutti ma si è obbligati a farne una all’anno, di solito all’inizio
dell’anno. Si chiama ripetizioni, c’è la lettura, ma non c’è mai il tempo di fare un approfondimento, si
fa una repetitio, io ripeto una legge e vi do una lunga spiegazione. La repetitio necessaria è quella che
io devo fare una volta all’anno. Che si distinguono dalle repetitiones voluntariae.
Graziano, le compilazioni canonistiche e le scuole
➔
La chiesa si organizza per fissare il proprio diritto in modo da fissarlo in modo egualmente degno a
quello romano. Nell’alto medioevo il diritto canonico, esiste un diritto divino che viene direttamente
da dio, nelle sacre scritture, nella tradizione divina: precetti trasmessi da Gesù agli apostoli dopo la
resurrezione, tradizione umana, dio fa in modo tale che i precetti non passino solo attraverso gli
apostoli ma anche attraverso la chiesa stessa. C’è però anche il diritto umano: le lettere decretali che il
pontefice spedisce alle altre autorità sparse in Europa, i canoni conciliari, assemblee di vescovi che
deliberano su caratteri teologici, diventeranno nel medioevo basso, meno importanti, se ne faranno
meno, il concilio più importante diventa quello del Papa, dopo Gregorio VII la chiesa è vista come
regno teologico con capo il pontefice; poi altre fonti come i libri penitenziali. Massa enorme di testi
che possono essere usati come diritto. Queste categorie ad un certo punto si solidificano in alcuni testi
manoscritti, sappiamo che i testi canonistici della chiesa altomedievale recepiscono brani di diritto
romano. In una fase in cui prima di Irnerio era difficile, serviva poco, la chiesa aveva dei testi. Tra il 9
e il 10 secolo è rimasto il lex romana canonice compta, una legge romana riunita al modo della chiesa.
Si ritiene generalmente che nell’alto medioevo la chiesa dimostra che entrambi i diritti siano entrambi
emanazioni di dio. Dio ha voluto un diritto autorevole per unificare il popolo umano sia dell'ovest che
dell’est. Più ci avviciniamo all’anno 1000 più alcuni uomini di chiesa decidono di riunire in un unico
testo i brani giuridici, abbiamo 2 classici esempi: Burcardo di Worms che fa un decretum e Ivone di
Chartres, scrive decretum e panormia.
● Graziano e il decretum
Diritto canonico come qualcosa che origina dalla religione ma ha una sua autonomia. Lo studioso a
cui è attribuita questa operazione di autonomia giuridica è Graziano. Un monaco, nasce a Chiusi, visse
a Ravenna, sembrerebbe che Graziano si sia trasferito a Bologna negli anni in cui Irnerio ha
ricominciato ad insegnare il corpus. Qualche elemento di influenza è evidente. La stesura delle prime
norme del diritto canonico è il decretum, delle raccolte che aveva intit