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-ORFISMO
È un’altra declinazione del cubismo, teorizzata da Apollinaire, dal nome di ispirazione mitologica, in
particolare ad Orfeo; Apollinare teorizza un’arte che deve avere un significato sublime e deve offrire
un piacere estetico puro, ed il tutto deve provenire dall’artista stesso.
●Robert Delaunay
Il suo era un cubismo scandito dall’eredità dei Fauves, con colori vividi e complementari.
Opere:
“La torre eiffel” (1911, olio su tela)
I suoi soggetti si ispirano al tema del paesaggio urbano, come il suo quadro dedicato alla Torre Eiffel,
soggetto dalla struttura perfetta per conciliare la sua ricerca di trasparenze e compenetrazioni tipiche
dell’avanguardia cubista.
Con questo tema l’artista raggiunse le soglie dell’astrazione, infatti nel dipinto e in quelli successivi,
notiamo come la Torre Eiffel smarrisce progressivamente la propria riconoscibilità, diventando un
tutt’uno con l’ambiente.
La luce viene scomposta ed il vero protagonista diventa il colore che esce dalla tela invade la cornice.
“Primo disco simultaneo” (1913, olio su tela)
Tela dipinta con colori tra loro opposti, su un disco circolare.
Secondo Delaunay I colori opposti insieme creano delle vibrazioni rapidissime percettibili fisicamente.
Teorizza così il problema dell’essenza stessa della pittura, secondo la tecnica del colore, infatti infatti i
suoi quadri sono gioiosi, ricchi di colori luminosi e pulsanti.
●Fernand Léger
Pittore cubista bretone, partecipa al Salon des Independant con il quadro “Nudi nella foresta”.
Opere:
“Nudi nella foresta” (1910, olio su tela)
È una scena corale dove troviamo figure ciclopiche nascoste tra la vegetazione che abbattono gli
alberi con un’accetta.
Viene utilizzato uno stile veloce, i colori sono luminosi e complementari e i suoi personaggi, mix tra
macchine e uomini ,hanno forme anatomiche cilindriche coi riflessi metallici, si può parlare perciò di
“tubismo“.
-PRIMITIVISMO
Un’arte che nasce mossa dall’interesse per le maschere lignee intagliate dalla tribù Fang del
Camerun, denominazione discriminatoria perché alludeva all’arretratezza dei popoli non civilizzati,
che le utilizzavano per scopi magici e rituali.
Ciò che interessava agli artisti occidentali erano le fisionomie stilizzate delle maschere ed il loro
carattere antinaturalistico, di grande impatto, un’arte che affascinò anche Paul Gauguin, che come
sappiamo si recò in Polinesia.
●Constantin Brancusi (1876-1957)
Di origine rumena, si forma all’Accademia di belle arti di Bucarest e arriva poi a Parigi presso lo studio
di Auguste Rodin.
Esegue opere in pietra con forme semplici e tratti stilizzati, e dispone le sculture su basamenti di
materiali diversi (spesso di recupero).
Opere:
“Maiastra” (1912, ottone lucidato)
Uccello sacro della tradizione rumena, petto gonfio da cui esce il suo canto, collo arcuato e becco
aperto.
Emana un senso di sacralità.
●Amedeo Modigliani (1884-1920)
Livornese, arriva a Parigi nel 1906, anche lui avviò una breve stagione scultorea di opere in pietra, sui
temi delle cariatidi e delle teste femminili. I volti sono stretti allungati, richiamano la forma del blocco di
arenaria. Le fisionomie sono standard, occhi obliqui e senza iridi, naso prolungato, e bocca piccola,
delle vere e proprie opere arcaizzanti.
Opere:
“Testa” (1911-12, pietra)
“Ensemble décoratif”
Gruppo di sette teste presentato nel 1912 al Salon d’Automne.
●Henri Rousseau (1844-1910)
Parigino, si impone come autodidatta ma ben presto si afferma come pittore.
Le sue opere presentano spesso figure immerse in un’atmosfera incantata, disegno quasi calligrafico,
forme stilizzate, superfici dei colori smaltati, luce chiara e artificiale, donano un profondo senso lirico
alle opere.
I suoi dipinti sono privi di richiami alla tradizione, un’arte dallo spirito puro, senza cultura ma molta
cultura visiva.
Le forme delle sue figure sono semplificate, come nei ritratti protocubisti di Picasso e nelle tele di
Derain dopo il fauvismo.
Opere:
“Io, ritratto-paesaggio” (1889-90, olio su tela)
Autoritratto dove si raffigura in piedi, munito di tavolozza e pennello, all’aperto sulla riva della Senna,
con le sue spalle l’albero di un veliero e la tour Eiffel.
Un vero manifesto della modernità, con colori piatti, forme con profili netti e assenza di ombre.
Le proporzioni sono inverosimili e notiamo una sorta di gigantismo nell’artista, di cui non ne capiamo il
perché, se per esaltare se stesso o per una maldestra conoscenza prospettica.
“Il sogno” (1910, olio su tela)
Una scena esotica, rappresentata da un cielo senza nuvole, una foresta dal verde intenso, dove tra le
foglie appaiono frutti giganteschi, enormi fiori, ed uccelli variopinti, su cui irrompe una Venere nuda
distesa sul sofà, e nell’oscurità, delle belve feroci.
Atmosfera è però ovattata, priva di dramma e senza suoni.
Le varie specie di piante e fiori Rousseau le prendeva dalle immagini o osservate ai suoi libri illustrati.
I suoi quadri comunicano un desiderio di evasione, mentre dipinge si ritira in un mondo tutto interiore
ed esplora terre pericolose e ricche di mistero.
