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Punto di partenza della sequenza definitoria di giustizia è il concetto di “fare le cose proprie”; riprendendo quanto
anticipato nel II libro, il modello di divisione sociale del lavoro in base al ceto di appartenenza diventa un’immagine
in ordine al problema della giustizia: la giustizia diviene un bene universale laddove il potere costituisce una
forma di servizio collettivo e non personale. Questo è possibile solo dove c’è al comando chi, per doti naturali e
culturali, è in grado di garantirlo. È evidente quindi un collegamento diretto tra giustizia e felicità completamente
indipendente dalle divinità immaginando un parallelismo tra giustizia e salute: la giustizia è per l’anima e per la
società ciò che la salute è per il corpo.
Questa metafora spiega perfettamente una delle tesi principali di Platone: la felicità deve riguardare tutti i
componenti della società perché la priorità della felicità collettiva ha la sua ragione nella natura stessa della
giustizia.
La questione della giustizia
Il dialogo si apre con una discussione riguardo le forme di vita pubblica nella nuova polis:
Condizione del gruppo di governo
Struttura economica (funzionale al prerequisito di Unità)
Condotta di fronte alle problematiche della guerra
Grazie a questa rifondazione la nuova polis può contare su quattro qualità principali:
1. Sapienza
2. Coraggio
3. Moderazione
4. Giustizia
Trattandosi di una società tripartita, ognuna di queste parti deve attingere da una qualità specifica, la giustizia
invece riguarda la totalità della polis: la religione perde completamente importanza dato che non riguarda
nessuna delle tre parti.
Questo processo di assegnazione è introdotto da Platone partendo da un paragone matematico fallace e poco
adattabile (dovendo scoprire 4 oggetti, se 3 sono noti il quarto è deducibile) perché la giustizia non può essere
considerata affiancabile alle altre tre qualità dato che presume la determinazione sequenziale delle altre e
costituisce la gerarchia di ciò che diventerà dimensione interna della città buona. La giustizia è quindi la sola virtù
prevista nella nuova città.
A questa disposizione gerarchica delle qualità corrisponde quindi una precisa assegnazione:
Sapienza → Archontes
Coraggio → Phylakes
Moderazione → Ceto produttivo in comune con le altri due classi
La tripartizione della Polis
Questa divisione diventa quindi condizione necessaria per un modello di società capace di garantire un livello di
giustizia comune perché generata secondo natura dato che, per Platone, la natura ha un carattere fortemente
normativo. Già nella società esistente è possibile trovare dei caratteri naturali impliciti (gli usi propri delle diverse
generazioni che compongono la popolazione) ed espliciti (differenze morali e sociali). 11
Anche i termini lessicali utilizzati da Platone sottolineano l’esistenza di una forte impronta naturale e normativa:
si parte da un tecnico Meros (Parte) ma è frequente trovare anche Ethnos (Razza) e soprattutto Genos (Stirpe).
In questa nuova classificazione non si può parlare di Casta perché i tre gruppi non sono né chiusi né esclusivi,
potrebbe nascere infatti tra i produttori un soggetto con le caratteristiche morali adatte ad un governatore, né si
può parlare di Classi in senso moderno perché la divisione non dipende dalla capacità produttiva ma dall’attitudine
politica. La divisione funzionale parte da una selezione nel popolo tra chi ha attitudini militari (Phylakes) e un ceto
adatto alla produzione e al commercio: Popolo Ceto
Phylakes produttivo
Archontes Epikouroi
In seguito, tramite apposite selezioni, il gruppo dei Phylakes viene ulteriormente diviso in Archontes, restrittissima
cerchia di persone addette a funzioni di governo, ed Epikouroi, restante parte addetta a funzioni militari. Il Ceto
produttivo sarà quindi difeso e governato dai primi due in cambio ed in cambio dovrà provvedere a qualsiasi loro
bisogno, lasciandoli così liberi da qualsiasi incombenza che non sia la loro mansione.
Le tre qualità che assieme formano la giustizia sono così distribuite equamente fra le tre classi sociali.
Agli Archontes spetta la “sapienza di governo” che consiste nella capacità di prendere decisioni giuste a vantaggio
di tutta la collettività; questo implica però una condizione negativa, la rinuncia a qualsiasi forma di proprietà
privata perché questa potrebbe portare a decisioni per il proprio tornaconto a discapito della collettività. Questo
gruppo deve distinguersi per doti morali ed intellettuali estremamente rare ed elevate, il che spiega l’esiguità
numerica del nucleo.
Agli Epikouroi spetta il primato del coraggio, che non consiste nella sola capacità militare ma rappresenta anche
l’assoluta fedeltà ai principi morali stabiliti dalla legge.
La “moderazione”, terza qualità, è distribuita in modo omogeneo tra le tre classi e rappresenta la capacità di tenere
sotto controllo il proprio comportamento. Il ceto produttivo non possiede nessuna caratteristica propria perché
proviene dallo scarto delle prime due quindi si notifica per l’aspetto “negativo” della moderazione, necessario per
bilanciare i lati positivi dei primi due che altrimenti porterebbero ad una società eccessivamente eversiva.
