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DELL'ORIGINE DELLE SOCIETÀ POLITICHE

“Essendo gli uomini, come si è detto, tutti per natura liberi, eguali e indipendenti,

nessuno può essere tolto da questa condizione e assoggettato al potere politico di un

altro senza il suo consenso. Il solo modo in cui un uomo si spoglia della sua libertà

naturale e assume su di sé i vincoli della società civile, consiste nell'accordarsi con

altri uomini per associarsi e unirsi in una comunità al fine di vivere gli uni con gli altri

in comodità, sicurezza e pace, nel sicuro godimento della sua proprietà e con una

maggiore protezione contro coloro che non vi appartengono. Questo può essere fatto

da un gruppo di uomini poiché non viola la libertà di tutti gli altri, i quali sono lasciati

tali e quali nella libertà dello stato di natura. Quando un gruppo di uomini ha così

consentito a costituire una comunità o governo, essi sono con ciò immediatamente

associati e costituiscono un solo corpo politico in cui la maggioranza ha il diritto di

deliberare e decidere per il resto.”

Nessuno può imporre ad altri di rinunciare alle proprie libertà naturali: ciascun uomo

esprime un’esplicito consenso a sottoporli ad un’autorità superiore. Passaggio allo

stato di civile che non è funzionale a creare dei diritti in senso giuridico come lo è in

Hobbes, essi vi sono già in Locke e con tale passaggio devono essere garantito ma

anzi l’origine di ciò è proprio la volontà di avere una maggiore garanzia e sicurezza del

rispetto degli stessi.

Capitolo IX sui fini della società politica e del giorno.

“Se l'uomo nello stato di natura è così libero come si è detto, se è padrone assoluto

della propria persona e dei propri beni, pari al più grande fra tutti e a nessuno

soggetto, perché rinuncia alla sua libertà? Perché cede il suo imperio e si assoggetta al

dominio e al controllo di un altro potere? A ciò è ovvio rispondere che, sebbene nello

stato di natura egli abbia un tale diritto, tuttavia il godimento di esso è molto incerto e

continuamente esposto alla violazione da parte di altri. Infatti, essendo tutti re tanto

quanto lui, essendo tutti suoi pari ed essendo per lo più poco rispettosi dell'equità e

della giustizia, il godimento della proprietà che egli ha in questo stato è molto incerto,

molto insicuro. Ciò lo induce a desiderare di abbandonare una condizione che, per

quanto libera, è piena di rischi e di continui pericoli. Non è senza ragione che egli

cerca e desidera unirsi in società con altri che sono già riuniti, o hanno in mente di

riunirsi, per la reciproca salvaguardia della loro vita, libertà e beni: cose che io

denomino con il termine generale di proprietà.

Il grande e principale fine per cui dunque gli uomini si uniscono in Stati e si

assoggettano a un governo è la salvaguardia della loro proprietà. A tale fine lo stato di

natura è per molti rispetti inefficiente.”

Perché un soggetto dovrebbe rinunciare alla libertà naturale che gli consente di non

essere soggetto a nessuno? Questione di una maggiore sicurezza che però ne

garantisca la tutela e non una sicurezza fine a sé stessa come vi è in Hobbes. Stato

ideale di pace quello di natura.

“Ma, sebbene gli uomini quando entrano in società consegnino l'eguaglianza, la libertà

e il potere esecutivo che essi avevano nello stato di natura nelle mani della società,

affinché il legislativo ne disponga come richiede il bene della società stessa; tuttavia,

poiché ciascuno fa questo con l'intenzione di meglio conservare sé, la sua libertà e

proprietà (perché non si può supporre che una creatura razionale muti la sua

condizione con l'intenzione di stare peggio), non è lecito supporre che il potere della

società, o il legislativo da essi costituito oltrepassi i limiti del bene comune, anzi è

obbligato ad assicurare la proprietà di ciascuno prendendo le debite misure contro i tre

difetti sopra menzionati, che avevano reso lo stato di natura così incerto e difficile. E

così, chiunque detenga il potere legislativo o supremo di uno Stato è tenuto a

governare secondo leggi stabilite e fisse, promulgate e rese note al popolo, e non

secondo decreti estemporane; per mezzo di giudici imparziali e retti, che decidano le

controversie secondo quelle leggi; e a impiegare la forza della comunità all'interno

solo per l'esecuzione di quelle leggi, e all'esterno al fine di prevenire e risarcire le

offese esterne, e mettere al sicuro la comunità da incursioni e invasioni. E tutto questo

non deve essere diretto ad altro fine che la pace, la sicurezza e il pubblico bene del

popolo.”

Potere vincolato: potere politico che dipende dal diritto e non viceversa. Limiti che

richiamano un diritto di resistenza. Ogni qual volta vi sia una violazione di quei diritti

fondamentali: diritto di resistenza che si tramuta in quello di guerra in quanto se ciò

accade implica un ritorno ad uno stato di natura e facendo ciò ciascuno ha il diritto di

resistenza, tona in possesso di quel diritto alla forza che aveva a questi ceduto e da

qui anche la possibilità di stabilire un nuovo potere. Varie ipotesi:

Capitolo XVI la CONQUISTA.

