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Gli output della BI sono molto numerosi e possono avere caratteristiche diverse a seconda dei casi:
reports, cioè informazioni di tipo backward-looking (consuntive), elaborate ed esposte
o secondo formati standard;
analisi specifiche su richiesta dell’utente, e cioè informazioni ottenute da database in seguito a
o interrogazioni standard fatte dall’utente (per esempio le quantità vendute di un certo prodotto
in un certo arco temporale);
scorecard e dashboard, e cioè report riguardanti le performance aziendali (misurate secondo
o diverse metriche);
analisi multidimensionali (anche on-line analytical processing), basate su analisi delle
o performance aziendali e dei sottostanti driver che le hanno generate;
alert, e cioè analisi delle performance aziendali ottenute dal confronto in automatico con dei
o livelli target o standard di performance (l’allerta scatta quando dal confronto scaturisce una
distanza eccessiva tra consuntivo e target);
advanced analytics, applicazione alle serie storiche di dati (normalmente dati di performance
o aziendali) di modelli di analisi di tipo statistico (normalmente statistica descrittiva) per
comprendere aspetti rilevanti e non immediatamente visibili dei risultati gestionali;
predictive analytics, applicazione alle serie storiche dei dati (anche in questo caso di norma
o dati di performance storici) di modelli di analisi di tipo statistico con l’obiettivo di modellizzarli
e quindi di predire o simulare i futuri risultati.
Negli ultimi anni l’evoluzione tecnologica ha contribuito allo sviluppo accelerato dei sistemi di BI,
portando all’affermazione dei big data e del cognitive business* e all’aggiunta, oltre ai tradizionali dati
di tipo strutturato (valori economico finanziari, dati sui clienti, output di produzione, misure di
processo, ecc.) dei dati non strutturati (informazioni digitali come fotografie, video clip, messaggi, web
log), che possono riguardare qualsiasi oggetto e avere qualsiasi contenuto.
*
[ = il concetto di big data si distingue per il volume delle informazioni che possono essere generate e rese disponibili
all’utente, per la velocità con cui tali informazioni possono arrivare all’utente ed essere elaborate, e per l’enorme varietà
dei dati generati. Il cognitive business consiste nell’utilizzo delle tecniche sviluppate nella scienza cognitiva al fine di
valutare situazioni complesse o dalle caratteristiche ambigue (come le applicazioni di intelligenza artificiale e di machine
]
learning)
Il processo di analisi alimentato dalla BI viene condotto attraverso l’utilizzo di diversi strumenti:
i modelli qualitativi sono i più utilizzati nelle analisi strategiche. A seconda del numero delle
variabili prese in considerazione possono essere distinti in:
1. modelli bidimensionali: basati sulle matrici, sono presenti in modo massiccio nelle
analisi strategiche;
2. modelli multidimensionali: le variabili oggetto di rappresentazione sono più numerose e
sono tra loro correlate. Un esempio è la rappresentazione dello spazio competitivo
allargato di Porter o l’analisi PEST (Politica, Economica, Sociale e Tecnologica).
nei modelli quantitativi la matematica e la statistica assumono un ruolo decisivo. Anche se in
modo non esaustivo è possibile identificare diverse tipologie:
strumenti basati sull’individuazione di grandezze di sintesi, come gli indici di tipo
▪ elementare (indice dei prezzi), gli indici sintetici (indice dei beni al consumo o indice dei
beni alla produzione), gli indici composti (ponderano misure tra loro eterogenee, come
le ore lavorate e il grado di sfruttamento degli impianti), indici semiologici (sintetizzano
variabili tra loro non direttamente connesse, come gli indicatori congiunturali di tipo
leading, che permettono di prevedere l’andamento dei cicli economici), ma anche le
analisi basate sulle medie (media aritmetica, media troncata, media geometrica, media
armonica, mediana, moda);
strumenti volti all’analisi della variabilità dei fenomeni, come lo scarto quadratico
▪ medio e la varianza;
strumenti basati sull’analisi delle relazioni esistenti tra due o più variabili (correlazione e
▪ regressione);
strumenti basati sulla rappresentazione delle relazioni tra due variabili attraverso gli assi
▪ cartesiani;
strumenti basati sull’analisi logico deduttiva (nei quali è possibile comprendere tanto la
▪ teoria dei giochi quanto i diagrammi di flusso);
strumenti basati sui processi di capitalizzazione e attualizzazione (particolarmente
▪ rilevante nella parte di analisi rivolta alle implicazioni economiche, finanziarie e
patrimoniali).
La scelta degli strumenti da utilizzare dipende dall’oggetto e dall’obiettivo dell’analisi, ma anche dal
contesto in cui l’analisi viene svolta, ovvero dipende in particolare dai seguenti due fattori:
il grado di incertezza che caratterizza l’analisi;
- l’ampiezza dei margini discrezionali, che l’impresa ritiene di avere nelle decisioni finale.
