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Lo scontro tra magistratura ed esecutivo nel mondo televisivo

Uno scontro più aspro avverrà in ambito televisivo, dove negli anni ottanta si sviluppò un lungo conflitto fra magistratura e l'esecutivo: da una parte alcuni pretori intervennero più e più volte ordinando la cessazione delle trasmissioni di quelle emittenti come la Fininvest che trasmettevano in cassette gli stessi programmi in regioni diverse violando così il divieto di interconnessione, dall'altra il governo di Craxi autorizzava l'interconnessione, in una proposta che regolamentò il sistema televisivo sino al 1990.

Tornando alla radio, le decisioni della Corte costituzionale portarono a un vero e proprio boom dell'emittenza privata (si contano 4204 radio private nel 1984). Questo fenomeno può essere visto e valutato con toni diversi: da una parte c'è una lettura romantica, di canto epico della radio "libera", che vede le emittenti radiofoniche come spazio di partecipazione politica e civile, di rappresentazione dei giovani.

c'è poi un'altra lettura, critica, preoccupata, che sottolinea l'irrazionale proliferazione, il "Far West", l'improvvisazione che sfocia nel dilettantismo. Da un punto di vista comunicativo il settore delle radio libere si può suddividere in tre parti: una prima costituita dal gruppo delle emittenti impegnate nella vita politico-sociale, come Radio Radicale a Roma, una seconda in cui si collocavano le radio "commerciali", dedite all'intrattenimento che coincideva quasi sempre con una proposta musicale e con la presenza di dj che marcavano l'identità dell'emittente. L'ultima parte era infine quella "locale", delle radio che si rivolgevano a una comunità ben definita, colmando le esigenze di informazione e proponendo un intrattenimento legato alla tradizione regionale, con una pubblicità che valorizzava le piccole realtà dell'economia locale. Gli anni ottanta videro l'affermarsi di nuove.

logiche: si esaurì la spinta creativa che aveva portato alla moltiplicazione delle esperienze di comunicazione radiofonica e, in assenza di un quadro legislativo chiaro, alcune realtà, nate nella dimensione locale ma ormai strutturate a livello organizzativo ed economico cominciarono a trasmettere su un territorio più ampio, al di fuori della regione di appartenenza, e infine, per ovviare ai limiti territoriali previsti dalla legislazione, a coinvolgere altri soggetti presenti in altre zone del paese, utilizzando le loro frequenze per ripetere il segnale, lasciando loro la possibilità di inserire pubblicità. A prendere l'iniziativa furono Rete 105, Radio Dimensione Suono e Radio Deejay. Anche in Italia dunque, prendeva corpo quel sistema dei network che mezzo secolo prima era stato alla base del grande sviluppo della radiofonia americana. Questo processo di concentrazione si è successivamente rinforzato dopo l'entrata in vigore della legge Mammì, che nel 1990

