Anteprima
Vedrai una selezione di 12 pagine su 55
Storia contemporanea 1 Pag. 1 Storia contemporanea 1 Pag. 2
Anteprima di 12 pagg. su 55.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Storia contemporanea 1 Pag. 6
Anteprima di 12 pagg. su 55.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Storia contemporanea 1 Pag. 11
Anteprima di 12 pagg. su 55.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Storia contemporanea 1 Pag. 16
Anteprima di 12 pagg. su 55.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Storia contemporanea 1 Pag. 21
Anteprima di 12 pagg. su 55.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Storia contemporanea 1 Pag. 26
Anteprima di 12 pagg. su 55.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Storia contemporanea 1 Pag. 31
Anteprima di 12 pagg. su 55.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Storia contemporanea 1 Pag. 36
Anteprima di 12 pagg. su 55.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Storia contemporanea 1 Pag. 41
Anteprima di 12 pagg. su 55.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Storia contemporanea 1 Pag. 46
Anteprima di 12 pagg. su 55.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Storia contemporanea 1 Pag. 51
1 su 55
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

Per avere qualche consenso in più, il duce inviò dei pacchi natalizi con all’interno dei dolci o

qualche giocattolo per i bambini.

● Successi e insuccessi della politica economica di Mussolini

Mussolini ebbe la fortuna di prendere potere in un momento di ripresa per l’economia

mondiale, dopo la crisi del dopoguerra. Il suo governo nel 1925 conquistò una rateizzazione a

25 anni del debito contratto nei confronti di Stati Uniti e Gran Bretagna per gli aiuti ricevuti in

guerra. Non fu un successo invece la battaglia del grano, lanciata nel 1925, secondo la quale

chi poteva prodursi pane era un paese indipendente. I frutteti, gli agrumeti, le vigne e gli

uliveti vennero sradicati per dare spazio ai campi di grano, nonostante l’Italia, essendo scarsa

di pianure, non fosse un paese da grano.

La politica agraria avrebbe dovuto continuare con la bonifica delle paludi, costruzioni di

nuove strade che potessero collegare grandi città, e l’utilizzo di acque di scolo per produrre

energia elettrica. L’unica intenzione che ebbe successo, di queste, fu la bonifica delle paludi.

Riuscì positivamente nella creazione dell’Imi, Istituto mobiliare italiano, che rendeva lo stato

indipendente dalle banche nel finanziamento di grandi imprese. Lo fece per evitare che le

banche fallissero come avvenne negli Stati Uniti nel 1929. Successivamente fondò l’Iri,

Istituto per la ricostruzione industriale, con il compiti di comprare azioni dalle aziende in crisi

e risanarle. Questo fenomeno venne denominato Stato-imprenditore, perché tutto ciò che

era privato passò alla gestione pubblica.

Non ebbe successo il corporativismo, che prevedeva la collaborazione forzata di tutte le classi

sociali, per far riavvicinare il capitalismo con il comunismo.

● La politica agricola si fonda su una vasta campagna demografica

Mussolini nutriva passione per l’agricoltura, e in un paese povero di pianure come l’Italia, per

far andare avanti l’agricoltura è necessario di quante più braccia possibili, così attuò una

campagna demografica: una famiglia contadina non otteneva contratti di mezzadria se non

aveva almeno 6 o 7 figli, specialmente maschi, perché se erano di meno il padrone del

terreno non guadagnava. La politica demografica venne espressa in diversi modi:

- esaltazione della visione della famiglia e della maternità

- istituzione della giornata della madre e del fanciullo

- condizione di priorità per i padri di famiglie numerose negli impieghi pubblici

- riduzione degli impieghi femminile negli impieghi pubblici

- istituzione degli assegni familiari ai dipendenti pubblici

- imposta sui celibi

- lotta contro gli anticoncezionali, anti l’aborto, l’infaticidio è l’omosessualità

Il regime fascista riuscì a creare una politica demografica solida, anche grazie all’aiuto

religioso, infatti la popolazione italiana aumentò da 38 milioni nel 1922, a 47 milioni nel

1940. Mussolini utilizzò questi dati per dimostrare che, per sfamare tutte queste nuove

bocche, doveva conquistare nuove colonie.

