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JANE CAMPION
cinema stesso, le culture, tutto questo confluisce nel suo meltin-pot estetico, causando molte razioni
controverse proprio come in questo film. Affinando il suo humor provocatorio, già a partire da Tissues, al
centro di Sweetie troviamo infatti due sorelle diverse tra loro, la smunta e spaurita Kay, e la florida e
strabordante Sweetie Dawn. I genitori Gordon e Flo, di classe media entrano in scena nella parte ultima del
film, un po' come Sweetie che appare solo a metà del racconto. Nonostante il vezzeggiativo dato alla ragazza,
la storia mette subito in scena il gusto acre del disvelamento di verità rimosse e taciuto che covano nelle
relazioni per poi riemergere immolando un capro espiatorio, per tanto è chiarissimo il riferimento agli alberi
e alle radici, si veda la paura di Kay e la morte di Sweetie proprio dal salice di casa.
Con questi personaggi lontani dai canoni della femminilità e la sua rappresentazione della famiglia come
contesto opprimente, ambiente di nevrosi e dell’incapacità delle due ragazze di trovare la propria dimensione
nel mondo.
Ritornano in questo film le scelte stilistiche intraprese dalla regista nella propria ricerca formale: narrazione
sincopata, ambienti dismessi, personaggi stralunati raccontati attraverso immagini sature di colori scuri,
riprese con angolazioni sghembe ed oblique. Ne emerge un universo stralunato, dove Sweetie è la diversa a
tutti gli effetti, nel corpo e nello spirito, ma anche Kay con la sua superstizione e il suo essere asociale non ne
è da meno. Sono entrambe due facce della stessa medaglia, lo si dimostra specialmente alla fine quando
Sweetie muore e Kay fa di tutto per salvarla, mentre i genitori restano immobili.
Il film inaugura la cifra stilistica dei lungometraggi campioniani contraddistinguendola grazie alla sua estetica
basata su fratture e rovesciamenti. Campion tende a trascurare le dinamiche casuali che legano le vicende.
L’azione, la narrazione e i personaggi nel film sembrano ridefinirsi non tanto in base alla consequenzialità
logica, quanto attraverso un utilizzo peculiare del tempo e degli spazi.
Campion anche in questo film ricorre alla sua vastissima cultura cinematografica, artistica e musicale, i
riferimenti chiari di Sweetie sono “Il conformista” di Bernardo Bertolucci e “Blue Velvet” di David Lynch;
mentre a livello artistico-letterario vi sono riferimenti al minimalismo artistico di J. Beuys e letterario di R.
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Carver; ma soprattutto all’operato di due fotografe americane Diane Arbus e Cindy Sherman, che hanno
declinato uno sguardo inedito e anomalo alla corporeità femminile soprattutto.
Il film fu girato con un budget contenuto e attori poco noti, tranne che per Flo - Dorothy Berry la quale era
una famosa cantante country. Il film coronò un progetto coltivato per tre anni, e nell’impresa Campion si
avvalse di moltissime amicizie, coltivate nella scuola di cinema. Prima fra tutti fu la direttrice della fotografia
Sally Bongers, consacrandone il duetto creativo che si ripeterà successivamente; ma anche con Gerard Lee,
suo ex fidanzato, con il quale tornerà a lavorare successivamente in Top of the lake 1 e 2. Anche la costumista
proviene dalla scuola di cinema, quindi una specie di home-movie, atmosfera accogliente che è una delle
caratteristiche che gli attori scoprono nel set.
Infatti, già a partire da questo film si capisce subito quanto Campion insiste sull’avere un ambiente lavorativo
molto sereno e tranquillo, basato sul lavoro di squadra. In un’intervista a Mark Cosin per il British Institute,
si coglie il dettaglio del rapporto della regista con gli attori. Il cinema campioniano è un cinema maieutico,
affettivo. Per Campion il rapporto con gli attori è fondamentale ed è volto a far riemergere l’inconscio
dell’attore, lei vuole garantire un posto sicuro per questi professionisti, ed è questo caratterizza il suo cinema,
un umanesimo e una semplicità esemplare. Campion afferma che in questo mondo abbiamo una cosa che ci
circonda, il nostro corpo. L’umanità riesce a sentire con tutto il corpo (il mondo silenzioso di Ada, la voce
mentale che diventa già corpo essa stessa), pertanto il motivo della corporeità è molto caro alla regista. La
sensibilità della materia in senso Pasoliano, c’è forza nella vulnerabilità degli esseri umani. Campion utilizza
un cinema fatto di gentilezza e “caring” nei confronti del mondo (ciò che papa Francesco definisce “passione
per il genere umano”), ciò non fa che proiettarlo nel suo cinema, un cinema centrifugo e centripeto, non
dominante.
A questo cinema affettuoso nella regia e nel rapporto con gli attori, si contrappone poi quello che è un cinema
non molto tenero in Sweetie, nonostante il vezzeggiativo che dà nome al titolo. Questo film predilige la
corporeità del sentimento amoroso, ma attuando una narrazione sottratta ai raccordi logici e lineari,
adattandola perfettamente all’instabilità delle situazioni, dei personaggi e delle loro relazioni.
Diane Arbus, fotografa autodidatta, morta suicida giovane. Parteciperà anche a Ritratto di Signora. Ritratto fisionomico del cinema campioniano, Diane avvicinava le
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persone eccessive e diverse tra loro e le fotografava con approccio antropologico basato appunto sulle differenze, come appunto Campion fa nel suo cinema.
