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CAP. 3: SCHERMO DELLE MIE BRAME

Se è vero che un ventennio della vita di Goliarda Sapienza è dedicato all'arte della scrittura e se è evidente che la maggior parte delle sue opere ha una esplicita marca autobiografica, è abbastanza prevedibile concludere che il cinema sia una delle materie prime che nutrono la sua scrittura, per i temi, le immagini e le prospettive visuali che provengono da quel mondo.

La giornata di una spettatrice

Io, Jean Gabin è un romanzo postumo che si aggiunge agli altri capitoli dell'Autobiografia delle contraddizioni, scritto subito dopo l'esperienza decennale della stesura dell'Arte della gioia. In questo romanzo è come se Sapienza, tornando a maneggiare il materiale del tempo dell'infanzia, avesse trovato il modo di difendersi dalle ferite dei ricordi difficili perché protetta dalla seconda pelle di Modesta. Infatti la Goliarda bambina protagonista di questo romanzo è indubbiamente

una figura autobiografica che però fa tesoro della soggettività di Modesta. Rispetto a Lettera aperta (che racconta gli stessi anni e gli stessi luoghi) la scrittrice pare aver trovato la giusta distanza per raccontare la sua formazione, senza le preoccupazioni espresse nei "romanzi della cura" (L.A. e F.M.), cioè senza considerare le menzogne e il peso ingombrante dei ricordi. La leggerezza di questo romanzo è il frutto dell'esperienza liberatoria compiuta con la stesura dell'Arte della gioia, che ha inoltre rinsaldato la certezza della vocazione letteraria di Goliarda. Se anche Io, Jean Gabin può essere considerato un Bildungsroman, esso è da considerarsi all'interno di un particolare sottogenere del romanzo di formazione e cioè quello delle "memorie degli spettatori", in quanto la formazione riguarda principalmente la dimensione dello sguardo, che diventa il vero protagonista della storia. Quellanarrata è dunque la genesi di una visione del mondo e della vita, come è evidente sin dall'incipit del racconto: "Io, che con Jean Gabin ho imparato ad amare le donne, mi trovo ora con la foto di Margaret Thatcher davanti – sul giornale, beninteso, che da buona cittadina post Rivoluzione francese compro tutte le mattine – e comincio a pensare che qualcosa non è andato per il verso giusto in questi ultimi trent'anni di democrazia. Jean Gabin non ne sapeva niente di Lady di ferro, donne poliziotto, soldate culturiste. I suoi occhi azzurri – di Jean intendo – sognavano una donna che fosse come un fiume, un grande fiume languido e vertiginoso che andava a nutrire con le sue acque limpide il mare. Questo ho imparato da lui e per me la donna è sempre stata il mare". Come in L.A. e nel F.M. anche qui la ricerca del tempo perduto procede a ritroso (à rebours) e il primo passo che l'io compie per riallacciare i fili.della sua storia è quello di rivolgersi a una figura importante per la sua formazione (in L.A il professor Jsaya e nel F.M. Nica), ma in questo romanzo la dimensione visuale è marcata dal riferimento a una foto e a un'immagine di celluloide scelte per rappresentare la distanza fra l'oggi e tutti i suoi ieri. Del resto, il racconto procede qui con un flashback la cui ascendenza cinematografica viene confermata nelle pagine successive della citazione di uno dei film più celebri della storia del cinema, citazione peraltro costruita a partire da un'inversione temporale. -> il rimando a Le jour se lève – Albatragica infatti, oltre a rivelare la predizione di Goliarda per il divo del cinema francese, Jean Gabin, che diviene in queste pagine un vero e proprio interlocutore dei pensieri e delle azioni della protagonista, nasconde anche un preciso modello narrativo. Così come il personaggio del film ricostruisce gli eventi che lo hanno

condotto alla situazione presente, così la Goliarda adulta prova a riflettere su ciò che "non è andato per il verso giusto", in un gioco costante di specchi in cui la sua storia si riverbera su quella del contesto in cui è nata e cresciuta e tenta di illuminare le strade che l'hanno condotta al suo presente, condensando il percorso della sua infanzia in un breve intervallo di tempo, incorniciato dalla rievocazione di due film con protagonista Jean Gabin.

Il romanzo, infatti, si apre con la visione di "Il bandito della casbah" e si chiude con quella di "Il porto delle nebbie", mentre la maggior parte del racconto si concentra sul ricordo di una giornata trascorsa nel tentativo di recuperare il denaro necessario per poter vedere il film interpretato dal divo tanto amato.

Il cinema è esplicitamente inteso come arte della memoria: "rivedere le pellicole di Jean Gabin: sapevo come fare. Chiudendo gli occhi ripassavo

una per una tutte le scene davanti allo specchio della memoria che possedofortissima. [...] Per essere bandito, ladro o ribelle, bisogna avere soprattutto memoria”.