● La conquista dell’Etiopia: nasce l’impero

A fine anno venti Mussolini constatò un calo dei consensi nei confronti dei suoi gerarchi, in

quanto questi erano incapaci di risolvere i problemi di fondo del Paese. Così decise di attuare

un atto che riprendesse la vocazione fascista iniziale: la guerra e la creazione di un nuovo

impero coloniale. Nel 1932 inizia a rivendicare l’egemonia italiana sul Mediterraneo,

chiamandolo Mare nostrum, e tre anni dopo decise di invadere l’Etiopia, che era l’unico

paese oltre la Libia a non essere ancora stato colonizzato. L’invasione venne condannata dalle

nazioni unite, definendo l’Italia come un paese aggressore, e la punì bloccando i rifornimenti

di materiali bellici. Tuttavia questi blocchi non recarono veri danni all’economia italiana, al

contrario mussolini riuscì a mettere il popolo contro queste sanzioni, che iniziò a fare

campagne patriottiche e nazionaliste. Mussolini infatti ne approfittò per promuovere sempre

di più i prodotti italiani: orzo al posto del caffè, sughero invece del cuoio, e così via. Decise

anche di tradurre tutte le parole straniere in italiano: flirt divenne amoretto, goal divenne

rete, cognac divenne arzente. La guerra d’Etiopia avvenne tra il 1935 e il 1936, e si concluse

con la vittoria italiana, vittoria ottenuta con gas e lanciafiamme. Nel 1936, quindi, venne

proclamato l’Impero Coloniale Italiano, costituito da Libia, Etiopia, Eritrea e una parte della

Somalia, e Vittorio Emanuele III era l’imperatore. Per Mussolini fu un momento di massima

popolarità, ma anche quello che segnerà la sua fine, infatti tutti i paesi europei iniziarono ad

ignorare l’Italia, e questa si avvicini sempre di più alla Germania, dove dopo una crisi

economica, si era ristabilita seguendo il modello fascista.

Il nazismo

● Le condizioni del Trattato di Versailles

Come avvenne con le altre dittature europee, anche il nazismo nacque alla fine della prima

guerra mondiale e specialmente dal trattato di pace che lo susseguì. Infatti questo conteneva

alcuni punti nei confronti della Germania, che rendevano la pace vendicativa:

- impedire la ripresa economica della Germania;

- umiliare il popolo tedesco, già provato dalla sconfitta.

Il trattato può essere diviso in tre sezioni differenti.

NORMALI PENALIZZAZIONI DI UNA NAZIONE VINTA: la Germania deve restituire l’Alsazia e

la Lorena alla Francia, vinte nel 1871. Perse tutte le colonie che aveva conquistato in Asia e

Africa. Dovette distruggere qualsiasi tipo di armamento, e ridurre drasticamente l’esercito.

L’unione tra Germania e Austria venne vietata perché questo sarebbe stato la realizzazione

del sogno del Kaiser Guglielmo II, che aspirava alla Grande Germania.

PENALIZZAZIONI TERRITORIALI PARTICOLARMENTE DUE: la Germania dovette accettare

l’occupazione della riva sinistra dell’Arno da parte della Società delle Nazioni, e la

smilitarizzazione della riva destra , in modo tale che non ci fosse nessun modo di invadere la

Francia e il Belgio. Fu anche costretta a restituire lo Schleswig-Holstein alla Danimarca.

PENALIZZAZIONI INUTILMENTE PUNITIVE: la Germania dovette cedere alla Polonia tutta la

zona attorno alla città di Danzica, ossia la Prussia Occidentale, creando così un corridoio che

isolò la Prussia Orientale dal resto della nazione tedesca. Fu condannata al pagamento delle

riparazioni di guerra, questa punizione è sempre prevista per i perdenti di guerra, ma

stavolta la Francia impose alla Germania 132 miliardi di marchi-oro da versare ai vincitori in

42 annualità. Come garanzia che avrebbe pagato il debito, si trovò costretta a cedere alla

Francia per 15 anni lo sfruttamento delle miniere di carbone della Saar. Le venne richiesto di

consegnare alti ufficiali dichiarati criminali di guerra, compreso il Kaiser che ormai era in

esilio. Infine le venne richiesto di firmare una dichiarazione di colpevolezza per essere stata

la responsabile per l’inizio della guerra.

