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Franchetti ricorse al duello con 3 colleghi

L'origine delle sommosse andava ricondotta alla durezza della tassazione gravante sui generi di consumo delle fasce più povere della popolazione. Ferraris indicava come i moti della fame, dovuti anche a circostanze eccezionali ma transitorie sui mercati internazionali, rischiassero di avere forti ripercussioni nelle campagne, favorendovi la diffusione e il radicamento delle forze anti-sistema, socialiste e cattoliche. La risposta a questa crisi non doveva essere dunque soltanto repressiva, ma di ampio respiro, con interventi a vantaggio del credito agricolo, sul modello tedesco, per favorire un ceto di piccoli proprietari e coltivatori, legato alle istituzioni e pronto a sostenerle. Dopo un iniziale favore, il suo disegno di legge venne presto accantonato.

Al massimo momento di divaricazione fra paese legale e paese reale, Giovanni Giolitti, favorì il dialogo fra borghesia produttiva e proletariato organizzato.

s'impegnò per l'integrazione nelle dinamiche politico-istituzionali del mondo cattolico e del socialismo riformatore. Il tentativo di delegittimazione delle forze anti-sistema e la stabilizzazione delle istituzioni rappresentative, in una cornice liberal-conservatrice, culminarono nella concessione del suffragio semi-universale. Nascita del Partito Giovanile Liberale Italiano ad opera di Giovanni Borelli nel 1901. Condannavano la degenerazione dell'istituto parlamentare e auspicavano una ritrovata centralità della dinastia nelle dinamiche politiche, fu un insuccesso. Fenomeno nazionalista sensibile all'espansione imperialista, alla politica di potenza, respinsero la prassi di mediazione del consenso, progetto di un autoritarismo di massa che trovava il suo focus nell'idea di nazione intesa come fattore unificante di tutte le classi sociali presenti nel tessuto italiano. Destinato a fare breccia nella borghesia imprenditoriale, attraverso volontarismo e appello.

ai giovani. La loro azione nei mesi della neutralità contribuisce a segnare la fine di un corso politico e l'egemonia di Giolitti. L'adesione al metodo proporzionale, sostenuto da socialisti e popolari come fattore di modernizzazione dello Stato e di democratizzazione sociale, i liberali pensavano di mettere in sicurezza la tenuta delle istituzioni. Fine dell'Italia dei notabili e la preminenza dei soggetti politici collettivi. Rinunciavano a dotarsi in concreto di una struttura partitica organizzata al centro e sul territorio e dotata di un programma nazionale. Il mondo liberale non riusciva a percepire l'interazione fra meccanismo elettorale, sistema politico e forma di governo. Perse le elezioni politiche del 1919.

Governo e maggioranze da Ricasoli a Rattazzi. Ricasoli aveva scarsa incisività nel manovrare la maggioranza. Nel 1859-60 dopo la cacciata dei Lorena, aveva guidato un governo di fatto personale, con tratti autoritari.

ma soprattutto senza un contraltare rappresentativo funzionante. Non pratico di "artifizi" parlamentari, valutazione moralistica del parlamento quale luogo privilegiato degli intrighi. L'altalena dei voti e delle riserve era fatale per il ministero, che sapeva di non poter contare sull'appoggio fermo della maggioranza, mentre quest'ultima, incapace di fermamente sostenere e di apertamente sconfessare, si rendeva impotente e priva di autorità. Funzionari piemontesi ostacolavano il governo. Vittorio Emanuele fremeva per mettere fine all'esperienza del politico toscano. Per Rattazzi bisognava attendere una circostanza favorevole. L'occasione sembrò arrivata con la mobilitazione per Roma e Venezia, promossa in molte città dai Comitati di Provvedimento, ad opera di garibaldini e mazziniani. Il 26 febbraio il Consiglio dei Ministri approvava una risoluzione così concepita: "il Presidente avrà una conferenza con Sua

