Dante vede poi un'altra schiera di anime che facevano versi di dolore, che volano
formando una lunga linea simile a delle gru in volo. Chiede spiegazioni a Virgilio e il
poeta latino indica al discepolo i nomi di alcuni dannati, che sono
tutti lussuriosi morti violentemente, una serie di personaggi storici che si sono
distinti nel corso del tempo per la loro propensione alla passione carnale: tra questi ci
sono Semiramide (fu così dedita a questa lussuria che per legge rese addirittura
lecito il vizio per giustificare le sue azioni, regno degli Assiri), Didone (colei che
innamorata si uccise, aveva tradito il ricordo del suo vecchio marito defunto
innamorandosi di Enea e poi uccidendosi perché Enea (nell’Eneide) a un certo punto
se ne va), Cleopatra, Elena (moglie di Menelao) per la quale scoppiò una guerra
tremenda, la guerra di Troia, Achille, Paride, Tristano, in compagnia di più di mille
altre anime. Dopo aver sentito tutti questi nomi, Dante è colpito da profonda angoscia
e per poco non si smarrisceDante reagisce in questo modo perché nel canto 1 aveva
detto che la lussuria era uno dei suoi vizi, lo aveva fatto interpretare allegoricamente
dalla lonza (lince che gli sbarrava il cammino nella selva oscura). Quindi egli si sente
estremamente coinvolto in questo peccato.
Per Dante le donne sono le prime peccatrici di lussuria. Dante qui non punisce il sesso,
ma sta dicendo che è quando il sesso si trasforma in vizio che diventa peccato, cioè
quando sottomettiamo la ragione al talento, quando il desiderio/piacere diventa
superiore alla ragione.
Incontro con Paolo e Francesca (73-108) Dante nota che due di queste anime
volano accoppiate e manifesta il desiderio di parlare con loro. Virgilio
acconsente e invita Dante a chiamarle, cosa che il poeta fa con un
appello carico di passione. I due spiriti si staccano dalla schiera di
anime e volano verso di lui, come due colombe che vanno verso il
nido: sono un uomo e una donna, e quest'ultima si rivolge a Dante
ringraziandolo per la pietà che dimostra verso di loro. Poi si presenta,
dicendo di essere nata a Ravenna e di essere stata legata in vita da
un amore indissolubile con l'uomo che ancora le sta accanto nella
morte; furono entrambi assassinati e la Caina, la zona del IX
Cerchio dove sono puniti i traditori dei parenti, attende il loro
uccisore.
Si tratta di Francesca da Polenta, una giovane ragazza di Ravenna che viene data in
sposa ad una famiglia di Rimini, i Malatesta, in particolare a Gianciotto Malatesta, ma
lei si innamora irrimediabilmente del fratello di lui, Paolo. La storia di Paolo e Francesca
è molto nota ai tempi di Dante, è una storia a lui contemporanea, si dice che Dante
abbia addirittura conosciuto nel corso della sua vita Paolo, e quindi è un fatto di
cronaca vero e proprio che ha sconvolto le coscienze degli uomini di quel tempo e che
quindi Dante decide di riportare anche qui.
Paolo e Francesca iniziano una relazione di nascosto e a un certo punto Gianciotto
scopre tutto. Li trova insieme e decide di ucciderli. Nel tentativo di fuggire i due sono
stati trafitti dalla stessa spada.
Il racconto di Francesca. Dante sviene (109-142) A questo punto Dante resta
turbato e per alcuni momenti resta in silenzio, gli occhi bassi. Virgilio gli chiede a cosa
pensi e Dante risponde di essere colpito dal desiderio amoroso che condusse i due
dannati alla perdizione. Dante più che al racconto della loro morte è interessato al
racconto della loro vita, al racconto del momento in cui si sono innamorati. Poi parla
Francesca, chiamandola per nome, e chiedendole in quali circostanze sia iniziata la
loro relazione adulterina. Francesca risponde dapprima che è doloroso ricordare del
tempo felice quando si è miseri, ma se Dante vuole sapere l'origine del loro amore
allora glielo racconterà. La donna narra che un giorno lei e Paolo leggevano per
divertimento un libro, che parlava di Lancillotto e della regina Ginevra (Lancillotto si
innamora della regina Ginevra, moglie di re Artù. Quindi anche la storia che stavano
leggendo Paolo e Francesca era una storia di tradimento/infedeltà/adulterio). Più volte
la lettura li aveva indotti a cercarsi con lo sguardo e li aveva fatti impallidire. Quando
lessero il punto in cui era descritto il bacio dei due amanti, anch'essi si baciarono e
interruppero la lettura del libro, che fece da mezzano della loro relazione amorosa.
Mentre Francesca parla, Paolo resta in silenzio e piange. Dante in realtà sta dalla parte
di Paolo e Francesca, anche nel modo in cui ci racconta la storia, lui va oltre la
condanna di lussuria, svela anche la difficoltà di giudicare alcune azioni che l’uomo
compie. Dante è estremamente coinvolto, anche perché lui stesso ci dice di aver
peccato di lussuria e anche perché qui ci accorgiamo che Dante non sta parlando del
fatto di cronaca in sé, non sta parlando soltanto della lussuria, ma sta parlando anche
del fatto che la letteratura è in grado a volte di portare al peccato gli uomini. È vero
che noi ci facciamo condizionare anche nella formazione della nostra identità da quello
che leggiamo/guardiamo, e qui Dante sta riflettendo anche sulla sua di poesia, poesia
che a volte rischia di essere considerata lussuriosa, così come tutta la poesia
provenzale/cortese. Dante è sopraffatto dal turbamento e sviene.
