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TRAMA

Nell’introduzione alla prima giornata, Boccaccio rievoca l'episodio della peste, per spiegare

gli eventi successivi che si scateneranno nell'opera.

La vicenda si svolge infatti nel 1348, nella città di Firenze, dove la peste iniziò a manifestarsi

ad inizio di aprile. La peste era apparsa per la prima volta anni prima nelle regioni d'Oriente

per poi diffondersi successivamente in Occidente.

In questo periodo storico l'ingresso alla città fu vietato a chi era già malato e furono resi

pubblici consigli per conservare la salute.

I primi sintomi della peste erano dei rigonfiamenti sotto l'inguine o sotto le ascelle che

venivano chiamati bubboni (gavoccioli), che si diffondevano poi successivamente in tutte le

parti del corpo. 20

Nessuna medicina era efficace contro la peste: essa causava la morte del malato dopo tre

giorni dalla comparsa e diventava sempre più pericolosa in quanto infettiva (tanto che anche

gli animali morivano entrando in contatto con gli infetti).

In quel periodo a Firenze alcuni preferivano lasciare la città e rintanarsi sul cibo; c'era chi,

invece, preferiva affogare le sofferenze bevendo e chi andava in giro portando in mano fiori

(per contrastare la puzza di cadaveri).

Visto che molti lasciarono la città, a prendersi cura degli infermi molte volte erano dei

servitori che venivano pagati.

Con l'epidemia di peste erano cambiate anche le usanze sui funerali. In precedenza, le

donne e i parenti si riunivano nella casa del morto piangendo la sua scomparsa; nel presente

dell'epidemia le persone morivano senza testimoni e non avevano persone a fianco a

piangere la loro morte. Ed erano i becchini a trasportare sulle spalle le bare e non più le

persone care al defunto. Molti morivano per strada mentre altri nelle loro case. I contadini,

invece, morivano nei loro terreni coltivati.

Boccaccio afferma che a morire furono 100 mila persone, si tratta però di un dato errato

(Furono circa 40 mila).

L'autore sposta la narrazione dalla descrizione della peste per raccontare che un martedì,

nella chiesa di Santa Maria Novella, si trovavano sette donne (funzione simbolica: sette

sono i giorni della settimana, i pianeti, le virtù teologali e liberali, le arti liberali ecc …)

vestite a lutto, tutte tra loro congiunte per amicizia o parentele, che avevano un'età

compresa tra i 28 e i 18 anni.

L'autore non ci rivela i veri nomi (in caso qualcuna dovesse vergognarsi per le cose dette,

ma anche per proteggerle dalle critiche).

Per questo decide di chiamarle con la qualità di ciascuna: Pampinea, Fiammetta,

Filomena, Emilia, Lauretta, Neifile ed Elissa.

Pampinea prende parola e rivolge alle altre sei donne i suoi pensieri, proponendo di

lasciare la città per recarsi in una proprietà in campagna.

Filomena controbatte affermando la necessità di coinvolgere anche degli uomini, in

quanto le donne sono litigiose, paurose e deboli e per questo la loro compagnia potrebbe

dissolversi presto.

Per queste ragioni decidono di coinvolgere anche tre giovani uomini, che entrano proprio nel

momento del discorso nella chiesa, i cui nomi sono Panfilo, Filostrato e Dioneo. I giovani

cercavano le loro donne che si trovavano proprio tra le sette riunite.

La mattina seguente, ovvero il mercoledì, alle prime luci del giorno, le donne con le loro

fantesche e i giovani con i loro servitori iniziarono il loro viaggio. Il palazzo si trovava

sopra una collina, tra prati, giardini e pozzi d'acqua freschi (locus amoenus). Di comune

accordo, la brigata decide di eleggere un re o una regina della giornata: la prima è senza

dubbio Pampinea. I prossimi re/regina della giornata saranno eletti dai re/regine

precedenti. Appena suona la "terza" (scansione antica e medievale del giorno; terza = prima

fase dell'alba) la brigata deve ritrovarsi per mangiare: qui Boccaccio descrive una scena

festosa con musica e danza. In quest'atmosfera i giovani decidono di trascorrere il tempo

raccontando una breve novella ciascuno. Il tema della prima giornata è libero e Pampinea

stabilisce che il primo ad iniziare sia Panfilo. 21

[…]nella quale, dopo la dimostrazione fatta dall’autore per che cagione avvenisse di

doversi quelle persone, che appresso si mostrano, ragunare e ragionare insieme,

sotto il reggimento di Pampinea si ragiona di quello che più aggrada a ciascheduno.

●​ Passaggio di consegne dall’autore a Pampinea: rappresenta una delega narrativa, in

cui l’autore stabilisce l’indipendenza dei personaggi, lasciando a loro lo spazio per

raccontare le storie.

●​ Ruolo specifico dell’autore: Sebbene Boccaccio crei l’ambiente iniziale e introduca

le ragioni che spingono i personaggi a riunirsi, poi si ritrae, riservandosi uno spazio

nella cornice narrativa. Tuttavia, in momenti chiave (come nella quarta giornata),

l’autore interviene direttamente per commentare o difendere la propria opera.

Il fatto che il libro sia stato così tanto progettato si ricollega anche a ciò che dice Bausi: opera

morale ma non troppo.

1) E fu questa pestilenza di maggior forza per ciò che essa dagli infermi di

quella per lo comunicare insieme s'avventava a' sani, non altramenti che

faccia il fuoco alle cose secche o unte quando molto gli sono avvicinate […].

