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Dahl. Tra le maggiori tendenze contemporanee, oltre all’adattamento, appare sempre

più preponderante il filone dei nostalgico, volto alla prosecuzione di narrazioni di

successo proposte in passato o riadattamenti di opere popolarmente apprezzate.

Fioriscono dunque sequel, spin-off e live action: sia per una questione economica , sia

per accontentare i fan di saghe cinematografiche o di specifiche opere, il mercato

contemporaneo mette da parte la fantasia e la creazione di nuove storie per

riprodurre lavori già conosciuti o ampliarli. In particolare, si tratta di una tendenza

completamente abbracciata dal mondo Disney, impegnato a rivedere i suoi grandi

classici sotto forma di live action o ad offrire sequel di opere del suo repertorio.

Walt Disney e i Pixar Animation Studios

Il 1923 può essere considerate la data di inizio della grande animazione Disney. Due

fratelli , Walt e Roy Disney, fondano infatti un piccolo studio chiamato Disney

Brothers Studios. Inizialmente si occupano solo di cortometraggi e brevi serie,

acquisendo popolarità grazie alla figura di Topolino. Il primo film d’animazione risale

al 1937 ed è rappresentato da Biancaneve e i sette nani. La Disney raggiunge un

successo sempre maggiore e tocca un primo grande apice negli anni 50 e 60 con una

serie di classici come Lilli e il vagabondo e La carica dei 101. Nonostante la successiva

morte dei due fratelli, lo studio riesce a superare la crisi e raggiunge un secondo picco

negli anni 90 (considerati gli anni del Rinascimento Disney), con la produzione di

grandi altri classici come La Sirenetta e La bella e la bestia. Gli incassi iniziano a

crescere per un sempre più nutrito merchandising, per i Disney store, i parchi a tema

e l’acquisizione della Pixar nel 2006. La Pixar nasce nel 1986 ed è nota per essere il

primo studio ad aver lavorato su opere interamente prodotte in computer grafica. Le

opere Pixar si distinguono dall’immaginario Disney per un minor riferimento alla

fiaba e una minore targhettizzazione. La Disney è divenuta la maggiore produttrice di

film d’animazione, una vera e propria creatrice e promotrice della cultura di massa, in

grado di influenzare l’immaginario di diverse generazioni in diverse parti del mondo.

I prodotti Disney sono fatti di luci e di ombre: conquistano un grande pubblico grazie

alla semplice bellezza dei disegni e all’immediatezza della narrativa, andando a

toccare tematiche universali in grado di attirare una vasta gamma di spettatori. La

Disney offre un immaginario affascinante ma, allo stesso tempo, di scarso spessore

nell’affrontare la complessità di alcune tematiche. I modelli proposti da Disney si

rifanno al fiabesco, spesso attingendo direttamente da fiabe tradizionali. I personaggi

ricoprono caratteristiche universali e vanno a toccare con semplicità alcune delle più

comuni paure o desideri della gioventù. Proprio per l’universalità dei personaggi e la

loro scarna caratterizzazione, basata su comuni desideri e aspirazioni,

l’immedesimazione di spettatori e spettatrici è particolarmente immediata.

Hayao Miyazaki e lo Studio Ghibli

Lo studio Ghibli, fondata Tokyo nel 1985, è un celebre studio cinematografico, noto

soprattutto per le opere di Hayao Miyazaki. Lo studio ha ottenuto inizialmente

grande successo in Giappone e, dalla fine degli anni Novanta, si è affermato anche in

Occidente e in Italia. Negli anni, lo studio ha continuato ad utilizzare tecniche

tradizionali di disegno, mantenendo una precisa linea stilistica e in parte tematica: le

storie si rifanno al fiabesco, mescolando elementi occidentali e orientali con successo.

Sono diversi i temi presentati da Miyazaki nella sua cinematografia. Prima di tutto

l’autore pone grande attenzione alla crescita, analizzando diversi momenti della vita

dei personaggi da lui creati. Si tratta di personaggi in cerca di autonomia e di una

maggiore conoscenza di sé stessi e del mondo che li circonda. Ciò rende le opere del

regista estremamente adatte ad un giovane pubblico in grado di immedesimarsi con

facilità con i temi presentati. Un altro tema è l’elemento dell’aria, del volo, del cielo. Il

volo è la leggerezza, ma anche l’esplorazione dell’infinito, di quello che c’è oltre.

Torna quindi la metafora del viaggio come presa di coscienza di sé, dell’esplorazione

del fuori per capire cosa ci si porta dentro. Per esempio, in Kiki consegne a domicilio,

la giovane strega protagonista cavalca una scopa e si libra nel cielo proprio mentre, a

13 anni, si allontana per la prima volta da casa in un anno di noviziato. Kiki si spinge

verso l’età adulta e lo fa mostrando le sue fragilità e le sue sfumature: da un lato la

voglia e il coraggio di esplorare ed esplorarsi, dall’altro la vulnerabilità, la paura di

perdersi, di non comprendersi e di evolversi perdendo i propri poteri e affetti. Inoltre

le opere del regista si caratterizzano per la presenza di un mondo spirituale, a tratti

magico, che propone una filosofia animistica in grado di trovare la bellezza nelle cose

più semplici e frequentemente scontate. Il legame con il contesto naturale è una delle

tematiche cardine della produzione di Miyazaki. I personaggi femminili sono i più

frequenti e sono ben sviluppati nelle opere del regista: la femminilità non viene

esplorata in quanto tale, ma al contrario l’artista si limita a presentare le storie di vita,

tra reale e fantastico, di bambini o ragazze che esplorano il mondo e si rivelano in

grado di agire secondo i propri desideri e combattere per i propri sogni, scavalcando

il semplice modello Disney per offrire una maggiore presa di coscienza. Il regista

introduce anche il tema della sorellanza, un filone chiave dal punto di vista

pedagogico purtroppo non abbastanza comune nelle narrazioni per l’infanzia. Come

maggiore esempio ricordiamo sicuramente Il mio vicino Totoro.

