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IL LINGUAGGIO CLASSICO DELL’ARCHITETTURA

Prefazione

Questo libro ha origine da una serie di conversazioni radiofoniche trasmesse dalla BBC nel 1963

I. Elementi essenziali del classicismo

L’architettura classica viene, talvolta, definita come il “latino dell’architettura”, poiché affonda le sue

radici nella cultura greca e romana.

Il termine “classico” solitamente è aggettivo di un oggetto che ha a che fare con l’epoca in cui

nascono e fioriscono queste due culture, sono edifici i cui elementi decorativi derivano direttamente

dal mondo antico (modi o elementi determinati), ma si tratta di una semplificazione e riduzione degli

ordini ai soli elementi visivi quando in realtà essi si compongono anche di regole non visibili

(proporzioni), le quali ci permettono di definire “classico” un edificio che non presenta delle

decorazioni classiche. Tuttavia bisogna considerare diversi criteri per definire un edificio classico

(es. i portali della Cattedrale di Chartres potrebbero essere “classici” per la loro disposizione e le

loro proporzioni, ma nessuno oserebbe definirli in un modo diverso da “gotico”).

Gli ordini non si compongono solo delle colonne ma sono formati anche da basamento, trabeazione

e frontone, e sono proprio le differenze tra questi elementi che ci permettono di individuare e

classificare 5 diversi ordini: dorico, ionico, corinzio, tuscanico e composito.

Vitruvio teorizza i primi tre, descrivendoli nel dettaglio e portando

vari esempi e metafore, e cita il quarto quando parla dei templi

romani, dicendo che somiglia al dorico ma ne differisce per altri

aspetti; Leon Battista Alberti descrive il quinto ordine tramite

l’osservazione diretta delle rovine romane ma fu solo con Serlio che

l’ordine composito viene canonizzato nell’immaginario comune

grazie ad una incisione che pone i 5 ordini in sequenza per

spessore rispetto alla base (dal tuscanico al composito).

Fu la cultura rinascimentale che portò a vedere gli ordini classici

come l’incarnazione della saggezza degli antichi come se fossero

prodotti dalla natura.

Se si conoscono bene gli ordini è bello saperli distinguerle a colpo

d’occhio notando la reciproca influenza che hanno l’uno sull’altro,

(es. corinzio del tempio di Vespasiano o ionico dal tempio di

Saturno). Questi ordini non sono fissi e non sono un semplice

elemento da inserire nell’architettura quando l’architetto vuole

risparmiarsi la fatica di creare qualcosa di nuovo. Si potrebbe parlare di una molteplicità di ordini

derivata dalla modificazione dei canonici 5 (es. ordine “francese” di Philibert de L’Orme e Borromini)

Il dorico che conosciamo noi è l’evoluzione del suo antenato in legno. Tutti gli elementi decorativi

che a noi sembrano privi di una particolare funzione sono da ricondursi all’utilità che essi avevano

all’interno di una struttura lignea (es. mutule e gutte).

Vitruvio pose le basi per la rassomiglianza degli ordini con qualcosa (dorico come un possente

guerriero ecc.) e ciò portò alla descrizione degli ordini paragonati a figure simboliche. Tuttavia questi

costituiscono solamente una gamma di scelte operabili dall’architetto che vanno dal severo ed

economico tuscanico al raffinato e costoso composito. I cinque ordini dell’architettura sono i cinque

fondamentali della grammatica architettonica dell’antichità.

II. La grammatica dell’antichità

Gli ordini sono indissolubilmente legati ai templi, per i quali furono appunto inventati, ma in età

Romana questi iniziarono piano piano a perdere la loro finzione originaria, i romani li esibivano

ovunque e talvolta solo come pura decorazione senza nessuna funzione statica (ndr: es. vedi

appunti “Santuario di Hercules Victoria a Tivoli”, pag.36)

Le colonne, in particolare, nei secoli successivi assumono diverse sfumature di utilizzo a seconda

di quanto sporgono dal muro e a seconda della loro forma, generando nell’osservatore sensazioni e

ombreggiature diverse. La principale differenza tra colonna e pilastro è che il primo ha una sezione

tonda, mentre il secondo ha una sezione rettangolare o, in epoche successive, mistilinea.

I Romani progettarono tutte le strutture che non fossero templi sulla base del sistema ad archi e

volte, tuttavia non poterono fare a meno di utilizzare le colonne greche come elemento decorativo;

il Colosseo, ad esempio, ha una facciata strutturata ad arcate sovrapposti, le colonne sono

puramente estetiche ma sono anche utili a scandire le “campate” e a creare un effetto di profondità

che spezzasse la monotonia; in questo straordinario edificio si è appare l’attento studio del

proporzionamento delle colonne, se si modificassero anche solo di una decina di centimetri le misure

non tornerebbero più i conti delle proporzioni totali. Nell’arco di Costantino sono inserite tra i tre

fornici, quattro colonne corinzie che sorreggono la trabeazione dell’attico; anche da questa tipologia

derivano altre opere quali il tempio Malatestiano, che rielabora questo tema su tutte le pareti esterne,

e Sant’Andrea a Mantova, in cui l’una grande arcata viene inserita in facciata.

Nel rinascimento si riscopre questa “grammatica” architettonica classica e la si usa come massimo

modello da imitare.

Vitruvio suddivide gli ordini in base all’intercolumnio (ndr: vedi appunti pag.12), che costituisce il

“tempo” (ritmica) di una strutturala quale può suscitare sensazioni assai diverse, il diastilo di

Bramante (prima foto) è maestoso e sereno, mentre il picnostilo di Hawksmoor (seconda foto)

assomiglia ad una palizzata.

