vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
tratta però di un’architettura “neoantica” più che “antichizzante” poiché Bramante si sforza a
progettare un edificio del tutto nuovo, creando riferimenti a modelli classici e antiquariali.
L’affresco del Perino offre ulteriori suggestioni circa i meccanismi nascosti dietro questa strategia
dell’apparenza, collocata nel quadro più ampio della politica delle immagini messa in atto dal papato
sotto Giulio II, in cui la dialettica antico-moderno ebbe un ruolo fondamentale, di paragone tra due
culture temporalmente lontane e assai diverse ma che si vogliono accomunare per grandezza e
prosperità; l’immagine che ne risulta è quella di piena legittimazione del potere papale come vero
erede dell’Impero Romano, d’altronde non è casuale nemmeno la scelta del nome: Giulio II, che
rimanda immediatamente al grande condottiero romano Giulio Cesare.
Tale affresco può essere utilizzato come esempio di anacronismo, in cui due eventi inscrivibili in
tempi diversi (la naumachia che presumibilmente si svolgeva in quello stesso luogo all’epoca di
Nerone e la presenza del Papa contemporaneo con alcuni cardinali che assistono alla scena) sono
sovrapposti mutando la linearità del tempo e conferendogli una forma ciclica e, dunque, reversibile;
la rovina assume quindi il ruolo di simbolo e collegamento tra la perduta grandezza del passato e la
grandezza che riserva il futuro.
II. “ut ad verterum illa admiranda aedificia accedere videatur”
Esistono almeno altre due rappresentazioni del Cortile del
Belvedere come rovina antica: (1515 ca) di
“Cortile del Belvedere”
Bernardo della Volpaia, in cui l’alzato del cortile inferiore viene
rappresentato con gli stessi metodi con cui si rilevavano gli edifici
antichi, e una “Adorazione dei Pastori” (1569) di Philipp Galle
ambientata all’interno della scala a chiocciola con la cupola
collassata e insidiata dalla folta vegetazione.
A questi riconoscimenti redatti quando il Belvedere era ancora in
costruzione, seguono quelli di fine secolo nei quali l’opera viene
esaltata come massimo
esempio dello stile neo-
antico.
I trattatisti dell’epoca
intrapresero anche una
ricerca di tutti i modelli
presi come riferimento da Bramante nella progettazione
della struttura, ma anche di tutti i tratti “originali” che
l’architetto inventa.
La volontà di emulare i grandi monumenti della Roma
imperiale al fine di esprimere le ambizioni di grandezza
del papato appare peraltro un dato intrinseco
dell’impresa Bramantesca, già bene visibile nel primitivo progetto che appare in alcune monete
dell’epoca (allo stesso tempo l’utilizzo della moneta richiama in qualche modo la numismatica
romana).
Il Cortile del Belvedere, come moltissimi altri edifici Rinascimentali si attiene alla filosofia dell’imitatio,
ma a differenza di questi ne costituisce il massimo esempio in quanto rappresenta un raffinato
processo di unione e ibridazione di diversi modelli tipologici e citazioni, uniti ai diversi problemi
derivati dall’enorme scala dimensionale, dalla morfologia del terreno e dalle numerose richieste
imposte dalla committenza, la quale richiedeva un corridoio monumentale che collegasse la
residenza papale alla Villa di Belvedere, integrato con giardini e fontane; a questo si aggiungono
tutte le suggestioni della trattatistica e dell’arte che contribuiscono all’”archeologizzazione”
dell’opera.
I problemi relativi al terreno in pendenza vengono affrontati utilizzando il modello del Santuario di
Palestrina, organizzato secondo una sequenza di terrazze assiali collegate tramite rampe di scale;
mentre il problema del collegamento, dovuto soprattutto alla distanza tra Villa e residenza è risolto
prendendo come esempio i circhi, grandi edifici monumentali di forma allungata che erano il simbolo
dello spettacolo (andando a richiamare la richiesta del Papa di un edificio che svolgesse anche il
ruolo di luogo di spettacolo) oltre che essere utilizzati come veri e propri giardini in età imperiali (vedi
Ippodromo di Domiziano).
Il rapporto proporzionale 1:3 è invece preso dal dimensionamento del Circo Massimo, posto ai piedi
della Domus Augustana, proprio come il Belvedere è ai piedi dei Palazzi Vaticani. L’architettura
svolge, così, il ruolo di restituire all’età presente un’immagine veridica del circo antico; la ragione è
da ricercare nella volontà dei contemporanei di non far sprofondare l’antichità nell’oblio e mantenere
vivo quell’ideale di continuità e ciclicità del tempo.
III. Geometrie del vedere, geometrie del potere
Oltre alle raffinate citazioni classiche il Cortile del Belvedere rivela un tratto di modernità, che rimarca
lo scarto del progresso tra l’età classica e quella contemporanea, dimostrando come quest’ultima
sia riuscita a superare lo splendore della Roma imperiale pur partendo dagli stessi modelli.