Maestà nella quale potrà, se lo crede necessario, rassegnare le dimissioni di tutti i Ministri". Dicono che non hanno la fiducia del re perché si è formato un intrigo di palazzo contro di loro. La risposta di Vittorio Emanuele II seguiva la necessità di accertare che il ministero godesse ancora la fiducia della maggioranza della Camera. Ricasoli conferma le dimissioni e Rattazzi fu incaricato. Una maggioranza che aveva sostenuto Ricasoli con i voti palesi ma lo indeboliva coi commenti e con le spiegazioni che questi voti ricevevano. Lanza intervenne per rimarcare come la crisi fosse avvenuta in modo insolito, all'infuori dell'azione parlamentare. Non veniva esplicitata all'opinione pubblica i veri termini del problema. Il voto di fiducia non chiariva affatto se vi fosse una solida maggioranza alle spalle di Rattazzi. La proclamazione dello stato d'assedio era accolta come una misura triste ma necessaria. Preferì dimettersi.

Venuto al potere con doppio programma e condoppia politica, cadeva vinto dalle sue stesse contraddizioni. La Commissione parlamentare d'inchiesta sul brigantaggio e la relazione Massari Commissione d'inchiesta: nomina fatta di comune accordo tra Camera e Ministero, molti membri vicini alla maggioranza. 4 esponenti del Sud che hanno piena cognizione del soggetto (Argentino, Ciccone, Morelli, Romeo); 1 generale per giudicare le operazioni militari (Sirtori); 1 deputato della Sinistra democratica (Saffi); 1 esponente della Sinistra subalpina (Castagnola); Bixio, generale dell'esercito con idee radicali sul brigantaggio; Massari, colui che per primo aveva sostenuto, tra le fila della Destra, la necessità di un'inchiesta sul brigantaggio. Obiettivo è lo studio delle cause generali e rimozione di esse. Provvedimenti extra-legali: invio di carabinieri, distribuzione di fucili ai civili, riorganizzazione della Guardia Nazionale sussidi e ricompense, specie ai danneggiati.

Come prova di solidarietà:

  • Attribuzione di onorificenze per soggetti distinti nella lotta al brigantaggio

A Napoli viene trovato un pronunciato sentimento di avversione ai piemontesi e un'atmosfera di discriminazioni e censure. Per i commissari che avevano trascorsi garibaldini bisognava fare ogni sforzo per rialzare lo spirito pubblico riordinando e armando le guardie nazionali e promuovendo corpi scelti di volontari. Per i commissari governativi la risposta migliore restava l'afflusso di più carabinieri. Una delle cause principali del brigantaggio era la fame di terra. Per Saffi le cause erano: Bonaparte, i preti di Roma, l'incapacità di mente e il poco cuore del generale La Marmora, il malanimo e la inettezza delle altre autorità.

Male endemico di molte zone del sud:

  • Cause predisponenti: condizione sociale
  • Cause prossime: eredità lasciata dai Borboni e il loro incoraggiamento, denaro e armi
  • Errori compiuti dai governi
preventiva e una repressiva. La prima prevedeva l'istituzione di un fondo speciale per finanziare i lavori pubblici necessari alla trasformazione economica delle regioni colpite dal brigantaggio. La seconda parte prevedeva l'adozione di misure repressive più severe, come l'impiego delle forze armate per combattere i briganti e l'applicazione della legge marziale nelle zone più colpite. Per quanto riguarda le cause predisponenti, si cercava di migliorare le condizioni economiche delle regioni colpite dal brigantaggio attraverso interventi mirati. Si puntava a migliorare la viabilità, ad esempio costruendo nuove strade e ponti, e a promuovere lo sviluppo agricolo attraverso il disboscamento funzionale e la bonifica delle terre. Per quanto riguarda le cause prossime, si cercava di colpire direttamente i briganti e i loro sostenitori. Si prevedeva l'applicazione della legislazione militare e l'istituzione di tribunali speciali per giudicare i briganti catturati. Le pene previste erano molto severe, compresa la pena di morte. In conclusione, il progetto di legge Massari prevedeva un approccio combinato di interventi preventivi e repressivi per contrastare il fenomeno del brigantaggio. Si cercava di affrontare sia le cause predisponenti che le cause prossime, al fine di eliminare definitivamente il problema.