dell'Inferno
Interpretazione complessivaIl Canto V è il primo che ci mostra la
pena di una categoria di dannati e Francesca è il primo peccatore a dialogare
con Dante: troviamo anche una figura demoniaca, Minosse, che qui rappresenta il
giudice dei dannati ed è ridotto a una bizzarra parodia della giustizia divina, essendo
descritto come un essere mostruoso e animalesco, con una lunga coda che avvolge
intorno a sé per indicare ai dannati il luogo infernale cui sono destinati. Non sappiamo
da dove Dante abbia tratto questa curiosa trasformazione, di cui non c'è traccia nei
testi classici cui può essersi ispirato, ma è certo che Minosse qui si limita ad essere
esecutore della volontà divina, una sorta di strumento che agisce senza la profonda
dignità che aveva in Virgilio o negli altri poeti antichi; è probabilmente anche il
custode del II Cerchio, anche se nulla autorizza a collegarlo al peccato di lussuria in
quanto nel mito classico egli era descritto piuttosto come re saggio e giusto.
I lussuriosi sono trascinati da una bufera incessante, che simboleggia la forza
della passione sessuale cui essi non seppero opporsi in vita (Dante li
peccator carnali, / che la ragion sommettono al talento
definisce ). Molto probabilmente
tra essi si distingue un'altra schiera, costituita dai lussuriosi morti violentemente, tra
cui oltre ai due protagonisti del Canto ci sono vari personaggi del mito e della
letteratura, come Didone, Achille, Tristano. Dante intende svolgere un discorso
intorno alla letteratura amorosa, per condannarla in quanto fonte potenziale
di peccato e pericolosa per quei lettori che potrebbero essere indotti a mettere in
pratica i comportamenti descritti nei libri. Non a caso i lussuriosi nominati da Virgilio
donne
appartengono quasi tutti alla sfera letteraria o mitologica e Dante li definisce
antiche e' cavalieri, con un riferimento preciso alla letteratura francese del ciclo
arturiano (cui appartengono sia Tristano sia Lancillotto e Ginevra, citati dopo da
Francesca).
Dante stesso non ha bisogno di spiegazioni per capire che in questo Cerchio sono
puniti i lussuriosi e ciò per il fatto che il poeta era stato avido lettore e
produttore di letteratura amorosa, quindi si sente coinvolto in prima persona nel
loro peccato (di qui il turbamento angoscioso che prova dall'inizio dell'episodio): la sua
intenzione è condannare la letteratura che celebra l'amore sensuale e non
spiritualizzato, quindi ritrattare parte della sua precedente produzione poetica,
Petrose Stilnovo.
rappresentata dalle e forse anche dallo Francesca è un personaggio
significativo a riguardo, perché il caso suo e di Paolo era un episodio di cronaca che
doveva essere ben presente ai lettori contemporanei. La vicenda, di cui non c'è
comunque traccia nei cronisti del tempo, era quella di un adulterio tra Francesca da
Polenta, figlia del signore di Ravenna, e il cognato Paolo Malatesta, fratello
di Gianciotto che la donna aveva sposato in un matrimonio combinato per
riappacificare le due famiglie. Gianciotto aveva scoperto la relazione e aveva ucciso
entrambi.
Dante non intende affatto risarcire i due amanti clandestini della loro morte, né
giustificare in alcun modo il loro peccato, ma piuttosto mettere in guardia tutti i
lettori dai rischi insiti nella letteratura di argomento amoroso. Francesca,
infatti, è una donna colta, esperta di letteratura: cita indirettamente Guinizelli e lo
Amor... amor...
stesso Dante, dei quali riprende alcuni versi nella famosa anafora
amor, De amore
nonché le leggi del di A. Cappellano, testo notissimo nel Medioevo e
base teorica della lirica provenzale. Il suo amore con Paolo è nato per una
reciproca attrazione fisica e l'occasione è venuta proprio dalla lettura di un
libro, il romanzo cortese di Lancillotto e Ginevra (che Dante sicuramente non
conosceva direttamente, ma attraverso qualche volgarizzamento tardo). La loro colpa
non è tanto di essersi innamorati, ma di aver messo in pratica il comportamento
peccaminoso dei due personaggi letterari; hanno scambiato la letteratura con la vita e
ciò ha causato la loro irrevocabile dannazione.
pietà
La provata da Dante verso di loro non è dunque una generica compassione né la
riabilitazione del loro amore clandestino, ma è il turbamento angoscioso di uno
scrittore che prende coscienza della pericolosità della poesia amorosa da lui
prodotta in passato. Non è del resto un caso che una lussuriosa sia il primo dannato
descritto da Dante, mentre gli ultimi penitenti del Purgatorio (Canto XXVI) saranno
Guido Guinizelli e Arnaut Daniel , condannati proprio in quanto poeti amorosi.
CANTO 26.
Argomento del Canto Visione dell'VIII Bolgia dell'VIII Cerchio (Malebolge), in cui
sono puniti i consiglieri fraudolenti. Dante dedica 2 cerchi allo stesso peccato, cioè al
peccato della frode. La distinzione è semplicenell’ottavo cerchio, meno grave, la
frode è nei confronti di colore che non sono tenuti a fidarsi di noi (ladri, consiglieri
fraudolenti come nel caso di Ulisse); mentre nel nono cerchio, più in basso quindi un
peccato più grave, troviamo la frode contro coloro che si fidano di noi e quindi non si
sarebbero dovuti aspettare da parte nostra una frode (i traditori dei parenti/ dei
benefattori).
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