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Questa autonomia non significa neutralità, ma che il diritto era influenzato da una pluralità di
forze sociali (costumi, economia, spiritualità), quindi si può dire che il diritto medievale era
più legato alla società civile che al potere politico.
Questa autonomia ha avuto delle conseguenze:
- Anche i ceti più umili (come i laboratores) potevano godere di tutele giuridiche, per
esempio nei contratti agrari, il concessionario era tutelato come possessor
- Il diritto quindi era un terreno di confluenza di diverse esigenze sociali, e non solo
uno strumento di potere
Quindi in sintesi, il diritto medievale, grazie alla sua relativa autonomia dal potere politico,
era in grado di riflettere le esigenze di una società complessa e pluralistica, a differenza
delle epoche successive in cui il diritto è stato maggiormente asservito al potere statale.
Pluralismo del diritto medievale
Nel Medioevo non esisteva un unico sistema giuridico, ma una pluralità di fonti e di tradizioni
legali, e questo pluralismo si manifesta nella coesistenza di diverse tradizioni giuridiche
(romana, germanica, canonica, consuetudinaria) all’interno dello stesso territorio.
Con il declino dell’Impero Romano, emerge un “diritto volgare”, cioè un insieme di norme e
pratiche giuridiche che si sviluppano al di fuori delle istituzioni ufficiali, e questo diritto
volgare rispondeva alle esigenze delle comunità locali, e rifletteva i cambiamenti sociali ed
economici dell’epoca.
E’ nata la caratteristica della “personalità del diritto”, che nel primo Medioevo, era legato
all’appartenenza etnica, e ciò significava che ogni persona era soggetta al diritto della
propria stirpe (romani e longobardi), anche se viveva nello stesso territorio di persone di
altre origini.
Le fonti nel medioevo erano molteplici: consuetudini, leggi dei Re, diritto canonico,
commerciale, diritto romano, …, e il potere politico riconosceva e rispettava questa pluralità
di fonti, dimostrando un atteggiamento di sostanziale indifferenza verso la produzione del
diritto. 3
Il giudice medievale aveva il compito di riconoscere e applicare le diverse tradizioni
giuridiche, tenendo conto dell’appartenenza etnica e sociale delle parti in causa.
I documenti giudiziari e notarili riflettevano questa complessità, menzionando e facendo
riferimento ai diversi diritti applicabili.
Questa è un’epoca di grande trasformazione giuridica, in cui il sistema unitario romano
lascia il posto ad un mosaico di tradizioni e fonti del diritto.
Questo pluralismo riflette la complessità della società medievale, caratterizzata da una
molteplicità di gruppi etnici, sociali ed economici.
E sua fattualità
La legge del principe si presenta come un canale minore per lo scorrimento dell’esperienza
giuridica medievale, ci sono molti altri canali.
Il diritto, senza più vincoli a condizionarlo, torna a nascere dai fatti e a costruirsi su di essi.
La sfera del giuridico e del fattuale tendono a fondersi, la dimensione della validità cede a
quindi dell’effettività.
Il fatto non diventa diritto perché lo vuole una forza politica, ma il fatto è già diritto per una
sua intrinseca forza: nel momento in cui ha dimostrato la propria effettività (capacità trovata
dentro di sé di incidere durevolmente sull’esperienza).
Il diritto non nasce dal fatto, ma il fatto ha una carica vitale così grande che si può proporre
come fatto autenticamente normativo.
Il fatto è un’entità della natura fisica e sociale.
Bisogna porsi al paesaggio storico di quel periodo, lo sfacelo politico, disordine sociale, crosi
demografica, susseguirsi di guerre ed epidemie…
In questo periodo, la natura delle cose fisiche e sociali, appare come l’unica certezza, l’unica
guida, quindi l’unica fonte di regole.
Fattualità del diritto vuol dire tentativo disperato di trovare saldezze al di là del
convenzionale e dell’artificiale.
Ci si china umilmente sulle cose.
Il medioevo giuridico nasce dal crollo di una civiltà, dal modo come si reagì a quel crollo.
Si assiste a l'affioramento di un nuovo modo di concepire e vivere il diritto, di una nuova
esperienza, di nuove figure fattuali che corrispondono alle richieste contingenti.
Dall’esterno potrebbe sembrare un regresso.
Sarà la stessa vita quotidiana (più che il principe) a pretendere il superamento del principio
di personalità, e saranno soprattutto consuetudini (più che atti normativi) a promuovere
tentativi di composizione, elaborando regole e soluzioni unitarie per una definita area
territoriale, creando gli embrioni dei futuri diritti territoriali. 4
E sua storicità
La storicità si riferisce alla stretta connessione tra il diritto e la società: il diritto medievale
rifletteva e si adattava alle forze sociali, economiche e culturali del suo tempo.
A differenza del diritto moderno, che tende ad essere codificato ed immutabile, il diritto
medievale era fluido e in continua evoluzione.
