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Il regime nazista e la politica razziale
Il regime nazista si impegnò fin da subito in una politica razziale che mirava a escludere non solo gli ebrei, ma anche zingari e popoli slavi, ritenuti inferiori sul piano razziale. Il regime fascista, invece, sembrò inizialmente rifiutare le teorie biologiche razziali. Ma sul finire degli anni Trenta i due regimi cominciarono a convergere in materia razziale, per lo meno sul piano legislativo. In Germania gli ebrei vennero dipinti come i grandi potenti della finanza internazionale che, attraverso il loro potere economico, possono influenzare anche un paese come gli Stati Uniti e contemporaneamente sono dipinti come coloro che hanno dato origine alla Rivoluzione bolscevica. Il processo di esclusione degli ebrei dalla società tedesca cominciò già con la presa del potere del Partito nazionalsocialista: nel 1933 avvenne un'onda di violenze da parte delle SA contro i negozi e i grandi magazzini di proprietari ebrei. La reazione negativa sul piano.Nazionale ed internazionale indusse Hitler a richiamare le SA all'ordine e iniziare un processo di formalizzazione legale della discriminazione, che durò due anni e portò alle Leggi di Norimberga del 15 settembre 1935.
Queste leggi, che vennero applicate a chi aveva tre o quattro nonni ebrei, resero la razza ariana il requisito fondamentale per l'ammissione alla comunità nazionale e proibirono il matrimonio tra ebrei e ariani.
Nel novembre del 1938 ci fu la Notte dei cristalli, durante la quale i nazisti distrussero le superstiti attività ebraiche, le sinagoghe e le abitazioni private degli ebrei. Queste violenze furono seguite da nuove restrizioni che limitarono i diritti degli ebrei fino alla loro totale emarginazione. Tra queste c'era l'obbligo di tornare a casa prima delle nove di sera, il divieto di viaggiare sui mezzi pubblici, il divieto di recarsi al teatro o al cinema, l'obbligo di indossare la stella di David e di aggiungere
Al proprio nome l'appellativo "Sara" o "Israel". Il regime fascista non adottò leggi razziali fino al 1937, perché gli ambienti scientifici rifiutavano le ideologie razziali naziste su base biologica. Le cose cambiarono quando, nella metà degli anni Trenta, Mussolini iniziò a temere che il fascismo avesse perso il suo slancio rivoluzionario e, con la conquista dell'Etiopia del 1936, vide la possibilità di creare una nuova società nell'Africa orientale. Ritenne quindi necessaria una politica razziale per definire in queste zone i rapporti con i popoli assoggettati.
Nel 1937 entrò quindi in vigore la legislazione razziale per l'impero che precluse ai neri di ottenere il diritto di cittadinanza relegandoli allo status di sudditi.
Nel 1939 venne creato il crimine di "lesione del prestigio della razza" che prevedeva la punizione delle relazioni sessuali continuate tra un italiano e un nativo.
Africano e che i bambini nati da unioni miste venissero relegati allo status di indigeni, non potendo ottenere così né il riconoscimento legale né la cittadinanza. Questi criteri razziali vennero estesi nel territorio italiano nel giro di un anno.
Un anno importante in termini di legislazione razziale è il 1938, in cui vennero adottate una serie di misure come la chiusura delle frontiere ai rifugiati ebrei di provenienza austriaca e la richiesta di autocertificazioni religiose agli studenti stranieri che richiedevano di studiare in università italiane. Sempre nel 1938, un gruppo di scienziati pubblica il Manifesto della razza, in cui veniva proclamata l'esistenza di una pura razza ariana italiana, di cui gli ebrei non facevano parte.
Via via le restrizioni si moltiplicarono e furono indirizzate soprattutto agli ebrei, che non potevano iscriversi alle università italiane e ai quali venne revocata la cittadinanza italiana se ottenuta dopo il 1918.
Vennero poi banditi i libri di autori ebrei, proibiti i matrimoni misti e gli ebrei furono allontanati dalle scuole, dalla società culturali, dal partito fascista e dall'esercito. La differenza cruciale fra i due regimi sta nell'esecuzione delle politiche razziali: solo in Germania esse trovarono ampio sostegno nel partito e nella burocrazia, così come dalla popolazione. In Italia, invece, pochi italiani lavoravano per il duce in materia di razza e antisemitismo, molti non capivano come un gruppo minoritario potesse rappresentare una minaccia. Entrambi i regimi vogliono creare una società gerarchica, classista, in cui i ruoli maschili e femminili siano ben definiti e separati. Nella visione fascista e nazista la donna emancipata era simbolo di crisi e di degenerazione culturale. Il populismo dei due regimi negli anni Trenta scoraggiava i consumi domestici e per questo attaccò lo stile di vita della borghesia. Attraverso i testi scolastici, i film e la stampa,La famiglia rurale fu dipinta come ideale, e così la donna sobria e impegnata nelle attività domestiche. Le donne erano discriminate sotto vari punti di vista ma la macchina della propaganda fu abile nel farle apparire importantissime sia alla causa nazista che fascista, perché avevano il ruolo di concepire figli e gestire la famiglia educando i futuri fascisti e nazisti.
In Italia, dove tradizionalmente molte donne lavoravano nel settore agricolo, il regime fascista usò i tagli salariali per rendere la manodopera maschile più competitiva e una serie di sussidi di maternità per rendere quella femminile più onerosa e complicata da gestire per i datori di lavoro.
