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Presenza costante è proprio l’educatore che costruirà il proprio rapporto con il piccolo.
Il periodo di ambientamento solitamente va da inizio settembre fino a fine ottobre e
l’incontro dei nuovi arrivati con i “vecchi” deve avvenire gradualmente sempre
facendosi seguire dagli educatori.
L'appartenenza, è la fase durante la quale si consolida la fiducia tra nido e famiglia. In
questo caso il bambino comincia a frequentare la struttura e la famiglia comprende il
regolamento, cercando anche di lavorare in continuità con il nido. I genitori diventano
risorsa e spesso si creano dei legami che possono durare anche al di fuori della
struttura, favorendo così, il contatto tra bambini e condivisione della quotidianità con
gli adulti. È utile che ci siano sempre due educatori, durante il colloquio con i genitori
ed è consigliato la doppia presenza perché così un educatore può gestire le proposte e
moderare la discussione, l’altra, invece, può osservare la situazione con strumenti
come griglie di osservazioni, diari di bordo, ecc.. Per quanto riguarda i tempi di
inserimento non c’è un modello standard di riferimento, poiché ogni caso è isolato e
solitamente molte strutture lo fanno nell’arco di una settimana o due, partendo da due
ore la mattina insieme alla mamma, passando poi alla frequentazione del nido per
l’intera mattinata senza la mamma, successivamente rimane lì anche per il pranzo,
per arrivare, infine, alla frequenza dell’intera giornata senza il supporto del genitore. Il
sonno è sicuramente l’ultima tappa dell’ambientamento perché questo presuppone
presa di sicurezza da parte del bambino ed è per questo che è l’ultima tappa da
proporre. L'ambientamento non deve essere un’attività routinaria, perché ogni
bambino ha i suoi tempi e abitudini ed è per questo che deve essere definito un
processo con bisogni specifici è a causa di ciò che non si può determinare
precisamente le tempistiche di tale attività. A volte, capita, però, che i genitori
abbiano fretta a far inserire il proprio bambino a causa del lavoro ma allo stesso
tempo, ci sono genitori che chiedono loro stessi il prolungamento dei tempi di
ambientamento perché timorosi di lasciare il proprio bambino a degli estranei. È
possibile, dunque, solo fare una riflessione sull’organizzazione della struttura durante
l’ambientamento e a tal proposito possiamo fare una distinzione tra “ambientamento
L'ambientamento individuale,
individuale” e “ambientamento di gruppo”. è quello
maggiormente utilizzato per i lattanti, siccome prevede l’inserimento di un bambino
alla volta, ciascuno con un proprio educatore di riferimento. Viene poi, lasciata una
settimana di pausa per consentire al gruppetto di conoscersi e successivamente si
prosegue con l’accoglienza di altri bambini.
L'ambientamento in piccolo gruppo, (4-6 bambini), in cui più bambini si inseriscono
contemporaneamente e in questo caso si prevede un breve periodo di tempo come
“pausa” per facilitare la reciproca conoscenza.
Borghi conduce un’ulteriore distinzione di inserimenti:
- Inserimento a goccia: inserire 1-2 bambini alla volta e cominciare la pratica di
inserimento con gli altri, solo se quelli precedenti hanno completato il percorso.
Borghi definisce questa modalità come centrata principalmente sull’adulto e
riguardante la relazione tra bambino ed educatore.
- Inserimento a strati, avviene quando si vuole inserire un gruppetto di bambini e
quando hanno raggiunto un buon livello di ambientazione, si comincia con un
nuovo gruppetto. Ci sono, dunque, contemporaneamente, bambini che si
trovano in fasi diverse dell’ambientamento, ovvero: iniziale, intermedia, finale.
- Inserimento per pacchetti: si inizia con 6-8 bambini per volta, poiché in questo
caso si crede che sia importante privilegiare il rapporto tra pari e questo
permette anche ai genitori di conoscersi e scambiarsi opinioni.
Nel caso dei micronidi, quindi strutture piccole, si procede con inserimenti singoli,
tuttavia, quanto detto, vale non solo per l’ambientamento dei lattanti ma anche dei
semidivezzi e divezzi, per i quali è necessario, ancor più dei lattanti, prevedere
strategie che prendano in considerazione ancora più elementi. Con i semidivezzi ad
esempio, sembra necessario doversi soffermare sullo sviluppo della motricità e del
linguaggio; nel caso dei divezzi, invece, gioco e coetanei assumono grande importanza
e per loro, sono previste anche le uscite, picnic. C'è da sottolineare che
l’ambientamento è anche quel periodo dove i piccoli hanno già frequentato la struttura
ma comincia un nuovo anno, non è semplice per noi adulti rientrare dalle ferie a
lavoro, figuriamoci per i bambini che dopo aver trascorso gran parte del tempo a casa,
devono tornare al nido.
Sono varie le tendenze dei bambini che fanno i loro ingresso al nido e ci sono bambini
che nonostante fanno fatica a lasciare il proprio genitore, si lasciano coccolare e sono
propensi a fidarsi dell’educatore; ci sono bambini che non sono semplici da consolare;
alcuni che sono poco interessati al distacco ma allo stesso tempo nemmeno hanno
tanto interesse a relazionarsi con altre persone. Nel caso dei bambini che si lasciano
tranquillamente coccolare dagli educatori, quindi il primo caso, bisogna dedicare
anche poco tempo a rassicurare il bambino. Nel secondo caso, invece, viene richiesto
un intervento un po' più complesso infatti vengono richiesti tempi molto più lunghi.
