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I COMUNI
L’età comunale rappresenta una straordinaria affascinante epoca della storia della civiltà
europea. Le città di questo periodo costituiscono centri socio-economici, artistici, culturali e
laboratori di idee e pratiche politico-istituzionali. La città però non è soltanto un organico
complesso di edifici abitati da cittadini (urbs, urbanistica) ma è civitas, civiltà.
Ma ciò che forse rappresenta meglio quello che era la città per l’uomo medievale è
racchiuso nel principio giuridico dell’epoca secondo cui chiunque avesse potuto dimostrare
di aver vissuto un anno e un giorno nelle città, era dichiarato uomo libero. la vita nella città
garantiva la possibilità, promessa a chiunque, di acquisire la libertas.
La crescita demografica, l’acceso scambio mercantile e la nascita di un suo diritto (ius
mercatorum, per regolare gli scambi), l’invenzione delle università e la nascita di nuove
istituzioni nonché di un diritto cittadino raccolto negli statuta cittadini (ius prorium),
l’emergere di un nuovo ceto, quello dei giuristi di professione, e la nascita all’interno delle
città delle corporazioni di arti e mestieri segnano inevitabilmente l’età comunale.
l’età comunale si articola in tre fasi
● Prima metà del XII secolola fase del Comune consolare, così denominata per la
presenza al governo di consoli, nominati tra cittadini;
● All’inizio del XIII secolo la fase podestarile, quando nel governo succedono i
podestà, scelte al di fuori delle città per garantire maggiore imparzialità;
● Nella seconda metà del XIII secolo la fase signorile, quando il Comune si trasforma
in Signoria.
Il Comune si caratterizza fin dalla sua origine come un soggetto autonomo: un soggetto che
si dà una disciplina normativa da sé, talmente autonomo da porsi a fronte degli altri soggetti
politici. Ciò che caratterizza l’età comunale è il forte senso di appartenenza dei cittadini alla
civitas e il loro forte senso di indipendenza nei confronti dell’esterno.
Il forte senso di appartenenza (all’interno) nasce dal fatto che il Comune si fonda su una
associazione giurata, una coniuratio(giuramento comune) dei cittadini, i quali si giurano
sostegno reciproco e convivenza pacifica. Questo vuol dire rinuncia alla giustizia privata per
il mantenimento del bene comune. L’ideale della fidelitas, disprezzato da San Gimignano,
rappresentazione urbana delle fazioni e delle rivalità tra clan familiari perché constellata
all’interno delle proprie mura da numerose famiglie nobiliari potenti in lotta per il prestigio,
costituisce il principale collante istituzionale, la cui rottura è severamente punita dagli statuti
comunali.
La ratio del Comune è dunque rinunciare a farsi giustizia da sé, alla vendetta. Con la
coniuratio i cittadini si impegnano ad espellere dalle mura della città la violenza privata delle
faide. la pena dell’esilio era una delle sanzioni più terribili perché allontanava chi ne era
colpito dalla civitas, non intesa solo come città ma come vera e propria civiltà. Se la città
rappresentava il cuore della civiltà umana e quindi l’apice della propria Humanitas,
l’espulsione dalla civitas ne costituiva la perdizione. Era quindi considerato lecito uccidere
chi dalla civitas fosse stato espulso.
Un secondo aspetto da tenere conto e la gelosa difesa da parte di comuni delle proprie
prerogative(verso l’esterno), che ne segnano la libertas nei confronti degli altri soggetti
politici. le guerre tra i comuni della lega lombarda e l’imperatore Federico Barbarossa
costituiscono il punto culminante di un percorso faticoso che ha dato come risultato
l’autonomia di questi comuni. Molte di queste città raggiunsero una autonomia tale da poter
essere indicata come città-Stato. in effetti dopo la morte dell’imperatore Enrico V nel 1125, il
sacro Romano impero era divenuto una sorta di simulacro vuoto indebolito dall’rivalità tra i
grandi feudatari germanici. ma quando al vertice arriva Federico I di Svevia detto
Barbarossa le cose cambiano. Lo scontro tra questi nuovi soggetti istituzionali, i comuni, non
era solo uno scontro geopolitico ma anche culturale. Un cronista della corte di Federico
Federico Barbarossa, Ottone di Frisinga, nel 1158 ha lasciato nell’illuminante testimonianza
di come il modello organizzativo di questi comuni lasciava stupefatte e scandalizzata la corte
imperiale, lui nota come il potere governativo delle comuni fosse attribuito ai consoli che non
appartenevano più al ceto nobiliare ma che potevano essere scelti addirittura tra gli artigiani.