Negli anni Venti, inoltre, le donne vennero escluse dall'insegnamento della storia, della filosofia e delle lingue classiche.
Negli anni Trenta vennero escluse da alcuni concorsi statali e una legge stabilì un limite del 10% per il personale femminile della pubblica.
amministrazione e delle aziende private. Solo nel 1940 questa politica di esclusione crollò sotto il peso della mobilitazione bellica. Venne creata l'Opera nazionale maternità e infanzia (OMNI), che aveva carattere di beneficenza (le volontarie provenivano dalla borghesia) e si operò per contrastare le pratiche abortive, per garantire assistenza sanitaria a madri e neonati e per responsabilizzare i padri dei bambini illegittimi.
In Germania, anche prima dell'avvento del nazismo, le assunzioni di donne nel settore pubblico erano molto limitate e con l'avvento di Hitler furono sempre meno coinvolte sul fronte del lavoro e relegate in casa alle faccende domestiche. Venivano infatti orientate a corsi di studio come l'economia domestica o le lingue moderne, che rendevano difficile l'accesso alle università.
La sezione della madre e del fanciullo dell'Organizzazione nazionalsocialista di assistenza (NSV) svolse ruoli simili a
L'Opera nazionale maternità e infanzia fascista. Entrambi i regimi premiavano le donne più fertili e quelle con più figli: in Italia venne istituita la Giornata della madre e del fanciullo e durante le cerimonie pubbliche venivano distribuiti premi in denaro alle famiglie con più figli. In Germania venne istituita invece la Giornata della madre e venivano date medaglie alle madri più fertili.
Entrambi i regimi promossero la formazione di sezioni femminili all'interno delle organizzazioni sindacali, tuttavia prive di una reale influenza nella battaglia per i diritti economici delle donne lavoratrici. Le organizzazioni politiche invece, cioè le sezioni femminili del Partito fascista e di quello Nazista, servivano unicamente a mobilitare le donne per le cause politiche care al regime, soprattutto a fornire i quadri per i vari progetti socioassistenziali.
Organizzazioni giovanili. I due regimi volevano formare una nuova generazione interamente
fascista o nazista e per farlo operarono su due piani: uno uguale per tutti, con l'organizzazione di massa della gioventù per permettere la formazione di futuri iscritti al partito, e un altro che puntava a un'istruzione elitaria e più specializzata per studenti universitari destinati a diventare futuri capi del regime. Tuttavia, il tentativo di formare una nuova élite politica fallì, dato che le scuole di regime si affiancarono al sistema tradizionale, senza proporre alcun vero percorso alternativo e senza scalfire il prestigio delle scuole statali. Le organizzazioni di massa avevano l'obiettivo di inculcare nei giovani i miti fondamentali del regime, cioè il culto del duce e del Fuhrer, le teorie nazionalistiche e razziali, l'esaltazione della guerra e della violenza. Volevano inoltre contrapporsi alle istituzioni tradizionali come la chiesa e la famiglia e fornire addestramento fisico o paramilitare. In Italia l'organizzazionedei giovani cominciò nel 1926 con la creazione dell’Opera nazionale balilla, che riuniva i ragazzi dagli 8 ai 14 anni. Dai 15 ai 18 diventavano Avanguardisti e dai 18 anni in su entravano nei Gruppi universitari fascisti o nei Fasci giovanili di combattimento se non frequentavano l’università. Le ragazze erano invece organizzate in Piccole italiane (dagli 8 ai 12 anni) e Giovani italiane (dai 13 ai 18 anni). Nel 1937 Mussolini istituì la Gioventù italiana del littorio, un’unica organizzazione giovanile che esercitava controllo sull’intero movimento giovanile (con eccezione dei Gruppi universitari fascisti, che rispondevano direttamente al segretario del partito Starace). In Italia le componenti fondamentali di queste organizzazioni furono il culto del duce, del nazionalismo e del militarismo. In Germania la principale organizzazione nazista era la Gioventù hitleriana e, come in Italia, esistevano organizzazioni separate per ragazzi e ragazze.ragazze secondo l'età. I membri di esse dovevano indossare l'uniforme, marciare ed esercitarsi in stile paramilitare. In Germania le componenti fondamentali erano il culto del Fuhrer, l'addestramento militare, il nazionalismo e i valori razziali. In Italia la penetrazione delle scuole venne fatta ad accordi con la Chiesa, mentre in Germania fu possibile grazie ai professori accondiscendenti. Tanto i fascisti che i nazisti cercarono di dirottare gli studenti dalle università verso un tipo di istruzione tecnica, più moderna e rispondente ai bisogni del mercato del lavoro. Politica religiosa Mussolini nel 1929 e Hitler nel 1933 firmarono concordati col Vaticano per regolare nei rispettivi paesi i rapporti tra Stato e Chiesa. Entrambi dovettero inizialmente affrontare il problema di conquistarsi la neutralità della gerarchia cattolica per poter indebolire rispettivamente il Partito popolare e il Zentrum. La Chiesa, dal lato suo non era mai stata moltofavorevole alla democrazia parlamentare ed era interessata ad ottenere concessioni dainegoziati diretti con i due partiti.In Italia, dall'ottobre 1922 fino al delitto Matteotti del 1924, il governo fasc