La matrice individua quattro situazioni tipo:
1. Nella situazione in alto a destra, a
risorse con alto potenziale
competitivo corrispondono anche
capacità superiori: la probabilità che
si formino competenze strategiche è
in questo caso elevata.
2. Per il motivo opposto, in basso a
sinistra ci troviamo in una situazione
in cui le competenze strategiche non
potranno formarsi.
3. Nel quadrante in alto a sinistra le risorse sono ad alto potenziale, ma non sono accompagnate
da un livello superiore di capacità di impiego o sviluppo.
4. Nell’ultimo quadrante le capacità superiori vengono utilizzate per risorse a basso potenziale.
Possiamo a ermare che tali capacità andrebbero orientate in modo più e icace.
Molte combinazioni risorse/capacità, anche se non danno origine a competenze strategiche, sono
comunque molto rilevanti per gestire i processi di impresa e talvolta è necessario sostenerle con
investimenti piuttosto ingenti.
7.4 – L’analisi dell’assetto organizzativo permette di concludere la ricostruzione delle caratteristiche
assunte dal business model: per assetto organizzativo si intende l’insieme delle soluzioni
organizzative adottate dall’impresa per coordinare le attività dei suoi componenti e indirizzarle verso
gli obiettivi aziendali.
In via preliminare l’analisi organizzativa valuta la natura delle principali attività aziendali e la loro
estensione. Considerando la catena del valore, si può a ermare che i nuclei operazionali principali in
azienda sono:
la trasformazione, da intendersi in senso ampio, inclusiva cioè anche dei servizi e dell’attività
agricola;
a valle delle attività di trasformazione, le attività di marketing;
a monte delle attività di trasformazione, le attività di interfaccia con i mercati delle risorse, di
tipo materiali, immateriale e finanziario (incluse le risorse umane) necessarie allo svolgimento
delle attività.
Per comprendere la natura delle macro-attività occorre analizzare i criteri principali con cui esse
vengono svolte in azienda e le relazioni esistenti tra ciascuna macro-attività e le altre.
L’estensione delle principali attività aziendali dipende invece:
dal livello di integrazione verticale lungo la specifica filiera del valore, incluse le scelte relative
alla distribuzione dei prodotti;
dalle scelte di make or buy, non limitatamente al fenomeno dell’integrazione verticale, ma in
senso più generale applicate a qualsiasi attività;
dalle localizzazioni produttive/logistiche e commerciali (quante e dove).
L’analisi di base delle attività facilita il successivo esame delle variabili organizzativa, e cioè:
- la struttura organizzativa;
- i meccanismi operativi;
- il potere organizzativo;
- la cultura organizzativa.
Per struttura organizzativa si intende l’insieme dei ruoli di cui si compone il sistema organizzativo.
Una struttura prende forma attraverso la definizione degli organi, o unità organizzative, e cioè un
sottosistema di ruoli cui sono attribuite determinate responsabilità, o obiettivi da conseguire
attraverso dei compiti specifici.
Si può ricordare che le strutture più frequentemente utilizzate sono quattro:
1. la struttura funzionale, con cui gli organi vengono principalmente individuati sulla base delle
diverse funzioni aziendali (approvvigionamento, produzione, marketing e vendite, logistica in
uscita, ecc.). Questi organi vengono detti anche di linea (line), perché si articolano lungo la
sequenza di attività che accompagna il processo produttivo dall’ingresso delle risorse alla
consegna del prodotto o all’erogazione del servizio. Gli organi di sta sono invece gli organi di
supporto alla line, in riporto normalmente al vertice aziendale;
2. la struttura divisionale, che prevede una definizione degli organi sulla base di responsabilità di
vendita di specifiche e distinte o erte, siano esse relative a prodotti/servizi, ad aree
strategiche, ad aree geografiche, e così via (le divisioni). La line in questo caso, nella
divisionale pura quanto meno, viene ricompresa all’interno delle singole divisioni;
3. la struttura a matrice, che si basa su una doppia linea di responsabilità, perché combina
simultaneamente due diverse dimensioni strutturali, quali per esempio divisioni per area
strategica e funzioni. Nella matrice pura, quindi, i ruoli all’interno dell’organizzazione hanno un
doppio riporto. Sono frequenti le strutture che, pur non essendo a matrice in senso pieno,
utilizzano anche logiche matriciali: è il caso delle strutture con ruolo di integrazione e
coordinamento, quali i product manager o i project manager, spesso chiamati a integrare i
processi di strutture funzionali;
4. la struttura per progetto, infine, in cui vengono creati specifici team per realizzare progetti
(quale tipicamente una commessa). Nella versione pura, questa struttura si trova in
organizzazioni che sono chiamate a realizzare opere di grandi dimensioni economiche.
Tuttavia, anche in questo caso, la tecnica del team di progetto viene utilizzata spesso per
completare il sistema dei ruoli di strutture funzionali, divisionali e a matrice.
