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Estratto del documento

PARADISO, CANTO VIII

Argomento del Canto

Ascesa al III Cielo di Venere ed incontro con gli spiriti amanti. Colloquio con l'anima di Carlo Martello espiegazione delle diverse inclinazioni degli uomini volute dalla Provvidenza. È la sera di mercoledì 13 aprile (o 30 marzo) del 1300.

Ascesa al III Cielo di Venere. Gli spiriti amanti (1-30)

Dante spiega che il mondo pagano credeva che la dea Venere diffondesse dal terzo pianeta la tendenza all'amore sensuale, per cui gli antichi adoravano questa divinità e anche Dione e Cupido, madre e figlio della dea. Essi identificavano con Venere l'astro che in certi periodi dell'anno appare prima del Sole. Dante si accorge di ascendere al III Cielo per l'accrescimento di bellezza di Beatrice: poi vede varie luci (gli spiriti amanti) ruotare veloci in cerchio che si avvicinano a Dante e Beatrice rapidamente e quelle più vicine a Dante intonano il canto Osanna.

Incontro con Carlo Martello

(31-48)Una delle anime (Carlo Martello) si fa più vicina a Dante e dichiara di essere pronta a soddisfare ogni richiesta del poeta. Spiega che essi ruotano insieme all'intelligenza angelica dei Principati, cui Dante stesso si rivolse con la canzone "Voi che 'ntendendo il terzo ciel movete", e sono talmente pieni di amore che pur di compiacerlo sono disposti a fermarsi un po'. Dante si rivolge con uno sguardo a Beatrice, che risponde con un cenno di assenso, quindi torna a parlare all'anima e le chiede di presentarsi. La luce che avvolge il beato fa assai più splendente, tale è la gioia che egli prova nel rispondere a Dante.

(49-84)Il beato spiega di aver vissuto poco tempo sulla Terra e se fosse rimasto lì più a lungo si sarebbero evitati molti mali ora presenti. Egli si presenta come il signore atteso a Provenza, solcata dai fiumi Rodano e Sorga, a Napoli, dove sorgono le città di Bari,

Gaeta e Catona sono due città situate in Italia, dove scorrono i fiumi Tronto e Verde. Gaeta è stata anche la sede di incoronazione del re d'Ungheria e la terra attraversata dal Danubio. Inoltre, il re avrebbe regnato anche sulla Sicilia, dove l'Etna erutta a causa di un fenomeno naturale. Nel testo successivo, Dante manifesta la sua gioia nel parlare con Carlo Martello. Dante chiede allo spirito di chiarirgli come sia possibile che da un padre liberale nasca un figlio avaro. Carlo risponde con la verità e spiega che Dio, che fa ruotare i Cieli del Paradiso, fa sì che la sua Provvidenza diventi una virtù operante negli astri. Dio determina le nature umane per la loro essenza e per il loro fine nel mondo, quindi ogni cosa stabilita dalla Provvidenza si avvera in base a un determinato scopo. Se non fosse così, le influenze celesti sarebbero rovinose per gli uomini. Carlo chiede a Dante se su questo punto necessiti di ulteriori spiegazioni, ma il poeta si dichiara soddisfatto. Carlo prosegue spiegando...che l'uomo sulla Terra deve soprattutto essere cittadino, cosa che trova Dante d'accordo, e ciò richiede che gli uomini svolgano diverse funzioni e mestieri. Dunque è inevitabile che l'indole degli uomini sia diversa. La virtù dei Cieli opera queste distinzioni ma non distingue tra le varie casate. Se la Provvidenza divina non operasse in tal modo, i figli seguirebbero sempre le orme dei padri e ciò non sarebbe utile alla società. Gli uomini devono assecondare le inclinazioni (136-148) Dante ha compreso perfettamente ma Carlo vuole aggiungere ancora altro. Se la disposizione naturale trova l'ambiente intorno a sé discordante gli effetti sono sempre negativi; e se gli uomini badassero di più alle inclinazioni naturali, avrebbero persone più adatte alla loro funzione. Ma non essendo così, il mondo degli uomini è fuori dalla strada tracciata da Dio. Interpretazione complessiva Protagonista del Canto è

Carlo Martello, il primogenito di Carlo II d'Angiò che Dante conobbe a Firenze nel 1294. Carlo è incluso fra gli spiriti amanti del III Cielo: è probabile che il poeta vedesse nell'amicol'esemplare di buon sovrano. Dante lo colloca fra i beati a meno di cinque anni dalla morte. L'incontro con Carlo Martello è diviso in due parti, che corrispondono all'autopresentazione del beato con le critiche rivolteal fratello Roberto (vv. 49-84) e al discorso sulle inclinazioni individuali (94-148) che si riallaccia a quellopiù ampio degli influssi astrali. Carlo parla in stile alto e solenne: dopo essersi presentato come amico di Dante e aver rimpianto di non essere vissuto più a lungo per non aver potuto dimostrare a Dante il suo affettoe non aver evitato il malgoverno degli Angioini, il beato allude a se stesso come l'erede dei domini di Provenza, Napoli e Ungheria. Le tre regioni vengono anch'esse indicate con una

Elegante perifrasi geografica, in quanto la Provenza è la terra solcata dai fiumi Rodano e Sorga, il regno di Napoli è il cornod'Ausonia dove sorgono le città di Bari, Gaeta e Catona e il cui confine settentrionale è segnato dal Tronto edal Liri, mentre l'Ungheria è nuovamente indicata come la terra attraversata dal fiume Danubio. Roberto re di Napoli dovrebbe prendere esempio dalla storia passata per non commettere gli stessi errori. Roberto viene criticato per il suo malgoverno in quanto gretto e meschino per cui dovrebbe modificare la sua condotta se vuole evitare di danneggiare lo Stato e fare la stessa fine di Carlo I in Sicilia. Dante prosegue la sua dura polemica contro gli Angioini, colpevoli di aver cacciato Manfredi di Svevia dal regno di Napoli con l'appoggio della Chiesa e di governare malamente Provenza e l'Italia meridionale. Il lamento di Carlo Martello è quello di un buon principe che avrebbe potuto essere un

sovrano migliore; la polemica di Dante è contro i sovrani temporali che tentano di ribellarsi all'autorità imperiale con l'appoggio della Chiesa. L'accusa contro Roberto d'Angiò porta Dante a chiederne conto a Carlo, il quale nella seconda parte del Canto affronta la questione delle inclinazioni individuali.

