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Capitolo 12 - Il primo dopoguerra fascista

Guerra e dopo guerra: inquadramento. La Grande guerra ha costituito una censura di un certo rilievo anche nel campo del diritto. Una legislazione d'emergenza e speciale si è affiancata alla normativa generale dei codici: vista l'urgenza, questa legislazione è stata per lo più emanata con decreti-legge del Governo, hanno indotto a ridurre parte dei diritti di libertà del cittadino.

Le esigenze della guerra hanno riportato in parecchi casi in primo piano le autorità militari e depresso il rilievo delle autorità civili ed in specie degli organi rappresentativi ed elettivi.

L'urgenza di reperire fondi per sostenere le spese di guerra ha imposto allo Stato interventi in campo economico, fiscale e pure privato. Alla fine delle ostilità, queste ed altre situazioni non sono tornate alla normalità. Il depotenziamento del Parlamento e degli organi rappresentativi ha portato alla tendenza

all'uso dei decreti legge governativi. L'ordine pre-bellico non è più riuscito a riprendere il controllo pieno della situazione. In Russia invece la piena vittoria del movimento rivoluzionario aveva fatto addirittura giungere al potere il gruppo bolscevico ed aveva portato alla dittatura del proletariato leninista. La dittatura del proletariato si basava sul partito unico (comunista) e sull'attribuzione del potere legislativo ad un Consiglio di commissari del popolo appartenenti al partito. Quest'ultimo designava pure i membri del Congresso dei soviet, al cui interno era scelto un Comitato esecutivo. Il partito dirigeva l'ordinamento dello Stato, si arrestavano i diritti del singolo e la libertà borghese. La proprietà immobiliare doveva essere collettiva e le imprese furono nazionalizzate. La proprietà del suolo divenne statale e fu assegnata in concessione entro le diverse comunità rurali a famiglie di coltivatori sotto la

guida di un capo. La regolamentazione giuridica ebbe un ruolo importante. Le violazioni delle regole economiche imposte erano considerate un attentato al regime sovietico ed alla dittatura proletaria e quindi colpite pesantemente a livello penale, senza garanzie individuali, secondo un giudizio discrezionale di giudici di nomina da parte del partito. In questo regime totalitario il diritto è stato utilizzato come strumento per raggiungere gli obiettivi individuati dal partito comunista, senza riconoscimenti per i diritti del singolo, gli unici diritti potevano pervenire per riconoscimento da parte del partito dell'appartenenza alla classe dei lavoratori. La costituzione emanata nel 1919 per la Repubblica tedesca a Weimar, dopo la pesante sconfitta dell'Impero e la fine della monarchia. Si tratta di una costituzione che rivela uno spirito nuovo ed aspira ad accomunare il riconoscimento e la difesa dei principi di libertà e di proprietà con quelli di eguaglianza,

equità e giustizia sociale. Essa è stata in vigore solo 14 anni, perché cancellata dall'avvento al potere di Hitler (1933). Ai valori delle libertà individuali la costituzione di Weimar unisce quelli della vita associata e tende a privilegiare la difesa dell'interesse collettivo su quello individuale, preoccupandosi di perseguire l'eguaglianza effettiva e sociale più che quella formale. È una costituzione lunga che non stabilisce solo i diritti di libertà del singolo rispetto al potere dello Stato, ma prevede pure un diretto intervento di questo al fine di migliorare il livello di vita dei cittadini e di perseguire un'eguaglianza sociale. Riconosce tra Stato e cittadino l'esistenza di altre forme di vita associata (come i sindacati), anche sul piano istituzionale accanto agli organi centrali dello Stato prevede a livello locale le regioni, rappresentate da un'apposita Camera, che affianca l'altra Camera.

