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L’adozione del lungometraggio.
Il cinema delle origini vede una costante tendenza all’aumento della durata dei film, o per meglio dire, del loro “ metraggio”. Lo
standard Lumière, di circa 17 metri viene presto superato dai film Pathé di 20, 30 metri. Con Porter raggiungiamo i 129, 130
metri (con Life of an American Fireman e The Great Train Robbery). Quando la cinematografia italiana produce il suo primo film a
soggetto,
La presa di Roma (1905) di Alberini, la lunghezza media del film ha raggiunto internazionalmente i 250-‐300 metri.
Il primo film a superare il traguardo simbolico del 1000 metri è L’inferno (1911) della Milano Films. Con i suoi oltre 1300 metri
inaugura nientemeno che lo spettacolo cinematografico a proiezione unica. Sul piano del montaggio il film interpreta un ruolo
pioneristico nello sviluppo della narrazione a flashback: un evento passato rispetto al fluire della storia che, rievocato, rompe la
linearità cronologica del racconto. Ne esistono esempi significativi nel cinema prima dell’Inferno, ma pare che il film faccia per la
prima volta uso dell’espediente narrativo in cui un personaggio inizia a raccontarsi ad altri.
Cabiria (1914) di Pastrone: culmine del filone storico-‐mitologico e forse punto più alto del cinema muto italiano tout court. In
Cabiria è anche possibile trovare tutte le forme di montaggio analitico e contiguo praticate a quell’altezza cronologica da una
parte all’altra dell’Atlantico. Alcune sequenze di “montaggio” come quella del tempio Moloch restano ancora oggi di immutata
efficacia.
In Intollerance, Griffith preferisce una struttura narrativa innovativa ad “incastro”. Le quattro storie vengono portate avanti
parallelamente attraverso un sofisticatissimo montaggio alternato a ritmo crescente. Si passa senza soluzione di continuità da un
secolo all’altro, dall’Europa al Medio Oriente, dall’Asia alle Americhe. Il risultato è una struttura polifonica come una fuga
musicale che vive più sulle associazioni tra un tema e l’altro che sulla forza di ogni linea melodica.
A partire dalla seconda metà degli anni 10, la lunghezza media del film si assesta un po’ ovunque in una misura compresa tra i
1000 e i 1500 metri. Con il lungometraggio è soprattutto il linguaggio cinematografico stesso a fare la sua prova di maturità,
piegato dall’approfondimento di temi, vicende e personaggi dalla complessità mai vista prima. E con lui il montaggio: a cui non si
chiede più soltanto di presiedere alla sintassi del discorso filmico, quanto piuttosto, di regolare l’intero flusso narrativo del film,
nelle sue grandi articolazioni, nel suo ritmo, nel suo senso.
2. Montaggio artistico. Il cinema d’avanguardia.
Nell’Europa degli anni 20 sorgono importanti movimenti cinematografici che si oppongono alla produzione internazionale
dominante e alle principali convenzioni rappresentative del film commerciale. Si parla di “cinema d’avanguardia”. La
maturazione di un cinema dichiaratamente artistico che sfidi le logiche produttive e distributive dei circuiti commerciali, trova
significante sostegno nella coeva riflessione teorica. In questo scenario in grande fermento, la questione del montaggio interpreta
un ruolo centrale. Il montaggio del cinema d’avanguardia europeo degli anni 20 può essere definito artistico perché sottomette
il principio della continuità spazio-‐temporale tra inquadrature vicine al valore espressivo della loro giustapposizione. I registi
d’avanguardia praticano logiche di montaggio diverse dal modello griffithiano. Eizenstejn, tra i protagonisti dell’avanguardia
sovietica, concepisce l’accostamento tra inquadrature come una collisione produttiva di senso. Logiche poetiche di
associazione tra le immagini.
Il montaggio grafico del film sperimentale.
L’opposizione più radicale al cinema commerciale viene da un gruppo di artisti che professano un’idea di cinema non-‐narrativo.
La negazione del racconto implica il rifiuto sistematico delle formule di montaggio continuo in favore dell’applicazione delle
logiche associative formali. I protagonisti del cinema astratto, dadaista e surrealista sono interessati ad associazioni di tipo
grafico tra inquadrature. La circolazione del film sperimentale è poi limitata se paragonata alla capacità di diffusione del cinema
commerciale.
1. Cinema Astratto. Si tratta di un numero relativamente limitato di film autoprodotti dalla durata media di pochi minuti. Nella
serie del pittore espressionista Ruttmann i più svariati motivi astratti si espandono e si trasformano senza apparente soluzione
di continuità. A differenza di Ruttmann e Eggeling, che lavorano con forme non riconoscibili, Richter studia la dinamizzazione di
figure geometriche. Rhytmus 21: rigorose combinazioni spaziali. Gli artisti citati usano le tecniche &nbs