“Sebbene i governi non possano inizialmente avere altra origine che quella sopra

menzionata e le forme di governo non possano essere fondate che sul consenso del

popolo, tuttavia tali sono stati i disordini di cui l'ambizione ha riempito il mondo che,

nel clamore della guerra, che costituisce una così grossa parte della storia del genere

umano, si è tenuto poco in conto tale consenso. Per questo molti hanno confuso la

forza delle armi con il consenso del popolo e hanno considerato la conquista come una

delle origini del governo. Ma la conquista è tanto lungi dall'istituire un governo quanto

il demolire una casa lo è dal costruire una nuova al suo posto.

Certo, spesso la conquista preparà la strada per una nuova forma di Stato col

distruggere la precedente; ma senza il consenso del popolo non può mai erigerne una

nuova.

176. Che l'aggressore, il quale si pone in stato di guerra con gli altri e viola

ingiustamente il diritto altrui, non possa mai con la sua guerra iniqua giungere ad

acquisire un diritto sul conquistato sarà facilmente riconosciuto da tutti coloro che non

ritengono che i briganti e i pirati abbiano diritto d'impero su coloro nei cui confronti

hanno forza sufficiente per soggiogarli;”

La violenza non è mai un titolo di potere in qunato forza illegittima il governo istaurato

o del popolo conquistatore su quello conquistato autorizza alla ribellione.

Capitolo XIV USURPAZIONE.

“Come la conquista può essere definita usurpazione straniera, così l'usurpazione è una

sorta di conquista interna, con la differenza che un usurpatore non può mai avere il

diritto dalla sua parte, non essendovi usurpazione alcuna se non dove uno entra in

possesso di ciò su cui un altro ha diritto.”

Una sorta di conquista interna del potere da parte di qualcuno che non ha un diritto ad

aver quel potere. Le forme e le regole di un governo sono le stesse ma la persona che

esercita quelle funzioni non è quella scelta dal popolo. Torna un insegnamento

fondamentale in Locke che arriva dall’età intermedia e che da sostanza all’idea di un

potere del governo limitato. Corrisponde perfettamente alla tirannide ex difetto titolo

di Bartolo da Sassoferrato.

Capitolo XVIII TIRANNIDE.

“Come l'usurpazione è l'esercizio del potere a cui un altro ha diritto, così la tirannide è

l'esercizio del potere oltre il diritto; a ciò nessuno può avere titolo. Essa consiste

nell'usare il potere che uno ha nelle sue mani non per il bene di coloro che vi sono

soggetti, ma per il proprio separato vantaggio privato. B tirannide quando chi governa,

a qualsiasi titolo, erige a norma non la legge ma la sua volontà e i suoi ordini e le sue

azioni non sono diretti alla salvaguardia delle proprietà del suo popolo, ma alla

soddisfazione della propria ambizione, del proprio desiderio di rivalsa, della propria

avidità o di altre sregolate passioni.”

Esattamente coincidere al capitolo VIII di Bartolo da Sassoferrato, tiranno per abuso di

potere. Chi governa lo fa per un proprio interesse e non per quello del popolo.

Capitolo XIX DELLA DISSOLUZIONE DEL GOVERNO.

Ciò che dà senso e spiega il significato profondo della riflessione del Locke. Altro caso

in cui lo Stato viene meno e si torna ad uno di natura, diritto alla resistenza quindi.

“In primo luogo: quando viene alterato il legislativo. Poiché la società civile è uno stato

di pace fra coloro che vi appartengono, cui lo stato di guerra è precluso dal potere di

arbitrato di cui hanno provvisto il loro legislativo affinché metta fine ad ogni

controversia che può insorgere fra di loro, è nel legislativo che i membri di uno Stato

sono uniti e congiunti come in un solo coerente corpo vitale. Il legislativo è l'anima che

dà forma, vita e unità allo Stato; da esso i vari membri derivano la loro muta influenza,

solidarietà, coesione, e perciò quando il legislativo si divide o si scioglie seguono la

dissoluzione e la morte.

Se una o più persone si assumono l'incarico di fare leggi senza che il popolo li abbia a

ciò deputati, essi legiferano senza autorità, e il popolo non è perciò tenuto ad

obbedire; il che vuol dire che esso è di nuovo libero da ogni soggezione e può

costituire un nuovo legislativo come meglio crede, poiché è nella piena le libertà di

resistere alla forza di coloro che senza autorità gli impongono qualcosa. Ciascuno può

disporre della propria volontà quando a coloro ai quali la società ha delegato la

manifestazione della volontà pubblica ciò viene impedito, e il loro posto è usurpato da

altri che non hanno né tale autorità né tale delega.”

Legislativo come essenza della società civile e dello stato, se esso si dissolve crolla

tutto. Apparente ripesa di quanto detto prima ma poi:

“Supponiamo dunque che il legislativo si fondi sulla cooperazione di tre distinte

persone:

1. una persona che per diritto ereditario detiene stabilmente il supremo potere

esecutivo e, con esso, il potere di convocare e sciogliere gli altri due organismi,

in determinati periodi di tempo;

2. un'assemblea di n

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A.A. 2023-2024
162 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/19 Storia del diritto medievale e moderno

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Angeladandrea1 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del diritto medievale e moderno e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Trento o del prof Marchetto Giuliano.