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LA RIFORMA DE STEFANI

Lo strumento legislativo che permette al governo Mussolini di realizzare il

riordinamento della PA, è la legge del 1922, che concedeva una

delegazione dei pieni poteri al governo del re per il riordinamento del

sistema tributario e della PA. Il disegno affidato al ministro delle finanze

Alberto De Stefani, sottolinea la necessità di una riforma ed un

potenziamento del sistema delle ragionerie. Infatti le ragionerie dei

singoli ministeri sono trasformate in “uffici del ministero delle finanze

alle dipendenze della Ragioneria generale dello Stato”. Il ruolo del

ragioniere non è più semplicemente quello del controllo, ma di iniziativa

nel suggerire soluzioni normative.

La Riforma De Stefani, investì l’amministrazione tra il 1923 e il 1924

riscrisse lo stato giuridico del 1908 in una versione meno garantistica,

nella quale i doveri degli impiegati prevalevano sui loro diritti.

L’ordinamento gerarchico delle amministrazioni venne ridefinito sulla

base dei gradi, secondo il modello militare. La disciplina interna fu

rafforzata con l’irrigidimento delle carriere, introduzione di tre gruppi

A,B,C e l’introduzione di 13 gradi gerarchici completarono la manovra di

ristrutturazione del pubblico impiego. Alla nuova concezione dell’impiego

pubblico come “milizia” corrispose il rinnovo della formula adottata per

giuramento, costituita dall’impegno solenne a non appartenere ad

associazioni o a partiti incompatibili con i doveri dell’ufficio. Con la legge

del 1926 il potere esecutivo si vide attribuire la competenza ad emanare

le norme giuridiche necessarie per disciplinare l’esecuzione delle leggi. E

cioè si vide conferire una potestà regolamentare molto più ampia. Tutto

ciò comportò una crescita dell’amministrazione legislatrice. Il rapporto

amministrazione-statuto, già debole nella tradizione ottocentesca e

nell’esperienza del primo Novecento, conobbe nel ventennio fascista un

ulteriore appannamento, perché ne corrispose un’amministrazione senza

costituzione, organizzata senza riferirsi ai principi costituzionali dello

Statuto.

IL FASCISMO

Uno dei primi atti legislativi del governo Mussolini è proprio la

trasformazione delle squadre d’azione del partito in un apparato pubblico

con l’istituzione della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale. A

partire dagli anni Venti, si moltiplicano dunque le forme delle

amministrazioni parallele.

E’ possibile schematizzare l’amministrazione in 3 tipologie: quella

tradizionale, centrale e periferica dello stato; quella tecnocratica che si

applica all’apice della ristrutturazione dell’economica e dell’intervento

dello stato in relazione con l’economia e finanza; e quella dei grandi

apparati riconducibili al partito, che finisce col diventare esso stesso

grande e corposa realtà burocratica.

L’aumento dell’intervento, della presenza e dell’azione dello Stato, si

traduce in un complessivo aumento dei pubblici dipendenti che quasi

raddoppiano.

La riforma elettorale nota come Legge Acerbo (del 1923), rappresenta il

“suicidio” della classe politica liberale. Le elezioni del 1924 consegnano

infatti al fascismo una salda maggioranza che permette a Mussolini di

avviare le cosiddette leggi fascistissime, con l’abolizione di tutte le

politiche di opposizione, con misure straordinarie, come l’istituzione del

Tribunale Speciale o come la nuova legge di pubblica sicurezza. Ma

l’innovazione costituzionale più rilevante è il Gran consiglio del fascismo.

La riforma elettorale del 1928 segna il passaggio al “regime”,

caratterizzato dalla istituzione delle corporazioni e dalla strutturazione

del PNF, ramificato in tutta la società italiana.

Il ciclo bellico iniziato nel 1935 con la Guerra in Etiopia provoca

un’accelerazione dei processi verso soluzioni totalitarie, i segni

emblematici sono nella legislazione raziale iniziata nel 1938 con

l’abolizione della Camera dei deputati, sostituita dalla Camera dei fasci e

delle corporazioni.

L’AMMINISTRAZIONE DURANTE IL FASCISMO

L’amministrazione segue le tendenze totalitari; nel giugno 1923 Mussolini

attribuisce ai Prefetti l’unica figura di rappresentante dell’autorità

Governo nella Provincia. Questo sostanziale consenso, porta i magistrati a

iscriversi in massa al fascismo, e i professori universitari a pronunciare il

richiesto giuramento di fedeltà al regime. Nel 1938 sarà anche richiesta

esplicitamente la tessera fascista per l’ammissione agli impieghi pubblici e

per le promozioni interne.

Con le leggi fascistissime viene introdotta la figura del primo ministro,

segretario di stato, capo del governo, e viene eliminata ogni

responsabilità politica verso il Parlamento.

Nel 1928 viene creato il Comitato per il perfezionamento dei metodi di

lavoro e di controllo sulle amministrazioni dello stato, presieduto da De

Stefani; tra le sue proposte, la più importante era quella di un concorso

unico di ingresso per tutte le amministrazioni, affidato al ministero della

Pubblica istruzione, ma è stata respinta da tutti i ministeri.

Ai fini del reclutamento comincia ad essere presa in considerazione la

laurea in scienze politiche che finisce per essere la più rilevante

innovazione del fascismo in tema di formazione e reclutamento degli

strati superiori dell’amministrazione. Nel 1924 viene istituita la prima

scuola universitaria in scienze politiche all’università di Roma “La

Sapienza”.