e dei disoccupati. In questo contesto di instabilità politica e sociale, nel 1922, Benito Mussolini e il suo movimento fascista organizzarono la marcia su Roma, che portò alla nomina di Mussolini come capo del governo italiano. Il regime fascista si caratterizzò per la centralizzazione del potere, la soppressione delle libertà individuali e la promozione di un nazionalismo aggressivo. Mussolini instaurò un regime autoritario, in cui il Partito Nazionale Fascista controllava tutti gli aspetti della vita politica e sociale. Durante il periodo fascista, l'Italia si avvicinò sempre di più all'Asse, alleanza tra Italia, Germania e Giappone. Nel 1935, Mussolini invase l'Etiopia, cercando di creare un impero coloniale italiano. Questa azione portò all'isolamento internazionale dell'Italia e alla sua espulsione dalla Società delle Nazioni. Durante la Seconda Guerra Mondiale, l'Italia si schierò al fianco della Germania nazista, ma subì pesanti sconfitte militari. Nel 1943, Mussolini fu destituito e l'Italia firmò l'armistizio con gli Alleati. Da quel momento, il paese fu diviso tra un governo repubblicano nel nord, controllato dai nazifascisti, e un governo monarchico nel sud, sostenuto dagli Alleati. La fine della guerra portò alla nascita della Repubblica Italiana nel 1946, con l'approvazione della Costituzione. L'Italia si trasformò in uno stato democratico, con un sistema parlamentare e una separazione dei poteri. Il presidente della repubblica è eletto direttamente dalla popolazione, mentre il governo è formato da un parlamento bicamerale. Negli anni successivi, l'Italia ha affrontato sfide economiche e politiche, ma è riuscita a consolidare la sua democrazia e a diventare uno dei paesi più sviluppati al mondo. Oggi, l'Italia è membro dell'Unione Europea e svolge un ruolo importante nella politica internazionale.senza lavoro, ed a quelle dei nazionalisti insoddisfatti per la vittoria mutilata. Il Governo e la classe politica, non sono stati in grado di padroneggiare la situazione. Nel 1919 al partito socialista si sono affiancati quello dei cattolici e quello dei fascisti. Lo Statuto per il momento non fu toccato, nel 1919 fu invece modificata la legge elettorale, allargando il voto a tutti i cittadini ventunenni e soprattutto passando al voto di lista ed al sistema proporzionale. Ci fu un notevole successo di deputati socialisti e cattolici sostenuti dai loro partiti. In attesa di riforme costituzionali, che non decollavano, peggiorava l'ordine pubblico tra scioperi e violenze fasciste. Di fronte al progetto fascista di una grande marcia su Roma, il Governo predispose un decreto per proclamare lo stato d'assedio ed opporvi l'esercito, ma il Re non lo firmò. La marcia si svolse, il Governo si dimise ed il Re incaricò allora di formarne uno nuovo proprio il capo del

partito fascista, Benito Mussolini. Il Governo Mussolini all'inizio procedette con una certa cautela, tesa a rassicurare l'opinione moderata, ed a non scontentare troppo una Camera dei deputati, ove i fascisti erano una minoranza.

Successivamente è stato poi inserito entro la struttura dei corpi militari dello Stato, il complesso degli squadristi fascisti, in tal modo cercando di controllarne gerarchicamente eccessive esuberanze ma pure di affidare ad un corpo paramilitare di fedelissimi, l'ordine pubblico in precedenza dalle stesse persone violato, per i fini perseguiti dal presidente del Consiglio.

Fu poi creato, entro il partito fascista, un organo di vertice, il Gran Consiglio del fascismo che diventerà organo dello Stato.

La riforma più significativa fu quella elettorale. Essa stabiliva un sistema maggioritario con collegio unico nazionale. Se una lista avesse raggiunto la maggioranza assoluta dei voti, le assegnava i 2/3 dei seggi. Il listone

Il governo comprendeva anche candidati moderati o liberali non fascisti, ma l'eventuale premio di maggioranza che Mussolini sperava di raggiungere, poteva consentire ai fascisti di avere una sicura maggioranza propria nella futura Camera, mentre l'opposizione si sarebbe divisa col sistema proporzionale i seggi residui. Il Senato continuava a restare di nomina regia. Le elezioni consentirono l'attribuzione del premio di maggioranza al partito fascista. Il nuovo Parlamento poteva così permettere quelle riforme che Benito Mussolini, confermato dal Re presidente del Consiglio, si aspettava per aumentare il suo potere.