Il cinema dark di Tim Burton

Tim Burton è stato negli ultimi anni uno dei registi più apprezzati. Egli si è distinto

attraverso uno stile particolare, basato su tinte dark, trame che richiamano i lati più

oscuri del fiabesco, scenografia gotiche e personaggi grotteschi. Inizia la sua carriera

nel 1982 con una brevissima opera, di soli 5 minuti, che offre però numerose

tematiche, spesso autobiografiche. Nel cortometraggio ritroviamo alcuni dei filoni

narrativi chiave della carriera del regista, oltre che dei chiari rimandi al cinema

espressionista tedesco per quanto riguarda lo stile e le ambientazioni (che mescolano

la realtà e l’immaginazione) e una netta ispirazione alla letteratura gotica. Il

protagonista di questa sua prima opera è Vincent, un bambino emarginato ed

incompreso. Egli ama dipingere e ama la letteratura, ma non è appassionato ai classici

bensì ai racconti di Edgar Allan Poe. Il bambino ha fantasie surreali e dark che la

madre non riesce a comprendere. Appare evidente la mancanza di comunicazione

con le figure adulte (sia con la zia che con la madre). Emerge la volontà di ribellarsi

contro tali figure e andare contro le loro aspettative per trovare una propria via ed

una propria identità. Spicca anche la mancanza di un solido nucleo familiare: come

accadrà spesso nelle altre opere di Burton, la figura del padre è assente o fortemente

negativa. È poi toccato il tema della devianza: il protagonista ha dei tratti scheletrici

che identificano una delle caratteristiche principali dei personaggi di Burton, ragazzi

che per la loro diversità fisica o psicologica non si sentono parte del mondo che li

circonda. I personaggi di Burton, proprio a causa della loro sofferenza, decidono di

allontanarsi dalla società e generalmente non sono sollecitati a rientrarvi da altri

personaggi a causa delle loro stranezze e dei loro continuo senso di inadeguatezza.

L’emarginazione per eccellenza è quella rappresentata nel film La sposa cadavere.

Nella filmografia del regista possiamo riconoscere due categorie di outsider: i primi

sono caratterizzati da tormenti intimi e personali, mentre i secondi sono allontanati

dalla società . Nelle opere viene poi affrontato il tema delle relazioni amorose.

Quest’ultimo è affrontato in modi diversi: talvolta l’amore mette in relazione due

personaggi emarginati, altre volte invece è una forza dannata e non ricambiata, altre

volte è un sentimento positivo. Anche Tim Burton segue nei suoi lavori il filone

dell’adattamento da testi letterari: egli ha infatti riproposto vari libri per ragazzi. Le

opere di animazione del regista sono particolarmente trasversali in quanto vanno a

coinvolgere fasce di età differenti. Questa produzione variegata permette di poter

presentare le sue opere a fasce d’età e in contesti diversi, trovando un preciso

riscontro alle necessità di ogni periodo di vita.

Ulteriori proposte cinematografiche

Oltre alla produzione precedentemente citata, ricordiamo anche alcune produzioni

minori. Da questo punto di vista, la cinematografia d’animazione di ambito

francofono si distingue dal modello hollywoodiano attraverso una produzione

personalizzata e particolare. Lo stile francese si sviluppa a partire da una grafica che

evita di ricorrere ad un grosso intervento tecnologico, basandosi su tratti semplici ma

eleganti. Tra i maggiori esempi possiamo ricordare Appuntamento a Belleville. Dagli

anni 90, Michel Ocelot ottiene poi un notevole apprezzamento nel panorama

cinematografico. Nella sua opera più nota, Kiriku e la strega Karabà si rifà alle

leggende africane e al canone fiabesco nel presentare una narrazione esotica e lontana

dagli stereotipi del mondo occidentale. Anche i tratti e i colori richiamano la cultura

africana. Fra i temi dell’opera possiamo sottolineare: il ruolo di una famiglia; la

crescita attraverso il viaggio, la scoperta del mondo, di sé stessi e del cambiare forma;

l’importanza della figura del nonno; il saper guardare oltre l’apparenza, cercando di

scoprire da dove deriva il male e come curarlo . Altra sua celebre opera è Principi e

principesse. Ocelot lavora sugli stereotipi di genere, ribaltandoli. Tra le opere di

animazione che hanno saputo rappresentare la complessità dell’infanzia ricordiamo

anche La mia vita da zucchina. L’infanzia di questo film è quella negata, che cerca di

superare i traumi attraverso l’unione del gruppo e il supporto reciproco. Nonostante i

temi trattati siano particolarmente difficili, l’opera riesce a mantenere un tono

delicato e a tratti ironico. Lo stesso orfanotrofio non è ritratto come luogo di

sofferenza, ma come luogo dove potersi rigenerare, riscoprire e confrontare con gli

altri.

Lettering the reality: il graphic journalism tra intercultura e attività (capitolo

7)

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Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

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