Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Critica qui, i giovani venezuelani, perché rimasti a braccia conserte, ma
soprattutto li critica perché; per giustificare la tirannia di Castro e di Gòmez;
hanno accettato teorie scientifiche assurde, una sociologia scadente che aveva
indotto una falsa credenza della necessità di un “gendarme necessaria” e
questa figura di questo gendarme, secondo Salvador è lo strumento attraverso
cui si perpetua la dittatura nel paese caraibico, perché qui tutte le libertà, gli
vengono sottratte da una sola persona.
Colonna portante della cultura presente in Venezuela tra fine 800 e inizi del
ventesimo secolo, è il positivismo. Si stabilisce, dunque, una stretta relazione
tra il regime di Juan Vicente Gòmez e alcuni dei più autorevoli intellettuali del
Venezuela come Cèsar Zumeta, Bustillos, Josè Gil Fortoul che sono i principali
esponenti del positivismo venezuelano. Essi costituiscono una nuova
generazione di giovani intellettuali, animati dalla stessa preoccupazione per i
problemi del paese e fanno parte del movimento che passerà con il nome di
Generazione Positivista.
Dàvila afferma che il generale Gòmez esercitava un tale fascino su questi
giovani, che mantennero posizioni civili e avanzarono proposte politiche e
sociali, diverse da quelle che assunse il suo governo, in particolare dopo il
1914, quando l’anello di ferro della dittatura si era completamente chiuso in
nome della ritirata della volontà dei popoli.
Dàvila, vuole sottolineare che Vallenilla Lanz, nel 1931 si vantava di aver reso i
migliori servizi che poteva alla causa gomecista e Zumeta, d’altro canto scrive
che Gòmez è un male necessario, è meglio della guerra civile siccome
occorreva un dispotismo prolungato per pacificare il paese.
Bisogna anche tener conto di ciò che scrive Arturo Sosa Abascal sui rapporti tra
questi intellettuali e il regime di Gòmez, infatti lui affronta il tema
dell’autonomia del pensiero positivista del Venezuela e vuole giudicare Gil
Fortoul, Acaya Vallenilla Lanz, Zumeta e altri ancora.
Infine François Chevalier nel suo volume che non è mai stato tradotto in italiano
ovvero “Amèrica Latina de la Indipendencia a nuestros dìas”, introduce un altro
elemento che riflette sulla natura delle dittature latinoamericane tra fine
ottocento e inizi del novecento e infatti chiede di comprendere meglio gli
aspetti del positivismo e infatti non è del tutto strano che i governi
latinoamericani per più di mezzo secolo siano stati sotto dittature che si
spacciavano come portatrici di ordine e progresso ma invece, vi era solo abuso
di potere.
Chevalier, dunque, pone in relazione la teoria di August Comte e la sua
applicazione nelle dittature latinoamericane, sia quelle del diciannovesimo
secolo che quelle del secolo successivo. Infatti Chevalier dice che Comte scrive:
“era a favore di un potere forte capace di mantenere coesione sociale nel
passaggio dallo stato metafisico a quello positivo.
Sarebbe interessante studiare da un punto di vista sociologico queste dittature
perché caratterizzate da mescolanza di spirito progressista e innovativo, di
ideale massonico, talvolta segnato da abusi di potere.
È stato appena accennato il perché De La Plaza vuole sottolineare l’influenza
perversa del positivismo sui ragazzi venezuelani, essendo che a questo punto,
il positivismo espressine della cultura dominante ma anche paradigma che
giustifica le azioni del dittatore Gòmez, mentre gli studenti sono uno dei
protagonisti essenziali della trasformazione economica e sociale del paese.
Salvador De La Plaza, secondo Vitale, appartenenza alla prima generazione
marxista venezuelana di internazionalisti rivoluzionari che si batterono sia per
la liberazione del “piccolo paese”, sia per la liberazione del “grande paese”,
continuando la tradizione boliviana. In effetti, la concezione unitaria
dell’America Latina deriva dall’influenza bolivariana, ma deriva soprattutto
dalla filosofia di Ugarte e dal modernismo latinoamericano di Rodò, Rubèn
Dario e Amado Nervo che insieme costituiscono la generazione del “primo
antiimperialismo latinoamericano” e rappresentano anche la fonte alla quale il
giovane Salvador si ispira.
La sua permanenza nell’isola caraibica nutre ancor di più la sua visione
antimperialista, antistatunitense e internazionalista, durante il quale si vede
impegnato a fondare movimenti, associazioni che hanno come obiettivo quello
di liberare l’America centro-meridionale dalla potenza statunitense ed europea.
Inoltre si pone l’obiettivo di unire alla lotta di emancipazione, quella per la
costruzione di una “patria grande”, frutto di due elementi rivoluzionari
latinoamericani, ovvero quello che deriva dalla contraddizione capitale-lavoro e
anche quello che è tipico della cultura indigenista, che si sviluppa agli inizi del
novecento e vuole rivendicare il ruolo delle popolazioni autoctone e del
meticciato contro la predominanza creola (con il termine creolo si vuole
intendere una persona o figli discendenti di europei).
Nel 1925 Salvador fonda la rivista “Venezuela Libre”, che presto si trasformerà
in “America Libre”, che proclama l’unità di tutti i movimenti latinoamericani
contro le dittature di quel periodo.
