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TV E WEB

Lo spettacolo della politica

Il nodo della complessità innescata dalle relazioni tra politica e televisione in Italia

tiene conto di tre temi decisivi:

1. Evoluzione dei modelli economici e produttivi della tv generalista a

partire dalla seconda metà degli anni Ottanta. La televisione italiana

contemporanea si è sviluppata su un modello condiviso da entrambi i grandi

network in concorrenza: è un duopolio ma che in realtà è un monopolio sotto il

profilo dei modelli economici e culturali, è un duopolio monopolistico.

La pubblicità si è affermata come la risorsa economica del settore televisivo e

ha imposto la trasformazione di fondo nei criteri di programmazione e creazione

dei contenuti, anche giornalistici. Ciò che importa sono gli ascolti.

Non è quindi strano comprendere, alla luce di quanto detto, perché si faccia

molta leva sulla spettacolarizzazione della politica in tv. Curioso invece è

comprendere perché un’intera generazione politica si sia piegata a questa

logica senza colpo ferire. La convinzione è che “più ti vedono, più ne convinci,

più ti ascoltano, più di gradiscono. Ma ciò è assolutamente infondato e

testimoniato anche dai risultati delle elezioni politiche. Eppure ci si continua a

credere.

2. L’imperiosa facilità con la quale alcune figure maieutiche si sono

imposte sulla scena pubblica in epoca di conclamata e prolungata

transizione. Il momento in cui si comprende davvero che la politica può essere

spettacolo televisivo è il 1987. Mani Pulite è ancora lontana. Il 10 novembre

parte su Rai Tre Linea Rovente, con impianto simil giudiziario: un imputato

ospite in studio in prima serata. Un film pertinente in seconda serata. Un

dibattito con televoto in terza serata. È l’inizio dell’ascesa di Giuliano Ferrara.

Poi verranno Il Testimone e Radio Londra.

Giuliano Ferrara aveva compreso che non è tanto la presenza scenica, non è la

capacità di stare sotto i riflettori dell’uomo politico a contare, non è lo sforzo di

sembrare umani, di stare vicino ai telespettatori che conta. Ferrara aveva

compreso che la politica poteva essere una nuova forma di spettacolo e che lo

spettacolo televisivo aveva trovato una classe intera di nuovi protagonisti.

Gli altri giornalisti in tv si fermeranno tutti un attimo prima rispetto a Ferrara.

Lui invece si lancia, si inventa nuovi modi di fare politica. Non è

politica-spettacolo, ma proprio lo spettacolo della politica, che cambia i luoghi, i

modi, i linguaggi della politica stessa e insieme cambia la televisione.

Poi nel 1996 approderà alle stesse conclusioni nella carta stampata, creando Il

Foglio, ma in tale mondo già altri si impegnavano per rinnovare, cambiare,

sconvolgere il rapporto tra giornale e politica, come Eugenio Scalfari, Edoardo

Scarfoglio, Paolo Mieli, Ezio Mauro.

In tv comunque il primo è stato Ferrara. Non a caso diventerà ministro per i

Rapporti con il Parlamento nel primo governo Berlusconi: dagli studi televisivi

direttamente alle Camere.

La prova generale era stata fatta il 26 settembre del 1991 con Per Libero Grassi

di Maurizio Costanzo e Michele Santoro, raro esempio di impegno civile a

proposito di uno dei temi più negletti dell’informazione tv. Ci vorranno altre

quindici anni prima di avere esempi simili, con una puntata di Report di Milena

Gabanelli e il l’inchiesta di Bianchi e Nerazzini uscita in libreria. Quel giorno del

1991 si comprende che la televisione può essere anche impegno e

testimonianza civile.

La televisione era la scatola dentro la quale avveniva la politica: la politica s’è

trasferita per alcuni anni dentro la televisione perché non aveva altri luoghi

dove essere legittimata, dopo lo scandalo di Mani Pulite. La televisione ha

imposto però il suo prezzo: quello di costringere la politica al reality show.

3. La relazione dannatamente intricata tra la trasformazione sociale del

Paese e i modi con i quali la politica ha potuto rispondervi. Ragioni per le

quali la politica italiana sembra avere preferito il terreno della televisione a

quello del progetto, della mediazione e dell’amministrazione. Quando la società

italiana rivede profondamente la sua composizione di classe, quando si afferma

un ceto medio imponente per i numeri, si impone anche parallelamente il

bisogno del ceto politico di dialogare individualmente con ciascuno di questi

atomi sociali dispersi lungo la penisola. La politica è incapace di dialogare e

comunicare, anche in modo mediatico, con la società italiana.

Beppe Grillo ha fatto emergere una dimensione comunicativa che la politica

italiana non riesce ad affrontare, se non episodicamente. Nel caso di Grillo, è

evidente la capacità di costruire mantenere e rinsaldare un rapporto con un

pubblico di spettatori e utenti, che riescono anche a sentirsi cittadini. Nel caso

dei partiti e dei loro Poli c’è la paese incapacità ad andare oltre il momento della

mobilitazione elettorale.

Il paradosso del primo decennio dle nuovo secolo è che, diventata essa stessa

spettacolo, la politica ha riconquistato un primato vero. Non si è piegata ai modi della

televisione, ma è riuscita piuttosto a diventare uno die generi televisivi di successo. Il

tema della qualità dell’informazione in televisione non è tanto la qualità televisiva

quanto la qualità della politica.