Aveva delle caratteristiche:
- A-statualità: non era imposto da uno stato centralizzato, ma emergeva dalla società
stessa
- Consuetudine: si basava principalmente sulle consuetudini, pratiche consolidate nel
tempo e nello spazio
- Plasticità: era flessibile e adattabile alle diverse situazioni e bisogni
- Influenza della pratica: il ruolo centrale del notaio, che adattava e creava nuovi
strumenti giuridici un base all esigenza corrette
- Legame con la vita quotidiana: i contratti e le altre forme giuridiche riflettevano le
attività economiche e sociali della popolazione
Diritto moderno Diritto medievale
- Generalità, astrattezza e rigidità - Particolarità, concretezza e
delle leggi flessibilità delle norme
- Centralità della legge scritta - Centralità della consuetudine e della
codificata pratica
- Ruolo predominante dello stato nella - Ruolo predominante della società
produzione del diritto nella produzione del diritto
In sintesi si sottolinea come il diritto medievale fosse un fenomeno profondamente radicato
nella società, plasmato dalle consuetudini e dalle esigenze concrete della vita quotidiana.
Questa storicità lo differenzia nettamente dal diritto moderno, che tende ad essere più
astratto e centralizzato.
L’eclisse della cultura giuridica. Naturalismo e primitivismo nella fondazione della
nuova esperienza
I secoli della fondazione medievale, dal V all’XI, furono di cultura non circolante.
La società civile non è percorsa da istanze e fermenti di indole culturale, la cultura che c’era,
era fatta da pochi e per pochi. 5
Dal punto di vista giuridico, c’era una carenza di uomini, di intenti e di scuole.
Crollata la vecchia struttura statuale, giuridica, il regime consuetudinario di questi secoli non
sembrava avvertire l’esigenza di una riflessione dottrinale di carattere scientifico.
Nella nuova officina medievale, il suo diritto, lo plasma e lo varia a seconda delle esigenze
dei luoghi e dei tempi.
C’erano scuole di diritto, ma non erano luoghi di affinata riflessione scientifica, ma
semplicemente scuole di formazione professionale, dove si impartiscono ad aspiranti giudici
e notai le nozioni giuridiche indispensabili per un migliore espletamento della propria
funzione, ma estranea ogni istanza di carattere autenticamente culturale.
Era quanto bastava per quel momento storico.
L'effettività è la regola vincente di questa esperienza giuridica in informazione dato che
l'effettività fa capo ai fatti.
Il modello c'è, ma non è prefabbricato in tutta la sua precisione da una comunità umana che
lo assume come valore, e' giacente invece, rare refatto, dentro il mondo dei fenomeni
chiamato anche il mondo dei fatti.
Naturalismo giuridico: e' un diritto incapace di distaccarsi dai fatti, realizzante una forma
elementare che su quei fatti si adagia, si modella, si fonda.
Quando parliamo di formalismo giuridico, facciamo riferimento a un sistema in cui istituti
trovano prevalentemente la propria ragion d'essere in un artificio umano dal quale soltanto
prendono il crisma della validità.
In questo clima naturalistico può ricevere una maggior duce di comprensione anche il
principio della cosiddetta personalità del diritto.
Il diritto appare come patrimonio proprio e specifico di un determinato ceppo etnico, perché
legato strettissimamente con i pretesi caratteri razziali differenziali di quel ceppo.
Il diritto è incomunicabile oltre il limite dei consanguinei.
Il clima naturalistico infine si complica in un vero e proprio primitivismo giuridico
Il primitivismo protomedievale
Il primitivo non è un selvaggio dell’età della pietra, ma un soggetto culturalmente
poverissimo che ha un singolare rapporto psicologico con la realtà esterna.
Il presupposto necessario è che egli subisca la natura, a tal punto da abdicare alla sua
individualità e a confondervisi e immedesimarvisi.
Il primitivo si identifica in un soggetto che non si limita a subire danni dell'esperienza ma che
è costituzionalmente incapace o relativamente capace di oggettivi, incapace di riflettere sulle
cose e di prendere le proprie distanze da esse.
La mentalità primitiva tende a fondersi con i fenomeni, A non porre confini fra coscienza e
fenomeno, a mescolare soggetti e oggetti in unica e unitaria realtà cosmica.
Quella deprimitivo è una coscienza non autonoma, impotente riflettere sulla realtà
circostante. 6
Quest'uomo è una presenza frequente nell'età protomedievale, che è dominata dal disordine
sociale.
Ci si trova in una società di scarsi abitatori su cui incombono paure, su cui incombe una
natura non più dominata è ormai strabocchevole nella prorompenza della vita vegetale.
Scarse sono le braccia umane, La crisi demografica già da tempo è iniziata, le incursioni e le
guerre, l'epidemia ininterrotte come la peste nera, le carestie frequentissime.
Altissima è la % delle terre non coltivate, c'è un generale decadimento dell'agricoltura, l'uso
di una tecnica economica assolutamente in idoneo affondata soprattutto su zappe e vanghe,
e per esempio la sostituzione del frumento concericerale minori.
Un altro problema che si presenta è la foresta : la foresta proto-medievale, estesissima
nell'europa centro-settentrionale ma anche nelle plaghe mediterranee, svolge un ruolo
importante: Infatti diventa ricetto ideale del banditismo, è origine di insicurezza e di disordine
socia