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Il mondo è possibile grazie alle “strutture a priori” ma a differenza di Kant non sono soltanto lo spazio, il
tempo e le 12 categorie e le idee, si riducono solamente allo spazio e al tempo e come unica categoria
quella della casualità.
Riguardo alla categoria della casualità ci dice che è legata alla Ragion sufficiente e nella seconda parte
dell’opera lui parlerà delle 4 radici di quest’ultima:
1. Divenire: ci fa vedere come ci debba essere una casualità fisica ovvero ad ogni effetto corrisponde
una sua causa, quindi, è una conoscenza di base scientifica che ci garantisce il fondamento delle
Scienze Naturali.
2. Dell’essere: che rappresenta la necessità che un essere ci sia e che quindi non ci sia il nulla (questa
è la cosiddetta necessità ontologica).
3. Conoscere: mi dà una necessità di carattere logico, c'è una necessità di carattere del prima e del
poi; cioè che una argomentazione si svolga secondo un determinato ritmo.
4. La radice dell’agire: che implica una necessità morale che spinge l'uomo all'azione. A differenza
delle altre radici dove il principium inviduazionis può essere posto all’esterno dell’uomo, l’agire
invece riguarda l’uomo. È l’agire che mi fa trovare la causalità, non nel mondo, ma nella stessa
interiorità. L’essere morale non ha più a che fare con qualcosa di strettamente logico. La necessità
morale a che fare con la motivazione che a sua volta a che fare con il conoscere, con l’azione e poi
con il volere.
Nella rappresentazione della ragion sufficiente non trovo più il mondo come semplice rappresentazione
esterna ma lo trovo come un qualcosa che mi parla dall’interno quindi è come se trovassi me stesso.
Quindi io sono:
• Corpo: ovvero oggetto fuori da me stesso.
• Volontà: quindi “attore” del mio corpo.
Questa duplicità della volontà viene espressa nella conoscenza. La conoscenza consiste di due elementi:
1. la rappresentazione: è un principio che ha origine dalla nostra interpretazione, il così detto velo di
Maya. Il mondo nella rappresentazione è sempre e solo un oggetto che è relativo alla soggettività. E
questo oggetto relativo ad un soggetto è tutto il mondo fisico. Il mondo fisico viene rappresentato
dall’individuo come un qualcosa di esterno. Qualcosa che faceva parte delle prime 3 radici della
Ragion sufficiente. (il Velo di Maya è il velo della divinità indiana intesse intorno alla vera essenza
del mondo allo scopo di ingannare gli occhi e la mente degli uomini).
2. La volontà: è un qualcosa che comincia ad emergere nel secondo libro. Nella volontà lui riconosce
un noumeno di cui aveva parlato anche Hegel e come per lui il noumeno era conoscibile ed era
identificabile con la razionalità assoluta e lo spirito. La volontà è un noumeno conoscibile ma
rappresenta un principio non razionale a-razionale. La metafisica di Schopenhauer è infatti una
metafasica della conoscenza a-razionale. Il noumeno e il fenomeno diventano conoscibili grazie alla
corporeità dell’uomo.
L'uomo è nello stesso tempo oggetto di quelle tre radici del principio di ragion sufficiente che sono
specifiche per l’esterno e l’ultima radice, quella dell'agire, che ci dice che qualcosa agisce ma non vedo se
quel qualcosa che agisce, agisce per me o per altro.
La pulsione che muove il mio desiderio è il desiderio stesso. E questa pulsione la vedo agire all’interno del
mio corpo perché ci sono degli elementi:
• Che riesco a voler far agire come ad esempio alzare una mano.
• Degli elementi non sono pienamente controllabili dalla mia volontà come, ad esempio, il battito del
cuore.
Quindi la volontà non riguarda solo noi come uomini volenti ma è un principio essenza di tutti i corpi (anche
l’universo).
La volontà esiste per l’autoconservazione e riproduzione. la vera volontà è sia la facoltà che orienta e
determina il mio il comportamento sia l’elemento che riguarda le mie pulsioni inconsce:
1. Nel primo caso ho la moralità: agisco e determino la mia azione seguendo determinate
razionalizzazioni e mie volontà.
2. Nel secondo caso è invece come se seguissi solo le pulsioni inconsce.
Tutte e due sono importanti perché gli impulsi irrazionali sono la vera causa del comportamento e la
razionalizzazione data dalla moralità maschera questi impulsi irrazionali.
Gli impulsi mi dicono cosa desidero, mentre la razionalizzazione mi fa dare una spiegazione quasi morale.
Ad esempio, quando ci si innamora dicono che ciò succede perché l’amore è qualcosa di meraviglioso. In
realtà ci dice Schopenhauer tolto il velo dell’ipocrisia, l’amore è la soddisfazione di una volontà non nostra.
Infatti, l'atto sessuale è voluto dalla volontà così che può continuare a far vivere nella a-razionalità l'uomo,
essendo un elemento non razionale porta con sé l'infelicità dell'uomo.