Inoltre, quella fascista resta un’amministrazione maschile; la presenza

delle donne che si era sviluppata durante la guerra, è scoraggiata e

confinata in segmenti delimitati. (si stabilisce una percentuale massima

sull’impiego femminile nella PA del 10%).

Anche l’amministrazione locale segue l’evoluzione dell’amministrazione

centrale, attraverso il passaggio delle leggi fascistissime. Inoltre si

prevede la sostituzione di sindaco e consiglio, con un organo

monocratico: il podestà, che è affiancato da una consulta priva di poteri

rappresentativi, composta da membri nominati dal prefetto e designati

da enti e associazioni. Tale sistema viene replicato nelle province: il

presidente del consiglio provinciale viene abolito, mentre la figura del

preside, sostituisce il consiglio.

Per la prima volta nella storia unitaria, il governo fascista dispone un

regime amministrativo particolare per Roma, con l’istituzione del

Governatorato, che fonde amministrazione comunale e provinciale.

Ormai nella cultura amministrativa italiana, comuni e province sono

considerati “enti ausiliari” dello Stato. Lo sviluppo dell’azione

amministrativa e dell’intervento dello Stato insiste molto sul piano locale,

percepito come luogo di investimento in infrastrutture, funzionali allo

sviluppo del regime. Segno di questa tendenza sono gli investimenti e gli

indirizzi architettonici per l’edilizia pubblica: dalle Case del Fascio, agli

impianti sportivi, alle sedi delle amministrazioni periferiche dello Stato,

tribunali, poste, stadi.

LE DINAMICHE DELL’ETNIFICAZIONE

Le Funzioni pubbliche sono ormai poste al di fuori dell’amministrazione

centrale. Gli enti praticano un reclutamento diretto di persone più

giovani, di formazione meno strettamente giuridica di quella ministeriale.

Comincia a generalizzarsi una figura di amministrazione parallela.

L’etnificazione conosce un grande sviluppo dalla seconda metà degli anni

Venti, estendendosi su diversi campi. (dall’Ente per l’artigiano e le piccole

industrie, all’ACI, l’Automobil Club Italia).

E’ tra gli enti parastatali di questo tipo che si trova la vera

amministrazione fascista, privilegiata in termini di retribuzioni rispetto a

quella centrale e periferica dello stato.

UNA NUOVA AMMINISTRAZIONE: IL PARTITO ED I SUOI ENTI

Il fascismo si estende tanto da assumere la forma del “parastato”, con

ulteriori esperienze e figure di “amministrazioni parallele”, di cui oltre al

partito fanno parte la milizia e gli enti ad essi collegati, che avranno una

forma di continuità anche dopo la caduta del regime, identificandosi in un

settore defascistizzato.

Oltre al partito quindi possiamo identificare 3 tipologie di

amministrazioni tipicamente fasciste che sviluppano funzioni pubbliche

di rilievo:

1. Il sistema corporativo: che comprende 22 corporazioni nei campi

agricolo, industriale, commerciale e dei servizi. La stessa “Camera

dei fasci e delle corporazioni” finisce col rappresentare una forma di

collaborazione con il governo per la formazione delle leggi.

2. Il sistema previdenziale: che comprende l’Istituto nazionale fascista

contro gli infortuni sul lavoro, e l’Istituto nazionale fascista della

previdenza sociale.

3. Gli enti più direttamente collegati al partito, alle funzioni di

mobilitazione e di controllo sociale: Tra questi ha un posto

emblematico il CONI, Comitato olimpico nazionale italiano,

istituzione privata fascistizzata come ente del partito. L’OMNI

(opera nazionale per la protezione della maternità e dell’Infanzia)

centralizza un settore in espansione, quello delle nascenti forme di

welfare in campo sanitari. Altrettanto interessante è l’Opera

nazionale balilla è l’ente che riceve le competenze per l’educazione

fisica di tutti gli scolari e studenti, oltre che della loro preparazione

politica, militare, ginnico-sportiva.

LE ELITES DELLA GUERRA E PRIMO FASCISMO Durante la prima Guerra

mondiale la PA subì trasformazioni radicali: la lineare struttura dei

ministeri si frammentò e si articolò attorno alle funzioni militari o di

sostegno alla macchina militare, con la conseguenza di:

• creazione di nuovi ministeri;

• avvento di una prima rete di amministrazioni locali speciali, sorte ad hoc

per svolgere compiti legati alla guerra. Alla guida di queste si insediò una

elitè amministrativa parzialmente diversa dalle precedenti, composta da

uomini dell’antico personale ministeriale più tecnici del mondo

dell’industria e del commercio privato, di militari, di esponenti di classe

politica e soprattutto industriali impegnati con loro industrie nella

mobilitazione bellica. Negli apparati economico-amministrativi

dell’amministrazione di guerra si sviluppa la cd seconda borghesia.

Tuttavia questa nuova elites fu sconfitta dall’intervento del fascismo che

nel 1922 rappresentò un tentativo di modificare strutturalmente la

composizione della classe dirigente con la relativa emarginazione di ceti

dirigenti tradiziona

Dettagli
A.A. 2023-2024
40 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/03 Storia delle istituzioni politiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher federicapetrusa di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia delle pubblica amministrazione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Padova o del prof Agostini Filiberto.