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PER LA GUERRA "PATRIOTTICA"

Un filosofo in guerra

La guerra è una presenza costante nell'elaborazione ideologica gentiliana. Per il filosofo - come per il duce - il conflitto italo-austriaco segnò un decisivo punto di svolta.

Definisce il fascismo figlio della guerra. Siccome conosce bene Mussolini, sa che condurrà gli italiani a nuove campagne, cui fornisce preventiva legittimazione filosofica: "Il Capo dello Stato può chiamare i cittadini alla guerra in quanto la sua volontà, la stessa volontà dello Stato, sia la stessa volontà dei singoli".

Nel 1935 ha offerto al duce i propri figli per la campagna d'Etiopia, per poi celebrare la vittoria esortando gli italiani a nuovi combattimenti.

Sul finire degli anni Trenta avviene in lui un affievolimento delle energie. Quando l'Europa è percorsa da venti di guerra, ritrova la determinazione per schierarsi nuovamente al fianco del duce.

spingerlo è il senso del dovere e una profonda convinzione interiore, che gli fa intravedere un grande avvenire per il regime. La presidenza di Gentile dell'INFC puntava a divulgare l'ideologia fascista a una platea medio-altoborghese. Durante la campagna di Francia il filosofo ripone piena fiducia in Mussolini. Nel luglio 1940 Gentile accetta compiaciuto la prestigiosa onorificenza istituita dal Führer, che veniva conferita a personalità straniere vicine al nazismo (Mussolini la ottenne nel 1937). Due giorni dopo la dichiarazione di guerra, il ministero degli Esteri aumenta il contributo annuale all'Istituto italiano per il Medio ed Estremo Oriente. I nuovi stanziamenti consentono di potenziare i notiziari radiofonici, organizzare convegni sul contributo nipponico alla macchina bellica dell'Asse e svolgere propaganda di vario genere. Nel 1941-1943 il filosofo è incluso nel Comitato d'onore della Società Amici del Giappone.

Nel saggio Roma Eterna collega la civiltà latina e quella fascista, con Benito Mussolini quale redivivo CesareAugusto.

Mentre il duce getta l'Italia in una guerra subalterna a Hitler, il suo filosofo ne decanta la genialità difilantropo propugnatore di giustizia e libertà dei popoli... Simili incensamenti rafforzano in Mussolini la convinzione di possedere doti straordinarie, e di tenere in pugno la vittoria.

Intanto, la guerra stacca dal regime vari collaboratori e interlocutori di Gentile.

Il teorico del corporativismo Agostino Lanzillo invia una lettera al duce, consigliandogli di dichiarare la neutralità assoluta a causa delle difficoltà economiche del Paese.

Nel pomeriggio dell'11 settembre 1941

L'apparato propagandistico richiama il popolo nelle piazze d'Italia, per celebrare la dichiarazione di guerra agli Stati Uniti, proclamata dal balcone di piazza Venezia: "Le Potenze del Patto di acciaio, l'Italia fascista e la Germania nazionalsocialista scendono oggi a lato dell'eroico Giappone contro gli Stati Uniti d'America".

Per esorcizzare fantasmi interiori sulla debolezza militare italiana, Gentile si aggrappa al mito imperiale giapponese. Nel gennaio 1942 dedica il saggio "Giappone guerriero" all'incomparabile combattività nipponica che - sommata all'eroismo di Italia e Germania - imporrà la nuova "civiltà dominatrice, la civiltà dello spirito".

Si atteggia a esperto conoscitore dell'Estremo Oriente e inneggia all'Asse Roma-Berlino-Tokyo, contro il "doppio pericolo del comunismo e dell'imperialismo industriale dei falsi democratici senza patria, ebrei o"

“no”. Mentre romba il cannone, lavora al completamento delle appendici e della versione ridotta dell’Enciclopedia, prevista per il 1942. Superlavoro, malattia e preoccupazioni famigliari si fanno sentire; nel 1941, quattro ricadute di influenza lo costringono a letto per lunghi periodi. A debilitarlo intervengono una paresi e una malattia agli occhi. Anche nel contesto bellico, mantiene comunque atteggiamenti soccorrevoli con qualche antifascista, come Anita Mondolfo, direttrice della Biblioteca nazionale centrale di Firenze, licenziata nel 1938 in applicazione alla legislazione razziale. Differentemente da molti intellettuali, disingannati dalle vicende belliche e ritiratisi dalla vita pubblica (o passati all’antifascismo), il filosofo rimane col dittatore anche nella burrasca, poiché in lui vede incarnate le sorti della patria. Nel 1942, fiero del proprio impegno sul fronte interno, accusa Croce di antipatriottismo. Il 1943 inizia sotto pessimi auspici, per l’Asse.

L'Armata Rossa sferra l'offensiva finale a Stalingrado e accerchia gli alpini sul Don. A metà gennaio, Roosevelt e Churchill pianificano a Casablanca lo sbarco in Sicilia: a contrastare la campagna d'Italia, saranno prevalentemente i tedeschi. Il regime barcolla e i gerarchi vedono Mussolini come un invasato fuori controllo.

Invasato dal mito mussoliniano, Gentile considera il conflitto in corso come giudizio di Dio, e Iddio premierà le cause dell'Asse.

Ma il duce, nel rapporto al Direttorio del PNF del marzo 1943, è assai meno trionfalista: enumera i tanti casi di proteste collettive, a partire dagli scioperi operai nei centri industriali, sino alla nascita e allo sviluppo di movimenti antifascisti liberalsocialisti, comunisti...

