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Per quanto riguarda il CONTO ECONOMICO si è soliti identificare tre principali tipologie di
riclassificazione:
1. riclassificazione a valore aggiunto = le poste sono riclassificate in modo da evidenziare il
“valore aggiunto” inteso come differenza fra i ricavi e i costi caratteristici relativi a fattori
acquistati all’esterno dell’impresa (tra cui rivestono un ruolo di rilievo le materie prime e i
servizi). Utilizzata dalle aziende commerciali caratterizzate da un’incidenza rilevante del costo
degli acquisti di prodotti, perché risulta utile (anche per favorire il confronto con i competitor)
evidenziare ciò che residua del valore della produzione dopo aver remunerato i fattori acquisiti
all’esterno dell’azienda;
2. riclassificazione a margine di contribuzione = si basa sulla distinzione fra costi fissi e costi
variabili necessaria per evidenziare, appunto, il margine di contribuzione (inteso come
differenza fra i ricavi e la totalità dei costi variabili). Utile per evidenziare l’apporto dei diversi
prodotti alla copertura dei costi fissi complessivi (articolata per singola tipologia di prodotto),
ad esempio nel caso in cui si valuta l’opportunità o meno di ritirare dal mercato determinate
linee di prodotto;
3. riclassificazione a costo del venduto = i costi sono riclassificati per destinazione in modo da
essere direttamente imputati alle aree gestionali di riferimento, consentendo in questo modo
di distinguere all’interno del risultato operativo il contributo dell’area industriale, commerciale
e amministrativa. Utilizzata per le imprese di trasformazione industriale per la sua efficacia nel
mettere in evidenza il ruolo dell’area industriale nella creazione del risultato operativo
complessivo. Per la stessa ragione, tale modello poco si presta a essere invece utilizzato nelle
imprese commerciali e di servizi
Un ulteriore elemento indispensabile nell’analisi della performance storica è il prospetto di
RENDICONTO FINANZIARIO che dal 2016 è parte integrante del bilancio d’esercizio. Serve per
risalire alle cause della generazione o dell’assorbimento della liquidità nel corso di un determinato
esercizio (flussi di cassa), che non sarebbe possibile conoscere da Stato Patrimoniale e Conto
Economico, pur riclassificati. Le cause possono essere riconducibili a una contrazione di fatturato,
alle dinamiche di incasso dei crediti, all’utilizzo di disponibilità liquide per effettuare nuovi
investimenti o per estinguere debiti finanziari.
In particolare, nell’analisi della performance storica dell’impresa, si fa normalmente riferimento al
rendiconto finanziario determinato attraverso il metodo indiretto mediante il quale il flusso di cassa
derivante dalla gestione reddituale (Cash Flow operativo) viene ricavato partendo dal margine
operativo lordo (Ebitda) al quale vengono sottratte le imposte e sommata algebricamente la
variazione del capitale circolante netto operativo*.
Al cash flow operativo, generato dalla gestione caratteristica dell’impresa, vengono poi aggiunti i
flussi di cassa riconducibili alla politica degli investimenti (o disinvestimenti) (ottenendo in questo
modo il Free Cash Flow) e alle variazioni di patrimonio netto (ottenendo il Cash flow to Debt Service).
La considerazione, infine, degli oneri e dei proventi finanziari consente di identificare il cosiddetto
“Cash Flow to Debt” e cioè la liquidità a disposizione per il rimborso del debito finanziario.
* = il metodo indiretto si differenzia da quello diretto solo per quanto riguarda la prima parte del calcolo e cioè
per la determinazione del flusso di cassa derivante dalla gestione reddituale, mentre nella seconda parte
(flusso di cassa derivante dall’attività di investimento e finanziamento) i due metodi coincidono.
Nel dettaglio, con il metodo diretto il flusso di cassa generato (o assorbito) dalla gestione reddituale viene
determinato dalla somma algebrica di ricavi e costi monetari operativi alla quale vengono sottratte le imposte
dell’esercizio ottenendo in questo modo la quantificazione dell’autofinanziamento. Sommando poi, la
variazione del capitale circolante netto si ottiene la variazione dei flussi di cassa derivanti dalla gestione
reddituale (Cash Flow Operativo).
Questo metodo è più semplice da un punto di vista concettuale e più efficace da un punto di vista espositivo e i
principi contabili internazionali ne raccomandano l’utilizzo perché si ritiene fornisca informazioni utili nella
stima dei futuri flussi finanziari, non disponibili con il metodo indiretto. Tuttavia, una corretta applicazione del
metodo diretto richiede la presenza di un sistema di contabilità analitica collegata alla contabilità generale che
consenta di ricondurre sistematicamente ogni movimentazione monetaria alla destinazione del pagamento o
dell’incasso, senza il quale è possibile giungere solo a una sua rappresentazione approssimativa.
Occorre infine precisare come un’adeguata analisi della performance storica richieda
un’articolazione temporale dei prospetti appena descritti (SP, CE e RF) che non può limitarsi a unico
esercizio, ma che si estenda almeno ai tre esercizi precedenti; questo perché, oltre a neutralizzare gli
effetti di eventuali accadimenti eccezionali, consente di pervenire a una lettura dinamica dei risultati
evidenziando eventuali trend significativi.