JANE CAMPION
Al centro del film vi troviamo quest’entropia familiare in cui le due sorelle protagoniste, Kay-Karen Colston e
la magistrale Sweetie Dawn-Geneviene Lemon, sono entrambe in rotta con se stesse e con il mondo.
Sarà la stessa Campion a dire:
“Sweetie è nato con l’idea di cercare di parlare delle relazioni che non funzionano, soprattutto quelle in cui la
gente si sente innamorata senza che nulla accada, oppure prova amore ma non vuole più fare sesso. Volevo
che la protagonista fosse estremamente superstiziosa, che avesse una sorta di incertezza o paura del mondo
e che l’unico modo per controllare tutto questo fosse la superstizione. Non è affatto anormale, è il normale
livello di superstizione che la gente possiede”
La superstizione si configura per Campion come il tentativo utopistico e del tutto umano di esercitare un
controllo sugli elementi del mondo circostante. Né Kay, né Sweetie sono perciò personaggi lontani dalla
realtà. Attraverso le loro vicende la regista mette in scena il conflitto tra norma e natura, che ha a che vedere
con l’impossibilità di addomesticare da un lato gli eventi esterni (Kay) e, dall’altro, anche se stessi e i propri
istinti (Sweetie).
Molto importante all'interno di tutto il film è la presenza gli alberi che rappresentano il collegamento del
passaggio dalla vita alla morte. Il motivo della crescita e della sua problematicità è legato alla presenza di
piante e alberi. Le radici rappresentano la sfera delle emozioni e delle passioni, sono la parte nascosta
dell’albero, lo vincolano alla terra e in Sweetie appaiono come spire tentacolari che alludono alla mancata
indipendenza psicologica di Kay dalle catene familiari. Kay è terrorizzata dalla paura della flora, eppure ne è
circondata. Il compulsivo bisogno di controllo nutrito da Kay colloca questo personaggio a momenti di stasi
ordinati da presagi e profezie; mentre il suo alter ego Sweetie, coglie d’istinto ogni momento della vita con
comportamenti immaturi che mostrano il nodo di fondo della crescita e dell'evoluzione personale. Il doppio
alter ego rappresenta l’alterità relazionale ed è il fil rouge della sua ricerca, in quanto le due sorelle diverse
tra loro, hanno una cosa che le accomuna, ovvero una condizione domestica particolare. Si tratta di una
doppia alterità, da cui ci si riconosce e ci si discosta al tempo stesso.
Sono due gli alberi che sono presenti in maniera particolare in questo film, il sambuco che viene regalato da
Louis per festeggiare l'anniversario con Kay, e il salice che rappresenta l'albero di Sweetie da bambina, albero
sul quale padre aveva costruito per la figlia prediletta un piccolo castello.
Il sambuco è emblematico nel rapporto di coppia tra Kay e Louis, in quanto Kay lo stradica di notte per paura
che le radici prolifichino come vermi in ogni direzione. Quando Louis lo scoprirà, prima si chiude nel mutismo,
poi Kay lo invita a fare meditazione fino a incitarlo a dimenticare, implorando di parlare. Ma Louis va via di
casa, inseguito invano dalla ragazza. Il sambuco rappresenta la paura della crescita, la paura del passaggio
all'età adulta, pertanto anche Kay così come Sweetie subisce una sorta di fase regressiva.
Il salice, rifugio infantile di Sweetie e del letale deragliamento della stessa, rappresenta in quanto tale il
fallimento e la inadeguatezza dei genitori, specialmente del padre Gordon, in quanto era stato lui a costruire
il “palazzo” sull’albero, ponendovi sopra la sua principessina.
I due alberi rappresentano in modo figurativo i rapporti delle protagoniste, l’albero tende verso l'alto, ma le
radici lo ancorano al terreno; pertanto, la paura della crescita all’età adulta, mette a dura prova il processo
di crescita di entrambe le ragazze, seppur in modo diverso.
Gli alberi sono presenti anche nel finale del film, come quando durante il funerale, le radici dei cipressi danno
fastidio per la sepoltura di Sweetie.
Le ambizioni di Sweetie sono debordanti come il suo corpo, lei non è una ritardata mentale, ma una persona
che non riesce ad armonizzarsi con i comportamenti degli altri (scena in spiaggia dove lei salta addosso a
Louis, mostrando le sue doti da leccatrice). Sweetie è radicale nella sua rivolta, il conflitto tra le sorelle esterna
il disordine interiore di ciascuna nei confronti dell'ordine di mantenimento del contesto familiare. La
sgradevolezza degli scenari acuisce il senso di inquietudine dell’intero film, l'essenza del romanticismo è per
Campion il rispetto per la natura considerata più grande di noi e che quando non accettiamo questa realtà
siamo destinati a soccombere. Pertanto, chi soccomberà sarà Sweetie, proprio da quel castello dei desideri
paterni, divenendo vittima delle inerzie familiari e designata per ricomporre gli equilibri infranti. Il finale
tragico concorda con altre scene il film, come l'irruzione di Sweetie, l'inganno per lasciarla da sola a casa,
l'insolito viaggio in auto per raggiungere Flo, le reazioni esagerate di Sweetie alle litigate con la sorella. La
regista usa un linguaggio alternativo e trasgressivo, proprio per esprimere la ribellione alle regole. Non
JANE CAMPION
risparmia la sfera sociale connotata da spazi desolati e deturpati, si pensi alla spiaggia descritta piuttosto
brutta con ampi spazi e hangar sullo sfondo.
La costruzione di Sweetie è scandita da un