2)Dico che di tanta efficacia fu la qualità della pestilenzia narrata nello

appiccarsi da uno a altro, che non solamente l'uomo all'uomo, ma questo,

che è molto piú, assai volte visibilmente fece, cioè che la cosa dell'uomo

infermo stato, o morto di tale infermità, tocca da un altro animale fuori della

spezie dell'uomo, non solamente della infermità il contaminasse ma quello

infra brevissimo spazio uccidesse.

3)Di che gli occhi miei, sí come poco davanti è detto, presero tra l'altre volte un

dí cosí fatta esperienza: che, essendo gli stracci d'un povero uomo da tale

infermità morto gittati nella via publica e avvenendosi a essi due porci, e

quegli secondo il lor costume prima molto col grifo e poi co' denti presigli e

scossiglisi alle guance, in piccola ora appresso, dopo alcuno avvolgimento,

come se veleno avesser preso, amenduni sopra li mal tirati stracci morti

caddero in terra.

●​ Boccaccio riporta tutte le complessità del contagio da peste ci parla di una

distruzione che coinvolge più ambiti: la, società, ma anche animali …

●​ Di che gli occhi miei=io c’ero, sono stato il testimone oculare della vicenda

●​ Riprende la tradizione della narrazione della peste dal De rerum natura di

Lucrezio, coniugandola con l’esperienza della visione diretta

●​ Insiste molto sul descrivere gli aspetti della malattia 22

MODELLI LETTERARI

●​ Historia Langobardorum di Paolo Diacono

L’Historia Langobardorum è una cronaca storica del popolo longobardo scritta nell’VIII

secolo da Paolo Diacono. In essa si trovano descrizioni di pestilenze e calamità che

colpirono il regno dei Longobardi, eventi che Boccaccio sembra riecheggiare

nell’introduzione alla prima giornata del Decameron.

Il riferimento implicito a questo testo serve a collocare la narrazione in una tradizione

storica e a sottolineare l’universalità e la ricorrenza di eventi catastrofici nella storia

dell’umanità.

●​ Le Metamorfosi di Ovidio

Le Metamorfosi di Ovidio, un poema epico-mitologico composto da storie di trasformazioni

e mutamenti, influenzano profondamente la struttura narrativa e i temi del Decameron. In

particolare, nell’introduzione alla prima giornata, il riferimento alle Metamorfosi può essere

ricondotto all’idea di trasformazione: Boccaccio descrive una società devastata dalla peste,

dove le consuete norme morali e sociali sono sovvertite. Tuttavia, questo caos iniziale diventa

il punto di partenza per una rinascita, un processo di trasformazione simile a quelli descritti

da Ovidio.

Le Metamorfosi offrono anche un modello per la narrazione del Decameron, dove ogni

novella rappresenta una sorta di mutamento, sia nei personaggi che nelle situazioni. L’idea di

cambiamento e rinascita è centrale: i giovani che si rifugiano fuori città non solo si

sottraggono alla peste, ma trasformano il dolore e il caos in un’esperienza ordinata e

piacevole attraverso il racconto.

NOVELLA I, 1

Regina/re: Pampinea

Narratore: Panfilo

Giorno: mercoledì

Protagonisti: Cepparello da Prato (notaio); Musciatto Franzesi (mercante); due fratelli

fiorentini (banchieri, usurai); un frate, il priore del convento (confessore); la folla dei fedeli

Dove: Francia: Parigi - Borgogna

Argomento: Ser Cepparello con una falsa confessione inganna un santo frate, e muorsi; ed

essendo stato un pessimo uomo in vita, è, morto, reputato per santo e chiamato san

Ciappelletto.

TRAMA

Pampinea, "regina" della giornata, affida a Panfilio il compito di cominciare il racconto

della storia, che si apre con un'interpretazione, attuata dal narratore, molto particolare, della

realtà; essa viene vista come insieme di "cose temporali", quindi soggette al trascorrere

degli anni e destinate a morire. A tutto questo, fragile ed insignificante, si contrappone la

23

grandezza e la potenza di Dio, la cui grazia si rivolge agli uomini non per i loro meriti, bensì

per via della naturale bontà celeste.

Gli uomini, non potendosi rivolgere direttamente a "Lui", concentrano le loro preghiere

verso coloro che in vita hanno eseguito la volontà del Signore, i santi. Alle volte capita,

tuttavia, che le persone siano ingannate e prendano come intermediario qualcuno che è stato

condannato da Dio stesso all'inferno.

È il caso del protagonista di questa novella, Ser Ciappelletto, descritto da Boccaccio come

"il peggior uomo che mai nascesse", ma considerato venerabile dalla comunità.

Egli è un falsario, bugiardo, disseminatore di litigi, assassino, bestemmiatore, traditore della

Chiesa e della religione, ladro, ruffiano nei confronti di uomini e donne, bevitore di vino: un

uomo, quindi, non estraneo al peccato, anzi avvezzo a deliziarsi di ogni colpa e piacere

mondani.

Egli viene assunto da Musciatto Franzesi che deve lasciare la Francia per andare in Italia,

ma prima di farlo deve riscuotere dei crediti presso persone poco raccomandabili, i

Borgognoni; quindi affida tale incarico a un altro personaggio, ser Cepparello da Prato

(da Ceppo, o ser Ciappelletto poi in riferimento alla chapel inglese o chapelet, rosario), il

quale conduceva una vita fondata sulla falsità, nomi falsi, documenti falsi, dicerie false,

giuramenti falsi. Durante il suo viaggio, trova accoglienza in casa di due fratelli usurai e

qui, inaspettatamente, è v

Dettagli
Publisher
A.A. 2024-2025
56 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher sofietta314 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Michelacci Lara.