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Fondata ad Ascona, sul Lago Maggiore, da Olga Frobe-Kapteyn, La Società Eranos nasce con lo

scopo di svolgere ricerca di storia e psicologia religiosa, attraverso l’organizzazione di un convegno

annuale. Il principale animatore degli incontri, il cui primo ingresso risale al ’33, è Carl Gustav

Jung.

Si può dire che i frequentatori del circolo si siano fatti interpreti del cosiddetto “spirito di Eranos”,

ovvero l’idea di una cultura che non sia frammentata nei settori disciplinari che coltivano gli

specialisti, ma che nasca dal confronto e dallo scambio di esperienza e ricerche riguardanti diversi

campi del sapere. Cultura qui significa dialogo, apertura. È a loro comune l’idea che soltanto

attraverso un processo di integrazione di tutti questi elementi si possa ottenere un vero progresso

della conoscenza. Il compito che si prefiggono gli studiosi riuniti ad Ascona è quello di interpretare,

cioè esercitare un’attività ermeneutica, che non richiede distacco e indifferenza nei confronti

dell’oggetto, ma, al contrario, una partecipazione intima ad esso. Nell’esperienza di Eranos è stata

riconosciuta una forte connotazione esoterica, largamente però sopravvalutata.

8.2.1: Carl Gustav Jung

Nel vasto mondo della psicologia novecentesca, la figura che ha maggiormente dialogato con la

storia delle religioni è stata quella dello psichiatra svizzero Carl Gustav Jung. Gli interessi di Jung

sono rivolti prima di tutto a indagare una dimensione della sfera inconscia che non riguarda i vissuti

personali: quella dell’inconscio collettivo. Esso si sarebbe formato mano a mano che l’umanità

preistorica ha foggiato modelli di comportamento primari ed elementari. Si tratta di archetipi,

schemi, modelli originari che danno forma ai contenuti dell’immaginazione e guidano e dirigono

l’energia psichica di cui disponiamo. L’inconscio collettivo non dipende dalla coscienza né dalle

esperienza umane ma precede e condizione l’una e le altre.

Nella prospettiva junghiana il simbolo è un segno che rimanda a significati non totalmente

conoscibili, cioè non completamente riducibili alla ragione: questo perché gli archetipi costituiscono

una griglia attraverso la quale si esprime quell’abisso inconoscibile del quale si parlava, che rimane

altro sia rispetto alla griglia sia rispetto alle sue espressioni. Ogni essere umano conosce il

“processo di individuazione”, che è la costruzione progressiva della propria identità, comportando

in primo luogo un adattamento alle esigenze della vita sociale. La definizione di identità personale

avviene quindi a prezzo della messa ai margini di tutta una serie di comportamenti del nostro essere

che vanno sacrificate. Nell’elaborazione di questa concezione entra in gioco anche la sensibilità

religiosa.

Una interpretazione diffusa vede nel pensiero dello studioso una delle tante espressioni storiche

della gnosi, intesa come visione del mondo che considera l’essere umano esiliato da una totalità

dalla quale è caduto e alla quale deve ritornare, nel quadro di una concezione della conoscenza

come atto salvifico. D’altra parte, Jung si è sempre astenuto dal riconoscere al suo lavoro una

valenza teologica, dando volta per volta l’impressione di aprire o chiudere le porte a una lettura

religiosa di esso.

Il rapporto tra Jung e gli studiosi delle religioni del suo tempo si manifesta anche tramite la

redazione di opere collettive, tra le quali, con Paul Radin. Egli è noto soprattutto per aver

introdotto il concetto di trickster (in italiano tradotto con “briccone”). I trickster compiono azioni

disoneste, sono truffatori e truffati, ostacolano l’attività creatrice delle divinità organizzatrici del

mondo, hanno comportamenti sciocchi e risibili, presentano aspetti ridicoli, indeterminati,

incompleti o animaleschi. Il loro ruolo si rivela però fondamentale nel processi di formazione della

realtà, perché introduce quei tratti di imperfezione che il mondo attuale presenta. Nel folklore

italiano, un trickster è riconoscibile nella maschera di Pulcinella.

8.2.2: Károly Kerényi

Károly Kerényi, per formazione filologo classico, propone una concezione della religione per certi

versi originale, seguendo la strada tracciata in precedenza da Walter Friedrich Otto. Il sodalizzo

con Jung lo porta poi a sviluppare le sue idee nella direzione dell’interesse per le componenti

inconsce dell’esperienza religiosa. Per lui il fenomeno religioso consiste appunto nel “rivelarsi di

qualcosa di divino”, questo darsi del divino viene definito con un termine tedesco la cui traduzione

è “essere afferrato”. Non ci troviamo di fronte all’incontro tra due attori, due entità determinate,

essere umano e dèi, ma ciò che è primario è invece la relazione che si instaura tra di essi,

indipendentemente dalla loro definizione. L’idea del divino ripresa da Otto è quella di dèi come

“forme dell’essere”. In altri termini, non c’è un essere che si mostra, ma l’essere si trova proprio

all’interno dell’atto del suo mostrarsi. Il termine divino non indica quindi un’entità sovraumana

quanto piuttosto il connotato divino di una situazione o un evento, quale appunto l’evento del

rivelarsi dell’essere.

