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Cristo come immagine di Dio e come forma di Dio

Ilario sottolinea che il Figlio è la reale rivelazione del Padre, seguendo la tradizione origeniana. Egli sostiene che il Figlio può essere immagine del Padre solo se è come Lui. Inoltre, sottolinea la netta uguaglianza tra il Padre e il Figlio, ponendo l'immagine di Cristo sul piano del Verbo eterno anziché sul Verbo incarnato come aveva fatto la tradizione asiatica.

Ilario non considera la somiglianza del Padre e del Figlio come un criterio esteriore, ma distingue due categorie di immagini: l'immagine vivente e l'immagine materiale. L'immagine vivente esprime la realtà vivente a cui si riferisce, ovvero l'immagine di Dio, poiché se il Padre è Dio, anche il Figlio lo è allo stesso modo. L'immagine materiale consente al Figlio di mostrare all'uomo l'immagine invisibile di Dio.

La questione posta nel brano è: se...

Il Cristo è immagine del Dio invisibile come può esserne l'immagine? Che cosa può essere immagine di ciò che non può essere visto? Ilario risponde citando le celebri parole di Cristo "chi ha visto me ha visto il Padre" e risolve l'enigma sempre citando Cristo "se non facessi le opere del Padre, non credetemi" insegnando con queste parole a vedere in lui l'immagine divina, ossia, per i miracoli da lui compiuti egli è immagine di Dio. È detto "immagine del Dio invisibile" per evitare che possa essere considerato come l'immagine della forma corporea piuttosto che della natura divina: difatti in Cristo vi è la potenza della natura divina, che non può essere vista, ma è da lui compiuta. Cristo è detto primogenito di tutte le creature poiché in lui sono state create tutte le cose, ed è detto anche primogenito tra i morti dopo la risurrezione,

voluta da Dio per comunicare agli eletti la sua condizione gloriosa; si distinguono dunque due generazioni:
  1. la nascita eterna del primogenito di tutte le creature;
  2. la nascita temporale del primogenito tra i morti (= Pasqua).
Il mistero del Verbo incarnato (dal De Trinitate): distingue tre tappe del mistero del Verbo:
  1. quando era eternamente Dio presso il Padre (Deus tantum) = Cristo è stato Dio prima di incarnarsi in forma umana;
  2. quando si incarnò in uomo (Deus et homo) = Cristo è stato uomo e Dio;
  3. nella sua risurrezione, quando la gloria rivestì la sua umanità (Deus totus) = dopo essere stato uomo e Dio, è risorto in uomo perfetto e Dio perfetto.
Per spiegare il concetto, Ilario distingue due formule della figura di Cristo:
  1. forma Dei che sottolinea la condizione divina di Cristo che risplende di Gloria;
  2. forma servi che sottolinea la condizione "kenotica" (dalla koinè filosofica) caratteristica di ogni uomo, ossia

La corruttibilità, quindi priva di Gloria. Il concetto filosofico viene traslato in forma cristiana: il Cristo si è spogliato della forma Dei, ma senza cessare di essere di natura divina, ciò avviene grazie ad un principio attivo: la materia di Cristo è determinata da tante qualità che costituiscono il suo essere, un cambiamento di qualità può cambiare il modo di essere, ma non l'essere stesso (cambio d'aspetto senza cambiare la natura). Nel caso dell'uomo l'aspetto è costituito dalla carne, in forma terrestre, ma l'onnipotenza di Dio ha dato all'uomo una nuova condizione: lo spirito. Il Figlio, avendo acquisito la forma kenotica, non si trova nella condizione di pienezza che precede l'incarnazione: l'unità completa del Padre e del Figlio prima dell'incarnazione si tradurrà nella glorificazione della carne del Figlio (risurrezione), divenendo Deus.