Giornali e Internet: come uscire dalla crisi?

L’attuale crisi economica ha ulteriormente inasprito le già precarie condizioni

dell’industria dell’informazione. Siamo in presenza di un paradosso: la crisi arriva

quando i giornali hanno il più grande numero di lettori mai esistito.

Come rendere fruibile l’erogazione di un servizio garantendo al copertura finanziaria

dei costi se articoli e notizie possono essere letti gratuitamente? Le soluzioni proposte

hanno accettato il modello di accesso gratuito con vendita di spazi pubblicitari come

fonte di guadagno principale. Ma con l’attuale crisi economico-finanziaria, la ricerca di

un modello alternativo torna al centro della discussione.

Il web probabilmente non genererà mai un livello di investimento paragonabile a

quello dei giornali, ma il giornalismo online va perseguito perché risponde a

un’esigenza espressa dai lettori. La domanda da porsi quindi è: come possono i

giornali salvaguardare la relazione con una fetta di pubblico sempre più consistente

che vuole accedere all’informazione in modo diverso che al passato?

Il risultato è che nel loro complesso i siti web delle testate giornalistiche sono sempre

meno attraenti per i potenziali lettori: il tempo medio trascorso su Google e altri

motori di ricerca è sei volte superiore al tempo trascorso su alcuni importanti siti di

giornali.

Il modello di business dei giornali online, fino a questo momento è fallito, è stato

ucciso da Google e da altre fonti gratuite per l’aggregazione delle notizie.

Per far fronte a questi problemi i giornali dovrebbero prima di tutto avere una

posizione più coerente. Non possono criticare Google, e in generale i meccanismi dei

motori di ricerca, e nello stesso tempo mantenere l’accesso libero ai propri contenuti,

perché questa è una posizione che legittima la logica di Google: se i contenuti sono

liberi, quali sono i presupposti per sostenere una battaglia contro i motori di ricerca? I

siti dei giornali gli devono molto in quanto, se non ci fossero i motori di ricerca,

vedrebbero diminuire immediatamente il loro audience del 50%. La critica nei

confronti di Google appare quindi strumentale e mira più che altro a ricercare un

compromesso economico vantaggioso.

La soluzione sarebbe trovare forme di aggregazione più evolute tra i giornali stessi.

L’idea è che il sito del giornale debba avere un’informazione allargata e porti i lettori a

estendere la propria ricerca ad altri siti, in altre parole fare in modo che i siti dei

giornali online adottino uno stile alla Google, ma con un valore giornalistico aggiuntivo

che si configura nella capacità di compiere una selezione in base al reale valore

dell’informazione che viene proposta.

I giornali avevano sperato, con il loro ingresso nel web, che le edizioni online

permettessero loro di controbilanciare la perdita di profitti pubblicitari subita sulla

carta, ma, per quanto in accelerazione, la pubblicità online non vale molto. Un’idea

che torna alla ribalta è quella dei micropagamenti sebbene sia ancora difficile

comprendere quali possano essere le forme più corrette da adottare senza influire

negativamente sul numero degli accessi.

Bisogna ripensare interamente l’organizzazione del lavoro se si vuole che questa non

poggi solo sulla pubblicità.

Va detto che tutte le previsioni circa la prossima fine dei giornali siano in gran parte

azzardate. Ciò che sta accadendo è piuttosto un processo di trasformazione. Ma il

cambiamento è già avvenuto: i giornali hanno intrapreso una forte diversificazione

nell’ultimo decennio, mettendo in atto una forma di complementarietà tra

informazione online e offline con la creazione di redazioni integrate e un utilizzo

sempre più spinto di contenuti multimediali. L’innovazione è in continuo divenire.

La transazione al web è piena di contraddizione e uno scenario di evoluzione definitivo

è difficilmente immaginabile:

Online come alternativa al declino della carta stampata: sono ancora

 poche le iniziative editoriali che sono riuscite a imporsi sfruttando unicamente

un modello online e lo scenario è per lo più caratterizzato da un modello ibrido

online-offline.

E’ limitativo e riduttivo considerare l’online come alternativa al declino della

carta stampata. Ci si deve credere e agire di conseguenza.

L’errore di volere preservare la vecchia forma organizzativa: è sbagliata

 la convinzione che si possa preservare la vecchia forma organizzativa, che la

logica di un contenuto generalista sia sostanzialmente valida e che sia

necessario un semplice lifting digitale. Non esiste modello generale che possa

sostituire quanto internet ha distrutto e ciò che può essere immaginato non può

corrispondere alle regole che hanno governato l’establishment della stampa

tradizionale.

La società non ha bisogno di giornali, ha bisogno di giornalismo e quest’ultimo

può esprimersi attraverso differenti canali o prodotti di comunicazione.

Nei prossimi decenni il giornalismo sarà costituito da attività sovrapposte.

Accesso libero o a pagamento: dilemma molto forte che riguarda un<

Dettagli
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A.A. 2013-2014
45 pagine
21 download
SSD Scienze politiche e sociali SPS/08 Sociologia dei processi culturali e comunicativi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher DeliaLeggio di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Teorie e tecniche del giornalismo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Libera Università di Lingue e Comunicazione (IULM) o del prof Agostini Angelo.