LA LIBERAZIONE DELLA VOLONTA’
La volontà è un principio non razionale che non dipende solo da me. La volontà mi ha fatto vedere una
forte distinzione tra che cosa sono gli impulsi e che cosa sia la loro razionalizzazione. Gli impulsi dipendono
da una forza esterna al nostro stesso corpo che poi si impongono di soddisfarli e poi quando noi li
razionalizziamo cioè li facciamo diventare parte della moralità, è come se ci abbandonassero.
Ecco perché nella A-razionalità della volontà si può parlare di una di pessimismo totale per quanto riguarda
la condizione umana è un pessimismo di carattere metafisico, perché se la volontà è a-razionale l’universo
non a scopo (non c’è più lo scopo razionale di Hegel).
Inoltre, l’universo ci fa vedere come i conflitti che ci sono siano in realtà soltanto il capriccio di una
irrazionalità permanente tutte le cose. Non si possono spiegazione questi conflitti (es stiamo male e non
riusciamo a spiegarci il perché).
il pessimismo metafisico dà vita ad una sorta di pessimismo esistenziale: la mia esistenza vista in un mondo
che non è più il mondo ordinato di Hegel che tipo di esistenza è?
La mia esistenza è una esistenza per cui io devo vivere solo per la morte? È un'esistenza in cui la mia ricerca
del piacere deve essere semplicemente una privazione del dolore?
Noi proviamo dolore quando qualcosa non coincide con il desiderio; quindi è il desiderio che mi spinge al
dolore e al volere qualcosa. Quando non posseggo quella cosa allora sto male interiormente, nel momento
in cui però raggiungo il desiderio, allora il dolore cessa parzialmente e subito dopo viene la noia del mondo
stesso a sua volta la noia mi fa desiderare altro.
La vita è un continuo oscillare tra il dolore (per il desiderio) e la noia (quando raggiungiamo questa
desiderabilità). Questa potrebbe far pensare che la nostra vita sia completamente senza senso e ciò fa
passare il pessimismo esistenziale ad un pessimismo storico sociale.
La stessa società che circonda è egocentrica, in cui l’individuo cerca di sviluppare sé stesso all’interno di un
mondo che lo respinge. La società storicamente Intesa è una specie di altalena vuota senza fine.
Questo pessimismo causa una forte infelicità dell’uomo, che chiude l’individuo in sé stesso e in un universo
senza scopo e la società non pensa ad altro che al bene di sé stessa.
Ma in questo punto sorge un problema, c'è un modo in cui l’uomo può affrontare tutto questo?
Se noi ci limitiamo alla visione di questo pessimismo rimaniamo legati in un certo senso al velo di Maya
ovvero quella rappresentazione che non ci fa vedere altro che un fenomeno nel mondo.
Ma il fenomeno che c’è nel mondo può essere superabile dall’uomo? l'uomo può opporsi alla volontà?
Schopenhauer risponde a questa domanda nell’ultima fase della sua opera “nel mondo come volontà e
rappresentazione”. Infatti, il mondo come rappresentazione mi ha svelato il fenomeno mentre il mondo
come volontà mi ha svelato ciò cosa c’è dietro il Velo di Maya, cioè la forza irrazionale.
Allora a questo punto se ho i due elementi del patos devo cercare quale è la soluzione al problema.
Se la soluzione potesse essere nella stessa volontà? Se nasce a partire dall’osservazione che io faccio della
volontà, non solo del mio corpo, ma anche del resto della natura?
Se io guardo attentamente ciò che c’è intorno a noi mi rendo conto che la fenomenizzazione del mondo e
della natura è possibile perché la stessa natura crea il mondo. Nella stessa natura opera quella volontà
creatrice. E questa volontà creatrice opera anche in noi.
ES: Quando il genio artistico compone un'opera (come ad esempio un sonetto, uno scritto, una musica o
dipinse un quadro),non si limita a mettere su tela o sullo spartito una serie di indicazioni, ma sta andando
oltre il Velo di Maya, sta percependo che dietro il velo c’è qualcosa di più profondo.
Quando noi cominciamo ad osservare il mondo nei dipinti, ad esempio, e rappresentiamo la natura in
maniera così perfetta noi non stiamo parlando semplicemente della piccolezza dell’uomo nel confronto
della natura. Infatti, questo quadro va oltre al corporeo, parla di qualcosa che parla della natura nella sua
essenza intima.
Quindi nel momento in cui vediamo il quadro e ci immaginiamo ciò che rappresenta e la forza stessa della
natura allora il quadro e il dipinto ci parla di altro. Il senso della volontà quando si ascolta la musica è il fatto
che ognuno di noi coglie sempre qualcosa di diverso. Per questo l’artista è quel genio che riesce ad a essere
talmente forte che coglie la volontà stessa nella sua opera d’arte, è capace di andare oltre il Velo di Maya e
che riesce a spogliare gli oggetti della sua creazione dalla finzione del velo.
Il modo in cui gli uomini rendono possibile l’esperienza artistica fa intravede qualcosa di nuovo che
Schopenhauer comincia ad individuare nell’ultima parte dl “il mondo come volontà” cioè la possibilità di
bloccare la volontà cioè la sua oscillazione.
L’arte mi sta facendo vedere la realtà al di là della rappresentazione; non dimentichiamo che la
rappresentazione è la rappresentazione pura dell’intelletto e della ragione che con la sua rappr