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L'ESPERIENZA AMOROSA
La filosofia gli appare quindi come una donna "amorosa", e questo è un modo per dare voce alla passione conoscitiva ma anche alle difficoltà che accompagnano la ricerca del sapere.
Contemporaneamente alle rime dottrinali, vi sono un gruppo di rime che definiscono una nuova concezione della figura femminile. La donna non si identifica più con lo sguardo che diffonde beatitudine, ma appare come una bellezza corporea, presenza lontana e indecifrabile, che non offre alcun percorso di salvezza. Una è una donna - la prima, come Beatrice, sembra essere scesa dal cielo per mostrare sulla terra la sua bellezza ma la caratterizza un'invincibile timidezza; la seconda, è una donna caratterizzata da una forte durezza d'animo; Dante utilizza un tipo di poetare molto difficile che porta l'autore a fare i il trobar-clusconti con di Arnout Daniel.
L'ultimo gruppo delle...
rime dantesche, che appartiene ai primi anni dell'esilio, assume una forte intonazione morale perché Dante si presenta come cantor rectitudinis 'cantore della rettitudine', come ovvero denunciando l'ingiustizia dominante e contrapponendovi la propria sdegnosa solitudine. Il linguaggio della poesia amorosa è ancora lo strumento di cui il poeta si serve per trasmettere il suo messaggio. La parola amorosa può affermare soltanto la propria solitudine ai: la poesia a posto l'affidare al futuro una vibrante speranza.
CONVIVIO (1303-1308):
Il progetto originario era molto ambizioso: prevedeva 15 trattati, di cui il primo introduttivo e gli altri dedicati al commento di altrettante canzoni che non furono mai scritte. Dante si fermò però ai primi quattro trattati commentando soltanto tre canzoni. Avendo lasciato l'opera incompiuta Dante non si preoccupò di rivederla.
Il rapporto tra prosa e poesia nel Convivio è del tutto diverso da
quello che troviamo nella Vita Nova. Mentre nell'operetta giovanile aveva un andamento liricheggiante, ora la prosa si distende in modo più ampio e paziente, con uno stile argomentativo ed espositivo che, con lucida razionalità, affronta alcuni grandi temi della cultura filosofica del tempo. L'intenzione principale è quella di illuminare e tradurre in termini razionali i significati più indeterminati e allusivi delle canzoni.
Dante sottolinea l'opposizione tra la natura "fervida e appassionata" della Vita Nova e quella "temperata e virile" del Convivio. Se il pubblico della prima opera era costituito dal gruppo privilegiato dei fedeli d'amore, ora Dante si propone di raggiungere un pubblico più vasto, di cui fanno parte anche coloro che non hanno potuto dedicarsi agli studi.
PRIMO TRATTATO DEL CONVIVIO: il primo trattato giustifica il fine e il titolo stesso dell'Opera: è un convivio che offre le canzoni
accompagnate dal commento così come una bevanda viene accompagnata dal pane, e ne illustrai significati facilitandone l'assimilazione. Alle vicende autobiografiche egli fa riferimento per difendersi dalle accuse che avevano segnato la sua condanna all'esilio; quanto alla difficoltà, essa è giustificata dall'intenzione di dare autorità e gravezza all'opera più. Un'altra critica potrebbe poi riguardare l'uso del volgare e non del latino aquesta Dante risponde accettando l'opinione corrente che in latino, sia più nobile del volgare. liberalità Egli però sceglie il volgare per, cioè per allargare la cerchia dei lettori a quanti non conoscono il latino. SECONDO TRATTATO DEL CONVIVIO: il secondo trattato fa da commento ‘Voi che ‘ntendendo il terzo ciel movete’ alla canzone si apre con una (letterale) definizione dei diversi sensi che può assumere la scrittura allegorico, morale.anagogico). Dante esprime il proposito di spiegare prima il senso letterale di ogni canzone e poi quello allegorico perché l'autore vuole ricavare dal senso più esteriore e esplicito di un testo, un senso più nascosto, interno. In questo secondo trattato una canzone inventata rimanda all'amore per la donna gentile (già comparsa nella vita nuova). Questo amore non è tanto da intendersi come un allontanamento, sia pure provvisorio da Beatrice, quanto come un'esperienza positiva; non a caso nella donna gentile si riconosce un' allegoria della filosofia. Il trattato presenta anche un'ampia digressione sulla struttura dei cieli e sulle intelligenze angeliche e una descrizione del sistema delle scienze secondo una struttura ascensionale, che ha al punto più alto la divina scienza. TERZO TRATTATO DEL CONVIVIO: il terzo trattato commenta la canzone 'Amor che nella mente mi ragiona', che è una lode.<<commendazione>> di una donna, in cui si riconosce l'allegoria della filosofia. Notevoli sono qui la definizione dell'amore nei suoi diversi gradi di manifestazione dell'universo. Un'attenzione particolare viene rivolta al rapporto tra il sapere e i limiti del desiderio umano.
