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INTRODUZIONE
Il dibattito sul rapporto tra modello accusatorio e strutture inquisitorie prosegue in Italia anche negli
ultimi decenni del 700.
La prospettiva in cui si si inserisce tale dibattito è quella di una sempre più urgente riforma del
processo penale che, a sua volta, si inquadra in una più generale rifondazione del sistema della giustizia
punitiva, ispirata ai criteri garantisti e alle linee di intervento individuate dalla speculazione di matrice
illuminista.
Queste linee di intervento si fondano su quattro principi fondamentali:
espresso dal brocardo “nullum crimen, nulla poena sine lege”, attribuito nella
- principio di legalità
sua formulazione finale al penalista tedesco Feuerbach, ma già presente nelle opere di Montesquieu e
Beccaria.
In base a tale principio, nessuna azione od omissione costituisce reato in assenza di una legge che la
definisca tale e nessuna pena può essere irrogata se non è prestabilita dalla legge. 16
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RIASSUNTI STORIA DEL PROCESSO
Direttamente collegata al principio di legalità è il principio di irretroattività della legge penale, secondo
cui la norme penale si applica solo alle azioni od omissioni successive alla sua entrata in vigore.
- l'intensità della pena deve essere commisurata alla gravità del reato,
principio di proporzionalità
secondo una precisa scala penale prefissata dalla legge.
sul
- piano sostanziale, comporta l'eliminazione di ogni pena violenta e
principio di umanità
contraria alla dignità umana; sul piano processuale, inibisce il ricorso a forme di coercizione violenta
ed incide sul ricorso al carcere preventivo e sulla definizione delle sue condizioni.
esige che l'amministrazione
- della giustizia penale sia efficiente e celere,
principio di razionalità
senza però sacrificare le garanzie dei singoli e i fondamentali principi di giustizia.
Ciò comporta, da un lato, la semplificazione delle strutture e lo snellimento dei riti e, dall' altro,
l'eliminazione degli arbitri e delle discrezionalità.
3.1. I NUOVI SIGNIFICATI DI UN' ANTICA DISPUTA.
Gli autori considerati appartengono alla generazione di giuristi che inizia ad operare intorno al 1770
sulla scia dell'atto fondativo del moderno diritto penale, costituito dalla pubblicazione in forma
anonima, a Livorno nel 1764, del trattatello “Dei di Cesare Beccaria.
delitti e delle pene”
I “postbeccariani” si fanno mediatori tra il sistema penale di Antico Regime e le razionali costruzioni
elaborate dal pensiero illuminista, segnalandosi per il rifiuto di posizioni estreme e per la volontà di
inserire la giustizia penale in un quadro strutturale nuovo, ma non completamente svincolato dagli
assetti in cui essa si è formata.
Le “Osservazioni di pubblicate nel 1766 a Milano,
Paolo Risi,
sulla giurisprudenza criminale”
costituiscono la prima manifestazione di questa fondamentale generazione postbeccariana, composta da
un gruppo di studiosi che, pur oscillando tra un attenuato astrattismo ideologico e una marcata adesione
ai moduli dell'assolutismo riformista, realizza il tentativo di rielaborare la tradizione criminalistica di
diritto comune alla luce della speculazione giusnaturalistica e dell'Illuminismo.
Verso la metà del XVIII secolo, la disputa relativa alla contrapposizione tra modello accusatorio e
modello inquisitorio abbandona i toni accademici e si anima di nuovi significati grazie all' affermarsi e
al diffondersi della fiducia illuministica nella possibilità di reali riforme.
Le opere di Montesquieu e di Beccaria contribuiscono ad indicare la centralità delle questioni penali e
diventano punto di riferimento irrinunciabile per tre rappresentanti della nuova leva di giuristi:
e
Luigi Cremani, Filippo Maria Renazzi Alberto De Simoni.
3.2. LA POSIZIONE DI LUIGI CREMANI.
Il 25 novembre 1775 novello professore di Istituzioni Criminali a Pavia, legge, alla
Luigi Cremani,
presenza delle autorità accademiche e degli studenti, una prolusione che viene data alle stampe nella
primavera seguente con il titolo “Orazione sulla varietà della giurisprudenza criminale presso le
diverse genti e sulle sue cause”.
La tesi fondamentale sviluppata nell' opuscolo è che le leggi penali variano al variare delle forme di
governo e che queste stesse leggi sono vicine alla perfezione quando derivano dalla medesima natura e
dai medesimi principi che ispirano la forma di governo cui si riferiscono. mentre
Tale tesi trova applicazione anche sul terreno della giustizia penale nella repubblica
democratica ogni cittadino può accusare chiunque, nella monarchia questa funzione deve spettare
soltanto a chi ne abbia l'obbligo o l' interesse: 17
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- nella forma repubblicana, ove assume rilevanza la comune volontà dei consociati, i cittadini sono
contemporaneamente sudditi e governanti tutti partecipano all' attività di governo, a tutti spetta
l'amministrazione della giustizia, tutti sono ugualmente interessati a combattere e reprimere la
criminalità nessuno deve essere distolto dall' accusa dei crimini, da cui prendono avvio i giudizi.