Questa struttura garantirebbe l’immediata presenza della giustizia che riguarderebbe tutti i membri della società,
quindi anche la felicità sarebbe un valore collettivo garantito; però questa stessa struttura sarebbe inevitabilmente
12
foriera di alcuni paradossi, il cui primo viene evidenziato immediatamente da Williams: le qualità della città
dipendono interamente dalle qualità dei singoli cittadini, ma il terzo e più numeroso ceto non ha la possibilità di
accedere direttamente alla giustizia perché non possiede 2 delle 3 qualità necessarie , quindi la condizione di Città
Giusta in questo caso dipende interamente da quanto sia giusta la sua classe dominante, rappresentata da una
netta minoranza di tutta la popolazione. Non viene mai spiegato, inoltre, in che modo Platone abbia pensato di
convincere il terzo ceto a sottomettersi al dominio dei “giusti”, il che lascia presuppore che non escludesse a priori
la possibilità di ricorrere a violenza e coercizione esercitata dai Phylakes a questo punto necessari più per sicurezza
interna che esterna. La coercizione non è però l’unica strada platonica, anzi l’autore fa affidamento molto di più
sull’educazione: all’aumentare del livello educativo della popolazione è quindi possibile allentare la stretta dei
Phylakes.
La tripartizione dall’anima
Così come le condizioni di giustizia all’interno della società dipendono dalla scissione in tre parti delle persone che
la compongono, allo stesso modo la condizione di giustizia individuale dipende dalla scissione in tre parti dell’io.
La principale differenza rispetto al corrispettivo societario sta nel fatto che questo resta un discorso ipotetico ed
utopico mentre la scissione dell’io è un fatto fisico che rappresenta la reale natura della psiche umana: la realtà
psichica è costituita da una contrapposizione tra un’istanza razionale ed una irrazionale, quest’ultima divisa a sua
volta in desideri sociali e desideri personali Anima Logistikon
Istanza irrazionale Istanza razionale
Epithymetikom Thymoeides
Desideri sociali Desideri personali
Questa teoria porta molte innovazioni nel pensiero antico: innanzitutto determina il superamento delle vecchie
teorie orfico – pitagoriche, ma soprattutto viene superata la vecchia opposizione anima / corpo in cui l’anima era
vista come qualcosa di divino ed immortale mentre il corpo materiale e corruttibile. Non esiste più una
determinata zona somatica in cui avviene la tripartizione dell’essenza, quindi il corpo non è più visto come una
zavorra cui l’anima è legata ma l’uomo stesso può finalmente essere elevato nella sua interezza grazie
all’educazione. 13
Altra enorme novità è il superamento della concezione socratica della natura intellettuale dell’errore morale:
ricondurre gli errori morali a semplice ignoranza comportava una visione eccessivamente semplificata della realtà,
assolutamente incapace di reggere la complessità di un discorso che invece prevede la politicizzazione dell’anima
e, contestualmente, la psicologizzazione della politica.
La prima fondamentale scissione dell’anima divide l’IO in una dimensione razionale, detta Logistikon, ed una
irrazionale, detta Epithymetikom. La prima svolge la principale funzione censoria in modo strategico e calcolato,
pone quindi un freno a tutti gli impulsi irrazionali e si occupa inoltre di porre l’anima intera in uno stato di
benessere. L’Epithymetikom, al contrario, rappresenta tutti i desideri puri ed indipendenti dalla ragione dell’uomo,
ossia tutto ciò che la tradizione antica imputava al corpo; trovano qui spazio anche tutte le passioni. Questa sfera
è completamente indipendente dalla ragione, quindi l’intera attività dell’anima è costituita da una continua azione
censoria da parte della sfera razionale a discapito di quella irrazionale; l’apporto energetico necessario a sostenere
questo eterno conflitto è dato dalla terza parte in cui si scinde l’anima, il Thymoeides, vero e proprio nucleo
dell’affermazione del sé che, pur facendo evidentemente parte della sfera irrazionale, è da questa separata per
molteplici ragioni:
la nobiltà tradizionale della figura dell’uomo in cui quest’istanza è prevalente
la natura prevalentemente sociale di questa parte rispetto alla riservatezza dell’altra
Proprio perché rivolti all’affermazione del sé, i desideri timici possono essere definiti in un sistema di valori
indipendente cui la ragione può attingere per trovare energie nell’opposizione alla sfera irrazionale. La politica
dell’anima dunque consisterà nel far leva sulle qualità dell’orgoglio per farne alleate ed armi della ragione da cui
saranno costantemente controllate per evitare che possano prendere il sopravvento o, peggio, si mettano al
servizio dell’irrazionale.
Questo sistema conserva in sé diversi problemi interpretativi, primo dei quali il modo in cui queste tre parti vanno
concepite. Per pianare questa criticità è opportuno partire da ciò che esse possono o non po