Il disastroso andamento bellico innesca la crisi del regime, con la diaspora degli uomini di cultura. Rimangono con il duce - tranne isolate eccezioni - personaggi di contorno, sostanzialmente irrilevanti.

Il dittatore reagisce in modo confuso e attua una disastrosa strategia di nomine. Le tante sconfitte militari preoccupano Gentile ma, nonostante tutto, continua a confidare in Mussolini e approvare il cambio della guardia al vertice del PNF. Il "Discorso agli italiani" (24 giugno 1943) Allarmato dal crollo dei consensi, il neosegretario del PNF Scorza lancia nel maggio 1943 una straordinaria mobilitazione, mediante conferenze "patriottiche" di intellettuali, ufficiali delle forze armate, cappellani militari, decorati e invalidi di guerra. Un emissario di Scorza propone a Croce di registrare un radio-messaggio ma è Gentile ad accettare. Nel ringraziarlo, Scorza precisa che "la conferenza, già attesa negli ambienti intellettuali e politici, tratterà delle ragioni storiche, morali e giuridiche della nostra guerra e dei motivi ideali e vitali che impegnano gli italiani a protendere tutti i loro sforzi verso la Vittoria". L'apparato

Il propagandistico del partito assicura la massima mobilitazione per il discorso di Gentile, programmato in Campidoglio il 24 giugno.

Il Discorso agli italiani del 24 giugno 1943 è il capolavoro oratorio di Gentile: mai si rivolse a un uditorio così esteso, con parole radiotrasmesse e stampate in centinaia di migliaia di copie. Nel momento più difficile per il Paese, travagliato dalla crisi militare e morale.

Le sue argomentazioni sono bilanciate tra fascismo e patriottismo, fa un appello all'unità per recuperare consensi alla dittatura agonizzante. Rivendica in pieno l'adesione al PNF. Nel ribadire l'identità Nazione-Fascismo, sposta sui sudditi le responsabilità della guerra: "Nessun italiano ha oggi il diritto di dire: Questa non è la mia guerra; io non l'ho voluta".

Per rendere credibile l'invito alla coesione nazionale, ammette che il regime possa avere sbagliato in qualche aspetto, ma

L'emergenza bellica impone la coesione, poiché non è il momento di polemiche. "Il parlamentarismo in Italia è morto; bisogna vincere l'Inghilterra e avere fede nella Vittoria". Secondo Gentile i crimini di guerra sono sempre del nemico, mentre i soldati italiani combattono con lealtà e generosità. Gentile tocca le corde del sentimento. A Roma, quello stesso 24 giugno, anche il dittatore parla dell'emergenza italiana, ma a porte chiuse. Rimarrà il suo peggior discorso in assoluto. È il segnale del declino psicofisico di un dittatore sopraffatto dagli eventi. Ben più alta si leva la parola di Gentile, senza i tonfi del suo mentore. Il discorso di Gentile ottiene immediata e notevole visibilità. L'indomani il "Corriere della Sera" gli affianca in prima pagina uno scritto di Goebbels sulla "guerra inpenombra". Il "Popolo d'Italia" lo valorizza in prima.

pagina.Anche “Il Messaggero” vi dedica uno spazio straordinario.

La Sezione propaganda del PNF fa stampare in una quantità di copie (oltre duecentomila), per ladistribuzione gratuita, il Discorso agli italiani.

Il filosofo è orgoglioso. A indurlo a valutazioni fuor di misura sono gli applausi della platea e le congratulazionidi amici e corrispondenti; non comprende che il suo campione non è affatto rappresentativo della pubblicaopinione.

L’epistolario gentiliano dimostra che gli apprezzamenti provengono esclusivamente dalla generazioneanziana, battutasi nella Grande Guerra e ancorata al Risorgimento. Quel tipo di oratoria non mobilita igiovani.

Del discorso in Campidoglio, si occupa anche l’informazione estera. La stampa più generosa è quella tedesca.

Al plauso della stampa di regime, corrispondono le critiche degli antifascisti (“Radio Londra” e “Radio MilanoLibertà”)

Se nel salone del Campidoglio,

affolla il discorso viene fragorosamente applaudito, ben altro effetto produce sulla massa degli italiani che lo ascoltano alla radio, o ne leggono le trascrizioni. La trasmissione radiofonica suscita in Benedetto Croce un' impressione penosa, per l' incapacità di Gentile di comprendere responsabilità e cause della guerra disastrosa. Quell' orazione suscita dissensi e rabbia nell' opinione pubblica contraria al fascismo e alla guerra, in chi paga il prezzo dell' avventurismo mussoliniano con lutti famigliari: il filosofo riceve numerosi messaggi anonimi, con insulti e preannunzio di morte. Agli effetti pratici, il Discorso agli italiani si rivela un buco nell' acqua: viene giudicato deprimente, trasmette la sensazione che la sconfitta militare sia vicina e inevitabile, si percepisce lo sforzo nel ragionamento. Avviene quindi una perdita di credibilità della macchina propagandista del partito, cui nessuno

più prestafede.

Il 28 giugno 1943, il duce accoglie il filosofo a Palazzo Venezia e si felicita per l’orazione in Campidoglio. È illoro ultimo incontro, durante il regime.

Il 9-10

Dettagli
A.A. 2022-2023
42 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/04 Storia contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher giadadadasalvador di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Udine o del prof Ferrari Paolo.