I DIRITTI FONDAMENTALI
Nelle moderne democrazie costituzionali un aspetto centrale è rappresentato dal riconoscimento e dalla tutela dei
diritti fondamentali dell’uomo, considerati inviolabili e garantiti dalla legge per assicurare la libertà e la dignità dei
cittadini. Il sociologo Thomas H. Marshall ha proposto una distinzione dei diritti in tre grandi categorie principali:
- Diritti civili: proteggono la libertà individuale e includono il diritto alla proprietà privata, alla libertà
personale, alla protezione del domicilio, a non essere arrestati arbitrariamente e a svolgere transazioni
economiche. Si tratta di diritti che proteggono l’individuo da abusi da parte dello Stato o altri soggetti;
- Diritti politici: consentono la partecipazione alla vita democratica e includono il diritto di voto, di esprimere
opinioni politiche, di associarsi, di partecipare a manifestazioni, di fare propaganda o fondare partiti;
- Diritti sociali: garantiscono condizioni di vita dignitose e includono il diritto all’istruzione, alla salute, al
lavoro e a un reddito minimo. Senza questi diritti è difficile pensare a una reale possibilità di partecipazione
politica. Chi vive in condizioni di povertà o di emarginazione non ha, nei fatti, le stesse possibilità di
esercitare i propri diritti rispetto a chi dispone di mezzi e conoscenze. Per questo motivo i diritti civili e
politici sono interdipendenti.
Il ruolo dei diritti sociali nella democrazia varia significativamente nelle teorie di Habermas, Bovero e Ferrajoli.
- Per Habermas i diritti sociali sono condizioni necessarie per il pieno esercizio della cittadinanza
democratica;
- Per Bovero i diritti sociali sono una precondizione necessaria della democrazia, senza i quali essa rischia di
diventare sono formale;
- Per Ferrajoli sono parte integrande della definizione stessa di democrazia.
I diritti fondamentali non sono statici ma evolvono nel tempo per adattarsi ai cambiamenti sociali e alla crescente
digitalizzazione della società. Dall’Habeas Corpus del 1215, per esempio, si è giunti oggi a riconoscere nuovi diritti,
come la protezione dei dati personali, la privacy e la libertà di vivere la propria sessualità, riconosciuti anche nella
Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. I diritti si definiscono e si aggiornano nel tempo attraverso il
processo democratico e allo stesso tempo sono ciò che permettono al sistema democratico di funzionare
correttamente.
LA CRITICA EPISTOCRATICA
Negli ultimi, il funzionamento della democrazia è stato messo in discussione da alcuni studiosi che, di fronte a
diversi fenomeni politici come l’elezione di Trump, la vittoria della Brexit e l’avanzare di movimenti populisti, hanno
espresso dubbi sulla capacità degli elettori di compiere scelte consapevoli. All’interno di questo contesto, è emersa
una critica radicale alla democrazia nota come epistocrazia, ovvero il governo dei sapienti.
Tra i principali sostenitori di questa prospettiva vi è Jason Brennan, autore del libro “Against Democracy” del 2016,
secondo cui molti cittadini prendono decisioni politiche basandosi su ignoranza e disinformazione. Secondo
questa visione, la democrazia attuale non funziona e dovrebbe essere sostituita da un sistema che limiti il potere
decisionale ai cittadini più competenti. Gli epistocratici si basano su due osservazioni centrali: la scarsa
conoscenza politica, per cui molti cittadini hanno una comprensione limitata dei fatti politici, spesso influenzata da
stereotipi e disinformazione e gli effetti della scarsa informazione sulle decisioni politiche, a causa della quale gli
elettori meno informati tendono a sostenere politiche populiste, come il contrasto all’immigrazione o il
protezionismo economico, non per analisi critica, ma per mancanza di conoscenze adeguate.
Per limitare il potere della "massa ignorante", vengono suggerite diverse soluzioni:
- Voto plurimo: Le persone più istruite avrebbero diritto a più voti, proposta avanzata anche da Mill, ma mai
applicata;
- Suffragio limitato: Il diritto di voto sarebbe concesso solo a chi soddisfa determinati requisiti, come il
superamento di test specifici. Un esempio storico è il test di alfabetizzazione imposto negli Stati Uniti per
escludere dal voto molti cittadini afroamericani;
- Veto epistocratico: Un consiglio di esperti potrebbe bloccare decisioni politiche considerate
antiscientifiche o irrazionali.
Sebbene l’epistocrazia sollevi una questione reale sulla disinformazione degli elettori, le sue proposte sono
controverse e difficilmente compatibili con i principi di uguaglianza democratica. Affidare il potere solo ai "sapienti"
rischia di riproporre forme di esclusione e disuguaglianza.
Già Aristotele criticava l’idea di un governo dei sapienti sostenuta da Platone, affermando che il giudizio collettivo è
spesso più valido di quello di un singolo esperto, poiché si basa su una pluralità di punti di vista: nelle decisioni
politiche, come in cucina o nell’architettura, conta anche l’esperienza di chi "consuma", non solo quella di chi
"progetta".
Invece di limitare la democrazia, la critica epistocratica può essere usata per rafforzarla. Condorcet e Bobbio hanno
sottolineato l’importanza dell’educazione per il funzionamento della democrazia. Investire in un’educazione civica
che aiuti i cittadini a orientarsi in un mondo complesso è una risposta migliore rispetto al restringimento del
suffragio.