si intende non solo la lingua parlata, ma anche il modo in cui viene trasmessa l'informazione, la scelta dei contenuti e la forma di presentazione. In quegli anni, infatti, si assistette a una vera e propria rivoluzione linguistica nella radio italiana. Le emittenti private, in particolare, introdussero un linguaggio più informale e diretto, rivolgendosi al pubblico in modo più familiare e coinvolgente. Si iniziarono a utilizzare espressioni colloquiali, giochi di parole, ironia e sarcasmo. Questo nuovo approccio linguistico contribuì a creare un rapporto più intimo e diretto tra le emittenti e il pubblico, rompendo la distanza istituzionale che caratterizzava la radio fino ad allora. Parallelamente, si assistette anche a una diversificazione dei contenuti. Le emittenti private si specializzarono in determinati generi musicali o tematiche specifiche, creando così una proposta radiofonica più variegata e personalizzata. Questa scelta tematica si rifletteva anche nella scelta dei brani musicali trasmessi, che diventarono sempre più legati a un determinato genere o stile. In conclusione, la radio italiana degli anni sessanta rappresentò una svolta importante nella storia dei media. L'introduzione delle emittenti private e il cambiamento del linguaggio e dei contenuti contribuirono a rendere la radio più accessibile e vicina al pubblico. Questo modello misto pubblico-privato, con la presenza di emittenti private con una linea editoriale specifica, si diffuse anche in altri paesi europei, confermando l'importanza e l'influenza di questa trasformazione.ci si riferisce moltospesso soltanto alla scelta delle parole, ma il linguaggio radiofonico riguarda una struttura molto piùcomplessa, un insieme di scelte relative all'atteggiamento dell'emittente e il suo modo di porsi neiconfronti dell'interlocutore. Si arriva così, e in Italia fu molto importante anche il lavoro di Carlo Emilio Gadda nella RAI, allapresenza di una lingua sconnessa, densa di espressioni gergali, compiaciuta degli accenti regionali. E questo cambiamento è solo la conseguenza più evidente di una trasformazione molto piùprofonda, di de-istituzionalizzazione che porta le radio a proporsi non più come istituzioni separatedai loro destinatari, ma come realtà che li inglobano. Abbiamo detto che nel genere della divulgazione culturale, molto importante nella radio classica, ilformat più diffuso era quello della "conversazione" di un esperto, che teneva una lezione su un temaspecifico. In realtà, se per conversazione intendiamoil significato più diffuso della parola, l'atto del conversare, sinonimo di "chiacchierata" e di "dialogo", allora nulla di questo formato appartiene davvero alle "conversazioni", poiché non c'è alcun elemento di dialogo, nulla di colloquiale all'interno di una "conversazione" simile. E, al contrario, la parola "conversazione si addice perfettamente all'atteggiamento comunicativo della radiofonia di questi anni sessanta. La nuova radio si affermò infatti proprio attraverso un nuovo rapporto aperto con il pubblico. Un rapporto di integrazione, di collaborazione, che prevede la presenza del destinatario. Semplificando si potrebbe dire che il passaggio dalla classicità alla modernità della radio si basa sulla scelta dei pronomi: il "tu" familiare e amichevole con cui ci si rivolge agli ascoltatori prende il posto del "lei" o del "voi" tanto amato dal regime fascista.ancora più significativa è la parabola del "noi": sulla bocca dei protagonisti della radio classica aveva una connotazione esclusiva, designava l'emittente e il gruppo di persone che operavano al suo interno e lo separava dal resto del mondo. E assume un valore fortemente inclusivo, coinvolge in un'appartenenza alla stessa comunità gli ascoltatori nella nuova fase. In questo cambiamento è possibile scorgere un segno di democrazia, l'abbattimento delle barriere monodirezionali tipiche delle comunicazioni di massa. Le origini di questo fenomeno di inclusioni sono da ricercare in una pratica apparentemente banale, un po' frivola. Si tratta delle cosiddette "dediche", inaugurate in Europa da quelle radio che sfidarono negli anni sessanta l'egemonia dei servizi pubblici con il loro piglio giovanile e anticonformista (Radio Monte Carlo). La dedica era una soluzione molto semplice, la messa in onda di un brano musicale proposto da un

ascoltatore e indirizzato, “dedicato”, a un preciso destinatario, talvolta accompagnato da un messaggio di auguri letto dal dj. Nulla dunque di particolare impegnativo, ma nel clima formale di ufficialità, di istituzionalità che caratterizzava la comunicazione radiofonica nell’Europa di quegli anni, il solo fatto di pronunciare il nome di un ascoltatore, di lasciare spazio a un suo capriccio, aveva una portata rivoluzionaria sul piano del linguaggio. E fu così che le trasmissioni costruite attorno alla piccola banale novità della dedica incontrarono un grande successo.