3.5 - Al di là delle necessarie specificità, in linea generale qualsiasi analisi della performance storica
prende avvio dallo studio della DIMENSIONE ECONOMICA e, in particolare, di alcune grandezze
economiche come i ricavi e alcuni indicatori di marginalità, tra cui il Margine Operativo Lordo (Ebitda
– Earning Before Interest Tax Depreciation) e il Risultato Operativo (Ebit – Earning Before Interest and
Tax). Vi sono poi altri margini, che vengono calcolati in vario modo a seconda delle esigenze e delle
caratteristiche specifiche dell’azienda. Tra questi, per esempio:
EBIAT, Earning Before Interest And After Tax;
- NOPAT, Net Operating Profit After Tax;
- OPAT, Operating Profit After Tax;
- PBT e PAT, Profit Before Tax e Profit After Tax.
-
Per ottenere maggiori informazioni, la marginalità viene normalmente rappresentata sia in valore
assoluto che in termini relativi, come incidenza percentuale sui ricavi.
Inoltre, per agevolare la lettura della dinamica complessiva, viene messo in evidenza anche il tasso di
crescita medio annuo composto (CAGR – Compunded Average Growth Rate) relativo alle grandezze
in oggetto. Anche in questo caso, se si vogliono avere maggiori informazioni, è possibile metterlo in
relazione a dei benchmark significativi, relativi a un panel selezionato di competitor oppure al settore
di riferimento all’interno di una determinata area geografica.
I risultati ottenuti possono essere ulteriormente articolati, ad esempio, scomponendo i ricavi in
relazione ad alcune variabili significative, come le aree geografiche, le gamme di prodotto o le diverse
aree di business. Ovviamente la scelta delle variabili dipende dalla significatività delle stesse nel
contesto della specifica impresa e dalla disponibilità di dati a disposizione.
È anche possibile approfondire il contributo delle diverse componenti di costo alla generazione dei
risultati complessivi, mettendo in luce l’incidenza del costo delle materie prime sui ricavi totali,
l’incidenza del costo per servizi, il peso del costo del personale, degli ammortamenti, ecc.
Queste analisi costituiscono anche il punto di partenza del processo analitico di costruzione dei
target economici, finanziari e patrimoniali dell’orizzonte di Piano. Ad esempio, l’analisi delle
marginalità delle diverse famiglie di prodotto (o dei diversi brand) può servire per scelte di
razionalizzazione oppure di focalizzazione degli sforzi commerciali su determinate famiglie di
prodotto, brand o aree geografiche. L’approfondimento delle diverse voci di costo, invece, può servire
per effettuare scelte mirate a una maggior efficienza e/o al miglioramento della marginalità,
soprattutto se arricchite da confronti con i risultati ottenuti nel tempo dai principali concorrenti.
L’analisi dei risultati economici può essere ulteriormente approfondita ricorrendo all’utilizzo di alcuni
indici che forniscono informazioni diverse e complementari rispetto a quelle appena illustrate.
In particolare, può essere utilizzata una delle sue misure di riferimento: la redditività, sintetizzata
attraverso il rendimento del capitale investito (ROI), che ha come denominatore il totale dell’attivo
netto caratteristico (asset), e che è espressione sintetica di ciò che è accaduto negli anni passati e,
quindi, punto di partenza per la comprensione dei driver e delle scelte operative e strategiche che
hanno determinato i risultati.
Nella letteratura finanziaria internazionale viene spesso utilizzato il ROCE (Return On Capital
Employed), ottenuto dal rapporto fra EBIT e totale dell’attivo netto caratteristico al netto delle
passività correnti (nella riclassificazione funzionale: indebitamento finanziario + equity o anche
capitale investito). Altri indicatori di redditività variamente utilizzati sono:
• il ROACE (Return On Average Capital Employed) che al denominatore, invece di riportare valori
puntuali di fine esercizio, ha una media di valori tra l’inizio e la fine del periodo;
• il ROIC (Return On Invested Capital) che mantiene al denominatore la somma di equity e
debito finanziario (come il ROCE) ma al numeratore non considera l’EBIT ma l’EBIAT (Earnings
Before Interest And After Tax);
• il ROA, ottenuto dal rapporto fra reddito netto e totale degli asset.
Uno dei procedimenti più noti per disaggregare il rendimento del capitale investito nei suoi elementi
costitutivi è la “formula di Du Pont”, che se applicata partendo dall’indicatore ROCE è pari a:
=
Dove:
Ro = reddito operativo
V = ricavi delle vendite
CI = capitale investito (secondo il criterio funzionale)
Attraverso la formula di Du Pont è possibile disaggregare anche la redditività del capitale investito in
redditività delle vendite (ROS) e rotazione del capitale investito (Asset Turnover):
l’indice di redditività delle vendite (Return on Sales) è dato dal rapporto fra il
o =
Reddito Operativo (Ro) e i corrispondenti ricavi netti di vendita (V) della medesima gestione
caratteristica. Il risultato esprime il reddito medio operativo per unità di ricavo netto e, cioè,
rappresenta la capacità remunerativa dei ricavi dell’esercizio;
l’indice di rotazione del capitale investito = , invece, segnala quante volte, nel