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La durata temporale delle inquadrature del divo nel cinema classico

La durata temporale delle inquadrature del divo, stabilita in sede di montaggio, non è fattore trascurabile. Si può dire che la durata del primo piano della star sia più consistente di quanto necessario dal punto di vista narrativo.

Il montaggio assume un ruolo decisivo in quel momento fondamentale per la costruzione divistica del cinema classico che è l'entrata in scena della star. Oltre a essere ritardata nel tempo in modo spesso considerevole rispetto all'inizio del racconto, la prima apparizione del divo in un film hollywoodiano è infatti caratteristicamente frammentata.

Ci sono in sostanza due grandi alternative di montaggio in questo senso, a seconda che si proceda dalla messa in scena del corpo a quella del volto o dalla messa in scena del volto a quella del corpo. Il procedimento retorico più comune consiste nel passare dal corpo al volto della star, concedendo al pubblico l'ambito piano ravvicinato solo dopo che un

numero più o meno importante di inquadrature distanziate lo abbiano preparato a sufficienza.Il montaggio entra prepotentemente in gioco nella costruzione divistica se si considera come lapresenza testuale della star sia spesso accompagnata dalle inquadrature estatiche di altri personaggiintenti a guardarla.

Il montaggio interpreta un ruolo decisivo nella messa in scena della star, regolando il tempo diesposizione, stabilendo il cambiamento di punto di vista e, soprattutto, disegnando l’architetturagenerale degli sguardi interni ed esterni alla diegesi, degli sguardi dei personaggi e degli spettatori,talvolta strategicamente coincidenti.

Il montaggio divistico non rifiuta le convenzioni di scrittura del montaggio narrativo regolate dalcontinuity system, ma le interpreta in modo caratteristico.

L’immagine del divo tende piuttosto a rallentare lo sviluppo della narrazione e a opacizzare larappresentazione. E non solo nel caso di inquadrature eccezionalmente lunghe. Il

Montaggio divistico, giocando deliberatamente con i desideri e con le aspettative del pubblico, tende a catalizzare l'attenzione dello spettatore sulla star proprio a discapito del lineare fluire del racconto filmico. 234 - Montaggio critico

Il cinema moderno

La Seconda guerra mondiale costituisce uno spartiacque importante anche per la storia del cinema. Abbiamo un cambiamento delle pratiche di realizzazione e di consumo e un sostanziale rinnovamento delle forme di scrittura del cinema mondiale. Una complessa e concertata rivoluzione che, di paese in paese, ha messo progressivamente in discussione lo stile classico nella sua ambizione di essere non solo la forma di scrittura convenzionale del sistema hollywoodiano, ma anche una lingua cinematografica franca.

L'etichetta cinema moderno con la quale la storiografia di settore ha descritto il cinema internazionale del secondo dopoguerra intende sottolineare la perdita di quella "innocenza" che caratterizzava

lanarrazione classica. Tutte le espressioni cinematografiche che hanno interpretato questo rinnovamento sono infatti accomunate da una spiccata portata riflessiva. La "modernità" del cinema moderno risiede nel portare sempre avanti, con il racconto e attraverso il racconto, una riflessione variamente articolata sul cinema stesso e sulle sue facoltà riproduttive e affabulatorie. Il cinema moderno è un cinema al quadrato, un cinema che parlando di altro parla anche di sé e parlando di sé parla anche di altro. Il superamento dell'estetica classica nella direzione di un cinema riflessivo passa in primo luogo per il rinnegamento dei principi che hanno sostanziato il grande modello della scrittura trasparente, a partire da quel principio di continuità narrativa che garantisce il funzionamento del sistema dei raccordi. Le pratiche di montaggio del cinema moderno sono piuttosto qualificabili come critiche al montaggio classico.esaminandone la validità e le condizioni di applicabilità al nuovo scenario socioculturale del dopoguerra. Il cinema moderno sperimenta logiche di montaggio che restano fortemente indebitate con la tradizione hollywoodiana. Il montaggio critico del cinema moderno è il primo montaggio autoreferenziale, il primo meta-montaggio della storia del cinema. Il neorealismo e la crisi della forma classica Nell'immediato secondo dopoguerra, il cinema italiano vive una stagione di grande rinnovamento che non avrà eguali nel resto del secolo e che soprattutto proietterà una lunga ombra su tanta parte del miglior cinema internazionale. Si tratta del neorealismo cinematografico italiano. Una comune sensibilità artistica, qualificabile in prima istanza come "realista", condivisa da un gruppo di registi, critici e teorici tra loro assai diversi per indole e formazione ma mossi e ispirati alla stessa maniera dalle difficili condizioni politiche.economiche e sociali degli anni della ricostruzione. Il termine "neorealismo" non descrive più di quattro anni di cinema italiano, compresi tra il 1945 del celebre film di Roberto Rossellini "Roma città aperta" e il 1948 di due capolavori quali "Ladri di biciclette" di Vittorio De Sica e "La terra trema" di Luchino Visconti. Il realismo del neorealismo non solo riprese in ambienti esistenti, la partecipazione al cast di attori non professionisti o l'attenzione narrativa alla storia recente del paese. Il presunto realismo delle opere chiave del neorealismo deriva soprattutto da un gioco prestabilito e consapevole di effetti di realtà, che incrinano fortemente i codici di scrittura della forma classica sia dal punto di vista visivo, sia dal punto di vista sonoro, sia dal punto di vista associativo, cioè del montaggio. Per quanto riguarda i codici associativi, tre sembrano essere in particolare le direzioni anticlassiche o postclassiche battute dal neorealismo.

attraverso i suoi rappresentanti più emblematici. La prima soluzione, che potremmo definire montaggio brusco, è una tecnica di montaggio fondata sullo scarso impiego di inquadrature di transizione e di connettivi. Il risultato è una scrittura tipicamente aspra e spigolosa riconducibile innanzitutto allo stile di Rossellini Paisà (1946).