Il regime fascista (1924-1928) Le già non ampie libertà statutarie ricevono inoltre pesanti limitazioni quanto ai diritti individuali, di libertà, di espressione e manifestazione. Tra la fine del 1925 ed i primi mesi del 1926 sono emanate alcune leggi, che modificano a fondo sia sul piano formale che sostanziale l'ordinamento statutario.

Considerato ufficialmente ancora in pieno vigore. La prima di queste leggi fascisstissime è quella sul presidente del Consiglio, denominato ora Capo del governo. Il presidente del Consiglio si trovava in una posizione di supremazia sugli altri ministri. Un'altra legge ne cambia il ruolo, si tratta del Primo ministro è Capo del Governo e si trova su un piano di netta superiorità sui ministri, tanto che dirige, coordina e decide, senza far capo al Re. Benito Mussolini, considera che il potere esecutivo spetti a lui, dato che il potere esecutivo è esercitato dal Re per mezzo del suo Governo ed è lui il Capo del Governo. In tal modo il Re non esercita più direttamente il potere esecutivo, ma lo vede passare al Primo Ministri. La legge ha avuto un percorso rapido ed è stata emanata alla vigilia di Natale: il Capo del Governo aveva fretta di vederla in vigore. Essa non solo riconosceva espressamente una sua netta superiorità sugli altri ministri,

ma ne fissava pure specifiche competenze nei confronti del Re, sia per l'esercizio effettivo del potere esecutivo, d'ora in poi affidato al Governo, di cui Mussolini era il Capo, sia per la nomina e revoca dei ministri.

La legge indica pure delle prerogative meno importanti del Capo del Governo: la tutela della famiglia reale, specifiche disposizioni penali a tutela della sua persona. In pratica il Capo del Governo si interpone fra Re e ministri.

L'ordine del giorno dei lavori di ogni Camera deve avere il consenso del Capo del Governo. In più il Capo del Governo può chiedere una proposta di legge respinta da una Camera sia da questa riesaminata dopo almeno tre mesi, oppure che passi comunque all'altra. Si tratta di un meccanismo limitativo dell'autonomia parlamentare e del prestigio delle Camere. In tal modo il Parlamento si vede pesantemente condizionato dalla volontà del Capo del Governo. Appena dopo la pausa natalizia, fu emanata un'altra

legge rilevante, questa volta riguardo alle fonti del diritto. I due primi articoli prevedono una specie di riserva di decreto a favore del Governo. Mentre l'art. 3 riguarda il decreto legislativo e il decreto legge. Del decreto legislativo, si diceva l'essenziale, senza però precisare quali fossero i limiti di tempo, di materia e di competenza della delega. Del decreto legge invece si diceva parecchio, e diceva che veniva richiesto nei casi straordinari, di urgenza e assoluta necessità, il potere del Governo di emanare decreti legge. Con il decreto legge, il Governo otteneva un'ampia possibilità di inserirvi nell'attività legislativa, poteva restare in vigore sino a 2 anni. Poco più di due mesi dopo, era impostato con legge l'impianto del corporativismo fascista, erano vietati lo sciopero ed era riconosciuta una sola rappresentanza dei lavoratori e dei datori di lavoro. Con l'avvio del corporativismo si attua una delle

principali caratteristiche del regime fascista, che pretende di inserirsi tramite le corporazioni nell'attività produttiva per fissarne le regole, al fine di favorire l'economia nazionale, nello stesso tempo però cancellando la libertà sindacale. Il sistema corporativo, a sua volta, viene ad
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Publisher
A.A. 2022-2023
31 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/19 Storia del diritto medievale e moderno

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher alice96m di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del diritto medievale e moderno e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Perugia o del prof Alunno Rossetti Franco.