● Il peso della “pace infame” ricade sul nuovo governo socialdemocratico

A trattare le condizioni di pace con i paesi vincitori non furono i generali di guerra, ma bensì

coloro che presero il posto del kaiser, che guidavano un governo provvisorio

socialdemocratico. Come partito politico appartenevano all'ideologia marxista, che però

non aveva continuato a lottare per una rivoluzione ma aveva optato per creare delle riforme,

e lo fecero per assicurare i vincitori che non avrebbero ceduto al comunismo. La ribellione

più grave che avvenne fu nel 1919, tentata da un piccolo gruppo di spartachisti, che furono

poi però assassinati dai Freikorps, una formazione paramilitare nazionalista. Per rassicurare il

popolo dopo questo episodio, il governo tedesco promise una pace onorevole, che ripudiava

il partito guerraiolo del Kaiser; tuttavia a Versailles non ebbero nemmeno diritto di parola,

ma furono costretti a firmare la dichiarazione di colpevolezza, quella che poi i tedeschi

chiameranno “pace infame”.

● La Repubblica di Weimar

Il governo socialdemocratico dichiarò la Repubblica, indigendo delle elezioni estese anche

alle donne, per creare un’Assemblea Costituente. Vinsero proprio i socialdemocratici.

L’Assemblea creò una costituzione molto avanzata, che portò la Germania ad essere una

democrazia parlamentare; inoltre si riunirono nella città di Weimar, da qui prese il nome la

repubblica. Decisero di creare una repubblica federale basata sulla Reichstag (camera

elettiva) e sulla Reichsrat (camera federale). Il cancelliere era responsabile di fronte al

parlamento, a differenza di come accadeva nel secondo Reich, quello del Kaiser Guglielmo II.

Arrivarono dei periodi di forte instabilità e tensione politica, dovuta alla difficile ripresa

economica del post guerra, e dalla umiliante pace che la Germania aveva dovuto subire.

● La Germania precipita nella miseria

Contro il governo di sinistra, c’erano le destre nazionalista, che iniziarono a usare slogan

come “pace infame”, in quanto secondo loro questa umiliazione si sarebbe potuta evitare. E

più la popolazione toccava con mano la miseria, più queste manifestazioni aumentavano. Ci

fu una grossa crisi lavorativa causata dalla perdita delle miniere di Saar, inoltre le casse dello

stato furono prosciugate pagando la prima tassa del debito di guerra. L’inflazione salì così

tanto, che una sterlina inglese valeva 18 miliardi di marchi (il marco era la moneta tedesca).

A causa di questa inflazione, collassò anche la classe sociale della medio borghesia, e il

proletariato stava morendo di fame. Il massimo che poteva comprare una persona con un

lavoro erano delle patate, tutti gli altri si trovavano costretti a fare l’elemosina per strada.

Anche in Germania, come avvenne in Italia, scoppiò un Biennio Rosso, dal 1919 al 1920, a

Monaco e Berlino gli operai comunisti iniziarono ad occupare le fabbriche, sperando di

causare rivoluzioni ispirate ai sovietici come facevano gli italiani, gli austriaci e gli ungheresi.

Il governo, oltre che l’esercito, inviò anche i Freikorps, lasciando che fossero loro a far

cessare queste rivoluzioni con il sangue.

Negli stessi anni nacquero le SA (reparti d’assalto) dette anche le Camicie Brune, simili alle

camicie nere italiane, il cui capo era Ernst Röhm, grande amico di Adolf Hitler. Quest’ultimo

fu caporale durante la Prima Guerra Mondiale, era un ammiratore di Mussolini, e come lui

trovava appoggio nel ceto medio. Nel 1923 Hitler organizzò un colpo di Stato a Monaco con

l’aiuto delle SA, con l’intento di radunare tutti i suoi sostenitori e marciare fino a Ber

Dettagli
A.A. 2024-2025
55 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/04 Storia contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher eleonoramirigliani di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia contemporanea 1 e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Cagliari o del prof Di Felice Maria Luisa.