-
Utilizzando tali fattori si possono individuare alcune situazioni tipo utili per comprendere il ventaglio
delle possibilità, ovvero:
• situazioni caratterizzate da bassa incertezza e bassa discrezionalità: l’impresa si trova in
un’area in cui il processo analitico non risulta particolarmente significativo. Si utilizzano pochi
strumenti e poche informazioni, con l’obiettivo per lo più di verificare e controllare la variabilità
della situazione;
• situazioni caratterizzate da incertezza più elevata: le difficoltà di lettura e di interpretazione
dell’oggetto analitico aumentano, il che induce un processo di analisi più ricco, articolato e
sofisticato, anche se per ovvi motivi andando verso situazioni di tipo caotico la rilevanza
dell’analisi tende progressivamente a diminuire.
2.6 – Il governo strategico è il processo con cui viene scelta e attuata una determinata strategia, che
si suddivide in diverse attività:
analisi strategica: è un’attività di apprendimento, tesa
alla valutazione dei risultati ottenuti, all’individuazione
delle tendenze significative e alla generazione creativa di
ipotesi, di opportunità, di opzioni strategiche;
formulazione strategica: consiste nella fase decisionale
vera e propria, da cui scaturisce una determinata
strategia sulla base degli input che provengono dalla fase
di analisi;
formulazione del Piano: risponde a diverse esigenze, tra
cui rendere esplicita l’approvazione della strategia, la sua
comunicazione all’interno e all’esterno dell’organizzazione aziendale, nonché agevolare la
successiva fase di messa in esecuzione;
esecuzione della strategia: è la realizzazione delle decisioni strategiche. In questa attività
rientra anche il controllo strategico, che contribuisce a chiarire se e in che misura l’esecuzione
di quanto deciso procede nella direzione stabilita e ottiene i risultati sperati. Queste attività
alimentano inoltre l’aggiornamento e la revisione della strategia, attraverso un rinnovamento
dell’analisi strategica e una rigenerazione delle assumption.
Definiamo “ciclo strategico” il processo organizzativo di analisi, formulazione, pianificazione,
esecuzione, controllo e aggiornamento/revisione di una determinata e specifica strategia. Questo ha
sempre un inizio e una fine, e può durare da qualche mese a molti anni: quando termina, ne viene
attivato uno nuovo, che porterà a una nuova strategia.
Possiamo delineare le vare fasi del ciclo strategico nel seguente modo:
1. Per iniziare l’analisi strategica ci si concentra sulla valutazione delle caratteristiche dell’attuale
value model, con una contestuale analisi dell’ambiente rilevante;
2. Parallelamente gli analisti valutano i cambiamenti in atto, le opportunità e le minacce
emergenti; avviano un processo creativo di generazione di idee; formulano ipotesi, per
giungere a individuare le opzioni strategiche disponibili, sia a livello corporate sia a livello
business;
3. A questo punto comincia la vera e propria fase di formulazione strategica, attraverso la
definizione di una visione e la sua traduzione in varie scelte strategiche;
4. Oltre alle strategie intese in senso stretto l’impianto strategico include anche gli obiettivi
strategici, gli obiettivi economico finanziari, il piano delle azioni (action plan) e, come
momento di sintesi ultima dell’intero approccio, le proiezioni economico finanziarie;
5. La strategia così formulata e pianificata individua un value model target, i cui contorni sono
variabilmente precisi a seconda delle scelte strategiche effettuate. Il differenziale strategico
misura la distanza tra le caratteristiche del value model attuale e del value model target;
6. La strategia formulata deve essere realizzata, nei tempi e nei modi (programma) definiti
nell’action plan: le attività di set up, previste nel piano delle azioni e che sono direttamente
funzionali all’attuazione delle scelte strategiche, permettono gradualmente di raggiungere gli
obiettivi fissati nella strategia;
7. Il grado di attuazione della strategia viene sottoposto a controllo e la strategia stessa a un
aggiornamento e una revisione continua, che in parte riconsidera le analisi svolte nel primo
passaggio e in parte integra o modifica le scelte strategiche. In questo modo, da una parte, la
configurazione del value model viene progressivamente modificata, auspicabilmente nella
direzione del value model target e, dall’altra, lo stesso value model target può subire modifiche
più o meno rilevanti in relazione all’esito dell’attività di revisione;
8. Il processo descritto continua all’interno del medesimo ciclo strategico fino a quando l’alta
direzione non matura la convinzione che sia necessario avviare un ciclo di progettazione
strategica completamente nuovo: in quel caso si assiste a una sorta di “reset” e il ciclo riparte
da capo (superando dunque la revisione strategica, che si sviluppa all’interno del medesimo
ciclo).
2.7 – Il framework del ciclo strategico ha natura generale e, nella pratica, dovrà essere adattato allo
specifico contesto decisionale, dove prederanno forma i tempi di esecuzione del ciclo, le modalità
organizzative, lo stile di leadership, il ruolo e le persone coinvolte, le responsabilità attribuite, le
soluzioni organizzative adottate e così via.
Tale variabilità è legata anche a una particolarità della gestione strategica che Abell provò a
descrivere introducendo il concetto di “strategia duale”, con cui identificò una duplice dimensione
del governo strategico:
una prima dimensione volta a massimizzare la performance ottenibile nell’