totus.L'antropologia (dal De Trinitate): per Ilario l'uomo è un'anima che ha ricevuto un corpo ("anima incarnata") e secondo la sua antropologia è la totalità dell'uomo (corpo, anima e spirito) a essere salvata o perduta: l'opera del Salvatore consiste in una spiritualizzazione anche del corpo esteriore, poiché il corpo umano sarebbe stato plasmato a partire dalla polvere e perciò porta il marchio dell'indigenza (mancanza di sostentamento) dalle origini: si tratta di una povertà radicale che si traduce in sofferenza, debolezza e corruttibilità; queste sono le caratteristiche che rendono il corpo mortale, ma nel giorno del giudizio il Logos, incorruttibile per natura, assoggetterà a sé ogni nemico, inclusa la morte, rendendo il corpo umano un corpo spirituale incorruttibile (poiché assorbito dal Cristo Logos, la quale natura è spirituale, conseguentemente.sarà immagine di Dio), quindi immortale. Il Deus totus implica una dispensatio (innalzamento, non un cambiamento) della natura di Dio: il Cristo continuerà ad esistere in Dio nel quale egli era in precedenza, ma poiché vi è stato un momento intermedio nel quale è esistito (nato come uomo), acquisisce la totalità della natura (umana e divina) che prima non era in Dio, la quale natura era solo divina. Come l'umanità del Salvatore è stata rivestita di gloria, così accadrà agli uomini il giorno del giudizio per mezzo della conoscenza di Dio (ricevuta dalla sottomissione di tutte le creature al Logos): l'uomo che conosce Dio è elevato all'immagine di Dio, così come lo fu Adamo. L'escatologia (dal Tractatus in Super Psalmos): essendo che le azioni di Dio non si manifestano unicamente con le parole, anche la Rivelazione non si esaurisce in un solo "apparire" per quanto possa.risultare nascosta: difatti, la gloria di Dio è invisibile agli occhi umani perché lo sguardo umano si affievolisce allo splendore degli angeli, ma può essere reso capace di questa visione per mezzo dello Spirito. Ciò supera le possibilità della conoscenza umana, ma quando il Logos investirà gli uomini con la conoscenza di Dio, anche la visione della gloria divina sarà resa visibile agli uomini. Ilario dimostra il concetto attraverso l'episodio di Mosè quando questi riscende dal Sinai: Mosè ricevette lo splendore della contemplazione di Dio e il profeta chiese di essere illuminato e reso conforme alla gloria per poterla mostrare materialmente al suo popolo, il quale non riuscì a vederlo in volto e contemplare la grandezza della sua gloria. La gloria comporta due aspetti paralleli, luce incorruttibile e incorruttibilità splendente: la gloria del Verbo incarnato renderà l'uomo capace di contemplare.terra simboleggiano il potere e la forza di Dio.• il cielo come trono e la terra come sgabello rappresentano la sua regalità e il suo dominio su tutte le cose. Inoltre, Hilary afferma che Dio è eterno e senza inizio, il che significa che non è stato creato da nessuno e non ha avuto un inizio temporale. Questo concetto di eternità è difficile da comprendere per la mente umana limitata, ma Hilary cerca di renderlo accessibile attraverso simboli e immagini. Infine, Hilary sottolinea che gli uomini possono partecipare alla gloria di Dio diventando parte del Logos, cioè della Parola di Dio. Questo significa che non siamo chiamati solo a contemplare la gloria di Dio, ma anche a viverla e a farne parte attiva. In conclusione, Hilary cerca di rendere comprensibile la grandezza e la potenza di Dio utilizzando simboli e immagini. Ciò che emerge è l'infinità di Dio, la sua eternità e la possibilità per gli uomini di partecipare alla sua gloria diventando parte del Logos.

terra indicano la sua potenza sulla natura esterna;

  • il trono e lo sgabello mostrano che il creato si spande sotto il suo potere.

Ambrogio di Milano

Antologia:[Scritti esegetici] La bellezza del mare (dall'Hexaemeron): l'opera raccoglie le omelie pronunciate da Ambrogio nella settimana santa del 387: in esse Ambrogio dimostra un perfetto uso della tecnica retorica, soprattutto nella descrizione dei fatti naturali (la cosiddetta ékfrasis), trasportata però sul piano esegetico (letterale e allegorico insieme).

Il brano inizia con una ricca e dettagliata descrizione della bellezza del mare (esaltazione del creato), aggiungendo tuttavia che, la bellezza di questa creazione non è da valutare in base al piacere che offre alla vista, bensì è una contemplazione ragionata in funzione dell'utilità per l'uomo da parte del Creatore: ossia, il mare è "bello" poiché è funzionale per gli

uomini (fornisce umidità alle terre, è punto di raccolta dei fiumi, fonte delle piogge, la via dei com-merci etc.). Ambrogio continua descrivendo la funzione sociale dei mare: esso è mediatore tra i popoli lontani, allontana i barbari e riduce il pericolo di guerre; è anche un punto di guarigione per i malati e di evasione per chi è affaticato; è inoltre un rifugio per coloro che vogliono nascondersi dal mondo, un porto di sicurezza e tranquillità. Il mare è definito anche un ideale luogo di preghiera: Ambrogio paragona dunque il mare alla Chiesa, le onde al canto dei fedeli che pregano in coro e l'acqua come fonte di salvezza che lava i peccati. Il Signore concede ai fedeli di "navigare" nella sua dottrina grazie al soffio dello Spirito Santo, dando loro un porto nella quale sentirsi al sicuro quando le tempeste contro i cristiani spingono i fedeli a cercare l'aiuto del Signore per placarle. Il sole(dall'Hexaemeron): il brano intende dimostrare che, per possedere la conoscenza di Dio, l'uomo non deve essere macchiato dal peccato, ma Ambrogio decide di espandere l'argomento in modo prolisso: pone un esempio inerente alla vendemmia e un altro alla vista dell'alba:
  • chi vendemmia, prima di versare il vino nella brocca, ne pulisce attentamente l'interno in modo che le impurità non guastino la bevanda, poiché non avrebbe senso lavorare duramente tutto l'anno a piantare e curare le viti se il vino prodotto con tanta fatica dovesse inacidirsi nel recipiente torbido;
  • così, anche quando qualcuno desidera vedere sorgere il sole, lava i suoi occhi dalla polvere, così che lo sporco non offuschi lo sguardo dell'osservatore.
Così, quando Dio comandò che sia fatta luce nel cielo, l'uomo viene esortato ad aprire gli occhi della mente e lo sguardo dell'anima, affinché la sporcizia non impedisca di vedere la verità.del peccato non offuschi l'acutezza dell'ingegno dell'uomo, e di pulire le orecchie dalle errate dottrine per poter accogliere le limpide parole della Scrittura divina. L'uomo ne può valutare solo la grandezza.
Dettagli
Publisher
A.A. 2019-2020
61 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/06 Letteratura cristiana antica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher cassatore di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura cristiana antica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Napoli Federico II o del prof Santorelli Paola.