Lo studioso distingue poi il “mito genuino” (che ha carattere intuitivo, spontaneo, disinteressato,

vitale, attivo, che nel momento in cui non è più direttamente vissuto ma si oggettivizza diviene

mitologia, e come tale può comunicare, descrivere, raccontare) e il “mito tecnicizzato” (poiché il

mito ha una forte potenzialità emotiva e comunicativa, risulta anche uno strumento politico utile e

viene quindi, talvolta, costruito scientemente e manipolato).

8.2.3: Henry Corbin

Il francese Henry Corbin, studioso di mistica islamista, ha introdotto alcune categorie orginali per

lo studio delle religioni, traendole dal suo ambito di ricerca. Basandosi sulla cosmologia del mistico

persiano, si possono distinguere tre livelli di realtà (1. fisica, sensibile, fenomenica. 2.

Soprasensibile. 3. Realtà del puro intelletto degli arcangeli). Ai tre universi corrispondono tre

facoltà conoscitive (sensi, immaginazione e intelletto) e tre componenti dell’essere umano (corpo,

anima e spirito).

Nel mezzo quindi fra res extensa e res cogitans, si trova un mondo intermedio dominato

dall’immaginazione, identificata come attività fantastica a condizione che si riconosca ai suoi

prodotti un carattere pienamente obiettivo e reale. Tali prodotti sono i simboli, che acquisterebbero

un autentico potere rivelativo. Queste tematiche possono costituire nella visione di Corbin la base

per una concezione generale del simbolo valida anche al di fuori della mistica sciita, in quanto

assumono il carattere di chiave di lettura per quella dimensione intermedia, legata all’immagine e

che si vuole radicata in qualcosa di profondamente reale, nella quale si trova l’immaginazione

religiosa.

8.3: La fenomenologia della religione

8.3.1: La fenomenologia di area olandese e di area svedese

Nei paesi bassi si verifica una generale tendenza a prende le distanza dalle linee guida di van der

Leew, in particolare Class Jouco Bleeker ritiene necessario liberarsi da ogni presupposto di ordine

filosofico. Il punto di partenza secondo lui è costituito da un atteggiamento empatico e da una

particolare facoltà d’intuizione dello studioso. Alleggerendo l’impianto filosofico di riferimento, la

prospettiva di Bleeker si presta a un dialogo più ravvicinato con le prospettive storiche.

In Svezia, Geo Widengren pratica sia la ricerca storica che quella fenomenologica, ponendosi il

problema di come mettere in rapporto le due metodologie, sostenendo che occorre tenerle distinte e

non è dunque lecito trarre ipotesi storiche dall’indagine fenomenologica. Egli intende la

fenomenologia della religione come una descrizione dei fatti seguita da un loro ordinamento

sistematico, da cui dipendono l’interpretazione e il tentativo di stabilire “un tipo, una struttura, un

meccanismo, senza violare in alcun modo i fatti storici ma anche senza confondere fenomenologia e

storia”.

Una simile esigenza di neutralità la esprime Ake Hultkrantz, interessato al tema dell’ecologia delle

religioni (intesa come studio dei gruppi umani nel loro rapporto con l’ambiente), che definisce la

fenomenologia della religione come “lo studio sistematico delle forme di religione, quella parte

della ricerca religiosa che classifica e investiga sistematicamente concezioni religiose, riti e

tradizioni mitiche da punti di vista comparativi di tipo morfologico-tipologico”. La fenomenologia

così descritte non è tanto un metodo, quanto una prospettiva di indagine.

8.3.2: La “morfologia” di Mircea Eliade

Mircea Eliade, romeno, è il più noto tra gli studiosi di corrente fenomenologica, anche se preferì

definire la propria prospettiva col termine “morfologia”. La S.d.R. è per lui una disciplina autonoma

in quanto possiede un oggetto proprio ed irriducibile ad altro. Eliade conia anche il vocabolo di

ierofania, dall’unione di sacro e manifestare, considerando il sacro come qualcosa di “totalmente

altro”, sulla scia di Rudolf Otto. Di fronte al sacro si trova l’uomo, contrassegnato da limitatezza e

finitezza. La religione nasce dall’incontro tra il sacro che si rivela e l’essere umano che ne fa

esperienza. L’incontro può avvenire solo se qualche cosa svolge il ruolo di mediatore: si tratta del

simbolo, che è concreto e percettibile ma rinvia a un senso non immediatamente evidente. La

ierofania è appunto un simbolo attraverso il quale il sacro si manifesta. Nelle diverse tradizioni

religiose le ierofanie presentano somiglianze che fanno pensare a modelli comuni ai quali si

conformano, modelli definiti “archetipi” con carattere universale.

Per Eliade l’esperienza religiosa non caratterizza una fase dello sviluppo della coscienza, come

vorrebbero gli evoluzionisti, ma fa parte della struttura stessa dell’essere umano, che è dunque

homo religiosus. Attraverso la conoscenza delle produzioni religiose dell’umanità si scoprono

sempre nuove potenzialità di manifestazione del sacro, sicché lo studio della storia delle religioni

costituisce una fonte di arricchimento e la materia assume il ruolo di una saving discipline. Allo

storico delle religioni è affidato un compito ermeneutico: si tratta di raccogliere i significati che le

singole culture attribuiscono ai simboli e cercare, dietro di essi, il senso universale che possiedono

Dettagli
A.A. 2023-2024
33 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/06 Storia delle religioni

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher matteobongiorno172 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia delle religioni e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Sbardella Francesca.