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PER CUI RIESCE A RENDERE BELLE A TUTTE LE COSE CHE DI ESSA
PARTECIPA, e Socrate precisa che questo significa che non accetterà più
che gli si spieghi alla maniera dei naturalisti, che una cosa è bella perché
ha un bel colore, una bella forma ecc. ma una cosa è bella in quanto dispone,
in virtù della relazione dell’idea corrispondente, di una porzione di bellezza,
Pero Socrate non dice come avvenga questa relazione, si astiene. e dice io
non insisto su come avvenga tale relazione, che si tratti dell’idea di una
presenza del bello o di una comunanza del bello e delle cose belle. questo
punto rimane oscuro poi in realtà per molto tempo e solo negli ultimi suoi
dialoghi cercherà di mettere a tema e a fuoco tale aspetto, cioè se
ammettiamo realmente che al di là delle cose di questo mondo esistano su
un piano ontologico più elevato caratterizzato da immutabilità invariabilità e
così via , le ide trascendenti, allora si tratta di capire come avvenga la
relazione fra questi 2 piani , perché ammettere l’esistenza di queste
entitàmsuprememe che poi non avessero relazione con le cose sensibili non
servirebbe a nulla.
Perché l’individuo uomo si trova nel mondo sensibile e se non ha strumenti
che gli consenta di accedere alle idee e se nessuna delle cose di questo
modo avesse nessun modo per accedere alla relazione con le idee le idee
sarebbero prive di comunicazione con le forme di questo mondo.
Quindi s. non insiste sul modo esatto in cui avviane questa relazione ma
insiste sul fatto che tale relazione ce e tale relazione è quella che restituisce
la causa dei fenomeni naturali. quindi una cosa è bella solo in virtù dell’idea
del bello ed essa può essere detta causa delle cose belle.
perché non ci si può affidare alla causa materiali dei naturalisti perché
cadono in contraddizione.
(101a-101b) perché non ci si può affidare alle cause materiali dei naturalisti,
perché le causa materiali dei naturalisti per Socrate sono avvolte da
contraddizioni, poniamo Per esempio che uno è più alto di un altro per la
dimensione della testa, questo significa che il secondo è più basso dell’altro
sempre per la dimensione della testa .il paradosso che viene suscitato dice
Socrate è che:
1 la stessa causa cioè la testa, produce due effetti opposti, grandezza e
piccolezza, quindi la stessa causa nell’individuo più alto sarebbe causa di
maggiore altezza nell’individuo più basso di maggiore '''bassezza''. In oltre
accadrebbe che non colo una causa produrrebbe effetti tra loro opposti ma
anche che la testa che di per sé è piccola o più piccola rispetto a entrambi gli
individui, in uno di essi produrrebbe come effetto la grandezza.
la cosa traspare poi in seguito, qui ci troviamo di fronte a delle leggi , che
reggono la concezione socratica-platonica della casualità ,ossia che una
certa causa non può produrre effetti opposti a ciò che esse stessa è (il calore
può produrre solo il caldo cosi la bellezza solo il bello ) ma non è sufficiente
questa prima legge, che stabilisce l’omogeneità ,attraverso l’azione causale
della causa e dell’effetto ma ce ne è anche una 2 secondo la quale è
impossibile che la stessa causa produca effetti fra loro contrari ( una causa
per esempio il caldo non può produrre il caldo e il fredde ma solo il caldo
quindi una causa non può produrre cose opposte fra loro ) quindi questo
spiega perché , la testa se la assumessimo come causa di maggiore
grandezza o viceversa , degli individui si troverebbe in contraddizione con tali
leggi. Perché è una cosa piccola la testa e non può produrre grandezza e
perché è un'unica causa e non può produrre due effetti fra loro contrari.
Socrate ritiene più sicuro, e meno sottoposto al rischio della confutazione,
che la causa della bellezza sia il bello in sé. E la causa della grandezza sia
la grandezza in sé. Quindi per tutte le proprietà degli enti sensibili occorre
individuare un piano di enti separati che fungono da cause di quelle
proprietà.
Siamo qui in un punto di vista causale occorre introdurre le idee come
premessa causale per la spiegazione delle proprietà che caratterizzano le
cose sensibili. Non mi accontento di dire che le proprietà delle cose sensibili
si esauriscono in sé stesse, non mi accontento di dire che Alcibiade è bello
per il suo aspetto, l’unica causa inconfutabile è che la bellezza di Alcibiade
dipende dal bello in sé e che quindi Alcibiade è in qualche modo in relazione
con la bellezza in sé di cui ha una parte. Solo a questa condizioni io individuo
un ambito delle cause che sono inconfutabili.