“Fiori” (1909-10, olio su tela)
FUTURISMO
-IL PRIMO MANIFESTO FUTURISTA
Il 20 febbraio 1909 sul quotidiano “ le Figaro“, appare in prima pagina il Manifeste du futurisme,
firmato da Filippo Tommaso Marinetti, un letterato trentacinquenne che manifestava un’ ideologia
anticonformista e che proclamava la rottura dei legami con il passato.
Il manifesto è articolato in 11 punti, un programma adatto a chiunque avvertisse il richiamo della
modernità.
Il manifesto condannava il passato considerato un intralcio all’ingresso del futuro, ed era volta a
combattere ogni forma di tradizione, per esaltare il progresso, l’estetica del nuovo, il dinamismo e la
tecnologia.
Inoltre reputava la guerra come la sola igiene del mondo, un azzeramento che avrebbe garantito un
nuovo inizio.
Sì ci voleva disfare di accademie, biblioteche, musei, e far spazio all’entrata della macchina, simbolo
di velocità e potenza.
●Filippo Tommaso Marinetti (1876-1944)
Nato ad Alessandria d’Egitto da genitori lombardi, aveva una cultura francese di impronte simbolista.
Trasferitosi a Milano divenne direttore e fondatore della rivista letteraria “Poesia”.
Insieme a Boccioni si fece grande attivista del futurismo, infatti investì molto per divulgare le sue idee
e motivare le sue ragioni, per difenderlo e accreditarlo negli ambienti di punta.
Dal 1909 al 1944, promosse un via vai di eventi pubblici per diffondere al meglio la nuova ideologia
futurista, inaugurò un nuovo stile di intervento come le sue famose serate futuriste, spettacoli teatrali
simili a comizi, dove i futuristi recitavano poesie, leggevano manifesti, intonavano musiche
sperimentali.
Non mancava la risposta del pubblico che esordiva con fischi, insulti, e solitamente si finiva nel
disordine, e la polizia dovette intervenire molte volte.
Inoltre il suo programma era totalizzante, il futurismo doveva essere declinato ad ogni ambito
creativo, infatti nacque un futurismo pittorico, scultoreo, fotografico, letterario(di cui fu sua
l’invenzione, prevedeva la distruzione della sintassi, la disposizione casuale delle parole, l’uso del
verbo all’infinito, eliminazione della punteggiatura ecc. Le parole che dovevano essere “in libertà“,
anche gli spazi bianchi dei fogli assumevano una funzione espressiva), musicale, teatrale, e
addirittura un manifesto della cucina futurista… doveva nascere ad ogni costo l’uomo della modernità,
per questo si necessitava di un’adesione universale.
Opere:
“Guido guidi” (1916, inchiostro su carta)
“ Zang Tumb Tumb, copertina” (1912)
È il capolavoro del Marinetti scrittore, un poemetto ispirato all’assedio di Adrianopoli.
Si offrono un lettore 200 versi che li trasporteranno in un’esperienza coinvolgente, emotiva, e fisica.
C’è un largo utilizzo di onomatopee in modo che si evochino i suoni, i rumori delle macchine belliche.
●Umberto Boccioni(1882-1916)
Opere:
“La città che sale” (1911, olio su tela)
Primo compiuto esito del futurismo in pittura.
Una grande tela su cui é impressa un’immagine di vita contemporanea, a cui precedettero molti studi
e bozzetti preparatori.
Nel dipinto siamo al centro di un cantiere tra operai e cavalli da tiro, e i lavori per far sorgere la
periferia, milanese, di porta romana. Sulla scena protagonista assoluto uno stallone imbizzarrito,
trattenuto a fatica da alcuni uomini che sono piegati dalla sua furia.
Esso si torce sino alla deformazione, ha il manto aranciato ed il collare ingigantito in un andamento
spiraliforme.
Sembra come una vampata di fuoco, la sua temperatura si propaga al resto della tela l’ambiente
surriscaldato ed illuminato.
Il pittore inoltre utilizza anche le sue doti da regista, taglia le figure ai margini per suggerirne la
continuità oltre la tela, accelera le prospettive degli edifici nelle vertiginose, la superficie pittorica e
frantumata in colpi di pennello dai colori dissonanti.
L’insieme è un concentrato di energia forza e dinamismo.
La sua è una dichiarazione di fiducia nel progresso, la periferia gli offriva lo spettacolo di una città in
divenire.
“Giganti e pigmei (studio per la città che sale)“ (1910, carboncino su carta)
“Autoritratto” (1907-8, olio su tela)
“Officine a Porta romana a Milano“ (1909, olio su tela)
SERIE “Studio per stati d’animo uno: gli addii” (1911, olio su tela)
“Quelli che vanno” (1911, olio su tela)
“Quelli che restano”
Uno dei suoi lavori più ambiziosi è sicuramente il trittico degli Stati D'animo, l’idea era quella di
descrivere le reazioni emotive delle persone che si separavano in vista di un viaggio in treno, dunque
lo scenario è quello di una stazione ferroviaria dove una coppia si separa e si saluta, i treni partono,
alcuni viaggiatori ritornano e altri se ne vanno, la pura descrizione della modernità, delle macchine e
della velocità.
Tecnicamente il lavoro è eseguito secondo linee confuse rette o curve che si fondono con gesti
abbozzati di fretta, esprimendo un’agitazione caotica.
Alcune linee sono perpendicolari, ondulate, attaccate a quella a forme di corpi vuoti ed esprimono lo
scoraggiamento.
Linee orizzontali, fuggenti, rapide che tagliano bruscamente visi da profili vaghi, donano l’emozione
suscit