L’elemento di innovazione, cui concordemente gli storici fanno riferimento, consiste nella costruzione
di una prospettiva che raccorda tutti i terrazzamenti conferendo all’intera struttura un movimento e
una dinamicità del tutto assente nel modello di Palestrina. Tramite la prospettiva si accentua l’asse
longitudinale allungando virtualmente lo spazio senza però esasperarlo, a questo contribuiscono i
numerosi appoggi visuali posti lungo l’asse centrale che collega il punto di fuga (l’esedra della pigna
nell’ultimo terrazzamento) al punto di vista (costituito dal una finestra della “Stanza dell’Incendio di
Borgo”): la vasca proveniente dalle terme di Tito nel cortile inferiore, la scalinata centrale che
conduce al secondo terrazzamento, il ninfeo (punto di fuga intermedio) la vasca del terzo terrazzo e
l’esedra terminale introdotta dalla scala concavo-convessa. Allo stesso modo le pareti perimetrali
scandiscono tramite campate la visione dell’osservatore, bloccando la vista laterale e, ancora una
volta, accentuando l’asse prospettico.
Tuttavia tutti gli accorgimenti attuati da Bramante vanno a valorizzare unicamente la vista da quel
determinato punto di vista (quindi privilegiando il Papa sopra a tutti gli altri) diventando non
completamente percepibili dall’osservatore comune. Questi accorgimenti sono costituiti dai due
elementi concavi, nonché punti di fuga, e dalle due torri che nascondono le scale tra il primo e il
secondo terrazzamento e la variazione del numero di ordini tra i due piani (tre nel cortile inferiore,
poi due e poi il singolo terrazzo nell’ultimo), oltre alle pareti retrostanti che quindi possono rimanere
libere.
Il Belvedere assume, quindi, il ruolo di simboleggiare la città ideale ma anche la Storia, tramite le
numerose citazioni antiquariali, e la Natura, presente nei due terrazzamenti più alti e che simboleggia
l’armonia divina.
Infine, appare evidente il significato politico dell’opera a partire dalla forte gerarchizzazione, tra cui
il punto di vista privilegiato e l’allusione di un potere assoluto che discenda dall’alto verso il basso in
maniera compatta; questa visione porterà Angelo Colocci (intellettuale fortemente legato alla curia)
a ipotizzare un collegamento anche metafisico, derivato dallo studio dei rapporti armonici in maniera
neoplatonica.
L’approfondita di ricerca di precisione nell’orditura prospettica risulta comune a tutte le opere del
Rinascimento ma in questo caso si prefissa anche un punto di vista privilegiato che, idealmente,
crea una gerarchia anche sociale.
Un’altra delle grandi opere di cui il potere pontificio si avvalse per comunicare la propria immagine
è la “Disputa del Sacramento” (1509) di Raffaello (Stanze Vaticane) in cui per rappresentare la scena
si utilizza una disposizione spaziale a semicerchio, già consolidata come metodo di
rappresentazione prediletto per le assemblee conciliari. Il centro dell’affresco, nonché punto di fuga,
è costituito dall’ostensorio sopra all’altare, su cui campeggia la scritta “IULIUS II PONT. MAX” (Giulio
II pontefice massimo) e che allude metaforicamente la legittimata centralità del Papa in persona,
posto al centro di una complessa “geometria del potere” che tende ad un forte accentramento in cui
Roma appare come unica Capitale e centro di potere, simboleggiato dai Palazzi Vaticani, il Palazzo
dei Tribunali e Castel Sant’Angelo.
IV. Un’architettura in maschera?
L’”invenzion nuova” di Bramante esprime con emblematica chiarezza questa politica di
accentramento del potere, “mascherandosi” da architettura antica e allo stesso tempo celando
questa ideologia dietro le insegne dell’Impero universale.
Nel Cortile del Belvedere, in rapporto alla sostanza prospettica del progetto, si instaura un sistema
retorico di secondo livello, che agisce sui registri della qualità estetica e della forza evocativa di
immagini antichizzanti, al fine di comunicare con maggior efficacia il progetto giuliano. Il carattere
elettivamente temporale e l’essenza autocratica che qualifica quest’ultimo non viene, a questo livello
esibita solo mediante l’utilizzo della centralità, ma anche attraverso un tessuto di riferimenti tipologici
e lessicali che rimandano immediatamente ai modelli architettonici imperiali romani.
Questo processo di anacronismo si può ancora una volta riscontrare nelle Stanze Vaticane dipinte
da Raffaello in cui scene tratte dall’antico testamento si mischiano a personaggi contemporanei (vedi
“la scuola di Atene”) in abiti rinascimentali.
Di fruizione pubblica fu, invece, il corteo dei carri nel Carnevale del 1513, indetto dal Papa per
festeggiare la vittoria sulla Francia; in una cronaca anonima vengono descritte le maschere scelte
tra una vasta gamma di miti classici e gli abiti di condottieri romani che celebrano il proprio trionfo al
ritorno dalla guerra; nel popolo tale grandezza suscita unicamente l’emozione dello spettacolo ma
ai più acculturati appare la profonda sproporzione tra la grandezza dell’Antico e le effimere ambizioni
del Moderno. Il gioco delle maschere, teso sul filo delle analogie, rivela uno strato essenziale
dell’essere; all’interno di questo quadro, i modi di produzione di senso assunti dalla strategia delle
immagini elaborate dal potere politico agiranno secondo logiche ben diverse da quelle che il
“disincanto del mondo” le costringerà a seguire. Il ritratto allegorico, in cui un contemporaneo viene
rappresentato nei panni di un eroe, trascende i limiti della mera analogia propagandistica andando
a svelare quel dato oggettivo nel reticolo delle corrispondenze che regge l’universo.
RIASSUNTO DEL RIASSUNTO:
Il c