Il film ripercorre in sei episodi l’avanzata alleata dal sud al nord Italia, amalgamando strategicamente materiale di repertorio e materiale di finzione secondo un progetto ideologico in chiave realista. Quello chiamato montaggio brusco non è il principio che informa una sequenza isolata di Paisà, ma la regola di scrittura dell’intera pellicola, a partire dal primo episodio del film, quello siciliano, che racconta senza retorica dello sbarco americano del luglio 1943 sulle coste meridionali dell’isola.

La seconda tipologia di montaggio maturata in seno al neorealismo, definibile come montaggio debole,

consiste in un'applicazione eterodossa del sistema dei raccordi codificato dall'industria cinematografica hollywoodiana. Questa "debolezza" dipende in larga parte dal ridimensionamento del peso figurativo del personaggio neorealista rispetto al personaggio del cinema classico, ovvero dal maggior "posto" riservato tipicamente nell'inquadratura neorealista all'ambiente, al paesaggio, anziché alla figura umana. Il montaggio debole caratterizza tanta parte del cinema neorealista, ma è sicuramente il tipico stile anti-spettacolare di De Sica a pregiudicare maggiormente la piena continuità sintattica di matrice hollywoodiana. Non c'è esempio migliore in questo senso di Ladri di biciclette sul piano del montaggio, raccordi fragili e approssimativi, spesso gravati da vistosi cambiamenti di scala e di direzione da un'inquadratura all'altra. Raccordi deboli se paragonati a quelli classici. La terza

La tipologia di montaggio dell'estetica neorealista è una tecnica di montaggio fondata sulla continuità di ripresa, descrivibile generalmente come montaggio lungo. Il montaggio lungo è una forma di montaggio estendibile ai maggiori rappresentanti del cinema moderno, anche se Visconti è sicuramente uno dei primi a lavorare sulla durata delle inquadrature in modo espressivo. L'esempio migliore da questo punto di vista è il già l'adattamento dei Malavoglia di Giovanni Verga, La terra trema, per certi versi l'opera più smaccatamente neorealista nella sua fedeltà a luoghi reali, a persone reali, a eventi reali. Visconti attualizza la lotta per l'esistenza della famiglia di pescatori siciliani ritratta dal grande narratore verista a fine Ottocento, girandola interamente nel paesino catanese di Acitrezza e utilizzando come attori esclusivamente gli abitanti del loco. Con una media di oltre 17 secondi per inquadratura.

Il lavoro viscontiano sulla durata non solo radicalizza la forma piano-sequenza che abbiamo già visto all'opera in un film americano trasgressivo come Quarto potere di Orson Welles, ma ne estende il principio a tutto il tessuto drammaturgico.

Il montaggio lungo viscontiano sostituisce nella grande maggioranza dei casi il montaggio analitico e il sintagma classico campo-controcampo, capitalizzando di volta in volta o la profondità di campo dell'inquadratura o i movimenti della macchina da presa.

Davanti a un film neorealista, lo spettatore si trova letteralmente spaesato, a tratti persino incapace di orientarsi dal punto di vista spazio-temporale e di decifrare quello che sta succedendo sullo schermo; si trova, in altre parole, spesso incapace di seguire positivamente il flusso narrativo del racconto. Non è un caso che a parte Roma città aperta, i guadagni dei più importanti film del movimento siano stati complessivamente catastrofici, in certi

casi addirittura neppure sufficienti a recuperare i nonesorbitanti costi di produzione. Di fronte alle ristrettezze materiali di un'industria cinematografica azzerata, senza teatri di posa, equipaggiamento tecnico e maestranze, di fronte alle ristrettezze materiali di un paese in ginocchio, senza generi alimentari, abitazioni e lavoro, il montaggio narrativo ha mostrato per la prima volta tutta la sua artificialità, artificialità che nessun principio di verosimiglianza potrà più nascondere a sufficienza. Il montaggio trasgressivo della Nouvelle Vague L'ambigua dizione Nouvelle Vague è sedimentata nella storiografia di settore per indicare un gruppo variamente articolato di cineasti francesi che, a cavallo tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta, si è distinto internazionalmente per la radicalità della propria produzione. Al Festival di Cannes del 1959 abbiamo i felici esordi nel lungometraggio di Resnais e Truffaut, rispettivamente Hiroshima,

mon amour (1959) e I quattrocento colpi (1959). Il grado di unitarietà di intenti, pratiche ed estetiche dei vari esponenti celebrati dal settiman

Dettagli
Publisher
A.A. 2022-2023
39 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/06 Cinema, fotografia e televisione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher erika-roxy di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Videoediting e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Crupi Gianfranco.