Al di là del nesso spettatrice-attrice-scrittrice che segna il percorso sui generis della formazione di Goliardabambina, la re-visione delle scene dei film “davanti allo schermo della memoria” situa Sapienza entro unmodello di spettatorialità tipico della sua generazione: un modello che è legato al fatto che non sono stateancora inventate le tecnologie di riproduzione domestica dei film (televisori), per cui le figure apparse sulloschermo del cinema diventano come deifantasmi della memoria, mantenute in vita solo attraverso unesercizio mnestico, che qui viene rafforzato dall’abitudine diraccontare ai coetanei abitanti nel suo quartiere le storie degli eroi e delle eroine del grande schermo (svelando così lavocazione performativa e la tensione narrativa).dell’originale iter di formazione di Goliarda). Del resto, l’autobiografia della spettatrice contenuta in Io, Jean Gabin racchiude il valore del cinema come fonte primaria di alimentazione dell’immaginario della protagonista. Le affermazioni di Sciascia “il cinema era allora tutto. Tutto.” o di Calvino “il cinema per me è stato il mondo” e di molti altri autori loro coetanei valgono anche per Sapienza, che con questo romanzo si mostra in sintonia con una letteratura che celebra “l’età dell’oro della cinefilia” e considera il cinema come l’esperienza più rilevante dei propri ricordi. La ragazzina protagonista di Io, Jean Gabin ha vissuto il cinema come un’esperienza che si consuma nella triangolazione fra la sala, lo schermo e la relazione con gli altri spettatori. Il cinema ha infatti creato un nuovo personaggio, quello dello spettatore, che vive il rapporto con il divo come una “relazione

"amorosa mai consumata". La protagonista della storia narrata da Sapienza percepisce la propria condizione di spettatorialità e avverte il "divario tra lo schermo e la platea" e si lascia nutrire dal desiderio di ridurlo il più possibile. -> Già nel primo capitolo la giovane spettatrice sembra cosciente del rapporto dialettico fra il suo sguardo e quello degli altri frequentatori del cinema Mirone; la relazione fra i suoi occhi (che si identificano con quelli di Jean Gabin) e quelli della donna che appare sul grande schermo si consuma in uno spazio in cui sono presenti altri occhi, che hanno a loro volta una diversa considerazione dei personaggi del film: "[...] Bastava staccare lo sguardo da quegli occhi tristi [dell'attrice protagonista] appena velati di lacrime trattenute e guardarsi intorno della platea per capire che tutti quei mostriciattoli, femmine e maschi, nascondevano sotto la falsa ammirazione l'odio per la perfezione"

di quel viso che li umiliava".

La postura spettatoriale di Goliarda oscilla fra gaze e glance (gaze = lo spettatore si sente solo davanti allo schermo ed è coinvolto al 100% dal film; glance = spettatore disattento, annoiato, che vede il film in modo discontinuo). È infatti distratta dal contesto e dall'osservazione di ciò che avviene nella sala: Goliarda si preoccupa per il giudizio sul film da parte del pubblico che la circonda perché è consapevole del sottile filo di continuità che lega la sala al contesto del quartiere in cui è collocata. -> La lite (che racconta di seguito) con Concetta e la madre, due donne che hanno osato commentare ad alta voce l'apparizione della diva sullo schermo, manifestando incomprensione per una bellezza così lontana dai canoni della loro vita quotidiana, dimostra proprio come il cinema Mirone rappresenti una delle situazioni della mappa del Bildungsroman della protagonista, che vive

In dialettica osmosi con lo spazio in cui è collocato. L'altra scena del romanzo che si svolge dentro al cinema Mirone, nel tredicesimo capitolo, evidenzia, verso la conclusione, questa asimmetria di sguardi e la consapevolezza di Goliarda di essere una spettatrice atipica, nonché destinataria privilegiata del messaggio anarchico e libertario incarnato dal suo eroe: immersa nella calca di persone che entrano nella sala in cui sta per essere proiettato "Il porto delle nebbie", la piccola Goliarda sente di essere parte di un rito collettivo al quale non può aderire se non rimarcando una precisa presa di distanza dal resto del pubblico. ->"Dentro sono la sola nella prima fila della galleria. È l'unica raccomandazione di mio padre: "Solo in galleria mi raccomando, non è per disprezzare il popolo, è che il popolo è quello che è, col tempo vedrai". Col tempo quei veri e propri animali che sputano in

terra e in aria (fanno a chi fa il tiro più alto), si danno pacche, a volte si levano anche lecamicie – se camicie si possono chiamare – le sventolano, urlano, si chiamano con parole che solo a ricordarle le gambetremano, si sdraiano in terra o russano oscenamente, è possibile che cambieranno? Non mi sembra possibile, ma ognunoha il suo sogno e io rispetto il sogno di mio padre come lui rispetta il mio. Se non fosse così vi sembra che un avvocato digrido permetta che la sua carusa vada al cinema da sola alle due del pomeriggio – anche se in galleria- e ce la lasci fino asera tardi? Anche se lassù c’è uno di quei dolcissimi delinquenti falliti che mio padre ha “sistemato” come sorvegliante eche con la lampadina tascabile ogni tanto nel buio illumina un cerchio intorno a me per verificare che nessuno mi tocchi”.È evidente, dunque, lo scarto dalla norma della famiglia di Sapienza, nonché della sua educazioneanticonformista.

Il punto dei segni di eccedenza della sua fisionomia di spettatrice è proprio quella solitudine (una ragazzina che negli anni 30 andava al cinema da sola è certamente un'anomalia), che per un verso rappresenta il presupposto della libertà de
Dettagli
Publisher
A.A. 2021-2022
18 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Giulia.li di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Michelacci Lara.