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Cos’è la storia culturale?

Rispetto alla storia tradizionale (politica, militare, istituzionale e sociale) la storia culturale si

distingue per un approccio diverso che tende a valutare prospettive non considerate fino ad allora. Il

fenomeno è connesso alla cosiddetta svolta antropologica, che coinvolge anche la storia socio-

economica, la psicologia, la geografia e le scienze politiche. Dall’incontro tra storia e antropologia

scaturisce una messa in discussione della cultura alta in favore di una rivalutazione delle

culture popolari.

Svolta antropologica

Gli studi sul dono, sulla stregoneria e sulla purezza forniscono un contributo importante per il

lavoro degli storici culturali inglesi. Mauss studia il dono nelle società tradizionali come condizione

obbligatoria di status e dovere morale e i suoi lavori influenzano alcuni medievisti nelle loro

ricerche sulle società guerriere scandinave. Evans-Pritchard studia la stregoneria come rinforzo di

comportamenti morali e Mary Douglas tratta il valore morale della purezza studiando le civiltà

“infami” ai margini delle città medievali (fisicamente sporchi e moralmente impuri).

Ma l’antropologo più ripreso dalla storia culturale è Clifford Geertz con la sua teoria

interpretativa della cultura: nella sua visione la cultura si trasmette nella storia attraverso simboli

che vengono interpretati attivamente dai singoli e delle società. Pone l’accento sull’analogia

drammatica indagando la teatralità dei combattimenti tra galli della Bali ottocentesca in quanto

drammatizzazione della miseria socio-economica attraverso la spettacolarizzazione. Negli anni

Ottanta il lavoro di Geertz viene ripreso dallo storico Danton ne Il grande massacro dei gatti: per

comprendere le ragioni di un gesto che a noi sembra brutale bisogna indagare la storia della

mentalità di diversi contesti storici e geografici, considerando diversi modi di concepire il lavoro,

la violenza e il rispetto per gli animali.

Microstoria e occasionalismo

Grazie al dialogo con l’antropologia, la storia culturale presta maggiore attenzione alle abitudini, ai

valori e ai modi di vivere nella quotidianità delle classi subalterne. In questo senso ricordiamo il

contributo della microstoria, che rivaluta le esperienze concrete e le specificità dei singoli e delle

culture locali proponendo una visione del mondo dal basso, dal punto di vista delle classi

subalterne. Da questo punto di vista ricordiamo le opere Montaillou di Ladurie e Il formaggio e i

vermi di Ginzburg riguardanti il tema dell’inquisizione in piccoli villaggi francesi e italiani:

entrambe le opere trattano il punto di vista delle classi subalterne prestando attenzione al senso

locale di tempo e spazio, alla concezione della sessualità e ai valori familiari dell’epoca.

L’approccio della storia culturale tende a considerare il ruolo attivo di coloro che “subiscono” la

storia, il ruolo dell’immaginazione e dei condizionamenti culturali nell’interpretazione del

simbolismo, il ruolo delle reazioni contingenti viste come variazioni dallo schema di

comportamento prestabilito (occasionalismo).

Costruttivismo

Il metodo di lavoro prevede la decostruzione storica, necessaria per individuare le influenze che

condizionano le costruzioni culturali dei singoli e dei gruppi sociali. Il costruttivismo nasce

contemporaneamente alla nuova storia culturale nell’ultimo decennio del Novecento, influenzato

dalla svolta antropologica e prevede il passaggio dalla realtà come rappresentazione (l’arte non è

che un riflesso passivo della realtà sociale oggettiva e obiettivamente conoscibile) alla realtà come

costruzione sociale. In quest’ottica la realtà viene costruita dagli individui che attraverso

l’immaginazione e l’improvvisazione nelle loro performance quotidiane riescono a rendersi

agenti attivi in un campo di forze socialmente determinato. Il rigido determinismo sociale

teorizzato da Bourdieu viene messo in discussione dal sociologo Michel de Certau nella sua opera

L’invenzione del quotidiano, dove viene sottolineata l’importanza del consumatore nell’economia

grazie al suo ruolo di costruzione del quotidiano attraverso la tattica del reimpiego della ristretta

gamma di scelte messe a disposizione dal mercato dominante.

Foucault ne La storia della follia (1961) descrive la costruzione del concetto di malattia e follia,

diverso a seconda delle varie epoche e luoghi in quanto dipendente dai diversi modi di percepire la

normalità. Hobsbawm e Ranger parlano della costruzione della nazione e della tradizione nel

saggio L’invenzione della tradizione (1983): quest’ultima infatti spesso viene costruita ad arte o

rivalutata in modo artificioso per scopi politici di stampo nazionalistico. Anderson, in Comunità

immaginate, dello stesso anno, sostiene che la costruzione della comunità e dell’immaginazione

collettiva dipendano da atteggiamenti soggettivi (consci o inconsci) assunti nei confronti del mondo

e dell’Altro. Nella costruzione della monarchia gioca un ruolo fondamentale la teatralizzazione e

la mitizzazione, espresse nel cerimoniale dell’etichetta. Anche classe e genere sono costruzioni

sociali fluide che dipendono dal contesto storico e culturale. Mascolinità e femminilità non sono

altro che ruoli sociali acquisiti fin dalla prima infanzia e successivamente plasmati dalla società e

dalle istituzioni.