Note e passi controversi

  • La bella ciprigna (v. 2) è la dea Venere, così detta perché secondo il mito era nata dalle acque del mare intorno all'isola di Cipro.
  • Il terzo epiciclo (v. 3) vale "terzo cielo" e indica la sfera minore che gli astronomi medievali immaginavano inserita nella più ampia sfera del Cielo, dove appunto ruotava l'astro.
  • Il v. 9 allude al passo dell'Eneide in cui Cupido, prese le sembianze di Ascanio, il figlio di Enea, siede in grembo alla regina Didone e la ferisce con una freccia, facendola innamorare dell'eroe troiano. Anche Folchetto dirà che il folle amore
di Didone danneggiò Creusa e Sicheo, rispettivamente la prima moglie di Enea e il primo marito di Didone. - Venere è indicata ai vv. 11-12 come "la stella / che 'l sol vagheggia or da coppa or da ciglio", cioè il pianeta che è corteggiato dal Sole alle sue spalle oppure di fronte, a seconda che Venere sia mattutino o vespertino. - I vv. 17-18 alludono al canto polifonico, in cui spesso c'è una voce che mantiene la stessa nota. - I venti... visibili (vv. 22-23) sono i lampi, mentre quelli invisibili sono i turbini: entrambi si generavano dall'urto di vapori caldi e secchi all'interno delle "fredde nubi". - Al v. 27 in li alti Serafini indica probabilmente il Primo Mobile, dove questi spiriti sono passati lasciando la loro sede nell'Empireo e dove hanno iniziato la loro danza circolare. Altri commentatori intendono invece lo stesso Empireo, dove però i beati sono fermi. - Al v. 34 i principi celestisono i Principati, l'intelligenza angelica che governa il III Cielo.- Al v. 61 Ausonia è l'antico nome classico dell'Italia, mentre il corno è rappresentato da Calabria e Puglia che formano una specie di mezzaluna. Le città citate dopo (Bari, Gaeta, Catona) indicano le località più periferiche rispetto a Napoli (Catona era in Calabria, oggi vicino a Reggio: alcuni mss. leggono Crotona).- Al v. 67 la Trinacria è la Sicilia, indicata col nome classico ma anche con un riferimento al titolo di "re di Trinacria" assunto da Federico d'Aragona dopo i Vespri. Caliga vuol dire "è coperta di caligine", con allusione alle frequenti eruzioni dell'Etna che erano attribuite al gigante Tifeo sepolto sotto il vulcano.- Al v. 72 Carlo e Ridolfo sono Carlo I d'Angiò e Rodolfo d'Asburgo, padre della moglie di Carlo Martello.- Il grido "Mora, mora!" (v. 75) allude alla rivolta che il30 marzo 1282 mosse i Siciliani contro gli Angioini, a causa del sopruso di un soldato francese all'ora del Vespro il lunedì di Pasqua. - L'avara povertà di Catalogna (v. 77) che Roberto d'Angiò deve fuggire indica l'indole avara del fratello di Carlo Martello: Roberto ebbe al soldo dei mercenari catalani, gli Almogaveri, la cui avidità avrebbe danneggiato il regno. Carlo parla al presente nonostante Roberto diventerà nel 1309. - Al v. 102 salute vuol dire "fine", "scopo" delle varie nature. - Il "maestro vostro" citato al v. 120 è Aristotele. - Solone (v. 124) è il riformatore ateniese del VI sec. a.C., mentre Serse è il re persiano che mosse guerra alla Grecia nel 480-479 a.C.; Melchisedèch (v. 125) è il primo grande sacerdote di Israele. - Quirino (v. 131) è Romolo, figlio del pastore Faustolo ma attribuito a Marte.

la bella Ciprigna il folle amoreraggiasse, volta nel terzo epiciclo; 3per che non pur a lei faceano onoredi sacrificio e di votivo gridole genti antiche ne l'antico errore; 6ma Dione onoravano e Cupido,quella per madre sua, questo per figlio,e dicean ch'el sedette in grembo a Dido; 9e da costei ond'io principio pigliopigliavano il vocabol de la stellache 'l sol vagheggia or da coppa or da ciglio. 12Io non m'accorsi del salire in ella;ma d'esservi entro mi fé assai fedela donna mia ch'io vidi far più bella. 15E come in fiamma favilla si vede,e come in voce voce si discerne,quand'una è ferma e altra va e riede, 18vid'io in essa luce altre lucernemuoversi in giro più e men correnti,al modo, credo, di lor viste interne. 21Di fredda nube non disceser venti,o visibili o no, tanto festini,che non paressero impediti e lenti 24a chi avesse quei lumi diviniveduti a noi venir, lasciando il giropria cominciato

in li alti Serafini; 27e dentro a quei che più innanzi apparirosonava 'Osanna' sì, che unque poi
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Publisher
A.A. 2020-2021
78 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher polly_64 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Catania o del prof Traina Giuseppe.