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LUSSO, MODA E ORDINE SOCIALE TRA XVIII E XIX SECOLO
1.1. Lusso e capitalismo: Werner Sombart.
Secondo Sombart il capitalismo oltre ad essere connesso all'aumento dei consumi è anche legato ad un'aspirazione al lusso ben radicata in Europa fin dal tardo medioevo.
A differenza di Marx, Sombart non individuava nel capitalismo un processo dialettico che portava da un modo di produzione ad un altro bensì una serie di modi di produzione differenti che si definivano in base all'atteggiamento spirituale degli individui nei confronti dell'attività economica e la cui genesi ed estinzione non va cercata nelle loro contraddizioni interne ma nell'impatto di fattori esogeni che modificano la configurazione economico culturale sulla quale un certo modo di produzione si era basato.
In quest'ottica Sombart prende come esempio il passaggio dal feudalesimo al capitalismo sostenendo che esso sia dipeso dalla trasformazione della rendita fondiaria in
Investimento la quale avrebbe innescato processi sociali ed economici nuovi. In altre parole Sombart ricollega il passaggio al capitalismo ad un mutamento dei modi di fare degli attori sociali dovuto alla nascita di un nuovo atteggiamento nei confronti della vita il quale a sua volta, entrando nelle consuetudini comuni, portò alla nascita di un nuovo sistema economico. A questo punto Sombart analizza il lusso contestualizzandolo in diversi periodi storici partendo in primis dal mondo delle corti dal quale l'amore per il lusso si sarebbe poi diffuso col tempo al contesto urbano. Quindi per Sombart la tendenza verso il lusso nasce nelle corti europee e in particolare nella corte di Francia assume una maggiore diffusione con la comparsa della figura della cortigiana. L'affermazione di questa figura femminile è strettamente collegata al processo di secolarizzazione dell'amore. Nel Medioevo infatti l'amore terreno era intrappolato nel dominio dei precetti.
religiosi. Solo nel XI e XII secolo nacque una nuova sensibilità proveniente dalla letteratura che liberò il concetto di amore dai canoni religiosi modificando tutti gli atteggiamenti correlati a questo sentimento (ad esempio i figli illegittimi dei nobili si trasformarono da soggetti da nascondere a motivi di orgoglio). In questo ambito la cortigiana, in quanto amante del re, rappresentava una minaccia per ogni etica del risparmio incitando il sovrano ad una ostentazione esagerata del lusso sia nelle costruzioni e negli arredi dei suoi alloggi sia nei suoi modi di vestire e di mangiare. Ben presto la tendenza al lusso si trasferì negli ambienti urbani dove le usanze delle cortigiane come il vestire sfarzoso e lo sfoggiare gioielli di ogni tipo divennero usanze comuni delle donne di mondo che frequentavano i salotti dell'alta società, luoghi dove lo spirito dello spreco e dell'ostentazione divennero valori sempre più ricercati. In particolare i nuoviricchi (quelli senza titolo nobiliare) usavano l'ostentazione di beni di lusso per essere accettati ed assorbiti dalla nobiltà ufficiale trasformando questa tendenza in un vero valore sociale. L'affermarsi dell'urbanizzazione del lusso rappresenta un importante moltiplicatore economico ampliando il bacino sociale del consumo di lusso aggiungendo nuove occasioni legate alla socialità come i teatri, i ristoranti raffinati, le sale di musica e da ballo ecc. La necessità di possedere beni di lusso mobilitò il lavoro, animò il commercio e motivò il perseguimento del profitto con razionalità, intelligenza e organizzazione; tuttavia questo meccanismo non resse la sfida posta dal "movimento sociale" originato dalla società industriale con il quale le masse avrebbero chiesto una riscrittura delle regole dell'economia entro le quali il consumo sarebbe stato subordinato alla forza regolatrice dello stato. Nonostantela tesi di Sombart appaia fondata, essa mostra anche dei punti di fragilità in quanto sembra troppo incentrata sul passaggio della tendenza all’ostentazione del lusso dall’aristocrazia alla borghesia senza considerare quei consumi che sono propri dell’ambito borghese e che qui si sono sviluppati indipendentemente dalle corti e anzi a volte anche in netta contrapposizione con queste.
1.2. La funzione del consumo nella società di corte: Norbert Elias.
Elias ci spiega come nelle corti europee i consumi non dipendevano dalle entrate ma dal rango cui ciascun nobile apparteneva. In queste società si consumava a seconda del rango di appartenenza e si cercava di adeguare le entrate alle proprie necessità di consumo.
Il consumo a sua volta era un valore variabile che se incrementato in maniera giusta, poteva anche aumentare l’importanza sociale di un certo membro della società di corte.
Nel corso del Settecento con l’ascesa della borghesia finanziaria,
numerosi furono i nobili di mediorango che si ritrovarono in difficoltà nel competere finendo con l'indebitarsi e col chiedere dilazioni crediti ai poveri commercianti creando problemi anche all'economia del paese. La ristrutturazione del potere sociale mediante le possibilità di consumo esisteva già dal Cinquecento. In questo periodo i nobili vedendosi minacciati sia dall'ascesa della borghesia sia dall'indebolimento inflazionistico delle rendite terriere, cominciarono sempre più ad avvicinarsi alla corte (i sovrani, potendo usufruire dell'aumento del gettito fiscale, erano soliti aiutare i nobili in difficoltà) e a dipendere da essa perdendo progressivamente potere e dignità simbolica. I sovrani europei, dal canto loro, tesero a promuovere i consumi di lusso innescando una vera e propria competizione fra nobili all'interno delle loro corti. Questo era anche un modo per tenerli al guinzaglio dal momento che gliaristocratici messi economicamente peggio sarebbero dipesi semprepiù dalla corona perdendo influenza.