Su questa stessa strada di apertura verso il pubblico, oltre alle dediche si inserirono altri formati: quiz con premi riservati agli ascoltatori, giochi che invertivano i ruoli tradizionali in cui era il presentatore a rispondere alle domande degli ascoltatori. Fu questa linea di produzione, in virtù del suo bassissimo costo e del successo assicurato, ad essere seguita seguita dalle radio libere degli anni settanta.

ma prima ancora a manifestarsi in questa tendenza innovativa è proprio un programma RAI, quel servizio pubblico che paradossalmente per molti aspetti rappresentava un luogo di conservazione del modo tradizionale di fare radio. Il programma in questione è Chiamate Roma3131, tra i più longevi e popolari di tutta la storia della radio italiana, e che nacque nel '69 all'interno di un clima in RAI che cercava di cogliere i grandi mutamenti sociali e culturali di quelle stagioni, proprio in vista di un rinnovamento. Il 3131 raccolse una spinta che veniva da tutta la società italiana, quella di partecipazione intensa e attiva dei cittadini alla vita pubblica. E per aprire a questa esigenza si utilizzò un mezzo di comunicazione che in quel periodo stava diventando sempre di più alla portata di tutti gli italiani, il telefono. I conduttori che si susseguirono nel tempo del 3131, se con stili e modi diversi, si preoccuparono tutti di dar voce alle domande, alle opinioni e alletestimonianze degli ascoltatori, trasformati in protagonisti. Oltre al tanto apprezzamento che il programma riscosse, vi furono anche numerose critiche che si svilupparono contro quest'ultimo: con toni preoccupati si giudicava l'influenza che il programma e le esperienze a cui dava risalto potevano avere sulla pubblica opinione, e con ironia e sarcasmo si prendevano di mira i toni fin troppo sdolcinati e quasi "finti" dei conduttori. Può dunque sembrare un paradosso ma fu proprio il linguaggio di Chiamate Roma 3131 che le emittenti private presero a modello: è quindi da un'esperienza nata e sviluppata all'interno della RAI, nel cuore del sistema monopolistico che le radio private cercavano di abbattere, che si sviluppò il nuovo linguaggio della radio privata, fatto di una banale chiacchiera, spesso anche condita di luoghi comuni, usata per parlare, come si usa dire, del più e del meno. In questi anni sessanta si nascondono poi altre vicende.

interessanti da esaminare: una riguarda un programma molto noto e amato, il mitico Alto gradimento. All’origine del programma c’è la questione della musica: nonostante la presenza di alcuni programmi come Per voi giovani e HitParade, la nuova musica, quella che appassionava i giovani, era presente nella radio italiana in misura molto ridotta. Alto gradimento partiva proprio da qui, dalla passione dei suoi conduttori (Renzo Arbore e Gianni Boncompagni) per questa “nuova” musica. E andava poi oltre, mettendo in rilievo i personaggi centrali di questa nuova programmazione, i dj, a cui spettavano non solo la scelta dei brani, ma anche la possibilità di commentare, di approfondire con informazioni e riflessioni i brani musicali. Il dj diventava una figura strampalata, ironica, il cui linguaggio si basava sull’improvvisazione e su un ritmo veloce e incalzante. Anche Alto gradimento divenne un celebre modello a cui le radio private guardarono.

sto obiettivi di qualità e soddisfazione dei cittadini. Chiamate Roma 3131 è un esempio di come la RAI abbia saputo adattarsi alle esigenze del pubblico, offrendo un servizio di informazione e assistenza rapido ed efficiente. Il gradimento da parte dei cittadini è un segnale positivo che conferma l'importanza di investire nella modernizzazione e nell'innovazione del servizio pubblico. La RAI ha dimostrato di essere in grado di evolversi e di rispondere alle esigenze dei cittadini, garantendo un servizio di qualità e all'avanguardia.
Dettagli
Publisher
A.A. 2022-2023
20 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/06 Cinema, fotografia e televisione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher acr.f di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia della radio e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Natale Anna.