punitiva: nelle province interessate era prevista l'istituzione di Giunte provinciali di pubblica sicurezza. La Giunta doveva compilare le liste dei briganti. Gli individui iscritti in esse potevano venire arrestati da chiunque e in caso di resistenza combattuti con le armi. La parte repressiva cominciava con l'individuare i colpevoli di reato di brigantaggio. Utilizzo con un criterio uniforme e con la stessa intensità in tutte le province interessate, d'intesa tra potere militare e civile.

Disegno di legge Pica: confermava la giurisdizione dei tribunali militari e la fucilazione per chi resisteva all'arresto, mentre chi si fosse arreso o i sostenitori andavano incontro ai lavori forzati a vita; introduceva le attenuanti previste dal codice penale, manteneva l'istituto del domicilio coatto per oziosi, vagabondi e manutengoli.

"Macchina potente per combattere il disavanzo" o tassa sulla fame? L'imposta sul macinato nel dibattito coevo Tassando i

viveri di assoluta necessità si sarebbero avute agitazioni per la crescita dei salari e quindi un aumento delle spese di produzione e un rialzo nei prezzi dei prodotti, con effetti nefasti per tutta l'economia nazionale. L'assenza di tumulti in molte zone faceva pensare al fatto che ci dovesse essere una mano occulta, intenta a spingere i contadini ad atti inconsulti, di cui poi restavano vittime, mentre i veri colpevoli sfuggivano ai pericoli degli scontri e ai rigori della giustizia. L'improvvisazione e la rapidità dei moti dimostravano a sufficienza il loro carattere politico e l'esistenza di un'occulta regia ad opera dei sostenitori delle dinastie spodestate e del clero. La resistenza proveniva solo da province e regioni che non avevano mai conosciuto prima quel tipo di carico fiscale e dunque naturalmente ostili alla novità. Il partito liberale nel suo complesso doveva essere animato da un solo pensiero e agire con un solo scopo: non indebolire.Il governo e ripristinare l'impero delle leggi, votate dal Parlamento esancite dal potere esecutivo. Il rifiuto di prendere atto di queste supreme necessità evidenzia i limiti della Sinistra, la sua mancanza di senso dello Stato e l'incapacità a ricoprire un ruolo di governo. All'estero la notizia dell'approvazione della tassa sul macinato aveva immediatamente prodotto una buona impressione. Il tribuno in ritiro. L'ultimo Guerrazzi tra politica e letteratura. Capofila in quella che sarà chiamata dalla critica "scuola toscana dell'agitazione" contrapposta alla "scuola lombarda della rassegnazione", incapace di produrre concrete ricadute civili ed effetti politici. Il forzato allontanamento dalla politica attiva lo portava a guardare con maggiore severità anche i più accesi democratici, non senza un giudizio moralistico. Il secolo che muore, uscito postumo nel 1885, ambientazione contemporanea trattando delle.sospetto, intellettuali che si battono per l'indipendenza e l'unità del paese, e politici corrotti che cercano solo il proprio tornaconto. Tra i personaggi più noti di questo periodo troviamo Giuseppe Garibaldi, il famoso generale che guidò le truppe italiane nella lotta per l'indipendenza; Camillo Benso di Cavour, il politico astuto che orchestrò l'unificazione dell'Italia; e Giuseppe Mazzini, il pensatore e attivista che sognava un'Italia libera e democratica. Questi personaggi e molti altri hanno contribuito a plasmare il destino dell'Italia durante il Risorgimento, un periodo di grandi cambiamenti e lotte per la libertà.
Dettagli
Publisher
A.A. 2021-2022
6 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/03 Storia delle istituzioni politiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher elisalizza di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia dei partiti e dei movimenti politici e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Paolini Gabriele.