- nella forma monarchica, invece, un illimitato diritto di accusa porterebbe al sorgere e al moltiplicarsi
di calunnie e false imputazioni innescate da passioni o da odi privati.
3.3. LA LEZIONE DI MONTESQUIEU E DI BECCARIA.
La posizione espressa da Cremani non appare del tutto nuova.
Essa, infatti, corrisponde, in grandi linee, all' interpretazione data ad alcuni passi che Montesquieu
dedica nell' “Esprit (1748) al problema della forma del procedimento criminale.
des lois”
A tale interpretazione fa riferimento nei “Dei anche che, nella
Cesare Beccaria
delitti e delle pene”
discussione sulle accuse segrete, cita Montesquieu e la sua tesi per cui le pubbliche accuse sono più
conformi alla repubblica che alla monarchia, dal momento che in quest' ultima vi è un debolissimo
sentimento per la natura del governo e la tendenza a nominare commissari che accusino in nome
pubblico coloro che violano la legge.
Il frammento beccariano contiene una sintetica lettura di due capitoli dell' “Esprit (capitolo
de lois”
VIII del VI libro e capitolo XX del XII libro) in cui Montesquieu, con la tecnica descrittiva arricchita
da richiami alla storia greca e romana, nota come nella repubblica la forma ordinaria del processo
penale sia quella basata sulla libera accusa, circondata da una serie di garanzie volte a proteggere l'
singolo dalle calunnie Secondo il filosofo francese, nella Roma Repubblicana era
innocenza del
consentito ad ogni cittadino di accusare un altro e questo rispondeva perfettamente allo spirito di questa
pubblico il modello adottato in età
forma di governo, nella quale ognuno ha infinito zelo per il bene
repubblicana venne conservato con il passaggio all' Impero ma portò, in seguito alla crisi dei valori
repubblicani, al diffondersi del fenomeno delle delazioni, nate per compiacere il principe per ottenerne
Per ovviare a tale fenomeno, secondo Montesquieu, non si dovrebbe seguire il
onori e privilegi
sistema inquisitorio puro (caratterizzato dall' unione tra accusatore e giudice), ma l' esempio suggerito
da una lodevole legge vigente nella monarchia francese, che separa e tiene ben distinti gli organi ed i
compiti dell' accusa da quelli del giudizio:
in Francia, il sovrano nomina presso ogni tribunale un apposito magistrato incaricato di perseguire i
crimini; tale magistrato, diverso dal giudice, vanifica la funzione dei delatori, garantisce la tranquillità
dei cittadini ed è tenuto a palesare i nomi dei denunciati quando sia sospettato di abusare delle sue
funzioni la netta separazione tra magistrati incaricati di condurre l' accusa e magistrati incaricati di
decidere è il presupposto indispensabile per il corretto funzionamento della giustizia penale.
3.4. LA MATRICE IDEOLOGICA DELLE SCELTE DI CREMANI.
Ma torniamo a Cremani.
Nella sua “Oratio” del 1775, l'idea dello stretto legame tra forma di governo repubblicana e modello
accusatorio, nonché quella dell'inadeguatezza del modello accusatorio al sistema monarchico risultano
ispirate in larga misura alle pagine di Montesquieu e di Beccaria.
L' influsso del relativismo di Montesquieu, che caratterizza molte pagine dell'opuscolo, sembra però
arrestarsi di fronte alle tipologie delle forme di governo che nell' “Oratio” rimane pur sempre
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agganciata alla tripartizione aristotelica: secondo tale impostazione, le tre forme principali di governo
non si risolvono nella democrazia, nella monarchia e nel dispotismo, ma nella democrazia, nell'
aristocrazia e nella monarchia.
“forme pure” deriva, poi, un'infinita
Da queste tre possibilità di combinazioni intermedie che danno
vita a numerose “forme miste”.
Cremani concentra tutta la sua attenzione sui sistemi penali delle repubbliche democratiche e delle
monarchie, liquidando l'aristocrazia in pochi capoversi:
- quella repubblicana viene trattata, in modo scrupoloso, come forma di governo nobile e degna del
massimo rispetto, ma appare un'alternativa concretamente irrealizzabile perché fondata su equilibri
sociali e politici troppo instabili.
- la forma monarchica, nella specie dell'assolutismo riformista ed illuminato, si rivela come
soddisfacente realtà, in grado di perseguire la comune felicità anche in assenza della tensione ideale che
risulta, invece, indispensabile nella repubblica.
A parere di Cremani, se la monarchia illuminata si dimostra veicolo ideale per il conseguimento del
bene pubblico e se questo è il sistema in cui è possibile vivere felicemente, allora si può legittimamente
concludere che il modello accusatorio puro non ha ragione di essere attuato proprio perché espressione
di una forma di governo che, al momento, non appare praticabile.
3.5. PROCESSO PENALE E LIBERTA' CIVILE IN FILIPPO MARIA RENAZZI.
La precisa ed articolata opinione espressa da Cremani nella prolusione del 1775 costituisce il primo
punto di riferimento di un dibattito che, negli anni settanta-ottanta del 700, è destinato ad arricchirsi in
Italia grazie a nuove voci che confermano l'