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Mancini che prevedeva l'impossibilità che il Trattato potesse essere valido control'Inghilterra.
Con questa clausola, volutamente inserita dal governo italiano, viene dimostrata l'accortezza della diplomazia italiana: si ribadiva infatti la supremazia indiscussa dell'Inghilterra quale leader europea e potenza marittima (in caso di attacco alle coste del Mediterraneo da parte dell'Inghilterra, infatti, per l'Italia sarebbe stato impossibile proteggersi).
L'evoluzione del sistema bismarckiano.
Verso la fine degli anni Ottanta dell'Ottocento, malgrado la ragnatela di alleanze che Bismarck aveva creato in Europa, era chiaro che alcune questioni erano rimaste irrisolte.
Innanzitutto, la revanche francese non si era attenuta e, anzi, la ripresa interna della Francia lasciava presagire la volontà di uscire dall'isolamento diplomatico al quale Bismarck l'aveva costretta.
Anche la rivalità austro-russa nei Balcani,
nonostante tutti i tentativi di Bismarck, non è stata risolta, anche per la forte instabilità politica e territoriale dell'area balcanica. Nel 1884, viene quindi rinnovato il Dreikaiserbund ma senza particolare successo, in quanto il patto era minato dalla rivalità balcanica austro-russa. Tra il 1885 e il 1886 si scatena la guerra tra Bulgaria e Serbia che, per questioni territoriali, coinvolge anche le grandi potenze dell'area. Malgrado l'instabilità dell'area balcanica, Bismarck cerca però di favorire il rinnovo del Trattato tra Germania, Austria-Ungheria e Italia. Quindi, il 20 febbraio 1887, si giunge al rinnovo del Trattato della Triplice Alleanza. Esso, in realtà, si compone di tre trattati: quello originario, un trattato italo-tedesco, che prevedeva l'appoggio della Germania alle rivendicazioni coloniali italiane contro la Francia (Tripoli e Marocco, gli unici territori africani ancora liberi) e sul territoriometropolitano francese (Corsica, Nizza e Savoia, queste ultime cedute a Napoleone III con gli accordi di Plombières del 1858), e un trattato italo-austriaco, che stabiliva che, se lo status quo nei Balcani si fosse modificato a vantaggio di uno dei due paesi, ciò avrebbe portato a compensi territoriali per l'altro.
L'obiettivo prioritario di mantenere la pace e di perseguire l'isolamento della Francia, indusse Bismarck a favorire degli accordi chiaramente in funzione antifrancese.
Il 12 febbraio 1887, Italia e Inghilterra stringono l'Accordo Mediterraneo, per il mantenimento dello status quo nel Mediterraneo. Si riconoscono quindi le reciproche sfere di influenza in Africa: all'Inghilterra viene riconosciuto l'Egitto e all'Italia viene riconosciuta la Libia (all'epoca divisa in Tripolitania e Cirenaica).
Il 18 giugno 1887, Russia e Germania siglano il Trattato di Controassicurazione. Esso era stato voluto da Bismarck per evitare il
riavvicinamento della Russia con la Francia e prevedeva la neutralità benevola nel caso in cui uno dei contraenti fosse entrato in guerra con una terza potenza, con esclusione di una guerra aggressiva della Russia contro l'Austria-Ungheria e della Germania contro la Francia. Si trattava quindi di un altro mezzo per mantenere la pace e l'equilibrio in Europa. Appena firmato, però, ci fu una nuova crisi in Bulgaria e Bismarck favorì un accordo tra Italia, Inghilterra e Austria-Ungheria, per dissuadere la Russia dall'intervenire nello Stato balcanico. Il 1888 è un anno di svolta per le vicende personali di Bismarck e, soprattutto, per il mantenimento del suo sistema di alleanze in Europa. Il 9 marzo 1888 muore l'imperatore tedesco Guglielmo I. Il suo successore, Federico, muore dopo tre mesi, lasciando il trono germanico a Guglielmo II. Guglielmo II, incarnando i successi industriali ed economici che la Germania aveva conseguito in quegli anni.vuole8intraprendere una politica estera più dinamica e aggressiva, che egli intende gestire personalmente. I momenti di attrito con Bismarck diventano sempre più forti e netti finché, nel marzo 1890, si giunge alle sue dimissioni da cancelliere. Tali dimissioni, che risentivano di una frattura ormai profonda tra il vecchio statista e il giovane imperatore, ebbero come conseguenza il mancato rinnovo del Trattato di Controassicurazione con la Russia. Questo avvenimento portò a un forte risentimento alla corte zarista che, per questo motivo, cominciò a guardare altrove per trovare un alleato in grado di garantire le sue posizioni nei Balcani.8 Nota come Weltpolitik, in sostituzione della precedente tendenza alla Realpolitik dell'età bismarckiana. L’Italia dalla crisi di fine secolo all’Italia giolittiana La crisi di fine secolo. L’uscita di scena di Francesco Crispi dalla vita politica italiana aprirà un periodo di forteinstabilità politica, caratterizzato dal tentativo della classe dirigente di fare fronte comune contro i pericoli, veri o presunti, che minacciavano lo Stato liberale. Questo tentativo si articolò, sotto il profilo culturale, attraverso il ritorno ad un'interpretazione restrittiva dello Statuto Albertino, con un presidente del Consiglio responsabile solo di fronte al re, espressa da Sidney Sonnino nel suo articolo "Torniamo allo Statuto" sulla rivista "La Nuova Antologia". Sotto il profilo politico, invece, il tentativo della classe dirigente si concretizzò in una serie di misure che andavano a