Contributi alla storia culturale

La storia culturale è direttamente collegata alla storia dell’arte e della letteratura e

all’antropologia, ma anche da altre discipline.

Dalla sociologia, che pone in primo piano azioni simboliche, mentalità, rappresentazioni e pratiche

culturali, prende in prestito i concetti di performance e costruzione culturale. L’idea di storia

culturale come performance è una prospettiva che considera la cultura come un insieme di ricette

per l’esecuzione di atti performativi. La storia delle idee politiche è stata riscritta in questa

prospettiva: sono significativi gli studi sulle grandi cerimonie pubbliche come performance del

consenso o del nazionalismo, ma anche sui piccoli atti quotidiani come la gestualità sottomessa

degli “inferiori” e altera di chi ricopre un ruolo di autorità.

Dall’etnologia e dagli studi sul folklore vengono ripresi i concetti di tradizione ed eredità.

Dall’archeologia e dalla geografia culturale viene ripreso il concetto di pratiche culturali e di

rappresentazione: da una parte gestione e modificazione degli spazi, dall’altra interesse verso riti

di sepoltura e scambi di doni come simboli di status.

La storia culturale attinge anche dalla biologia (concetto di selezione naturale applicato alla società,

analogia tra evoluzione biologica ed evoluzione socio-culturale) e dall’ecologia (concetti di

competizione, invasione, segregazione, successione).

Problemi della storia culturale

Innanzitutto la definizione di cultura presenta dei problemi: i termini “sociale” e “culturale”

sembrano essere interscambiabili. Inizialmente il problema stava nella definizione di cultura alta

(termine troppo esclusivo) ma in seguito con l’allargamento del termine diventa troppo inclusivo.

Non c’è sempre un’opposizione binaria rigida tra cultura alta e cultura popolare. Quest’ultima,

inoltre, risulta difficile da definire in quanto si rischia di cadere nell’omogeneizzazione.

Il metodo è controverso agli occhi di uno storico tradizionale: c’è troppa libertà, predomina

l’intuizione personale. Anche il rischio di frammentazione è molto alto a causa della tendenza a

stabilire connessioni in prospettiva olistica: tale visione del mondo e delle relazioni sociali come

fluidi, flessibili e in continua trasformazione (Bauman) rischia di frammentare il rapporto tra

generale e particolare. Ad esempio l’idea di frontiera culturale nell’opera di Braudel perde il senso

della distinzione tra frontiera geografica e frontiere culturali, religiose e sociali (identificazione

automatica).

Un ultimo problema è quello dei paradossi gemelli della tradizione, vista come trasmissione di

conoscenze, competenze, idee e convinzioni da una generazione all’altra. Tradizione e innovazione

in realtà non sono così rigidamente distinte. Ad esempio, l’odierna cultura americana basata su

individualismo, auto-analisi e auto-realizzazione deriva direttamente dai valori del protestantesimo

(vedi Weber).

LE FASI DELLA STORIA CULTURALE

Storia culturale classica/tradizionale (1800-1950)

Tra ‘800 e ‘900 si sviluppa la prima fase della storia culturale, caratterizzata dal lavoro di

Burckhardt e Huizinga. L’approccio mira a ricostruire il ritratto di un’epoca analizzando le

manifestazioni dello Zeitgeist nelle opere d’arte, che in quest’ottica è vista come uno specchio

fedele, disinteressato e involontario dell’epoca. Questo rappresenta un limite in quanto non

considera possibili intenti propagandistici, la volontà di produrre determinate reazioni, la volontà

del committente e altre variabili. Un altro limite è il ristretto uso di fonti letterarie. Si critica

anche il postulato di partenza, lo Zeitgeist hegeliano come fondamento della storia culturale:

Gombrich critica tale impostazione, presente sia nella storia culturale classica che in quella

marxista.

Ne La civiltà del Rinascimento in Italia (1860) Jakob Burckhardt tenta, attraverso il metodo

dell’intuizione (poi ripreso da Huizinga), di individuare gli elementi costanti della cultura

rinascimentale italiana al fine di produrre delle sintesi generali tramite aneddoti, esempi e citazioni.

I valori dell’individualismo e della competizione sono delle costanti nel Rinascimento italiano ma

anche nella cultura greca.

Ne L’autunno del Medio Evo (1919) Johan Huizinga studia la mentalità cavalleresca medievale

come sistema di regole formali caratterizzate da una forte dimensione simbolica e rituale, prestando

particolare attenzione al modo in cui vengono espressi idee, mentalità e sentimenti nell’arte e nella

letteratura.

Storia sociale dell’arte e della cultura (anni Trenta)

Nel corso degli anni Trenta si assiste, nella storia culturale, ad una graduale transizione

dall’impostazione sociologica esemplificata da Weber ed Elias ad una volontà di spaziare nel campo

della storia dell’arte. Significativa in questo senso è l’opera dello storico dell’arte tedesco

Panofsky, il quale, distinguendo l’iconografia (interpretazione dell’opera) dall’iconologia, vede

l’opera d’arte come espressione della visione del mondo di una cultura specifica. Nel suo lavoro fa

un parallelismo tra l’architettura gotica e la filosofia scola

Dettagli
Publisher
A.A. 2017-2018
6 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/05 Psicologia sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher elib. di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia sociale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Capuzzo Paolo.