LA PROPOSTA DELIBERATIVA
La democrazia deliberativa si propone come alternativa all’epistocrazia, e si radica nella convinzione che la
democrazia rappresentativa moderna possa migliorare attraverso un ricco e qualificato dibattito pubblico. Filosofi
come Habermas e Rawls attribuiscono alla democrazia deliberativa una funzione centrale, ossia quella di garantire
la discussione pubblica come parte integrante del processo democratico, caratterizzato dalla discussione e dalla
decisione che ne consegue; se mancasse la discussione pubblica, essenziale poiché consente ai cittadini di
acquisire informazioni e confrontare opinioni diverse prima di esprimere il proprio voto, la democrazia non sarebbe
più tale poiché gli elettori dovrebbero scegliere in condizioni di totale inconsapevolezza. Questo principio è oggi
formalizzato nelle campagne elettorali e nei dibattiti parlamentari.
L’obiettivo della democrazia deliberativa si basa sulla convinzione che, attraverso un confronto razionale tra
argomenti favorevoli e sfavorevoli a una certa tesi, sia possibile evitare scelte sbagliate e far emergere soluzioni
migliori.
Nonostante la discussione pubblica sia spesso influenzata da interessi privati e manipolazione retorica, i teorici
della democrazia deliberativa sostengono che essa non si riduca solo a questo. Credono che argomenti basati su
ragioni condivisibili, universali o orientati al bene comune abbiano un ruolo significativo nel dibattito politico. Infatti,
chi partecipa al confronto pubblico, infatti, non può appellarsi solo al proprio interesse personale, ma deve proporre
ragioni valide anche per gli altri. Questo spinge a utilizzare argomentazioni più giuste, razionali e orientate
all’interesse generale. Come osserva John Elster, ciò crea una dissonanza tra l’interesse privato e la necessità di
sostenere tesi universalistiche, inducendo chi parla a prendere sul serio le proprie argomentazioni.
Secondo Habermas, le arene pubbliche non sono completamente chiuse ai buoni argomenti. Egli distingue tra:
- Piccola scala: in contesti ristretti (come focus group), la discussione può cambiare le opinioni dei
partecipanti in base agli argomenti esposti nel dibattito;
- Larga scala: coinvolge l’intera società, dove il confronto avviene tramite media, opinione pubblica e
istituzioni. Qui si perde la reciprocità, ma una opinione pubblica riflessiva è possibile se i sistemi di
informazione restano liberi e indipendenti.
Habermas propone una visione della democrazia fondata su due binari:
- Sistema istituzionale: Parlamento, partiti, elezioni.
- Sfera pubblica informale: movimenti sociali, canali della comunicazione, opinione pubblica.
Per lui, la legittimità democratica nasce dall’osmosi tra questi due livelli: le istituzioni devono essere permeabili alle
richieste della società civile. Così, anche se i cittadini non decidono direttamente, partecipano comunque alle
scelte influenzando il processo legislativo, avvicinandosi all’ideale di autogoverno.
I pregi della visione di Habermas sono:
- Valorizzazione dell’autogoverno: va oltre il modello elitario e l’idea di una democrazia puramente
competitiva e valorizza la partecipazione indiretta dei cittadini tramite mobilitazione e dibattito;
- Rilievo alla società civile: i movimenti sociali e i flussi comunicativi sollevano temi cruciali contribuiscono a
migliorare il sistema politico;
- Dinamicità del processo democratico: il confronto tra sfera pubblica e sistema politico permette alla
democrazia di rispondere ai bisogni emergenti della società.
I difetti sono:
- Debolezza delle istituzioni rappresentative: non approfondisce come rendere partiti e Parlamenti più
responsabili verso i cittadini;
- Influenza dei grandi attori sociali: trascura il problema dei poteri economici, mediatici e simbolici che
possono manipolare il dibattito pubblico e orientare le decisioni politiche;
- Ruolo indiretto dei cittadini: accetta, in parte, la separazione tra sistema politico e società civile, relegando
i cittadini ad un ruolo indiretto attraverso la mobilitazione della sfera pubblica o al momento delle elezioni.
I NERVI SCOPERTI DELLA DEMOCRAZIA PLURALISTA
Due questioni fondamentali mettono alla prova le democrazie contemporanee: il rapporto tra rappresentanti e
rappresentati e il conflitto tra potere politico e poteri sociali (economici, finanziari, mediatici). In democrazia i
cittadini eleggono i loro rappresentanti, che però non sono vincolati da un mandato imperativo: rappresentano
l’intera nazione, non solo gli elettori. Questo può portare a una separazione tra classe politica e cittadini, con il
rischio che il potere si allontani dal popolo e serva gli interessi di pochi (come osserva Enrique Dussel). Per limitare
questo rischio si propongono:
- meccanismi di revoca dei rappresentanti, presenti in alcune democrazie
- integrazione tra democrazia rappresentativa e forme di partecipazione diretta, come quella deliberativa
e partecipativa, anche attraverso le reti digitali.
Nei sistemi capitalistici, le risorse per influenzare la politica (denaro, informazione, relazioni) sono distribuite in
modo diseguale, dando vantaggio a pochi gruppi rispetto alla maggioranza. Questo contraddice l’ideale
democratico di uguaglianza politica. Secondo Robert Dahl, non basta superare il capitalismo: i tentativi
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