Per meccanismi operativi, o organizzativi, si intendono tutti quei processi che permettono alla
struttura di funzionare operativamente, inducendo adeguati comportamenti da parte delle persone
che lavorano in azienda: se la struttura, quindi, definisce gli organi in senso statico, i meccanismi
rappresentano l’elemento dinamico dell’organizzazione. In linea di massima i meccanismi operativi
possono essere distinti in relazione ai principali processi che presidiano:
meccanismi decisionali, che orientano le modalità con cui vengono assunte le decisioni;
o meccanismi di coordinamento, che definiscono le modalità di interazione tra i diversi organi e
o all’interno degli organi;
meccanismi di controllo, riguardanti la misurazione dei risultati raggiunti e l’implementazione
o degli interventi correttivi;
meccanismi di valutazione, focalizzati sulla valutazione delle prestazioni realizzate dai
o componenti l’organizzazione, ai fini dell’erogazione degli incentivi/disincentivi (a partire dalla
remunerazione); in essi vanno incluse anche le valutazioni fatte per la selezione del personale
e per lo sviluppo delle carriere;
meccanismi di comunicazione, riguardanti i processi di comunicazione interni
o all’organizzazione, aventi per oggetti tutti gli elementi di cui sopra.
I meccanismi operativi trovano una sintesi nelle politiche (policy) adottate in impresa, intese come
insieme di regole comportamentali volte a: indirizzare in modo coerente (rispetto a obiettivi di ordine
superiore) e sistemico le decisioni dei diversi soggetti che hanno responsabilità decisionali; definire
una prassi comportamentale standardizzata, almeno entro certi limiti, e quindi e iciente.
Per potere organizzativo si intende la capacità di influenzare il comportamento all’interno del
sistema organizzativo. Di norma, quando si analizza il potere organizzativo si ragiona innanzitutto
intorno allo stile di direzione, e cioè al modello con cui viene regolata l’interazione tra capi (che
detengono una responsabilità) e i relativi subordinati.
Agli estremi, si distinguono stili autoritari, stili di tipo partecipativo e stili di tipo paternalistico (che
sono anche definiti autoritari-manipolativi). Dal punto di vista strategico, le valutazioni relative
all’e icacia ed e icienza dello stile di direzione riguardano essenzialmente la qualità della leadership,
e cioè la sua attitudine a guidare l’organizzazione sia nella fase di formulazione della strategia, sia
nella fase di esecuzione della stessa.
Oltre allo stile di direzione, il potere organizzativo riguarda anche la gestione dei conflitti organizzativi,
e cioè le modalità con cui vengono regolate le interazioni orizzontali tra i diversi ruoli in
organizzazione, le quali risultano spesso di tipo conflittuale.
Infine, la cultura organizzativa definisce degli schemi comportamentali che diventano omogenei
all’interno dell’organizzazione; può essere più o meno forte a seconda della specifica organizzazione
e prende forma in relazione a tre processi:
la socializzazione, che avviene attraverso molteplici variabili, quali l’interazione quotidiana con
i colleghi, i processi di formazione, l’utilizzo di simboli, ecc.;
la selezione, che permette all’organizzazione di cooptare al suo interno solo individui già
almeno parzialmente predisposti a essere culturalmente omogenei rispetto alla cultura
organizzativa;
la ricompensa, che ra orza l’adesione culturale attraverso i meccanismi di incentivi e
disincentivi.
7.5 – Il modello di governance è parte integrante del value model aziendale, in quanto da essa
dipendono le modalità con cui vengono assunte le decisioni relative all’orientamento dato al sistema
di creazione del valore. La governance di un’impresa, infatti, è costituita dall’insieme delle strutture,
delle pratiche e delle procedure adottate per assumere le decisioni apicali in modo soddisfacente per
il sistema degli stakeholder, nel rispetto sostanziale del framework normativo e culturale in vigore.
Dal punto di vista dell’analisi strategica prima e della formulazione della strategia poi, il focus viene
posto su quattro aspetti tra loro strettamente interdipendenti:
il framework normativo e culturale in essere;
la natura delle relazioni tra i diversi gruppi di stakeholder;
l’orientamento finalistico che l’attuale sistema di governance esprime;
la struttura societaria e la natura/funzionamento dell’organo di governo (il Consiglio di
Amministrazione).
a. Il framework culturale e normativo
La governance di un’impresa è vincolata dalle normative che il contesto impone, non solo normative
in senso stretto, ma anche di orientamenti di carattere più generale che non sono, ancora, tradotti in
leggi o regolamenti ma agiscono comunque in senso orientativo o coercitivo sull’impresa. Un
esempio è la Corporate Social Responsability (CSR), e cioè delle responsabilità di natura sociale
attribuibili all’attività di impresa. Così come i principi ESG (Environmental, Social, Governance), e cioè
un insieme di principi orientativi, condivisi in più ambiti e a più livelli (per esempio nelle attività delle
Nazioni Unite), volti a indirizzare gli investimenti e più in generale le attività economico aziendali verso
pratiche sostenibili dal punto di vista ambientale, sociale e, appunto, del buon governo.
b. La natura delle relazioni tra i diversi stakehold
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