reprimere ogni forma di protesta sociale e a colpire i suoi responsabili. In tale contesto, i governi del marchese Di Rudinì (10 marzo 1896-29 giugno 1898), pur presentandosi con un intenso programma riformatore, non realizzato a causa della difficile situazione economica, furono caratterizzati dal varo di una serie di misure anticattoliche e antisocialiste.volte a reprimere il dissenso popolare. Tale politica repressiva culminò con gli avvenimenti del maggio 1898, quando una serie di tumulti scoppiarono in Italia a seguito dell'aumento del prezzo del pane. A Milano, il generale Bava Beccaris sparò sulla folla che reclamava una riduzione del prezzo del pane, provocando circa cento morti e più di cinquecento feriti. Quest'azione fu seguita dalla persecuzione e dall'imprigionamento di molti esponenti socialisti, benché le rivolte non avessero affatto carattere politico ma di pura rivendicazione sociale. Di fronte alla gravità degli avvenimenti, il marchese Di Rudinì abbandonò la guida del paese e gli successe il generale Luigi Pelloux (29 giugno 1898-24 giugno 1890), che si era distinto per la mano morbida con la quale aveva affrontato i tumulti per il caro viveri. Malgrado questo atteggiamento, il governo Pelloux si caratterizzò subito per la volontà di mantenereIl controllo della situazione con misure repressive: cercò quindi di codificare queste misure di repressione attraverso il varo di provvedimenti che limitavano il diritto di sciopero, di stampa e di associazione. La reazione dei gruppi di estrema sinistra (socialisti, radicali e repubblicani) fu pronta e portò all'ostruzionismo parlamentare, il quale si protrasse, tra incidenti, sedute e scontri fisici tra deputati, per più di un anno.
Le difficoltà incontrate a codificare questi provvedimenti repressivi indussero Pelloux a indire le elezioni per il giugno del 1900. Questa tornata elettorale non fu favorevole allo schieramento governativo conservatore e indussero Pelloux a dimettersi. Apparve chiaro, dunque, come il tentativo di svolta autoritaria delle istituzioni liberali fosse fallito. Ciò indusse il re Umberto I, che aveva condiviso tale tentativo, a favorire il governo del vecchio senatore Giuseppe Saracco (24 giugno 1900 - 15 febbraio 1901).
Unmoderato ritenuto al di sopra delle parti. La nomina di Saracco non rasserenò gli animi, tanto è che il 29 luglio 1900, Umberto I divenne vittima, a Monza, in un attentato organizzato dall'anarchico Gaetano Bresci, venuto dagli Stati Uniti proprio a questo scopo. Egli, in tal modo, voleva lavare l'onta dell'onorificenza che il re aveva voluto concedere al generale Bava Beccaris dopo gli avvenimenti milanesi del maggio 1898.
L'azione politica giolittiana. Il nuovo secolo, apertosi con il regicidio, vide una nuova fase della politica italiana, sia a livello interno sia a livello internazionale. Per quanto concerne la politica interna, la caduta di Saracco e l'ascesa del governo liberale di Giuseppe Zanardelli (15 febbraio 1901 - 3 settembre 1903), con Giovanni Giolitti al Ministero dell'Interno, segnò l'avvio di una accentuata legislazione sociale destinata a far fronte alle proteste popolari che si erano succedute negli.
gli ultimi anni dell'Ottocento come il periodo delle riforme sociali in Italia. Durante il governo Zanardelli, furono introdotte diverse riforme che favorirono la vita delle masse. Queste riforme includevano la creazione dell'ufficio del lavoro e delle future agenzie di collocamento, la tutela del lavoro femminile e minorile, l'estensione delle assicurazioni per la vecchiaia e per gli infortuni sul lavoro, e la creazione di un Consiglio Superiore del Lavoro. Quest'ultimo era un organo consultivo sulla legislazione sociale che coinvolgeva anche i rappresentanti dei sindacati socialisti. Questo riconosceva per la prima volta il ruolo di questi organi come referenti e rappresentanti di una parte della popolazione, forse addirittura della maggioranza. Zanardelli, malato, lasciò il posto a Giovanni Giolitti, che incarnò gli ideali di un'intera epoca e un liberalismo più attento alle richieste delle masse. La storiografia ha indicato questo periodo come quello delle riforme sociali in Italia.La sua permanenza quasi ininterrotta alla guida del paese fino al 1914 come Italia Giolittiana. Giolitti comprese bene, sin dalla prima esperienza governativa del 1892-1893, che non era possibile risolvere le problematiche sociali con la sola repressione poliziesca quindi non usò mai la forza nei confronti di manifestazioni e scioperi che avevano scopi meramente rivendicativi (ma fu pronto ad usarla in caso di manifestazioni che minassero la sicurezza e la stabilità dello Stato liberale).
Artefice della legislazione sociale inaugurata sotto il governo Zanardelli, Giolitti cercò di favorire sia un miglioramento delle condizioni dei lavoratori sia di accelerare il progresso industriale del paese. Sotto il primo profilo, Giolitti si avvalse del periodo di espansione economica mondiale del 1907-1908 e riuscì a favorire un aumento dei salari, attenuando in tal modo la conflittualità sociale. Tale trend economico positivo avrebbe portato, da un lato, al primo
Il processo di industrializzazione dell'Italia, durante il quale cominciò a invertirsi il rapporto tra industria e agricoltura, è stato un periodo di trasformazione significativo per il paese.