In Messico, nel marzo 1925, il pittore Diego Rivera, fonda la “costituenda liga
cubana”, che avrà una rilevanza importante nell’esperienza messicana di
Salvador.
Antonio Julio Mella, scrive di questa associazione appena costituita
affermando che LADLA manifestava la necessità di concretizzare l’ideale di
Bolivar in una formula precisa. Questa unità dell’America può essere raggiunta
solo dalle forze rivoluzionarie del capitalismo internazionale: contadini, operai,
indigeni, studenti e intellettuali d’avanguardia. Cercando di contrapporre
questa unione dei rivoluzionari a quella del capitalismo continentale che ha
formato l’unione Panamericana.
L’attività pubblicistica di questo periodo mostra quanto si sia trasformato il
pensiero politico e culturale di De La Plaza e sono due gli scritti che
testimoniano particolarmente questa sua trasformazioni, uno scritto è più
breve mentre il secondo è più lungo e pieno di riflessioni:
“El pacto de Gòmez con Wall Street”, in cui parla delle relazioni con il dittatore,
i gruppi finanziari statunitensi e il petrolio che a partire dagli anni ’20
acquisisce sempre maggiore importanza nell’economia del paese caraibico.
E come secondo testo, menzioniamo “La reale situazione del Venezuela”,
che scrive con Gustavo Machado. Inoltre Salvador, inoltre, analizza l’
affermarsi della dittatura e il consolidarsi della dominazione nordamericana sul
petrolio venezuelano. Inoltre sottolinea che, fino al 1908, quando cade Castro e
sale al potere Juan Vicente Gòmez, lo sviluppo dell’imperialismo yankee in
Venezuela è avvenuto a causa di due fattori:
l’avversione dei venezuelani per l’investimento di capitali stranieri nel paese e
la scarsa conoscenza che Wall Street aveva delle ricchezze petrolifere del
Venezuela.
Dopo la guerra ispano-statunitense, Salvador si rende conto di quanto stiano
cambiando le relazioni internazionali nel continente, questo perché innanzitutto
si rende conto che la politica degli anni della dittatura di Castro era
caratterizzata da avversione per la presenza statunitense nell’economia
venezuelana, infatti questo comportamento può essere rilevato dai governi
venezuelani, soprattutto quello di Castro, nel adoperare una politica poco
amichevole nei confronti di Castro.
Inoltre Salvador nota quanto stiano cambiando le relazioni internazionali nel
continente, anche a causa del mancato utilizzo di capitale europeo che non ha
risvegliato l’avidità dei capitalisti yankee. A questo punto si determinano tutti i
presupposti per un intervento del potente vicino in tutte le questioni che
riguardano i conflitti tra le nazioni del continente americano ed europee.
A questo punto, gli Stati Uniti dimostrano di essere l’unica potenza capace di
dominare l’America Latina. La loro influenza è stata evidente.
Gli anni della dittatura di Castro, rappresentano il passaggio dall’influenza
dell’economia inglese su quella venezuelana a quella invece del radicamento
della finanza e imprese statunitensi nel paese caraibico;
Salvador all’inizio non aveva capito appieno il pericolo anzi per lui, gli yankee
non rappresentavano un vero e proprio pericolo.
Un altro punto importante, per quanto riguarda l’analisi di Salvador della realtà
venezuelana è costituita dal passaggio della dittatura di Castro a quella
di Gòmez.
Il dipartimento di stato nordamericano, impedisce il ritorno del “leone” (Castro)
dalla Germania e questo consente ai ministri degli Stati Uniti di dirigere una
politica a favore degli yankee.
A tal punto, l’inviato nordamericano WILLIAM BUCHANAN, dispone alla sua
controparte venezuelana, ovvero a Francisco Gonzales Guinàn, alcune
questioni: ovvero cinque reclami statunitensi contro la volontà di Castro di non
voler pagare i danni subiti durante gli anni delle guerre civili e dopo questi
avvenimenti, le scelte statunitensi penetrarono a fondo nell’economia
venezuelana.
I primi 10 anni del ‘900 rappresentano il momento nel quale inizia lo
sfruttamento del territorio venezuelano in cerca del petrolio da parte degli Stati
Uniti ma anche da parte delle imprese britanniche, anche se a godere di
maggiori vantaggi furono le imprese nordamericane. A tal proposito, Salvador
nota che in Venezuela, l’imperialismo yankee si sviluppa diversamente rispetto
ad altri paesi, in effetti qui l’imperialismo da politico, diventa economico.
Inoltre sottolinea che gli Stati Uniti non hanno necessità di provocare
rivoluzioni, come in Messico, per controllare la produzione nazionale, anzi
hanno impedito qualsiasi osa cercasse di abbattere il tiranno.
L’11 novembre 1925 De La Plaza scrive al generale Emilio Arèvalo Cedeno
(Cedegno) una lettera, nella quale parla dei problemi del Venezuela: “uno dei
nostri principali mali è l’ambizione ad occupare la Presidenza ma vi è ancora
un’altra ambizione che è profondamente radicata ed è quella di prosperare
all’ombra della presidenza del tal dei tali, siccome ci sono molti che aspirano
alla presidenza ma ce ne sono altri che si credono incapaci di questa posizione
e si accontentano di bramare la promozione di un amico.
Penso che è da tempo che avremmo dovuto fare una propaganda a favo