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L’espansione dell’industria del cotone inglese raggiunge il suo apice tra la fine delle guerre napoleoniche e la metà
del secolo. Tuttavia, non avendo cotone proprio lo importavano principalmente dalle Americhe, dove è proprio il
cotone a trainare le esportazioni per tutta la prima metà dell’800. Ciò comportò anche che l’espansione verso ovest
si tramutò presto brutale rimozione o deportazione dei nativi, nel momento in cui il commercio inglese rese
particolarmente vantaggiosa la monocultura del cotone, resa florida dal lavoro schiavile a costo zero.
Nella seconda metà del XVII secolo i calicò indiani invasero l’Inghilterra diventando il principale prodotto di
importazione, infliggendo gravi danni potenziali al mercato interno. Per far fronte a ciò, venne approvata una legge
che bandiva quasi interamente i prodotti indiani dall’Inghilterra con l’effetto di dare forte impulso alla produzione
nazionale.
Capitolo 3: Culture del consumo nelle classi medie
Nell’Europa del Seicento l’area economicamente più avanzata era quella delle Provincie Unite Olandesi, che
dominarono il commercio mondiale fino al 1700.
L’assenza di un gravoso passato feudale garantiva un’ampia libertà personale; la nobiltà e il clero svolgevano un
ruolo limitato come proprietari terrieri e nelle campagne liberate dalle acque era sorta una classe contadina libera.
L’Olanda era anche meta privilegiata degli immigrati, che vi portavano risorse materiali e conoscenze e la Borsa di
Amsterdam attirava, poi, capitali da tutta l’Europa, rendendo disponibili ampie risorse liquide.
La sua prima fase di espansione si concentrò sull’Europa, in cui gli olandesi riuscirono a condizionare fortemente i
flussi commerciali e i prezzi internazionali. Il sistema commerciale coloniale era favorito dal sistema della proprietà
multipla: si potevano comprare quote di diverse imbarcazioni e distribuire il rischio di impresa, favorendo
l’investimento anche di piccoli investitori. L’andamento dei salari deviò da quello europeo e non conobbe la
depressione del Seicento, creando condizioni particolarmente adatte all’espansione dei consumi di cui
approfittarono i ceti medi e i contadini abbienti.
Il declino si verificò quando le politiche mercantilistiche degli altri paesi europei provocarono un drastico calo delle
esportazioni, mettendo in crisi il principale settore industriale olandese, quello tessile.
In questo contesto, una prosperità socialmente diffusa, formazioni sociali relativamente elastiche e una mentalità
più aperta permisero la nascita di una cultura del consumo della classe media distinta da quella delle corti. La
famiglia borghese iniziò a rappresentare un contraltare alla commercializzazione della società . La struttura sociale
dell’Olanda del Seicento aveva alla sua base la famiglia nucleare con le sue relazioni affettive grazie ad un inedito
addolcimento delle tradizionali gerarchie interne: pur all’interno della famiglia, si rimaneva soggetti dotati di
autonomia. Si sviluppò una moderna forma di domesticità che rendeva la casa uno spazio privato, in cui raccogliere
gli affetti e le relazioni tra i familiari (uguaglianza figli e rispetto tra coniugi). La casa perdeva il suo carattere pubblico
e articolava lo spazio dei rapporti familiari. La prosperità materiale della classe media permise lo spostamento
dell’attività femminile nella sfera privata: cura dei figli e amministrazione domestica diventarono i principali compiti
delle madri, accompagnati dall’esclusione della sfera pubblica, politica ed economica (indice di successo
dell’uomo).
L’individualismo affettivo (ovvero il riconoscimento dell’individualità dell’altro) stava alla base del matrimonio
solidale che temperava il patriarcato dando alla donna un ruolo di potere all’interno della casa (al contrario che ad
esempio in Francia, dove vigeva ancora una forte subordinazione della donna e un frequente abuso dell’adulterio
da parte dell’uomo. Per porre un esempio, la donna poteva richiedere il divorzio dal marito solo nel momento in
cui avesse introdotto la (o le) nuova amante all’interno delle mura domestiche). Anche qui, tuttavia, questo nuovo
modello familiare e domestico, riguardava solo le classi medie e della piccola nobiltà.
Nel panorama dei consumi olandesi un posto di primo piano è occupato dai quadri. Il finanziamento delle opere
non era quello del Rinascimento italiano con i suoi mecenati, perlopiù il pittore si trovava a produrre per un
mercato anonimo che egli riforniva direttamente o attraverso intermediari. Anche il numero di artisti rispetto
all’Italia di due secoli prima era molto superiore. I prezzi dei quadri erano alla portata di un grande pubblico, anche
se variavano notevolmente, il costo medio di un quadro non commissionato era abbastanza basso. La
democratizzazione del gusto si è concretizzata nell’adozione di soggetti tratti dall’esperienza quotidiana della gente
comune; la pittura si avvicina alla realtà con strumenti e tecniche che miravano all’oggettività della
rappresentazione.
Spostandoci in Inghilterra, le case inglesi dell’inizio del Settecento presentavano una marcata specializzazione degli
spazi interni: la cucina ospitava ancora diverse attività, ma si era affermata la living room in cui venivano banditi i
letti. In quegli anni Londra diviene l’indiscusso centro dei consumi, nonché di commercio internazionale.