QUARTO TRATTATO DEL CONVIVIO: il quarto trattato commenta una canzone non più di tipo allegorico, ma costruita come una diretta riflessione 'Le dolci rime d'amor ch'i' solìa'. Dopo aver giustificato l'abbandono delle rime d'amore, Dante prende posizione nella disputa sulla nobiltà e confuta prima di tutto una definizione attribuita a Federico II (secondo la quale <<antica ricchezza>> e <<belli costumi>>) la nobiltà sarebbe data da e prende in considerazione il carattere imperfetto della ricchezza. Dante passa poi ad analizzare il concetto di autorità Imperiale definendola 'di origine divina'.
Dopo altre digressioni sull'origine dell'anima, Dante torna alla "seme di felicità messa in questione di partenza definendo la nobiltà come da Dio nell'anima ben posta". I materiali enciclopedici contenuti nel Convivio stanno a indicare che il sapere è la manifestazione più alta della perfetta felicità dell'uomo e, proprio sulla base di ciò, Dante mantiene ben saldo, attraverso l'uso della figura allegorica della donna-filosofia, il riferimento all'esperienza amorosa. La ricerca dell'umanaperfezione dovrebbe accontentarsi del sapere naturale e non può portare alla comprensione delle cose soprannaturali e alla visione di Dio. L'anima umana avverte il bisogno di un sapere più alto di quello naturale. Dante lasciò interrotto il convivio quando ebbe l'idea di scrivere un'opera del tutto diversa, la Divina commedia, dove il cammino verso la perfezione la visione di Dio.partisse da figure concrete e si servisse non della riflessione filosofica, ma della poesia.
DE VULGARI ELOQUENTIA : De contemporaneamente al convivio è stato scritto, tra il 133 e il 1304, il vulgari eloquentia.
L'opera non ha intendi divulgativi, ma ricorre lo stesso strumento linguistico preferito dai Dotti, allo scopo di convincerli del valore della lingua volgare. La scrittura Latina diventa d'ora in poi, per Dante, un modo di presentarsi dell'uomo di cultura. attro libri, con Il progetto originario del De vulgari comprendeva almeno qul'analisi di vari livelli stilistici ma l'opera rimase interrotta perché Dante si dedicò alla stesura della commedia per la sua incompiutezza, il De vulgari ebbe una diffusione limitata.
1. Il primo libro inizia affermando il carattere naturale della lingua volgare, in quanto viene acquisita dall'uomo in modo spontaneo fin dall'infanzia; per questa sua naturalità il volgare è dichiarato
più nobile dellatino, che invece è una lingua artificiale. Per giustificare la sua posizione, Dante traccia una rapida storia delle lingue umane: la lingua del primo uomo, Adamo, fu a lui attribuita dalla grazia Divina e si conservò presso il popolo ebraico anche quando si venne a formare una molteplicità di lingua in continua trasformazione. Quella propria dell'Europa meridionale che si distingue entro in lingue diverse ma vicine che permettono di parlare di un idioma triforme: lingua d'oilo lingua d'oco lingua del sì. Alla instabilità di queste lingue originarie, si oppone la stabilità in variabilità del latino che sarebbe appunto una lingua artificiale, inventata per consentire una comunicazione universale Al di là delle differenziazioni linguistiche locali. Dopo aver definito le caratteristiche delle lingue doc e d'oïl, Dante ricerca la lingua più illustre, ma nessuno di queste gli sembra in grado dielevarsi al volgare illustre illustrerango di che vedeva come principali caratteristiche:
- CARDINALE: cioè cardine comune di tutti gli altri volgari;
- AULICO: cioè tale da poter essere parlato in una vera aula ovvero la reggia;
- CURIALE: perché le sue regole andrebbero elaborate dalla curia d'Italia, riunite attorno al sovrano.
Il secondo libro mostra un rapporto più stretto con le artes dictandi e le artes poetriae. In base al presupposto che la poesia sia superiore alla prosa, Dante inizia la parte più dettagliata della sua trattazione partendo dall'uso del volgare illustre nella poesia: esso va destinato dagli "armorum proibitas valore nelle argomenti più elevati, e cioè la " (armi), "amoris accensio" (ardore amoroso), "directio voluntatis" (retta volontà). Quanto alle forme, la più nobile appare quella della canzone. Riguardo allo stile, Dante afferma che, al volgare illustre della
canzone,conviene uno "stile superiore", cioè quello tragico; mentre per la commedia conviene il volgare sia "mediocre" sia "umile"; e all'elegia, stile della miseria e della disperazione, soltanto il volgare "umile". DE MONARCHIA: qui il discorso prende l'avvio da principi generali per giungere poi a varietà particolari e circostanziate: la filosofia aristotelica è un riferimento costante in tutto il trattato; ma l'uso che ne dà Dante non coincide con l'impostazione di Tommaso d'Aquino. Oltre ai materiali filosofici, risulta poi essenziale il rimando alle Sacre scritture e alla cultura Latina classica. Le interpretazioni della monarchia hanno sempre oscillato tra due punti di vista opposti: quello di chi vi legge un esempio di visione laica dello stato, e quello di chi con