Per valutare la qualità dell’ambientamento del bambino al nido, vengono utilizzate
differenti documentazioni e schede di osservazioni. Esempio di documentazione
“qualitativa” è il “quaderno dell’ambientamento”, strumento che serve per raccogliere
informazioni e materiali sui primi rapporti con le famiglie e sul primo episodio di
frequenza del bambino al nido. Esempio invece, di documentazione “quantitativa”,
sono le schede di osservazione indiretta che gli educatori compilano dopo un certo
periodo che hanno osservato il bambino. Nella scheda si osservano vari
comportamenti concreti del bambino e inoltre viene indicata anche la frequenza con
cui determinati comportamenti si verificano.
La routine.
È un termine francese, utilizzato comunemente nella lingua italiana ed indica
un’abitudine e ritmo ripetitivo della vita. Sostanzialmente la sua accezione è spesso
negativa. Nelle strutture per la prima infanzia, con questo vocabolo, si vuole intendere
momenti che si ripetono nell’arco della giornata in modo costante, come nel caso di
accoglienza, pranzo, cambio, sonnellino e ricongiungimento con la famiglia. Tuttavia,
negli ultimi decenni il nido ha assunto una connotazione più educativa dove le routine
sono un momento importante, che sono affiancate a momento più specifici. Nelle
routine i bambini si riconoscono e si ritrovano, gli danno sicurezza perché sono
conosciute ed è per questo che non possiamo dargli un’accezione negativa, bensì
educativa.
Le routine, quindi, scandiscono il tempo della giornata al nido. Il momento del cambio,
ad esempio, è un momento di forte vicinanza tra adulto e bambino ed è proprio a tal
motivo che l’aspetto fisico deve essere legato a quello emotivo-relazionale di intimità,
soddisfacimento di bisogni primari e contatto corporeo. La ripetizione di determinate
azioni permette ai più piccini di comprendere la realtà che li circonda e di compiere
persino dei cambiamenti e primi tra questi, sono quelli legati all’autonomia. Uno degli
scopi della routine, inoltre, è anche promuovere la concezione del tempo e dello
spazio, infatti queste aiutano il più piccolo ad orientarsi temporalmente, riuscendo a
comprendere, gradualmente, ciò che viene prima e ciò che viene dopo, ad esempio il
bambino comincia a sapere che dopo la nanna e la merenda arriva la mamma per
portarlo a casa. Le routine lo aiutano anche nello sviluppo dell’orientamento spaziale,
poiché essi aiutano il piccolo a prendere familiarità con ambienti nuovi. I gesti di cura
devono essere intesi sia come sostegno fisico e psichico verso bambini che ancora non
sono in grado di essere autonomi così che la persona percepisca un senso di sicurezza
e inoltre, i gesti di cura sono intesi anche come manipolazioni corporee materne e
gesti di contenimento fisico ed emotivo come nel caso di giochi corporei e atti di
affetto come accarezzare o tenere in braccio. I termini utilizzati per indicare questi
gesti (holding e handling) sono stati introdotti da Winnicott e li ha utilizzati per riferirsi
alla capacità della madre di contenere le difficoltà del bambino e di capire il momento
giusto in cui presentare al piccolo un oggetto o quando stare vicina al piccolo o
addirittura quando è il momento di farsi da parte. Il bambino, quindi, riesce a crearsi
legami affettivi e mentali attraverso esperienza di cura e accudimento del suo corpo e
dei suoi bisogni. Tutto contribuisce a determinare lo sviluppo della sua identità e del
suo sé corporeo che, secondo Bettlheim è il precursore di ciò che in seguito diventerà
personalità individuale e quindi se al bambino rivolgiamo atteggiamenti positivi gli
diamo modo di fargli percepire il proprio corpo come fonte di godimento. Un bambino
che mangia quello che gli viene dato, che dorme serenamente, che accetta
tranquillamente di essere cambiato, è certamente un bambino che sta adattando
serenamente e sta vivendo bene l’esperienza e quindi sta costruendo la propria
identità verso l’autonomia e per ottenere questo, la struttura deve accertarsi di
organizzare la giornata, tenendo conto dei ritmi del bambino per garantire una
gradualità nell’adattamento al nuovo contesto. Se, dunque, la struttura, tiene conto di
ogni bambino contribuisce sicuramente a creare una situazione di benessere e
distensione che conduce, verso la seconda parte dell’anno, alla regolarizzazione dei
ritmi che diventano sempre più simili in tutti i bambini. Curare le routine, per
l’educatore, significa anche controllare la comunicazione non verbale, perché, i
momenti di cura sono anche momento di apprendimento informale legato
all’educazione tacita e a tutte le informazioni che vengono trasmesse in modo
indiretto e inconsapevole.
Bisogna menzionare la riflessione di Bosi su altri momenti che potrebbero essere
definiti di routine, come ad esempio andare a fare il sonnellino, uscire in giardino o
concludere un gioco. La scala SVANI è la traduzione italiana di uno strumento
ame