La spesa familiare era condizionata da diversi fattori di possibilità economica ed orientamento culturale: un
agricoltore di reddito modesto spendeva perlopiù in necessità di base (vestiario> suppellettili casa e ancora meno
nei consumi culturali), un ricco spendeva anche in servizi come il medico, il farmacista, le domestiche, i viaggi.
Raggiunto il livello di reddito che assicura le esigenze primarie, le risorse di consumo vanno a concentrarsi nello
spazio privato: il capofamiglia procura il reddito con il lavoro fuori casa, la donna è impegnata nel lavoro domestico.
Non sempre però gli standard di consumo riflettevano fedelmente la gerarchia patrimoniale del variegato ceto
medio: i consumi domestici da ostentazione si trovavano soprattutto nelle case dei commercianti anche se non
fossero sempre i più ricchi.
Tra gli ultimi decenni dell’Ottocento e la Prima Guerra Mondiale le classi medie assumono una funzione sociale
centrale nella storia europea trova forme di identificazione sulla base di uno stile di vita ben distinto. La classe
media dell’Europa nord-occidentale aveva una forte componente ricca e imprenditoriale e nella seconda metà del
secolo intrattenne rapporti più stretti con l’aristocrazia. Nel corso dell’Ottocento lo stile di vita della borghesia e
delle classi medie si è elaborato con una tendenziale unità simbolica, ciò ha spinto in una condizione di precarietà
identitaria gli strati più bassi della borghesia, spesso costretti a penose parsimonie private per mantenere standard
di consumo in grado di garantire decoro e forme di sociabilità proprie dell’ambiente sociale di riferimento.
A Parigi si verificò un processo di espulsione delle classi povere dal centro, nel quadro di una valorizzazione del
patrimonio fondiario; fu un modello seguito da diverse metropoli europee nel corso dell’Ottocento. Le nuove
abitazioni dell’Ottocento vennero costruite prestando attenzione all’igiene e alla pulizia degli spazi tramite, ad
esempio, la creazione dei dispositivi tecnici per far circolare l’acqua in città, creando bagni e docce pubbliche per
il popolo e stanze da bagno domestico per la pulizia delle famiglie borghesi.
Stratificazioni patrimoniali e del reddito permettevano la costruzione di una gerarchia del gusto. Le classi medie
francesi dell’Ottocento cercano di tenersi ben lontane da un lusso sfacciato e di regolare con il saper consumare la
possibilità di accesso ad uno dei suoi ranghi. Il ruolo della donna come organizzatrice domestica e consumatrice
implicava una rigorosa e corretta gestione della casa e dei rapporti con la servitù, ma anche delle relazioni esterne
attraverso lo spazio principe della sociabilità nobiliare ed alto borghese: il salotto.
L’Italia dell’Ottocento è lontana dal conoscere uno sviluppo commerciale e industriale comparabile a quello
dell’Europa nord-occidentale, l’élite di Napoli, per quanto non indicativa di tutto il territorio italiano, ma comunque
la più grande città italiana dell’Ottocento, mantiene ancora i caratteri dell’Ancien Regime.
In Inghilterra la distinzione tra la dimensione privata domestica e lo spazio pubblico urbano ha finito con il negare
l’appartenenza stessa alla città. Nacque il sobborgo buono, geograficamente e mentalmente lontano dal centro
urbano in cui si ammassavano gli operai. Questa scelta suburbana che preveda separazione e distinzione aveva
un’ambizione puramente residenziale che impediva lo spostamento delle attività lavorative nei sobborghi (primi
lavoratori pendolati della storia).
La tipologia emergente della casa a schiera permise un significativo allargamento della base sociale di questo stile
di vita, perché consentiva di combinare l’ambizione delle privacy con una spesa ben inferiore a quella delle ville
delle residenze urbane. Inoltre la crescente complessità del management familiare di cui si occupavano le donne
spinse a redigere una contabilità domestica sempre più accurata e a interpretare in modo più “aziendale” il
rapporto con la servitù.
All’inizio del Novecento le case dei ceti medio-alti cominciarono a provvedere anche al servizio di energia elettrica,
ma nel 1914 la maggioranza delle abitazioni non aveva né gas né elettricità. Negli anni Settanta la maggior parte
delle abitazioni erano ancora senza bagno. Il riscaldamento centralizzato fu l’ultima fra le attrezzature introdotte.
Capitolo 4: Culture di consumo della classe operaia
Nel 1912 M. Halbwachs mostrava come, a parità di reddito, un operaio e un impiegato hanno stili di consumo
radicalmente diversi e, quando famiglie che provengo da un determinato milieu sociale conoscono improvvise
variazioni di reddito, esse tendono a mantenere il loro modello di consumo. Per Halbwachs l’errore nelle visioni
precedenti (come le tesi di Engel) risiedeva nella cornice concettuale economicista che legava linearmente i
consumi al reddito, trascurando il contesto culturale e sociale. Secondo i suoi studi, invece, le scelte di consumo
sembravano dipendere dalle rappresentazioni sociali, cioè dalla posizione sociale che i consumatori si attribuivano,
ma ancora di più da un habitus di stili di vita maturati nel corso del tempo che non cambiavano con il mutare del
redd