1.3. Dalla corte alla città.
Dopo la Rivoluzione francese le pratiche di consumo diffusesi presso le corti si riadattarono al contesto urbano della borghesia. La differenza fra questa società e la precedente sta nell’indipendenza dalle tradizionali fonti del potere in quanto ora sono l’economia monetaria e il mercato a fornire la base economica per la costruzione della propria posizione sociale e pubblica. L’accento sul consumo è ancora notevole; è lo stile di consumo a decidere chi fa parte di una certa schiera e chi no. Questa priorità del consumo tende a legittimare qualsiasi modalità di formazione del reddito anche quelle che arrivano a minare le basi stesse dell’onore e della rispettabilità.
2. Moralità e consumo: dilemmi settecenteschi.
Nel Settecento si ha un acceso dibattito sul complesso di relazioni
che ne giustifichi la loro posizione sociale. Bernard de Mandeville, filosofo e medico olandese,propone una visione controversa ma innovativa sull'utilità sociale del consumo nel suo libro "La favola della api". Secondo Mandeville, il lusso e il consumo sono motori fondamentali per lo sviluppo economico e sociale di una nazione. Mandeville sostiene che il desiderio di lusso e di beni di consumo spinge le persone a lavorare di più e a migliorare le loro abilità, creando così un circolo virtuoso di crescita economica. Inoltre, il consumo di beni di lusso stimola l'industria e il commercio, creando nuovi posti di lavoro e aumentando la ricchezza nazionale. Tuttavia, questa visione positiva del consumo non è priva di critiche. Molti pensatori dell'epoca, influenzati da una visione moralistica della società, vedevano il lusso come un vizio e un segno di decadenza morale. Mandeville, al contrario, sostiene che il lusso è un motore di progresso e che la ricchezza e il benessere di una nazione dipendono dalla sua capacità di consumare. In conclusione, secondo Mandeville il lusso e il consumo sono elementi fondamentali per lo sviluppo economico e sociale di una nazione. Questa visione controversa ma innovativa ha contribuito a ridefinire il ruolo del lusso nella società e a legittimare le aspirazioni di lusso delle classi sociali inferiori.all'interno dello stato moderno. Ciò accade in Francia con l'assolutismo, che toglie potere alla nobiltà, in Inghilterra con la vittoria del parlamento sulla corte e in Olanda grazie al successo ottenuto dalla borghesia nei consigli dei cittadini della repubblica. Appare chiaro ormai che le società stanno cambiando e questo cambiamento si delinea anche attraverso la sfida simbolica affidata ai consumi. Di questo si accorge Mandeville il quale, nella sua opera La favola delle api, esprime il proprio punto di vista sulle implicazioni che il lusso e la dinamica dei consumi avrebbero avuto sulla società e sull'economia moderne. Alla base del pensiero di Mandeville c'è il paradosso fra vizi e virtù. Infatti egli dimostra come la grandezza di una nazione non è data, come si pensava, dalla virtù e dall'onesta dei suoi cittadini quanto al contrario dalla loro propensione al vizio e al piacere. Mandeville ci mostra comedietro ad ogni singolo vizio si nascondano numerosi processi di produzione e commercio che arricchiscono gli stati che ne sono implicati accrescendone la grandezza. Al contrario quelle società composte da persone virtuose che si mostrano ostili al piacere e al vizio e quindi al consumo sfrenato, sono condannate all'impoverimento e alla decadenza. In poche parole la grandezza di una nazione e la felicità di una società posano le proprie basi su comportamenti che scaturiscono dalle pulsioni più basse del genere umano, quelle pulsioni che seppure tendono a rovinare il singolo riescono, allo stesso tempo, a favorire il benessere collettivo. Nell'ottica di Mandeville assume una certa rilevanza il rapporto fra femminilità e lusso. In pratica poiché il vizio è riconosciuto essere alla base della ricchezza e poiché nella sua promozione le donne e l'attrazione sessuale hanno sempre avuto larga parte, queste ultime, grazie anche.alla loro propensione al consumo, rappresentavano la base di un corto circuito che rendeva impossibile la legittimazione morale della società di mercato. Il pensiero di Mandeville trovò numerosi seguaci i quali applicarono soluzioni diverse al problema. In Francia questi gruppi assunsero forme eudemonistiche mentre in Scozia più semplicemente si tentò di combinare moralità e mercato. 2.2 Il dibattito sul lusso. Fra Sei e Settecento appare chiaro in tutta Europa che il dibattito sul lusso è ormai maturo. I punti di vista sono i più disparati ma ciò che accomuna tutti i pensatori del tempo è la convinzione che il lusso non possa mai essere la causa dell'impoverimento degli stati. Voltaire difende il lusso con la volontà di rivalutare la vita mondana a discapito della vita di fede. Montesquieu fa una netta differenza fra il lusso nelle società repubblicane e il lusso nelle società monarchiche dimostrando come.o e li spinge verso la discordia e il conflitto. Inoltre, se il principio di uguaglianza non viene rispettato, il tessuto sociale può essere compromesso e la coesione della società può essere minata. Per evitare tali conseguenze negative, è fondamentale che il principio di uguaglianza sia sostenuto e promosso attraverso politiche e azioni concrete. Ciò può includere l'implementazione di leggi antidiscriminatorie, l'accesso equo alle opportunità e alle risorse, nonché l'educazione e la sensibilizzazione sulla diversità e l'inclusione. In conclusione, sebbene il principio di uguaglianza sia fondamentale per una società giusta e equa, è importante considerare anche le sue implicazioni e garantire che sia applicato in modo appropriato per evitare divisioni e conflitti.