In una lettera ad un amico, Sir Edward Lutyens scriveva: “Ho l’audacia di usare l’ordine dorico,

corroso dal tempo, che trovo così bello. Non lo si può copiare. In realtà, impadronirsene e poi

realizzarlo… non lo si può copiare: ci si troverebbe presi in trappola e il risultato sarebbe un

pasticcio.”

III. La linguistica del XVI secolo

Gli ordini classici furono ripresi e rielaborati soprattutto nel corso del Rinascimento, in particolare

Bramante fu il maggior esponente di questo ritorno, tanto che Serlio lo definirà addirittura al pari

degli architetti classici.

Il Tempietto di San Pietro in Montorio ne è una prova in quanto cerca di risviluppare in chiave

moderna il Tempio di Vesta, sempre a Roma: l’architetto trasforma il corinzio in dorico, lo colloca

sopra tre gradini ed inserisce un plinto che conferisce alla struttura una nuova “spinta” verso l’alto

che ne esprime la sacralità; ad ogni colonna corrisponde un piastro dorico lungo la parte interna del

tempietto, la cella è più alta del colonnato ed è coperta da una cupola emisferica.

Christopher Wren, architetto inglese del XVII secolo, prenderà ispirazione dal Tempietto per la

cattedrale di St. Paul a Londra così come James Gibbs per la Radcliffe Library a Oxford.

Nella casa romana di Raffaello, Bramante, utilizza ancora una volta i modelli romani, adattandoli alla

vita del XVI secolo: la facciata del piano terra, che ospitava delle botteghe, è definito da una serie di

archi, mentre al piano superiore, dove si trova la vera e propria abitazione, utilizza delle coppie di

colonne doriche su piedistalli allineati alla balaustra delle finestre.

Un secondo esempio di un’ottima traduzione del classico nell’età contemporanea fu Andrea Palladio,

egli riprese le rovine antiche durante un suo viaggio a Roma, dove le studiò, le rilevò e le ridisegnò,

accorgendosi che Serlio, nel suo trattato, aveva omesso alcuni elementi importanti. Palladio

intraprese uno studio approfondito diventando il più colto architetto-“archeologo” della sua epoca;

ripropose i suoi studi in alcuni suoi edifici quali, ad esempio, la Chiesa del Redentore a Venezia (ndr:

vedi appunti pag.98) e Palazzo Chiericati a Vicenza. Alcuni suoi progetti furono poi inseriti anche nei

suoi e comparati agli edifici antichi come eredi moderni della cultura classica; tali

“Quattro Libri”

trattati hanno avuto ripercussioni su tutto il mondo dell’architettura, e soprattutto in Inghilterra dove

esercitarono una grande influenza.

Nelle opere di Giulio Romano, allievo di Raffaello, si nota una sorta di “slancio” verso la libertà

espressiva, iniziando un processo di “liberazione” dai canoni classici, per lasciare posto

all’interpretazione personale; prese ispirazione dalle rovine in quanto rovine, utilizzando irregolarità

ed esasperazione, questo aspetto è esemplificato dall’utilizzo del bugnato, una maniera di disporre

le pietre rustica e grossolana che inizialmente fu sinonimo di rozzezza ma successivamente divenne

simbolo di grande gusto e raffinatezza.

Ancor più radicale di Giulio Romano, fu Michelangelo che grazie alla sua formazione come scultore

seppe dare anche all’architettura una grande plasticità e movimento. Se Raffaello con l’edicola di

Palazzo Pandolfini a Firenze (prima foto) rappresenta la bellezza classica, Michelangelo con le sue

centine nella Sagrestia Nuova (seconda foto) in S. Lorenzo crea qualcosa di nuovo che lascia lo

spettatore colpito, eppure per un qualsiasi critico vitruviano questa creazione sarebbe apparsa piena

di errori assurdi e grossolani.

IV. La retorica del Barocco

Michelangelo ha apportato al “latino dell’architettura” delle modifiche quasi scultoree, introducendo

elementi originali come ad esempio i pilastri corinzi di ordine gigante del Palazzo del Campidoglio

che presentano due particolarità: la monumentalità e il fatto che occupino due piani di altezza, cosa

mai fatta dai romani.

In epoca manierista il Vignola riprende queste istanze i due edifici: la villa Farnese a Caprarola, in

cui modella una trabeazione del tutto diversa da quella di Serlio ma comunque in armonia con le

altre parti dell’edificio, e la Chiesa del Gesù a Roma, nella quale crea dei piani sfalsati che danno

una maggiore plasticità alla facciata. L’inglese Charles Robert Cockerell prende ispirazione dal

manieriamo italiano, e come lui, moltissimi altri architetti inglesi che trovarono nel manierismo italiano

una risorsa a loro congegnale.

Questo metodo di trattare l’architettura come un oggetto scultoreo (tipicamente manierista) è

derivato da Michelangelo), tra gli esempi abbiamo il Palazzo della Prefettura a Lucca e il cortile

interno di Palazzo Marino a Milano.

È impossibile talvolta classificare delle opere o degli artisti come “Rinascimentali”, “Manieristi” o

“Barocchi” ed un esempio è costituito dal Colonnato del Bernini, seppur Bernini fosse uno scultore

e architetto prevalentemente Barocco, questa sua opera no

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Ingegneria civile e Architettura ICAR/18 Storia dell'architettura

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