Nello stesso anno Milano venne assediata conquistata e costretta a rimettere all’imperatore
tutte le iura regalia o regalie, le prerogative sovrane e i diritti pertinenti al re. Nel 1158
Barbarossa convoca una riunione a Roncaglia, passata alla storia con il nome di Dieta di
Roncaglia, dei principali soggetti politici dell’Italia settentrionale nella quale, con la
Constitutio de regalibus (costituzione delle prerogative regali) l’imperatore ribadisce la
pienezza ed esclusività dei propri poteri. Barbarossa impone ai rappresentanti dei comuni il
giuramento di fedeltà all’imperatore, riportando in tal modo le città entro lo schema del
vincolo di dipendenza di tipo feudale. un tale grado di compressione dell’autonomia non era
tollerabile per i comuni italici tanto che Milano si ribellò e fu devastata nel 1162 dalla
reazione del Barbarossa, il quale per premiare le città città che gli erano rimaste fedeli, tra
cui Pavia, Pisa e Genova, concesse loro quella autonomia giurisdizionale che aveva appena
negato alle altre città. Milano quindi guidò una lega anti-imperiale di numerose città dell’Italia
settentrionale definita lega lombarda che nel 1176 Legnano sconfisse l’esercito di Federico
Barbarossa. La vittoria ebbe un forte impatto anche sul piano ideale segnando un senso di
indipendenza delle città italiche nei confronti dei soggetti a esse sovraordinate. Con la
successiva pace di Costanza del 1183, Federico Barbarossa riconosce i comuni italiani quali
soggetti titolari di giurisdizione e riconosce la validità delle consuetudini cittadine raccolte nei
corpi normativi degli statuti comunali. Questa è la consacrazione dello ius proprium cittadino
e della pena iurisdictio del Comune.
Nel 1158 Federico Barbarossa si presentò alla dieta di Roncaglia scortato non solo dai suoi
cavalieri ma anche da un manipolo di veri e propri giuristi ai quali si devono le
argomentazioni giuridiche su cui si fonda la costituzione delle regalie. Si trattò di un lavoro
dietro le quinte che vide coinvolti un vero e proprio poker tassi, quattro allievi di I Rio,
fondatore dello Studium giuridico di Bologna: si trattava di quattro doctores, Bulgaro,
Martino, Iacopo e Ugo. la presenza di questi quattro giuristi è attestata anche dalla pace di
Costanza del 1183 nel senso che argomentarono e confezionare i testi dei documenti
diplomatici con cui le città si riprendevano le prerogative perdute. Nonostante Barbarossa
perse a Legnano non poteva ammettere in documenti ufficiali di essere sceso a patti con dei
rebelles, che avevano effettivamente rotto il vincolo della fidelitas. Ed è qui che entrano in
gioco i giuristi: quella di Costanza tecnicamente non fu una pace, cioè un accordo bilaterale
bensì un atto unilaterale con cui l’imperatore accoglieva nuovamente i ribelli concedendo
loro privilegi. La capacità inventiva dei doctores iuris aveva raggiunto vette argomentative
assai elevate che raggiunsero il loro culmine due secoli più tardi con l’elaborazione del
sistema del diritto comune. Questi in realtà giocano un ruolo determinante anche all’interno
del comune stesso, come consiglieri delle cariche cittadine perché sono esperti del diritto
(iuris periti).
Per esempio il podestà, non era un cittadino, veniva scelto tra i forestieri proprio perché non
fosse coinvolto nelle rivalità tra fazioni interne al Comune, inizialmente venivano scelti i
soggetti con un addestramento militare, ma poi sempre più frequentemente erano scelte
figure con una formazione giuridica universitaria. Il podestà diventa una figura professionale
con una particolarità: egli risponde in prima persona dell’attività svolta, anche di quella
giudiziaria. Durante la propria attività il podestà chiedeva un parere ad un giurista chiara
fama (consilium sapientis iudiciale), e questo sollevava il podestà da ogni responsabilità.
Quella del Comune italico è una creazione del maturo medioevo, in cui vi è una struttura
democratica, richiamando il modello della Polis greca, in cui però certamente gli organi del
Comune non erano eletti in termini democratici tanto è che il comunità con una netta a che
fare con la Polis greca per almeno molteplici ragioni: la Polis greca è inconcepibile senza
elemento della schiavitù e come abbiamo visto il comune stesso è motivo di libertà; il
Comune, seppur autonomo, riconosce i centri di potere sovraordinati, mentre la Polis greca
si considera chiuso in se stesso; nella Polis è del tutto assente un ceto giuridico, fortemente
affermato nei comuni.
È bene sottolineare che il console cittadino non ha nessun legame con il console tipico
dell’antica Repubblica romana.
Anche le corporazioni sono una inventio tipicamente medievale, loro replicano a loro
interno quel profondo senso di appartenenza che caratterizza il comune, duplicando anche
la laboriosità la creatività, taluni atteggiamenti psico-sociali come l’indipendenza. Le
corporazioni riproducono in miniatura alcuni elementi delle dinamiche normative e
giurisdizionali della città perché dotate ciascuna di un proprio statuto che ne regola la vita e
di una giurisdizione. Gli immatricolati sono coloro che vengono iscritti in un apposito libro,
denominato appunto matricola, sul quale sono indicati i nominativi di tutti i membri di quella
corporazione. Il numero della matricola è la traccia di quell’antica iscrizione sul registro di
una istituzione corporativa.
REGNO DI SICILIA
l’Europa nel corso della sua storia conobbe diversi modelli politico-giuridici e volendo
schematizzare possiamo dire che il Nord della penisola con un bel sistema comunale, la
parte meridionale e la Sicilia furono protagoniste di una straordinaria esperienza
giuridiche-istituzionali, Che ebbe apici nel regno normanno di Ruggero II d’ Altavilla e in
quello svevo di Federico II.
Il popolo dei normanni era capeggiato dai fratelli d’Altavilla, abili guerri