Arrivati a questo punto si potrebbe obbiettare per buone ragioni che certo che
sono inconfutabili perché sono quasi tautologiche. cioè che io dica che la
causa della bellezza è il bello in sé è come dire che il bello è il bello. ma è
anche vero che se traspongo questa distinzione di piani nell’ambito della
concezione ontologica di Platone e vale a dire di quello che Platone pensa
del mondo sensibile soggetto al divenire allora a questo punto l’introduzione
di un ambito che invece è esente dal divenire e che si pone come un ambito
di causa delle proprietà degli enti soggetti al divenire appare a qualche titolo
giustificabile. È come dire percepisco con i sensi nel mondo sensibile la
ricorrenza di determinate proprietà che appartengono in forme e in modi
diversi alle cose sensibili che mi circondano ma siccome tutte le proprietà
delle cose di questo mondo sono soggette al divenire e quindi imperfette,
allora evidentemente queste proprietà sono copie di enti che esemplificano
perfettamente e eternamente quelle proprietà. È esattamente lo stesso
argomento, che abbiamo incontrato con l’uguale in sé. Cioè nel momento in
cui colgo, alcune proprietà delle cose sensibili poiché queste proprietà, per
come sono esemplificate nelle cose sensibili, sono imperfette, devo arguire
che la loro causa sia un ente che le esemplifica perfettamente, e che quindi è
responsabile di tutto ciò che nel mondo sensibile riproduce quell’effetto.
(101d-fino a 102 a) Abbiamo qui 2 sezioni di questo brano la prima ripete con
una questione diversa, la questione dei numeri, quanto è stato detto nella
parte precedente sulla bellezza e grandezza. nella 2 invece vengono
integrate rispetto al procedimento socratico della seconda
navigazione ulteriori considerazioni sul metodo. Restiamo sulla prima parte,
vediamo cosa vuol dire questa storia dei numeri:
Dire che il 10 è più dell’otto per il due è la stessa cosa di dire che Alcibiade è
più alto di Socrate per la testa perché allora dovremmo dire che Socrate è più
basso di Alcibiade per la testa e cosi nei numeri, dire che il 10 e più dell’otto
per il due dovremmo dire il 10 è meno dell’otto per il due e nuovamente
ricadremmo nel paradosso che la stessa causa il 2 produca effetti contrari.
quello che si vuole dire qui è che per quanto riguarda gli esempi numerici che
si parli dell’essere e divenire uno o dell’essere e divenire 2 o anche dei
numeri pari e dei dispari
la causa del fatto che una cera cosa sia o uno o due va sempre individuata
nella identificazione dell’idea corrispondente. È uno ciò che partecipa
dell’idea dell’uno. viene tagliato fuori in questa spiegazione causale tutto
l’ambito processuale,
non sono le divisioni o le somme che fanno sì che uno più uno fa due ma è la
partecipazione dell’idea dell’uno. questo da un punto di vista causale
ontologico, ci dice che
Il rapporto fra le idee e le cose sensibili non solo è inteso da s. in termini
causali, come abbiamo già detto, le idee sono cause delle cose sensibili e le
cose sensibili partecipano delle idee, ma che questa relazione di casualità
non è solo statica ma anche dinamica. Es. Io posso dire che ogni uomo
sensibile partecipa all’idea di uomo e è anche uomo, in quanto subisce
l’effetto dell’azione causale nell’idea di uomo, in questo caso sembra che
Sembra che ci si trovi di fronte a una concezione statica della
partecipazione, in che senso statistica, nel senso che io sono uomo e
conseguentemente partecipo dell’idea di uomo e nella mia vita questa
situazione è statica, Ma qui Socrate parla di un caso diverso perché, fra le
cose i processi tali per cui si acquisisce o si perde una certa proprietà sono
processi che si alternano e si succedono nel tempo continuamente. Quindi io
devo poter ammettere che una certa cosa da una diventa due, in che modo?
se io prendo una cosa e la taglio beh ecco fatto quindi se la causa di questo
divenire 2 non è il mio taglio ma è la partecipazione all’idea del 2 questo
significa che l’interazione fra le idee e le cose sensibili è un’interazione
dinamica cioè che muta allo scorrere del tempo.
altrimenti l’immagine che dovremmo costruirci del mondo sensibile sarebbe
statica. Cioè se io dicessi che tutti gli enti compresi nel mondo sensibili e il
mondo sensibile partecipano stabilmente delle idee questo vorrebbe dire che
il mondo sensibile sarebbe fermo. Se le relazioni di partecipazioni fossero
fisse non ci sarebbe mutamento e quindi l’azione causale delle idee si
eserciterebbe costantemente in modo stabile, io sono uomo e resto uomo
senza che muti la mia condizione di essere uomo. E ci sono enti sensibili per
i quali questa situazione statica si mantiene ma, Nella maggior parte di casi il
mondo sensibile è caratterizzato dal mutamento. Quindi devo supporre che
l’interazione causale, tra i due piani del reale idee e sensibili sia l’interazione
soggetta a trascorrere del tempo. Questo è un primo aspetto e s. dice un
oggetto da uno può divenire due se lo taglio per esempio o da due può
divenire uno se riesco a comporlo ebbene a causa di questo processo è il
venire a partecipare l’idea dell’uno o del due. Quindi c’è una concezione
dinamica.
Questo pone un problema: p. ci ha detto fin dall’inizio che l’ambito delle idee
è esente dal divenire e come è possibile che questo ambito di realtà
intervenga in un processo dinamico?
Secondo aspetto, diciamo valutazione di carattere storico, quella che s.
presenta in questo passo è